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Autore: l01    22/10/2020    4 recensioni
Brando de Sanctis e Fabio Fedeli frequentano il miglior liceo di Roma, sono decisamente benestanti - Brando decisamente di più, Fabio un po' meno - e all'apparenza, da lontano potrebbero avere la vita perfetta, ma... A volte quel ma cambia tutto! In questi capitoli affronteremo il duro percorso per essere se stessi, per amare in ogni sua forma - anche quando è un ragazzo ad amare un altro ragazzo -, accettando ciò che si è e che si prova; le difficoltà nel riuscire ad essere davvero empatici mettendosi nei panni degli altri; il non facile percorso di accettazione famigliare ed anche il modo diverso in cui un padre ama, odia è genitore verso un figlio.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Fabio odiava correre, era un fatto assodato da anni ormai, nemmeno da bambino correva, preferiva di gran lunga starsene seduto da qualche parte con un libro di fiabe in mano. E dalla corsa l'odio si era espanso verso lo sport in generale portandolo ad avere da sempre in ginnastica un 6 striminzito dato a titolo di pietà. Eppure, chi lo avesse visto quel giorno avrebbe visto la corsa di un ghepardo, una corsa felina, quasi che da quella corsa dipendesse la sua stessa vita. Fabio correva come mai nella vita pensava che avrebbe corso. Aveva parcheggiato il motorino nel primo posto libero che aveva trovato e si era gettato a capofitto nella strada che lo separava dall'entrata dell'ospedale San Filippo Neri.

La notizia di quello che era successo gli era arrivata via social. Come accade per tutto oggigiorno. Qualsiasi notizia i social la sanno prima di te, e te la sbattono in faccia alle 6 di mattina senza premura di filtrarla, senza un minimo di sensibilità. Senza preoccuparsi di chi può saperla e chi no. Della reazione di chi la riceve.

La notizia che Brando aveva avuto un'overdose gli era arrivata sulla chat di classe, tranquillamente. Lo stesso luogo dove la sera prima qualcuno chiedeva i compiti di inglese per martedì.

Fabio non riusciva ancora a connettere, a comprendere. Nella sua testa un'overdose è qualcosa che succede alle star di Hollywood nelle camere d'albero per poi venire riportate sui giornali di gossip che tanto piacevano a sua nonna. Quindi era si, una cosa reale, ma reale in un modo tutto suo, reale in un'altra dimensione non certo qualcosa che accade a uno che conoscevi? A uno a cui.... tenevi che... amavi?

Mentre correva con il cuore in gola una parte della sua mente provava ad immaginarsi la scena di lui incosciente mentre lo portavano via, coi tubi nelle braccia e la mascherina dell'ossigeno; il suono del defibrillatore che tentava di riportarlo indietro. Ci provava ma non ci riusciva tanto assurda sembrava ai suoi occhi tutta la vicenda.
 

Sentiva il suo cuore battere contro la cassa toracica e si chiedeva cosa avesse provato quello di Brando, quando dopo non so quanti secondi era ripartito.

Lo sapeva che era stupido correre così, soprattutto per una persona del tutto priva di allenamento. Che a quello stato delle cose arrivare un minuto prima o un minuto dopo non cambiava nulla. Ma era la stessa irrazionalità che l'aveva scaraventato fuori di casa quella mattina a farlo correre. Voleva solo vederlo, coi suoi occhi, sapere come stava.

A due passi dall'ingresso rallentò di botto e si passò febbrilmente le mani sul viso e sulla testa per ridarsi una parvenza di lucidità. Con solo il ritmo assordante del suo cuore nelle orecchie cercò con gli occhi la reception e chiese informazioni. Ora che ci pensava non sapeva neanche in che reparto fosse, se poteva ricevere visite, se si trovava ancora in quel nosocomio.

Infondo vivo non vuol dire niente... magari era in coma, magari aveva danni celebrali tanto gravi che ormai l'unica opzione possibile era donare i suoi organi affinché altre persone potessero vivere attraverso di lui...

Scosse la testa per scacciare questi pensieri orrendi che gli stavano rigando il volto di lacrime ed inghiottì a vuoto mentre la ragazza dietro il vetro digitava velocemente sul computer.

"Mi dispiace molto ma non trovo nessun Brando De Santis tra i ricoverti..." dopo un po' aggiunse l'impiegata "ma è arrivato stanotte, ne è certo?"

Fabio sgranò gli occhi annuendo. La ragazza pigiò ancora qualche tasto nuovamente a vuoto.

Fabio la interruppe preoccupato "E' un ragazzo con i con i ricci molto scuri! Lo hanno portato con l'ambulanza stanotte, la prego mi dica qualcosa... "

"Ora ho capito!! Sei fortunato che ero di turno io questa notte e l'ho visto entrare... aspetta un momento..." digitò ancora a tutta velocità "eccolo qui. Si. Proprio lui. Medicina alta intensità, quarto piano. Stanza 408. Orario di visita dalle 9 alle 11" Fabio gettò un'occhiata ansiosa all'orologio alle spalle della ragazza, dimenticando che lo portava sempre al polso: 8.45.

"un quarto d'ora e puoi entrare" "No essere troppo preoccupato, se lo hanno già trasferito lì vuol dire che ormai non se la passa tanto male" aggiunse facendogli un occhiolino che Fabio ricambiò con un mezzo sorriso, grato che probabilmente il peggio per Brando fosse passato.

Allo scoccare esatto delle 9 si mosse per raggiungere l'ascensore. Non sapeva come fosse possibile che il suo cuore, anche se non correva ormai da un po', battesse ancor più veloce di prima alla sola idea di rivedere Brando.

L'ascensore sembrava metterci una vita, il corridoio gli sembrò il più lungo che avesse mai percorso, e nonostante stesse quasi correndo gli sembrò di avere delle scarpe di piombo ai piedi.

Infine, giunse dinanzi alla porta della camera e con la mano tremante bussò alla porta ma, tanta era la sua eccitazione, finì con l'entrare prima che Brando gli avesse dato il permesso.

Brando, pallido in volto, se ne stava semisdraiato sul lettino a guardare il soffitto nel chiarore asettico della stanza. Si sentiva la testa incredibilmente leggera e gli occhi pesanti come un macigno. Non aveva alcuna intenzione di dormire benché fosse stanchissimo, pertanto, tentava di tenersi sveglio concentrandosi sul gocciolare dei fluidi dalla sacca alla flebo. Non ricordava granché delle ultime ore, ricordava meglio, ma con molto dolore, come era iniziata la sua serata: rabbia a fiumi, roba varia, bottiglie, gli occhi blu della prostituta che lo chiamava tesoro, ricordava anche il suo desiderio disperato di trovarla attraente, di volerla scopare come se non ci fosse un domani. Poi le cose si facevano più confuse. Mescolate. Nebulose

Il rumore della porta che si apriva lo fece voltare, ma fu mettere a fuoco chi c'era sulla soglia che lo spinse seduto di scatto. Il cerchio alla testa per la pressione bassa era nulla in confronto alla sorpresa di vederlo. Fabio.

Non ebbe neanche il tempo di farsi uscire il suo nome dalla bocca che se lo ritrovò addosso. Le labbra di Fabio sfiorarono le sue ma si resero anche subito conto che dall'altra parte non c'era la minima volontà di ricambiare il bacio e pertanto Fabio si ritrasse un momento per abbracciare Brando così stretto da fargli salire il cuore in gola. Brando Lo sentiva tremare ed ansimare.

"credevo non ti avrei mai più rivisto" lo sentì sussurrare "sono praticamente morto quando ho letto la notizia che avevi avuto un'overdose e ti avevano ricoverato. Sei un cazzo di pazzo, un cretino incosciente! Ma quanta roba ti sei calato tutta insieme!? Giuro che se ti vedo in mano anche solo una sigaretta ti picchio personalmente, hai capito?!?"

A Brando venne da sorridere, poi subito dopo un nodo gli chiuse la gola e poggiò gli occhi sulla sua spalla, respirando a fondo per non piangere.

Fabio che lo sgridava, arrabbiato, ma che mentre lo faceva non aveva mai smesso di abbracciarlo... si rese conto che forse era tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno, ciò che aveva in fondo desiderato. Sollevò le braccia, esitando un po' prima di ricambiare l'abbraccio, poi lo strinse forte a sua volta.

Fabio si staccò da lui quando gli sembrò che il respiro di Brando tremasse contro il suo collo "oh!" gli disse sorpreso "ti sto facendo piangere?" gli chiese sentendosi quasi in colpa, forse non avrebbe dovuto aggredirlo così, si era appena ripreso dopotutto, sicuramente ci aveva già pensato la sua famiglia a fargli la predica...!

"No! Ma che stai a dì??" replicò lui strofinandosi gli occhi di fretta e ricomponendosi per assumere la solita aria da duro "saranno effetti della droga, mi sento ancora così in botta..." Fabio nascose un sorrisino per la bugia un po' infantile del ragazzo approfittando di essersi voltato per recuperare una sedia.

Si sedette accanto al letto e i suoi occhi studiarono rapidamente il suo bel viso, i lineamenti in parte ancora infantili, mascherati da vero duro col piglio dello sguardo e della mascella coperta da un primo velo di barba.

Era pallido. Aveva le occhiaie, le labbra un po' troppo chiare per un persona normale. Però era vivo. Parlava. Era cosciente. E soprattutto stava tornando di nuovo Brando.

Mentre lo osservava la sua mente stava tornando a tormentarsi se quanto successo era colpa sua, se in qualche modo era responsabile di ciò che era accaduto, se erano state le sue parole a spingerlo a fare ciò che aveva fatto.

Non riusciva a togliersi il pensiero dalla testa. Lui gli aveva chiesto aiuto appena il giorno prima. Semplicemente aiuto. Niente di più. E lui lo aveva respinto, sull'onda di un rancore che ora gli sembrava non avere senso. Lui lo amava che bisogno c'era di allontanarlo. Brando era ciò che voleva, ciò che desiderava allora perché si era comportato in quel modo deplorevole. Anzi aveva fatto anche peggio lo aveva respinto non come compagno, ma come persona, come essere umano. 
Eppure, sapeva quanto fosse difficile dire la verità su sé stessi. Lui stesso ci era passato. Ricordava quante sere si era tormentato nel cercare il momento della giornata adatto per fare outing ripetendosi che nah la mattina è meglio non affrontare certi discorsi si è ancora mezzi assonnati, meglio la sera a cena salvo poi durante il pasto pensare che nah papà sembra stanco oggi forse domani andrà meglio... 
Ricordava quanto tempo lui stesso ci aveva messo a fregarsene degli altri. 

Eppure, a Brando non aveva concesso neanche cinque minuti di esitazione. Neanche un momento di incertezza. Aveva preteso un cambiamento totale e repentino. Il tutto solo perché era arrabbiato ed egoista. 
Era furioso con lui e aveva voluto fargli più male che poteva, respingerlo con la stessa cattiva ed odiosa fermezza con cui lui gli aveva scandito in faccia "io non sono come te!" detto come se quel - come te - fosse il peggiore degli insulti.
Aveva voluto rendergli pan per focaccia. Come quando aveva imbrattato il muro della scuola con la scritta, e come in quel caso si era pentito di ciò che aveva fatto. 
Solo che... questa volta aveva rischiato di non poter rimediare al suo comportamento, per cancellare certe cose non basta un colpo di vernice spray.

"ti devo chiedere scusa..." si sentì dire in quel momento. Brando lo guardò senza capire "ti ho trattato davvero di merda ieri" spiegò senza avere coraggio di alzare gli occhi "mi sento uno schifo, davvero uno schifo, tu..."

"non è stata colpa tua" lo interruppe Brando sospirando e distogliendo anche lui lo sguardo, come se si vergognasse di quanto stava per dire "io volevo annientarmi, volevo non essere più, volevo diventare un silentes" quelle parole si depositarono nella stanza come macigni "beh non che avessi proprio intenzioni di ammazzarmi..." corresse il tiro dopo una breve pausa "però volevo far sparire quella parte di me che detesto. Quello che guardava le ragazze senza sentire niente di ciò che dicono gli altri. Quella che deve fingere con gli amici affermando che se potesse quella se la scoperebbe anche subito. Quella che cerca di cambiare argomento quando tuo padre dice "ammazza quanto è bona quella..., Quella parte sbagliata. Quella che..." fece una pausa per lanciargli un'occhiata fugace "prova ancora qualcosa per te" borbottò due toni più basso.

Fabio sentì una stretta al cuore a quelle parole e smorzò un sorriso triste, che comunque lui non vide.

"volevo provare a me stesso che quello non ero io. Che era stato uno scherzo. Una follia dell'adolescenza. Un attimo di sbandamento, un errore. Volevo dimostrarmi che io potevo scoparmi chi dicevo io, se solo lo volevo." riprese Brando "ma non ci sono riuscito nemmeno con la pozione magica che mi ha quasi mandato all'altro mondo. Sono proprio coglione eh?" concluse con una risatina finta. Fabio scosse la testa

"io però ti devo chiedere scusa lo stesso. Ho preteso da te quello che anche io faccio ancora fatica a fare... ero arrabbiato con te. L'ho fatto sapendo di chiederti troppo, volevo una scusa per trattarti male. Per umiliarti. Non sai quanto mi dispiace..." ammise con voce addolorata. Brando lo guardò un momento poi sospirò di nuovo "non fa niente. Sono uno stronzo... me lo merito di essere trattato male" Fabio scosse la testa "no invece".

Brando gli rivolse una piccola occhiata con un mezzo sorriso, che ebbe il potere di fargli rivoltare completamente le budella. A disagio per l'effetto devastante che quel bastardo ancora gli faceva, si tirò su a sedere più composto cercando di darsi un contegno "visto che siamo in vena di confessioni..." disse con un tono più leggero "ho un altro peccato da confessare: la scritta sul muro della scuola è opera mia" ammise con un moto di vergogna che lo fece diventare piccolo come un topolino. Brando trattenne una risata, come se a confronto di ciò che era successo quell'episodio avesse ormai perso ogni importanza " si, lo sapevo già" disse con calma, e allo sguardo di interrogativo stupore di Fabio aggiunse "non ci voleva molto ingegno, chiunque altro non avrebbe mai scritto gay, avrebbe scritto frocio o rottinculo..." spiegò guardandolo con l'aria canzonatoria di chi pensa che Fabio nemmeno quando è incazzato riesce a recitare la parte del bullo. 
Fabio rise in imbarazzo e anche a Brando venne da sorridere, poi si poggiò con la schiena ai cuscini sul letto e sospirò. Il suo sguardo tornò improvvisamente serio.

"Ho deciso che glielo dirò, sai? A mio padre... di... di me insomma" se ne uscì dopo un po'. Fabio lo guardò intensamente, notando come, riferito a sé stesso, ancora non riuscisse neanche a dirla la parola gay "tanto ancora non ho capito quanto a lui gliene frega di me, a volte penso che a suo a modo mi voglia bene, ma poi faccio un passo verso di lui e anziché trovare qualcuno a cui aggrapparmi finisce che mi ritrovo per terra..." aggiunse con tono più grave "dai, non dire così..." tentò Fabio, ma Brando lo interruppe sul nascere "sai qual è stata la prima cosa che è riuscito a dirmi quando mi sono svegliato?" disse a mo di spiegazione delle sue parole "Oddio meno male che te sei svegliato! Non ti preoccupare Bra, t'ho registrato col cognome de mamma. Così vediamo se riusciamo a non far finire sui giornali sto cazzo di casino che mi hai combinato!" recitò con tono sprezzante "hai capito? Solo questo è riuscito a dire e poi è rimasto li fermo come una statua, inesprssivo a fissarmi" Io sono quasi morto... Si è sincerato che fossi vivo, come se fossi un elettrodomestico che è stato dal tecnico a far riparare e ora si deve controllare se funziona di nuovo e poi si è subito preoccupato del suo danno di immagine... stronzo no?!?" Fabio non sapeva cosa rispondere davanti a queste parole, era esterrefatto, così si limitò ad allungare la mano e a stringere quella di Brando nella sua, forte. Brando non si voltò a guardarlo, preso da quel momento di rabbia e delusione verso suo padre,

Erano fermi così da qualche minuto, a tenersi la mano senza dire niente quando a Fabio vide Brando impallidire di colpo. Subito si mise in allarme
"hei! Cosa c'è? Stai male? Chiamo il dottore?!?" gli chiese con urgenza. L'altro scosse la testa inghiottendo acido "no..." si affrettò a dire lasciandogli la mano per agitarla un po', come a dire di non preoccuparsi "sono solo stanco, forse dovrei dormire un po'" "ti lascio riposare allora, dai" esclamò Fabio alzandosi in piedi. Brando avrebbe voluto che restasse in realtà, ma non disse nulla.

"quando ti faranno uscire?" gli chiese indicando la stanza roteando il dito. Il moro fece un'alzata di spalle "mi hanno messo sotto flebo a stecca, il dottore ha detto che devo buttare fuori tutta la merda che mi sono preso" disse indicando con gli occhi e un cenno del capo la sacca del catetere "penso che appena smetto di pisciare radioattivo vado a casa." Fabio sorrise, lanciandogli ancora un'occhiata di rimprovero "vabbè... allora vengo anche domani." disse con ovvietà. "Ah e Buona fortuna con tuo padre!" 
"Tranquillo Fabio, non glielo dirò qui ma a casa, voglio essere bello sveglio, per vedere se almeno quella notizia lo farà reagire.

Fabio Passò per un attimo il peso da un piede all'altro guardandolo, come a soppesare se era il caso di fare o meno qualcosa, poi con un gesto naturale si chinò e gli poggiò una mano dietro la testa stampandogli un rapido bacio sulla tempia, a mo di saluto, voleva evitare l'imbarazzante situazione di quando era entrato. Brando stava per afferrargli la mano che aveva fatto scivolare via dai suoi capelli per avvicinarlo alla sua bocca, quando bussarono alla porta ed entrambi si fecero istintivamente indietro l'uno dall'altro.

La zazzera bionda di Niccolò si affacciò nella stanza. L'espressione tirata che aveva si distese quando vide Brando, seduto nel letto e tutto sommato non messo così male.

"oh fratè..." lo salutò sorridendogli "ma che cazzo hai combinato??" disse entrando e avvicinandosi per stringere la mano che Brando gli porgeva. I due si scambiarono una stretta vigorosa. Fabio si fece due passi indietro sentendosi di colpo di troppo.

Niccolò si voltò lanciandogli un'occhiata dsgustata ed interrogativa "ciao..." biascicò con evidente imbarazzo.

L'ultima volta che aveva interagito con Fabio era per sbatterlo contro la parete del corridoio intimandogli di usare il bagno delle donne prima di dargli un calcio allo stomaco. Una roba di cui, anche se odiava ammetterlo, tutto sommato ancora si vergognava.

Lui ricambiò il saluto con un rapido gesto della mano e un mezzo sorriso

"beh io vado..." disse guardando solo Brando, che lo salutò solo con un cenno del capo, preda di un imbarazzo colossale.

Niccolò guardò la porta fino a che Fabio non l'ebbe richiusa dietro di se, poi sbuffò di sollievo: "oh ma chi se crede de esse Fedeli? Madre Teresa de noartri? Che ti viene a trovare in ospedale nonostante quello che je fai tutti i giorni?" sbottò infastidito rivolgendo a Brando un'occhiata incredula "io ti giuro che mi danno sui nervi quelli così, proprio nli sopporto... devono sempre fa vedè che loro so' meglio!"

Brando inghiottì acido ancora una volta incassando la testa nelle spalle "lascialo in pace dai..." borbottò a mezza bocca, in un pallido tentativo di difesa. "si c'hai ragione..." ribattè Niccolò "che me frega de quel frocio di Fedeli, dimmi di te invece! Come stai??? ci hai fatto prendere un'accidente assurdo!" aggiunse interpretando erroneamente le parole di Brando.

Il ragazzo si mise a sedere più dritto, ostentando energie che non aveva più "ma bene dai... mi sono solo fatto il trip più grosso della mia vita!" esclamò. Il biondo rise "i tuoi? Mezzi morti de paura?" gli chiese "ma che..." sbuffò Brando "te li vedi?" disse agitando le braccia in aria "mio padre appena a capito che ero vivo e fuori pericolo m'ha pure cazziato. Ha detto che gli ho fatto danno di immagine, che meno male che c'era lui a risolvere... lo sai com'è" "il solito lato stronzo t'ha fatto vede..." commentò Niccolò.

I due erano amici dalle elementari, e forse Niccolò era l'unico a sapere davvero dei rapporti che Brando aveva con il padre. Di quanto desiderasse il suo affetto e la sua approvazione, di come si sforzasse di avvicinarsi a lui e di costruire qualcosa di bello appena intravedeva dei segnali incoraggianti e di come puntualmente rimanesse deluso.

"e tu madre?" chiese ancora, sapendo che quella era una donna sì distratta e mondana, ma comunque molto legata ai suoi figli, lo aveva molto sorpreso non vederla lì al suo capezzale. Brando sbuffò di nuovo "mi sa che papà manco gliel'ha neanche detto... pensa tipo che sto da te o da nonno..." "annamo bene..." commentò Niccolò con un sorriso di rabbia, scuotendo la testa. 
Brando si concesse davanti all'amico un'espressione malinconica pensando ai suoi genitori che il biondo consolò con un paio di pacche sulla gamba e un sorriso che diceva - sì, lo so, non ti preoccupare io capisco -, poi bussarono alla porta ed entrambi rimisero su la solita maschera. Carlo e Filippo entrarono senza aspettare permesso "Bra!" esclamò Filippo "figlio di puttana che sei! La prossima volta che ti vuoi sballare invitaci almeno!" ribattè Carlo. Poi fu tutto un gran battersi il cinque e risate... anche se tutti e quattro lo sapevano che non c'era niente da ridere... ma è così che si deve fare tra amici no?!

 

   
 
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