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Autore: CatherineC94    11/10/2020    3 recensioni
«Cosa dici? Avresti dovuto vedere i Paciock come li hanno ridotti…sono pazzi, privi di senno i migliori dei nostri. Li hanno torturati fino alla follia! Era lui! Ho riconosciuto la sua voce, la sua risata! Nostro figlio è un mostro!» urlò.
Lei lo guardò ancora in pena, voltò la testa verso un grande albero persa in chissà quale mondo e rispose:« Un giorno, quando ci rivedremo forse ci sarà posto per il perdono».
Sentì che qualcosa nel petto si ruppe e non capì il motivo; doveva capire chi era quella donna e perché quel dolore lo toccava così tanto da vicino.-Questa storia partecipa al contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP-
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Bartemius Crouch senior, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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-Questa storia partecipa al contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP-



Floating Head

 
 
«Mio padre fuggì. Il mio signore suppose che fosse diretto a Hogwarts. Mio padre avrebbe detto tutto a Silente, avrebbe confessato. Avrebbe ammesso di avermi fatto uscire di nascosto da Azkaban».

L’aria gli mozzò i polmoni che già faticavano a fornire ossigeno; si guardò intorno spaesato. Che cosa ci faceva lì? Intorno c’erano solo alberi, qualche grossa pietra e forse un ruscello che gorgogliava tumultuoso. Si guardò le mani interdetto, mentre nella sua mente c’era solo il vuoto.
Ma chi era?
Strinse gli occhi senza spiegarsi il senso di panico ed urgenza che lo stavano scuotendo da dentro, come se dovesse fare, o dire qualcosa di vitale.
Corse senza un motivo e si guardò indietro senza sapere il perché.
«Piacere, sono Barty Crouch mi occuperò io di questo caso…».
Si fermò di colpo, mentre quelle parole echeggiarono nella mente; galleggiò atono tra quelle parole che sembrarono prive di senso finché una fitta lancinante lo investì.
E poi aprì gli occhi, e tutto fu chiaro.
Quel senso di terrore lo invase ancora, mentre nella sua mente si palesarono le immagini che aveva scorto poco prima quando si era reso conto del guaio che aveva combinato, delle morti che aveva causato.
Doveva avvertire Silente, doveva farlo subito.
Era vivo, era tornato e nessuno sapeva nulla; avrebbe ucciso il giovane Potter se non avrebbe fatto in tempo  a dire tutto a Silente.
Riprese a correre con il cuore in gola, mentre il sudore scendeva freddo.
Il peso delle rivelazioni l’aveva quasi investito mortalmente; suo figlio, il suo unico figlio, sangue del suo sangue, carne della sua carne aveva reso possibile assieme a quell’altro fuggitivo che il mondo magico credeva morto la risurrezione del mostro.
Un altro pensiero arrivò prepotente: Sirius Black era innocente, per anni aveva messo in carcere l’uomo sbagliato; Peter Minus non solo era vivo, ma lo aveva reso prigioniero per mesi.
Senza processo, lo aveva messo in carcere senza processo a Black; avrebbe dovuto capirlo da quella strana luce fredda negli occhi mentre lo chiudeva nella cella.
 Furia gelida.
Avrebbe voluto urlare per la sua stupidità, ma correva a perdifiato.
Il panorama era cambiato, e gli alberi erano ormai spariti lasciando lo spazio a colline verdi interminabili che non lasciavano intravedere l’orizzonte. Era pomeriggio inoltrato? In testa sentì una sorta di campanello squillante, ritrovandosi seduto ad una bella scrivania di legno lucido; una foto corniciata da ghirigori color oro avvolgeva l’immagine di tre persone che con fierezza avevano posato sorridenti.
«Signore si ricordi di confermare l’appuntamento con il Ministro Turco a meno che non voglia vedere con qualche strano tappeto volante!» gracchiò petulante una voce alle sue spalle.
«Benissimo, avvertilo e digli che Alì Bashir riceverà una mia visita molto presto!» ribatté gelido.
Si voltò sconcertato.
Con chi stava parlando?
Si guardò le mani, pieni di graffi e qualche contusione abbastanza confuso.
Qual era il suo nome? Stufo di non averno uno ben preciso, si ritrovò galleggiante nella sua testa che assomigliava ad una casa.
In un primo momento quella casa gli parve davvero bella, senza dubbio piena di storia e potenza; non si chiese più il nome o cognome, preferì affondare mentre un profumino delizioso invase le sue narici.
«Così Alicia Nott ha discusso per ore della sua grande influenza nel circolo Barty, inammissibile vero?» chiese Agnes, mentre con uno sguardo pigro e con un cenno esasperato avvalorò la sua tesi.
Preferì concentrarsi sul piatto da portata che aveva davanti, senza emettere un suono con le tempie che per poco non scoppiavano dal dolore.
Era un piatto bordato da una leggera linea color ambra, mentre nel piatto svettavano una fetta generosa di di pasticcio di rognone, purè e salsa di mirtilli; si rese conto che quello era il servizio buono e una parte di lui, infinitesimale e perennemente annoiata comprese che c’era un motivo di fondo.
Alzò lo sguardo con la stessa voglia di vivere di una banshee appena catturata e notò che tutta la sala da pranzo era addobbata più del solito.
Sua moglie ancora ciarlava ininterrottamente  con gli occhi languidi e guizzanti provocati da  qualche strano entusiasmo, suo figlio nel completo migliore la seguiva rapito e l’elfa Winky si muoveva con una rapidità che gli provocò un conato di vomito.
Si chiese il perché della sua presenza lì, con tutto il lavoro arretrato al Ministero, tutti quei mostri che si aggiravano indisturbati per le cittadine indifese.
Già, una famiglia in vista come la loro avrebbe dovuto costituire una sorta di esempio per la comunità e ricordava bene quando aveva suggerito l’idea di cenare il mercoledì assieme.
«Cosa si festeggia?» chiese di punto in bianco trangugiando una parte del pasticcio.  L’inutilità di quella cena era stata in parte alleviata dal gusto squisito della pietanza; socchiuse gli occhi mentre ancora le tempie dolevano acute.
Suo figlio lo osservò vacuo, mentre negli occhi scorse qualcosa che lo infastidì.
Spostò lo sguardo, bastava non farci caso.
«Cosa dici Barty? Oggi il nostro tesoro compie gli anni!» rimbrottò Agnes con voce stridula.
Un compleanno? Sbuffò.
« Per uomo è un giorno qualunque, frivolezze» convenne gelido.
Suo figlio abbassò gli occhi cupo, mentre Agnes sul punto di piangere gli lanciò un’occhiata torva.
Posò ancora una volta gli occhi sulle sue pietanze ed indisturbato tagliò un piccolo panino al burro umettandolo col purè e qualche sprazzo di salsa.
«Fra poco temo di dover lasciare questa meravigliosa cena» esclamò Barty con voce suadente.
«Di già tesoro? Ancora mancano le altre portate…» protestò sua moglie.
Lui continuò ad ingollare un boccone.
Si chiese se nel purè ci fosse qualche spezia sconosciuta; ci rifletté a lungo arrivando alla conclusione che forse si trattava della noce moscata.
«Lo so cara madre, ti ringrazio davvero ma come ben sai gli amici rivendicano con ardore la mia presenza» sussurrò deciso; si alzò rapido e le baciò il capo.
«Dove andrete?» chiese lui invece  formale.
Suo figlio sorrise indossando il lungo soprabito color vinaccio, mentre lui si versava ancora un po’ di vino.
« Credo al circolo, sarà una serata movimentata» rispose quasi ridendo a causa di una battuta che gli altri non conoscevano.
E fu un attimo, lo vide leccare il labbro inferiore e con uno strano risucchio tirò fuori la lingua mentre lo sguardo parve illuminarsi di una luce folle, estranea che lo spaventò.
Strabuzzò gli occhi, le tempie stavano per scoppiare e sentì il vino fare  effetto.
Un’allucinazione, senza alcun dubbio.
Non ebbe il tempo di rispondere che  suo figlio scomparve nel camino avvolto dalle fiamme verdi; sospirò conscio che quella serata era stata un inutile perdita di tempo.
«Avresti potuto almeno fare gli auguri a nostro figlio, Barty» esclamò Agnes indignata.
«Questi inutili sentimentalismi che eserciti su tuo figlio lo rammolliranno» ribatté perentorio.
«Padron Barty! Padron Barty! Auguri! Buon compleanno!» urlò l’elfa facendo irruzione nella stanza con una torta enorme.
La smorfia di disgusto dipinta sul suo volto la fece indietreggiare.
«Metti tutto in ordine, vado al ministero» concluse indossando il mantello e voltandole le spalle.
 
Si chiese se fossero passati giorni, ore o forse inutili minuti.
Era ancora lì sospeso, senza alcun senso apparente, mentre il ticchettare del tempo gli suggeriva di darsi una mossa, di correre e dire, e dire… cosa?
Nella sua testa galleggiante ogni cosa sembrava non avere un senso, ma nel petto un fuoco bruciava; sentiva agli angoli degli occhi un bruciore che un tempo avrebbe considerato infimo e degradante. Sentiva di voler piangere, in un attimo rivide spezzoni del suo fallimento e ricordò chi era e perché doveva darsi una mossa; si alzò da quel galleggiare etereo, e si rimise a correre, dopo aver deciso di fare un giro su se stesso.
Cadde a terra.
Assaporò quella terra fradicia e allo stesso tempo così selvaggia; si trattenne, non aveva senso urlare li vedeva bene tutti coloro che lo attorniavano e urlare no, non sarebbe stato consono per nessuno del suo rango. Tossendo un po’ si alzò; tolse un po’ di quella polvere che non solo ricopriva il suo vestiario ma anche il suo cuore, e forse la sua mente.
Perché si trovava lì?
«Mi ha salvato mia madre. Sapeva di stare per morire. Ha convinto mio padre a salvarmi come ultimo desiderio. Lui l’amava come non ha mai amato me. Acconsentì. Vennero a trovarmi. Mi diedero una dose di Pozione Polisucco che conteneva un capello di mia madre. Lei bevve una dose di Pozione Polisucco che conteneva un mio capello. Prendemmo l’uno le sembianze dell’altra».
    Winky scuoteva il capo, tremante. «Non dire altro, padron Barty, non dire altro, tu mette tuo padre nei guai!»
    Ma Crouch trasse un altro respiro profondo e riprese, con la stessa voce piatta: «I Dissennatori sono ciechi. Hanno avvertito una persona sana e una morente entrare ad Azkaban. Hanno avvertito una persona sana e una morente uscirne. Mio padre mi portò fuori di nascosto, travestito da mia madre, nel caso che qualche prigioniero guardasse dalla porta della cella.
    «Mia madre morì poco dopo ad Azkaban. Fece attenzione a bere la Pozione Polisucco fino alla fine. Fu sepolta col mio nome e le mie sembianze. Tutti credettero che si trattasse di me».
    L’uomo sbatté le palpebre.
    «E che cosa fece di te tuo padre una volta che ti ebbe riportato a casa?» chiese Silente piano.
    «Inscenò la morte di mia madre. Un funerale privato, discreto. Quella tomba è vuota. L’elfa domestica mi guarì. Poi dovetti rimanere nascosto. Dovevo essere controllato. Mio padre fu costretto a ricorrere a parecchi incantesimi per soggiogarmi. Quando ebbi ripreso le forze, pensai solo a ritrovare il mio maestro… a tornare al suo servizio».

«Lo salverai vero Barty? Me lo devi, per l’amore che provi per me, per il bene che ti voglio. Ti prego Barty, il nostro unico figlio!».
Si voltò spaesato, quella voce così straziata non era nuova anzi il contrario; chiuse gli occhi ritrovandosela davanti, con quel sorriso genuino e gli occhi ricolmi di pena.
«Non puoi chiedermi una cosa del genere Agnes» gridò in quel vuoto assoluto; sentì uno stormo di uccelli scappare via da quelle strana ed oscura foresta, mentre lei, in quel suo piccolo cappotto, le tenere mani unite al grembo e con le lacrime che solcavano le sue guance lo implorava.
«Sono stati i suoi amici tesoro, il nostro Barty è un bravo ragazzo non farebbe mai una cosa del genere!».
Lui mosse le mani rabbioso, tirando un calcio immaginario alla grande sedia che un tempo aveva posto vicino al suo grande e maestoso tavolo di quercia lucido; il respiro si era affannato e le tempie stavano ancora una volta scoppiando. Non c’era nessuna sedia, solo alberi, rocce e un grande castello all’orizzonte.
«Cosa dici? Avresti dovuto vedere i Paciock come li hanno ridotti…sono pazzi, privi di senno i migliori dei nostri. Li hanno torturati fino alla follia! Era lui! Ho riconosciuto la sua voce, la sua risata! Nostro figlio è un mostro!» urlò.
Lei lo guardò ancora in pena, voltò la testa verso un grande albero persa in chissà quale mondo e rispose:« Un giorno, quando ci rivedremo forse ci sarà posto per il perdono».
Sentì che qualcosa nel petto si ruppe e non capì il motivo; doveva capire chi era quella donna e perché quel dolore lo toccava così tanto da vicino.
«Chi sei tu?» biascicò.
Lei non c’era più, e lui nemmeno; forse non c’era stato mai. Si ritrovò ombra, polvere nullità assoluta in un mondo così grande e pericoloso; immenso.
Era ormai buio inoltrato, oppure era stato sempre tutto avvolto nell’oscurità?
Mosse ancora qualche passo cercando quella strana piccola donna, che sentiva di conoscere e che lo strazio di non poterla aiutare minava il suo già precario equilibrio; perché le aveva risposto in quel modo, con tanta ferocia?
Se conoscere la sua identità era impossibile, poiché ancora intrappolato nella sua testa galleggiante, forse doveva declinarsi con il mondo circostante; però tutto era così cattivo, selvaggio.
In quella foresta era impossibile mettersi a riparo, niente l’avrebbe protetto.
Mentre i suoi piedi ormai stanchi solcavano il terreno scosceso si chiese se il cattivo in realtà fosse sempre stato lui. Lui, che non aveva una vera e propria identità, lui che aveva fatto piangere ed implorare quella piccola donna così dolce all’apparenza, lui che aveva rifiutato di celebrare una stupida festa.
Quel giovane gli era parso così cupo e triste, che per un attimo si sentì in colpa.
 
 «Rimanemmo io e mio padre, soli in casa. E allora… e allora…» Crouch roteò il capo, e un ghigno folle gli attraversò il volto. «Il mio padrone venne a prendermi.
    «Arrivò a casa nostra nel cuore della notte, tra le braccia del suo servo Codaliscia. Il mio signore aveva scoperto che ero ancora vivo. Aveva catturato Bertha Jorkins in Albania. L’aveva torturata. E lei gli aveva detto molte cose. Gli aveva detto del Torneo Tremaghi. Gli aveva detto che Moody, l’anziano Auror, avrebbe insegnato a Hogwarts. La torturò finché non spezzò l’Incantesimo della Memoria che mio padre aveva scagliato su di lei. Gli disse che ero fuggito da Azkaban. Gli disse che mio padre mi teneva prigioniero per impedire che andassi a cercare il mio signore. E così il mio signore seppe che ero ancora il suo fedele servitore: forse il più fedele di tutti. Concepì un piano sulla base delle informazioni che Bertha gli aveva fornito. Aveva bisogno di me. Giunse a casa nostra verso mezzanotte. Mio padre aprì la porta».


La bottiglia di Sherry non era nemmeno delle migliori, ma quella sera andava bene lo stesso.
Versò un po’ di liquido nel grande bicchiere impolverato del salotto, mentre con un occhio osservava il  bracciolo del grande divano; lì, seduto con gli occhi vuoti suo figlio gli dimostrava giorno dopo giorno il suo fallimento.
Il suo fallimento sia come padre, sia come uomo.
Somigliava molto ad Agnes, gli occhi che un tempo erano stati vivaci lo riportavano sempre indietro con un fondo al cuore, quando i giorni erano ricolmi di promesse ed aspirazioni mai compiute.
Tutto era andato in frantumi, in un solo istante.
La sua voce, la voce della carne della sua carne fu la prima che quel giorno orribile udì in quel vecchio magazzino disabitato; era distorta, strana ricolma di qualcosa che non riuscì ad identificare in un primo momento.
Il disgusto profondo lo investì, un forte senso di nausea lo scosse mentre lanciava il bicchiere a terra urlando al figlio: «Mostro! Hai rovinato tutto! Hai ucciso tua madre!».
Qualcuno bussò alla porta, in preda al panico andò ad aprire rimanendo di stucco.
Peter Minus con in braccio un bambino, uno strano neonato mostruoso e la bacchetta tesa; si voltò di scatto e con il corpo attraversato da tremiti si rese conto che suo figlio sorrise.
Barty Crouch  senior fu sbalzato in avanti e la porta si spalancò.
Arrancò in preda al panico, doveva nasconderlo, doveva nasconderlo, doveva nasconderlo…
«Codaliscia, libera il mio fedele servitore» sibilò una voce orribile e gutturale.
Quella voce era la sua.
Si alzò deciso a porre fine a quello strano abominio, sarebbe tornato ed avrebbe distrutto tutto ciò che avevano costruito.
«Imperio».
E il mondo iniziò a galleggiare.
 
Li scorse da molto lontano e così si mise a correre; li raggiunse.
Tentò di avvertirli anche se Weatherby lo seguì dappertutto ripetendogli che dopo l’incontro avrebbe dovuto passare a prendere sua moglie e suo figlio per andare ad un concerto con i Caramell. Come poteva scordarsi di una serata così importante? Caramell sarebbe stato un grande alleato in futuro, si sarebbe sorbito volentieri le sue ciarle infinite.
Poi un altro dolore lancinante e si ricordò il perché di quella fuga e farfugliò con fretta e terrore ciò che doveva dire; c’era il giovane Potter con Krum. Doveva salvarlo, quel piano l’avrebbe ucciso.
Se solo fosse stato un padre più presente, se solo avesse badato a suo figlio.
Poi di nuovo fu lasciato solo, galleggiava nell’aria e lo rivide.
Suo figlio, il suo Barty.
 
«In questa cassetta ci sono tutti i documenti che mi serviranno per concludere il mio lavoro, vedi? In cima metto sempre quelli più difficili, mentre alla fine quelli più facili» spiegò senza alzare gli occhi dalla pila di scartoffie sulla sua scrivania.
Il piccolo Barty lo osservava silenzioso nel suo completo migliore; quel giorno era in visita al ministero e lui stesso aveva trattenuto a stento il moto d’orgoglio che l’aveva travolto quando l’aveva visto percorrere quei  corridoi.
«La nostra famiglia è una delle più antiche e potenti della comunità, ricorda devi sempre onorarla» affermò lui, mentre il piccolo guardava fuori dalla finestra distratto.
Un moto d’ira lo investì e si ritrovò lì davanti, mentre Barty lo osservava terrorizzato e tremante.
«Non ignorarmi o te ne pentirai» sibilò gelido.
 
«Silente mi disse di andare a cercare mio padre. Tornai accanto al suo corpo. Guardai la mappa. Quando tutti se ne furono andati, Trasfigurai il corpo di mio padre. Divenne un osso… lo seppellii, indossando il Mantello dell’Invisibilità, nella terra appena smossa davanti alla capanna di Hagrid».
 
Chi era quel giovane  che ritrovava in quel posto così distante e leggero? Sentiva una fitta strana quando lo ricordava; quel volto così delicato ma allo stesso tempo bello in parte lo rinvigorì; ma in separata sede avrebbe potuto affermare che lo spaventava.
«Bartemius! Passeggiata serale?» gracchiò una voce burbera alle sue spalle.
Girandosi comprese di chiamarsi in quel modo, nome insolito.
L’uomo che gli stava davanti era davvero ributtate; il volto pieno di cicatrici, una gamba mutilata e un grosso bastone che lo sorreggeva. Mancava un pezzo al suo naso, mentre un occhio era strano e si muoveva in modo orribile; di fronte a quel quadro distorto si sentì per un attimo al sicuro.
Probabilmente il Bartemius che galleggiava nella sua testa lo conosceva.
L’estraneo si avvicinò zoppicante, indietreggiò colpito da chissà quale strano presentimento.
I suoi capelli ispidi gli ricordarono qualcosa di remoto, qualcosa di distorto e rispose di scatto:« Metà di quella feccia è rinchiusa ad Azkaban solo grazie a te, bel bottino!»; quelle parole involontarie fecero ridere l’uomo.
Azkaban.
Quella parola lo fece accasciare a terra, mentre una serie di immagini gli deturparono la mente; una bara piccola, l’odore nauseabondo della Pozione Polisucco, il suo sorriso, i suoi occhi morenti. Il suo dolore lancinante che in quegli ultimi anni non l’aveva mai abbandonato in ogni istante delle sue misere giornate; la sera il confronto era degradante allo specchio, il riflesso di un uomo distrutto.
« Lo farò! Lo farò solo per te! Te lo prometto, ma non devi per forza lasciarmi, non devi!» urlò guardando alle spalle dell’uomo; la piccola donna lo guardava triste con le mani tese verso di lui.
«Avresti potuto almeno fare gli auguri a nostro figlio, Barty» ripeté con voce rotta.
 Bartemius alzò gli occhi e si trovò di fronte quel viso martoriato; lo riconobbe ed incerto mormorò:« A-alstor…».
Lui di rimando  leccò il labbro inferiore e con uno strano risucchio eccitato tirò ancora una volta fuori la lingua; orripilato, tentò di tirarsi dietro mentre una risata folle lo investì.
Ricordò ogni cosa.
 
«Il piano del mio signore ha funzionato. È tornato potente e io sarò onorato da lui al di là dei sogni di ogni mago».


 

«Salute, padre!» disse di gusto sfoderando la bacchetta.
 
 
 
 
Note finali.
Questa One Shot partecipa al contest “Missing Moment- ciò che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP; innanzitutto ti ringrazio per averlo indetto. Ho pensato per giorni interi sul Missing Moment da inserire senza trovare qualcosa che mi ispirasse completamente e poi ho riletto questa parte e mi sono immedesimata nella testa galleggiante di Crouch, davvero intenso. Naturalmente gli elementi in grassetto sono le frasi che appartengono al libro, per rendere l’idea; spero vi piaccia. Un abbraccio.
   
 
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