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Autore: DanieldervUniverse    18/10/2020    2 recensioni
[Sine Requie]
Un gruppo di ribelli di Nuova Stalingrado esplora un settore abbandonato.
Questa storia partecipa al contest per l'Undicesimo Anniversario del XIII Order Forum
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il gruppo procedeva lentamente nello stretto condotto di areazione, al buio, senza una mappa, e costantemente all’erta per possibili suoni sospetti. I grossi tubi che dovevano portare l’aria dal mondo esterno ai vari settori della città-alveare si erano dimostrati più di una volta un’ottima via di fuga per i ribelli, sia per sfuggire alle forze di Z.A.R. che dai morti, ma non erano sempre percorribili e senza una conoscenza approfondita della rete potevi finire chissà dove, spesso in bocca ad un morto intrappolato nelle tubature o in un posto di guardia del NKVD. Raramente gli operai mettevano piede fuori dal settore dove dormivano e lavoravano, fatto salvo per i pasti e l’occasionale visita all’auditorium per guardare la Lotta Sovietica, quindi trovare qualcuno di abbastanza esperto era piuttosto raro.
“Pyotr” sobbalzò quando sentì “Doppio Zero”, sussurrare dalla testa della fila che erano arrivati. Nonostante facesse freddo nel condotto il ragazzo era madido di sudore: aveva sentito storie orribili dai compagni ribelli sui mostri che si nascondevano nei luoghi più oscuri e isolati della città, uomini o donne dimenticati e morti nell’anonimato che ora infestavano le loro tombe in attesa che qualche sfortunato passasse di lì per poterlo agguantare e divorare, e in quel buio opprimente il minimo sussurro gli faceva rizzare tutti i peli del capo.
Ascoltò con grande apprensione i rumori metallici della grata di areazione che veniva smontata e gli scricchiolii della struttura provocati dai movimenti di Doppio Zero e della piccola “Tagliola”, mentre le due donne si calavano dal condotto cercando di fare il minimo rumore possibile. Quando fu il suo turno Pyotr si mosse impacciato, sentendo il condotto gemere ad ogni sua mossa; il battito del suo cuore aumentò così tanto da fargli ronzare le orecchie. Ci mise un’eternità a trovare il vano da cui scendere e mentre faceva le manovre necessarie per calarsi scivolò perdendo la presa. Per fortuna Doppio Zero lo prese al volo nonostante l’oscurità.
-Tranquillo piccolo Pyotr, tranquillo. Ssshhhhh, non avere paura - gli sussurrò all’orecchio, finché lui non smise di tremare. Nel breve tempo in cui l’aveva conosciuta Pyotr aveva sviluppato un senso di ammirazione e sicurezza per Doppio Zero: si era appena laureata all’università di Mosca quando il nemico Nazista aveva attaccato la Madrepatria, ed era stata tra le prime donne ad entrare nei ranghi dell’Armata Rossa per respingere l’invasore; aveva combattuto a Minsk e a Mosca, e poi ancora a Stalingrado e a Kursk; aveva visto con i suoi occhi il Risveglio, il momento in cui i morti si erano destati, sollevandosi a migliaia dai campi di battaglia dove giacevano immobili, per divorare i vivi; e poi Z.A.R. le aveva portato via tutto: il suo rango, il suo fucile, persino il suo nome, che aveva sostituito con quell’assurda sigla “NST 00-456F25” impressa a fuoco sulla sua pelle, come tutti i cittadini dell’Unione Sovietica ritrovatisi sotto il regno del calcolatore. Eppure Doppio Zero era sopravvissuta alle bombe naziste, alle orde dei morti e al Dittatore di Metallo, e col tempo si era ripresa tutto quello che le era stato tolto. Ora era uno dei comandanti dei ribelli nelle profondità di Nuova Stalingrado e ispirava altri come lei a continuare la lotta contro l’oppressore.
La comandante l’aiuto a rimettersi in piedi e Pyotr, fattosi coraggio, si allontanò muovendosi a tentoni, abbastanza da permettere agli ultimi due membri della spedizione di scendere senza avere problemi. Solo a quel punto realizzò che non sentiva la piccola Tagliola da nessuna parte. Quasi a rispondere al suo quesito, il sordo ronzio di un generatore elettrico rimbombò nella sala e alcune luci al neon si accesero in tutto il settore, lasciandone comunque la maggior parte al buio. Il generatore era un grosso blocco di metallo alto due metri con un ampio pannello di controllo su cui si dipartivano vari cavi elettrici. Il ragazzo notò subito Tagliola, inginocchiata vicino al generatore, intenta a riporre gli attrezzi da metalmeccanico dentro la cintura. Era impossibile che fosse riuscita a riavviare la macchina al buio: quella si muoveva più silenziosa di un fantasma e Pyotr era praticamente certo che potesse vederci al buio, nonostante nessun altro ci credesse.
La donna aveva il volto scavato e annerito dalla fuliggine, e nonostante avesse solo ventiquattro anni ne dimostrava almeno il triplo. Lei era una “Classe 1”, operaio addetta alle fornaci, nei livelli bassi, e la sua salute si era deteriorata rapidamente: le assurde temperature delle fornaci, necessarie a riscaldare l’intera città alveare, le avevano seccato la pelle e la gola mentre la fuliggine le era entrata nei polmoni e negli occhi, rendendole doloroso persino respirare. Il fatto che fosse più bassa di un metro e cinquanta, unito alla sua grande timidezza, ne dava un’immagine fragile e drammaticamente rovinata.
-Pyotr – lo chiamò “Smilzo”, facendolo voltare -Una mano.
Smilzo e Doppio Zero stavano cercando di aiutare Furia Rossa, la gladiatrice, a scendere dal condotto, un’operazione resa più complicata tra l’altro dalla presenza dell’arto biomeccanico della donna, un’enorme e pesante motosega, che sbilanciava il peso del corpo. Anche con l’aiuto di Pyotr i tre ci misero parecchio a completare l’operazione senza rovinare a terra o farsi male.
-Furia, tu e io ci occupiamo del carburante. Pyotr, Smilzo, state vicini a Tagliola e mi raccomando non avventuratevi nel buio, potrebbe esserci ancora qualcosa qui in giro. Tutto chiaro? - ordinò Doppio Zero, imbracciando il suo fucile di precisione modificato. Pyotr annuì, stringendo la propria arma al petto con forza. Le due donne si allontanarono, la comandante con passo fermo e sicuro mentre Furia arrancava dietro di lei sobbalzando a causa della pesante protesi.
Smilzo rivolse al giovane compagno un sorriso d’incoraggiamento, distogliendolo brevemente dalle sue angosce prima di seguire Tagliola. Nonostante fosse poco più grande di lui Smilzo sembrava più vecchio di molti anni, sia nel carattere che nello sguardo. Per Pyotr era un bene perché significava che il tipo era uno di cui fidarsi. Non sapeva molto di lui, era un personaggio riservato e gentile Smilzo, ma sapeva che si era unito ai ribelli non molto tempo prima. Girava voce che fosse una sorta di casanova, forse per via del volto liscio e dai bordi addolciti o per la voce armoniosa, ma oltre a quelle dicerie il compagno non aveva lasciato trapelare altro su di sé.
Tagliola, una volta assicuratasi che il generatore funzionasse a dovere, si mise a percorrere il nastro della catena di montaggio, che occupava in lunghezza l’intera sala, in cerca di qualche buon pezzo di ricambio o congegno riutilizzabile. Secondo le informazioni che avevano ottenuto, quel settore abbandonato in passato assemblava parti per le biomacchine da guerra di Z.A.R., per cui era possibile trovare ogni sorta di aggeggio utile tra i rottami. Quello che si poteva vedere del settore, per via della mancata manutenzione alle luci, era molto poco: oltre al nastro e al generatore si potevano distinguere a grandi linee l’altezza del soffitto, poco più di dieci metri, e la lunghezza massima del settore che ad occhio sembrava cinquanta metri circa. La larghezza effettiva era impossibile da determinare per via della scarsa illuminazione, che rendeva la zona fuori dal raggio delle lampade lugubre e opprimente. Tutte le superfici erano di metallo, dal colore grigio spento, monotono e privo di attrattiva, e pieno di ruggine. Ogni tot metri era possibile scorgere tubature di ogni genere e dimensione diramarsi dal pavimento e perdersi nel buio del resto del settore, o componenti di biomacchine abbandonati; quando qualche lampada fuori dal cerchio lampeggiava illuminava intricate e inquietanti forme di metallo, forse altre tubature o biomacchine abbandonate o qualcosa che Pyotr non ci teneva a conoscere. Il ragazzo rabbrividì.
Finché non si era unito ai ribelli Pyotr era stato convinto, come gran parte dei cittadini, che Z.A.R., il grande calcolatore, il padre e la madre del popolo della Grande Unione, fosse infallibile e onnisciente, ma poi quella realtà era sfumata e le imperfezioni del regno del calcolatore gli erano state svelate una ad una dai ribelli: settori abbandonati come quello in cui si trovavano non erano rari, e non erano dovuti ad un’infiltrazione di morti o ad altre iniziative di sicurezza intraprese da Z.A.R., ma semmai alla memoria fallace del calcolatore che semplicemente si era dimenticato che il settore esistesse.
-Pssst, Pyotr – lo chiamò Tagliola, facendolo voltare di scatto. La ragazza aveva trovato un pannello segreto in una delle sezioni del nastro, che celava un vano largo quanto un uomo al cui centro era posto quello che sembrava un piccolo diario. Con delicatezza la ragazza lo tirò fuori e lo passo nelle mani del compagno, che soffiò via un po’ di polvere dalla copertina. Poi, con il massimo della reverenza, il ragazzo cominciò a sfogliare le pagine, in cerca di qualche informazione utile. Essere l’unico del gruppo a saper leggere e scrivere non era una responsabilità da prendere con leggerezza.
- abbiamo finito le scorte d’acqua. Le barriere cominciano a cedere. Ieri “9” si è impiccato e nessuno se n’è accorto finché il suo cadavere urlante non si è lanciato sul sergente, mangiandogli la faccia prima che potessero farlo a pezzi. Abbiamo buttato i resti oltre la barricata ma a questo punto sembra tutto inutile. Il cibo è finito due giorni fa e la gente è già esausta. Z.A.R. non risponde, il nostro padre ci ha abbandonati. Le porte del settore sono chiuse, la grata d’areazione è nella parte occupata dai morti. Non possiamo più uscire. Sento che battono sulle barricate incessantemente, sento le donne e gli uomini gridare. Ogni giorno quelle barriere si piegano sempre di più. È finita. Non possiamo più uscire. Li sento gridare, hanno fame, ci uccideranno e diventeremo tutti come loro. Non possiamo più uscire. È la fine. Arrivano.
Pyotr sollevò lo sguardo dal foglio, sbiancando: quelli che aveva scambiato per tubi o pezzi di biomacchina erano i resti delle barriere che gli operai avevano innalzato per difendersi dai morti, e la ruggine era in realtà sangue rappreso. Deglutì appena, realizzando con orrore che molto probabilmente nel buio del settore si nascondevano diversi morti in attesa di divorarli, ma prima che potesse comunicarlo ai compagni gli cadde lo sguardo sul vano da cui avevano estratto il diario: vide con chiarezza due occhi gialli e malevoli risplendere nell’oscurità, fissi su di lui.
Urlò con tutta la sua forza e saltò indietro, imitato subito da Tagliola, mentre Smilzo si frapponeva prontamente tra loro e il vano, puntando il mitra dritto davanti a sé. Pyotr rimase impietrito. Poteva sentire Doppio Zero e Furia che correvano verso di loro a gran velocità, ma per lui erano dettagli insignificanti. Poi, come se nulla fosse, Smilzo si rilassò e si volse verso Pyotr con sguardo rassicurante -È tutto a posto compagno. Non c’è niente.
Qualcosa guizzò in quel momento alle spalle del giovane e un attimo dopo la testa del ragazzo rotolò sul pavimento. Una risata agghiacciante risuonò tutt’attorno e Pyotr ricominciò ad urlare. Urlò fino a che Doppio Zero non gli tappò la bocca a forza con le sue temibili mani. La cicatrice sul lato destro della faccia della comandante la rese solo più autorevole in quel momento di panico.
-Formazione serrata, schiena contro schiena! Seguitemi! - ordinò Doppio Zero, tirandoselo appresso. A poco a poco la risata si spense, acuendo la paura che si stava insinuando nei loro cuori: Pyotr poteva vedere benissimo che i suoi compagni erano intimiditi quanto lui, e dai loro sguardi riusciva a cogliere il senso di dubbio e smarrimento provocato da quel nemico misterioso che sembrava in grado di eludere il loro sguardo. Quel silenzio angosciante rese il loro avanzare snervantemente lento, specie per via di Furia, con la sua andatura barcollante, che li costringeva ad accordare il passo. Raggiunto il generatore Doppio Zero fece segno di fermarsi. Senza più il suono dei loro passi a coprirlo Pyotr udì sgomento i gemiti dei morti in avvicinamento. Doppio Zero si sporse oltre l’angolo, cauta, misurando i passi e tenendo sempre il fucile pronto a sparare. Il ragazzo dovette suo malgrado distogliere lo sguardo dalla donna per concentrarsi sul buio davanti a lui per non lasciare punti ciechi nella formazione. Dopo che quella creatura si era manifestata sembrava che l’ombra del settore si fosse fatta sempre più vicina, stringendoli da tutti i lati per impedirgli di sfuggire alla sua trappola mortale, per avvolgerli nella sua salda presa e farli sparire nelle sue viscere.
-Non li vedo – li richiamò Doppio Zero, facendolo loro segno di muoversi -Forse riusciremo a raggiungere la nostra uscita se corriamo. Furia…
-Ho passato tutta la vita aspettando la mia morte. Non vi preoccupate… - rispose la gladiatrice, ma venne interrotta dalla risata agghiacciante della creatura. Una dopo l’altra le luci dietro di loro cominciarono ad esplodere, mentre la cosa si avvicinava.
-Via Via! - urlò Doppio Zero, cercando di farsi udire sopra il frastuono. Ma Pyotr non si mosse, non trovò la forza: il suo sguardo era fisso sull’oscurità che avanzava inesorabile, come se fosse una bocca pronta a divorarlo. Davanti a lui Furia si volse a fronteggiare la minaccia, armeggiando con l’arto biomeccanico nel tentativo di accenderlo ma ottenendo solo sbuffi e imprecazioni.
-Maledizione Pyotr muoviti! - gli urlò Doppio Zero, afferrandolo per la spalla e strattonandolo. In quel momento il ragazzo riuscì a vedere il mostro, a coglierne la forma per un flash, mentre la creatura spiccava un balzo verso di lui, con i denti acuminati disposti a formare un sorriso diabolico. Colto da un nuovo terrore Pyotr si accucciò a terra, coprendosi le orecchie con le mani e urlando con tutto il fiato che aveva in corpo. Un liquido caldo gli schizzò addosso ma il ragazzo continuò ad urlare, facendo dolere la sua gola per lo sforzo. La paura prese il controllo dei suoi sensi, annebbiando la sua vista e la ragione, finché un grande dolore eruppe dalla sua coscia sinistra e lui si senti sollevare e spingere per un metro verso il generatore.
-Non restate imbalsamati voi due! Muovetevi! - tuonò Furia, facendo onore al suo nome. La gladiatrice si fece avanti imponente, minacciando di schiacciare il cranio del ragazzo con le sue possenti gambe, e Pyotr balzò prontamente in piedi mettendosi correre dietro a Tagliola. Non c’era traccia ne di Doppio Zero ne del mostro. Mentre la sua mente processava le informazioni che gli stavano bombardando i sensi il ragazzo perse il controllo di quello che stava facendo e finì per sbattere a Tagliola, rischiando di farli cadere entrambi. Pyotr fece un passo indietro, colto alla sprovvista, e solo a quel punto si accorse dello sguardo sgomento della ragazza. Seguendo la direzione dei suoi occhi il giovane vide i morti uscire poco a poco dall’oscurità: si trascinavano avanti su arti marci, con movimenti grotteschi e disperati; alcuni avevano addirittura degli arti o innesti biomeccanici ancora attaccati al corpo. Il loro odore era nauseante e i loro versi formavano una cacofonia incomprensibile di grida, gemiti e inarticolati strilli. Erano vicini, troppo vicini.
-Вот дерьмо.1 Non vi fermate giovani…! - sibilò la gladiatrice, prima che con uno stridio metallico le porte del settore si aprissero proprio alle loro spalle. Le luci oltre la soglia li abbagliarono per un attimo, ma poi l’ombra di un’immensa biomacchina da guerra si parò davanti a loro, stagliandosi nell’ingresso. Era un grosso cubo di metallo che si reggeva su due cilindri a loro volta fissati a due cingoli l’uno. Dai fianchi spuntavano due arti meccanici che reggevano mitragliatrici dalle canne grosse quanto il braccio di Pyotr, e altri due che reggevano dei cannoni anti-carro; ai lati della sommità erano posizionati due riflettori, e sul centro della facciata un altoparlante e una telecamera.
-È una trappola – disse Tagliola.
-Esattamente - rispose la biomacchina, con una voce metallica e inespressiva, inumana, dal suo altoparlante -Tutte le informazioni che avete ottenuto sono trapelate secondo i Suoi piani! Arrendetevi Ribelli! E Z.A.R. vi concederà il perdono e la salvezza da questi mostri!
-Eбать!2 - gli urlò Furia, mostrandogli il dito medio. In risposta la biomacchina si inclinò leggermente in avanti, puntando l’intero arsenale sui tre e accendendo i riflettori -Arrendetevi subito. Secondo avvertimento.
-Cercate di spegnere quell’ammasso di ferraglia. Io mi occupo di tenere lontani i morti – ordinò Furia, mettendosi ad armeggiare con l’arto biomeccanico.
-È la fine – balbettò Pyotr, con un filo voce -È finita…
Un doloroso pugno sulla spalla lo fece sobbalzare. La forza con cui Furia l’aveva colpito, peraltro col suo braccio buono, era stata tale da fargli digrignare i denti.
-Ci sono centinaia di nostri compagni la fuori, forse migliaia! E muoiono ogni giorno come mosche perché stiamo combattendo una guerra, e questa guerra la dobbiamo vincere proprio come stavamo vincendo l’altra! - gli urlò in faccia la gladiatrice, rossa di rabbia -Non hai il diritto di arrenderti, non hai il diritto di dire “Fine” finché hai forza e respiro sufficienti a maneggiare un’arma! Prendi quel cazzo di fucile e spara, brutto мудак!3
-Arrendetevi. Terzo avvertimento.
Pyotr fece per replicare con voce flebile, ma il rombo della motosega che si accendeva coprì la sua protesta. Furia si scagliò in avanti lanciando il terrificante UUUUURRRRRAAAAAAHHHHHHH! con cui si era fatta conoscere nei Pozzi; ogni traccia della sua andatura incerta scomparve e improvvisamente la donna cominciò a muoversi con agilità e forza senza eguali, travolgendo i morti come un carro armato avrebbe travolto un gruppo di bambini.
Furia era stata una semplice Classe 0, una metalmeccanica, prima che Z.A.R. la scegliesse per diventare una gladiatrice. Nessuno aveva scommesso sulla sua sopravvivenza oltre il terzo scontro, ma Pyotr ricordava benissimo la ferocia con cui l’aveva vista combattere nella Lotta Sovietica per scampare alla morte. Nei Pozzi era uccidere o morire, e la clemenza non aveva mai salvato nessuno. Furia aveva combattuto, aveva ucciso poveri disgraziati come lei che erano stati costretti a quel gioco violento, e si era fatta un nome: invece di dover avere la testa rapata si era potuta far crescere una fulgida chioma rossa, crearsi una nuova identità e vivere una vita degna tra un combattimento e l’altro; le avevano impiantato un arto meccanico che le aveva martoriato il corpo, ma lei aveva saputo adattarsi anche a quello e a divenire ancora più letale. E quando Z.A.R. e i suoi avevano deciso di sbarazzarsi di lei era fuggita, aprendosi la strada a forza fino a raggiungere i livelli bassi in mano ai ribelli.
La forza con cui Furia Rossa, gladiatrice di Nuova Stalingrado, si stava battendo fece ammutolire Pyotr. Il ragazzo rivolse lo sguardo incerto verso Tagliola, che però era smarrita quanto lui.
-Arrendetevi. Ultimo avvertimento.
Il ragazzo alzò lo sguardo sulla biomacchina che torreggiava su di loro. Era la fine: non sarebbero serviti a niente il coraggio o la forza in quella situazione, tanto valeva lasciarsi morire. Tagliola gli prese la mano, e Pyotr scorse nei suoi occhi arrossati, troppo secchi per permettere a lacrime di scendere liberamente, un ultimo sguardo disperato: la ragazza avrebbe tentato il tutto per tutto, fintanto che il suo cuore avesse battuto. Pyotr realizzò che non gli servivano coraggio o forza, ma solo disperazione, l’indomabile disperazione legata a quell’ultima speranza che non sarebbe mai morta.
Senza più esitare il ragazzo sollevò il suo fucile e fece fuoco verso la telecamera della biomacchina, urlando a Tagliola -Corri!


Note:

1) Oh merda (Vot Der’mo)
2) Fottiti! (Ebat’)
3) Stronzo! (Mudak)

  
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