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Autore: ForteMaFragile    21/10/2020    3 recensioni
ATTENZIONE SPOILER
Ora che il mondo ha riavuto i suoi dadi tocca ad Ofelia restituire a Thorn i suoi, così insieme alla sciarpa si tuffa nello specchio della vetreria pronta a raggiungere una nuova destinazione sconosciuta.
Disposta a sacrificare qualsiasi cosa pur di rivedere il suo amato, si avventura in un nuovo mondo più diverso di quanto immagina, dove due umanità diverse devono imparare a convivere pacificamente.
Anche questa volta si ritroverà in una terra sconosciuta dall' altra parte del globo pronta ad affrontare vecchie e nuove sfide. Riuscirà a ritrovare Thorn? Riuscirà a trovare una nuova via d' accesso per il rovescio?
Questa storia parla di tutto questo.
E anche un po' di più.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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L’uccello che credevi di catturare
Con un battito d’ali è volato via.
L’amore è lontano, puoi aspettarlo.
Non lo aspetti più, è qua.

 

 
 
 

Ofelia era circondata dalla nebbia, una nebbia densa e fitta, si sentiva leggera, senza peso, come se all’ improvviso fosse diventata immateriale. Tutte le particelle del suo corpo erano insieme e al contempo separate, aveva già provato quella sensazione in passato, ma in quel momento era come se la sua mente non riuscisse assolutamente a ricordare quando.
Intorno a lei vedeva solo bianco, un enorme distesa di bianco a perdita d’ occhio, tanto che la luce di quel luogo le faceva quasi male, si sentiva come la prima volta che era stata ai giardini di Polluce, come se un enorme gomma da cancellare avesse fatto sparire il mondo, come immersa in un enorme foglio di carta bianca.  Si guardò intorno con preoccupazione crescente e decise che doveva andare via di li, doveva iniziare a muoversi in quel biancore dove le direzioni si confondevano e orientarsi sembrava impossibile. Quella preoccupazione che era nata come un pensiero di sottofondo iniziò lentamente ad impadronirsi di lei fino a trasformarsi in un brivido che le scese lungo la schiena, come un campanello d’ allarme, in un attimo lo sapeva, doveva andarsene assolutamente, non sapeva perché ma il suo istinto le urlava di scappare via.
Mosse il primo passo e quasi senza rendersene conto lo sguardo le cadde sul piede nudo che si sollevava da terra, poi sulla tunica rattoppata da Agata, quasi non credeva a quello che stava succedendo, sollevò quello che restava delle sue mani e si scoprì le braccia avvolte nelle lunghe maniche della tunica, la sua pelle aveva assunto una colorazione grigioverde e la tunica era passata dal blu scuro all’ arancione vivido. Ofelia era sgomentata. Improvvisamente le era tutto chiaro, era entrata nel Rovescio.
Mille sensazioni la invasero all’ improvviso una dopo l’altra, sorpresa, paura, speranza, incredulità, ce l’aveva fatta era finalmente tornata nel rovescio. Ma come? Come era possibile?
Non c’erano più passaggi verso il Rovescio, non c’era più comunicazione fra i mondi, nel bene e nel
Male, o almeno così aveva creduto fino a quel momento.
Smise di farsi domande, deglutì la sensazione di panico che tornava ad assalirla e iniziò a correre a perdifiato, non sapeva come era arrivata li, non le interessava, o più semplicemente ci avrebbe pensato dopo. Questa era la sua occasione e non poteva lasciarsela sfuggire, il suo cervello si era stabilizzato su un unico pensiero, su un unico volto, su un unico nome.
Thorn. Thorn che aveva rinunciato a tutto, perché farlo gli aveva permesso di raggiungere il suo unico scopo, salvare lei.
Voleva gridare a squarciagola fino a lacerarsi le corde vocali contro ogni regola di quel luogo, voleva chiamarlo con tutte le sue forze, e mentre disperatamente  tentava di fare uscire un suono dalle sue labbra che erano sigillate ermeticamente, mute come una campana senza battaglio, i suoi occhi vagavano ovunque intanto che si spostava nel nulla più totale senza capire in che direzione stesse andando, i sensi la tradivano non capiva qual’ era l’alto e quale era il basso, se stava salendo o scendendo, ma le sue gambe non volevano fermarsi, non potevano fermarsi. Lei aveva bisogno di lui, e lui di lei. Sapeva che lo avrebbe trovato ad ogni costo, così dopo un tempo che le era parso un’eternità intera e allo stesso tempo un battito di ciglia intravide una figura innaturalmente alta e spigolosa con la pelle di un colore grigio verde, i capelli neri come la pece e un redingote scuro.
Si fermò e Il suo cuore perse un battito. Era lui, sapeva che era lui, anche da così lontano, lo sentiva. Si precipitò a rincorrere la figura ancora più veloce di prima, se avesse potuto avrebbe pianto, ma nel rovescio le sue lacrime non avevano consistenza, o più semplicemente non esistevano.
Ofelia aveva male alle gambe per lo sforzo più le sembrava di avvicinarsi a quella figura più quella si allontanava, più tentava di osservarla con attenzione e più i suoi contorni diventavano meno definiti, ma lei era determinata non si sarebbe arresa voleva raggiungerlo, doveva raggiungerlo ad ogni costo, doveva trascinarlo fuori di li, non poteva abbandonarlo in quel mondo, non di nuovo, non l’avrebbe permesso...
Fu un attimo, più breve di un battito di ciglia, una frazione di secondo incalcolabile, Thorn era scomparso. Intorno a lei era tornato a regnare un mare di bianco del tutto inconsistente, la sensazione di angoscia dentro di lei aumentava, si diffondeva dal basso ventre come un conato di vomito incastrato tra lo stomaco e la gola, lo aveva perso, lo aveva perso di nuovo.
All’ improvviso si sentiva improvvisamente svuotata di una forza che fino a poco prima non credeva nemmeno di possedere, Da quanto stava correndo? Minuti? Ore? Giorni? Settimane? Pochi secondi? Ormai non lo sapeva più neanche lei, era come se dall’ ultima volta in cui era stata lì il tempo e lo spazio in quel posto fossero tremendamente distorti, strizzò gli occhi sperando che una breve pausa da tutto quel bianco accecante l’avrebbe aiutata ad acuire la vista, ma non servì a nulla. Era di nuovo sola.
 
Lo sconforto dilagava dentro di lei, si diffondeva rapidamente invadendo ogni singolo centimetro del suo corpo, ogni fibra di lei era invasa dalla disperazione, come un flash le apparvero gli ultimi momenti in cui  lo aveva visto nel Memoriale a Babel quando il passaggio verso il Rovescio si era aperto per ottenere finalmente la contropartita che gli mancava, rivedeva le sue braccia striate di cicatrici uscire dallo specchio per  afferrare l’Altro come una tenaglia e trascinarlo giù, rivedeva il suo braccio tuffarsi nello specchio, la mano di Thorn afferrare la sua, risentì vivido il dolore della spalla che si slogava, l’orribile sensazione della mano di Thorn che lasciava la sua mentre l’ultimo passaggio verso il rovescio che si chiudeva.
Con tutti quei pensieri che le attraversavano la mente quasi non riusciva più a respirare, i suoi occhi continuavano a vagare disperati mentre le sue gambe cedevano sotto il peso del suo corpo, Ofelia era accasciata in malo modo a terra. L’ impatto le aveva fatto male le ginocchia ma non le importava, si sentiva svuotata di ogni briciolo di energia, anche se allo stesso tempo si sforzava di mantenere vigili i sensi, anche così non riusciva ad abbandonare la speranza.
Poi lo vide, improvvisamente in mezzo a tutto quel bianco era impossibile non notarlo, a una decina di metri davanti a lei c’era un puntino, un puntino nero, una minuscola scintilla di tenebre, non sapeva né come né quando fosse apparso, né tantomeno se fosse sempre stato li. Il Corno dell’abbondanza era nel Rovescio. Forse Thorn era entrato li dentro, forse per questo era sparito. L’ animo di Ofelia parve impadronirsi di un nuovo ardore, infondo ci sperava ancora un po’.
Provò ad alzarsi, ma nell’ esatto istante in cui formulò questo pensiero sentì uno schianto alle sue spalle. Il rumore in realtà era ovattato, ma in mezzo a tutto quel silenzio le era risultato assordante, l’oggetto che si era schiantato dietro di lei con l’impatto aveva prodotto una specie di onda d’ urto, che nel Rovescio produceva una serie di onde nel mare di bianco. Ofelia non osava girarsi, aveva paura, la sensazione di pericolo che fino a quel momento aveva ignorato si era acuita al massimo, era lì che non doveva essere, era quello il posto che doveva evitare e che non era riuscita ad evitare, eppure in uno slancio di coraggio si girò.
Davanti a lei si stagliava gigantesco l’eco di Eulalia, conservava ancora l’aspetto della creatrice degli spiriti di famiglia e delle arche, ma ai suoi piedi una marea di ombre brulicavano come creature viventi e il suo sguardo brillava di una luce sinistra e inquietante, attraverso gli occhiali dalla montatura quadrata.
Nei cinque secondi successivi alla sua apparizione l’altro fece una cosa in particolare che spaventò Ofelia se possibile anche più di prima. Si infilò una mano in tasca, e in un unico gesto fluido ne estrasse uno strano oggetto che lei inizialmente non riconobbe.
«Sai cosa dono... sono?» chiese con tono allusivo mentre un sorrisetto malefico le si dipingeva sul viso, non disse nient’ altro, semplicemente continuò a fissarla come se si aspettasse che lei da un momento all’ altro capisse, e così fu. Acuendo lo sguardo vide che nel palmo della mano reggeva una minuscola ombra scura, aveva la forma di un paio di guanti e da questi si propagava un alone scuro come fosse fatto di fumo o come una schiuma. Erano le sue dita, la contropartita che aveva lasciato lì per permettere a sé stessa di contro invertirsi, ma perché le aveva l’eco? come aveva fatto a trovarle? E soprattutto perché avevano una forma solida? Pensava che si sarebbero dissolte nell’ aeragyrum una volta cedute al rovescio. Non riusciva a smettere di pensare e a ragionare mille pensieri ricordi sensazioni le attraversavano e le affollavano la mente impedendole di pensare lucidamente. Ofelia si porto istintivamente una mano al collo per cercare aiuto nella sciarpa, ma come se si fosse ricordata solo in quel momento dell’ assenza della stessa, sentì solo il contatto con la pelle del collo mentre l’ eco aggiunse  «Credevi che non fosse tutto caduto... perduto, ma io mi assicurerò che sia così» disse mente una smorfia molto simile ad un sorriso compariva sul suo volto, «tornerò, stupida ragazzina, vedrai» disse mentre una delle sue enormi mani si allungava verso di lei senza che il suo busto si spostasse di un millimetro, Ofelia non osava muoversi non capiva come tutto questo fosse possibile, non capiva perché l’ eco, non si fosse distrutto, per lei era sembrata una conseguenza automatica ma ora come ora non le sembrava poi così scontata, infondo non conosceva tutte le leggi che muovevano quel mondo. «Ti distruggerò, e di te non rimarrà niente» disse ancora mentre ad una velocità sorprendente la afferrava sollevandola da terra e stritolandola tra le dita della mano libera. Un dolore immenso la attraversò mentre si sollevava da terra sentiva tutte le articolazioni scricchiolare e la gabbia toracica comprimersi, non riusciva a respirare, stava provando a liberarsi con tutte le sue forze ma era in trappola. «Ma prima ucciderò lui, quel bastardo che mi ha tormentato i colpi… mi ha trascinato qui».
‘' No!’’  Questo pensiero si materializzò nella mente di Ofelia istantaneamente. Thorn era in pericolo, doveva assolutamente fare qualcosa doveva liberarsi, doveva trovarlo ad ogni costo, ma mentre si dibatteva come una forsennata tra le mani dell’altro che aveva iniziato a ridere e rideva sempre più forte, il suo campo visivo si restringeva si faceva pian piano sempre più nero, non aveva più aria nei polmoni una marea di piccole scintille argentee le passavano davanti mentre, le forze la abbandonavano per l’ennesima volta.
«Sei patetica» sentì mentre le ultime forze la abbandonavano e definitivamente sveniva.

 
Ofelia apri gli occhi, risentiva ancora le parole dell’altro rimbombarle nelle orecchie... ‘’Sei patetica’’… Aveva bisogno di respirare e di incamerare aria come se fosse rimasta in apnea per ore, sul viso e sul collo le scendevano copiosi rivoli di sudore. Si tirò a sedere di scatto portandosi una mano al petto come per assicurarsi di essere ancora tutta intera sforzandosi al contempo  di calmarsi mentre i suoi occhi si abituavano all’ oscurità e i contorni delle cose intorno a lei apparivano sempre più definiti, si trovava in una stanza fatta quasi interamente in legno, dalle travi del soffitto ricoperto di tegole trasversali e spioventi, al pavimento, ai mobili, facevano eccezione solo il muro bianco, il lampadario spento e il letto in ferro battuto dove era seduta Ofelia.
Un sogno. Ancora non riusciva a capire come era possibile che fosse stato tutto un sogno, eppure le era sembrato così reale. La sciarpa che in quel momento era raggomitolata sul comodino come risvegliatasi anche lei corse ad avvolgersi intorno alle sue spalle per calmarla, Ofelia la strinse di più a sé mentre volgeva lo sguardo fuori dalla piccola finestra rotonda per osservare la città illuminata dalla luce della luna e dei lampioni che costeggiavano le larghe strade ricoperte di ciottoli dove le persone nonostante l’ora tarda della notte popolavano le strade. Tutt’ intorno si trovano alti palazzi con le facciate giallino chiaro e i tetti azzurro tenue e grigio. Abbassò lo sguardo sul fiume e sui vari piccoli ponti che circondavano il palazzo e l’enorme cattedrale alla sua sinistra, la facciata del palazzo imponente alto più di quaranta metri era alla base composta da tre portali alternati a contrafforti quadrangolari sormontati da un enorme rosone al centro e due enormi torri campanarie ai lati. A destra invece svettava sul mare di tetti un’altissima torre piramidale in ferro battuto illuminata da migliaia di piccole lucine che ne facevano risaltare i contorni nel buio. La Serenissima non le era mai sembrata più tranquilla, in contrasto con il tumulto che aveva nel petto.
Lentamente il suo respiro tornò regolare, mentre nella sua testa le immagini di quel sogno così vivido non riuscivano ad abbandonarla. Possibile che fosse stato tutto un sogno? Ofelia protese le braccia e il petto verso l’alto mentre inarcava la schiena per stiracchiarsi prima di rimettersi a letto. Quel semplice gesto le provocò un dolore acuto in tutto il corpo, con una smorfia tirò su le maniche della tunica per ritrovarle ricoperte di lividi enormi e bluastri che come strisce le avvolgevano le braccia, poi con l’aiuto della sciarpa sbottonò i bottoni della tunica e scoprì che anche il costato e metà della coscia ne erano ricoperti. Era come se le si fosse tatuata sul corpo l’impronta di una mano enorme. In un istante capì.
Non era un sogno.


































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 Note dell' autrice 

Ho iniziato a scrivere questa fanfic perchè per la prima volta ho sentito la necessità di dare un continuo, a modo mio, ad una serie di libri che ho amato e che alla fine mi hanno lasciato l' amaro in bocca.
Non tanto per la conclusione della storia d'amore tra i due protagonisti, ma per tutti i non detti, le cose non spiegate, le storiline abbandonate...
E quindi eccomi qui con un primo capitolo sparato di getto nero su bianco, un mare di insicurezze e un bisogno patologico di un parere positivo o negativo che sia, anche se sotto sotto spero che vi sia piaciuto. 

  
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