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Autore: 18Ginny18    25/10/2020    1 recensioni
[Missing moment della serie "The Black Chronicles"]
Cos'è successo alla Coppa del Mondo? Questa breve storia, che avevo tagliato da un capitolo di 'Secrets' e che adesso ho rivisitato, vi darà qualche delucidazione.
Piccolo assaggio:
- Lunastorta – lo chiamò Sirius, con tono mieloso.
- Che vuoi? - brontolò Remus, che era alle prese con un panno umido di disinfettante. Ginevra cercò di nascondere un sorriso divertito nel vedere il modo in cui il suo padrino puliva la bacchetta. Quella bacchetta aveva visitato un luogo che una bacchetta non avrebbe mai dovuto conoscere.
Sirius picchiettò le dita sul tavolo. - Hai intenzione di tenere il muso per sempre?
Remus finse di pensarci. - Non lo so... Però ti garantisco che se ti uccidessi tornerei a sorridere.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric Diggory, Draco Malfoy, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio | Coppie: Arthur/Molly, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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CAPITOLO 7

- È tuo fratello? - urlò Draco, sconvolto.
- Tecnicamente è il mio fratellastro, ma è una storia lunga – precisò Ginevra.
- Porco Godric! Ma perché non me ne hai mai parlato? Sono tuo cugino!
Lei arricciò il naso e storse la bocca. - Be’, non è colpa mia – si giustificò. - Silente mi ha proibito di parlarne e Harry lo ha saputo solo tre mesi fa!
Draco la fissò per qualche secondo, poi guardò Harry, assottigliando lo sguardo. - Non vi somigliate per niente. Com’è che siete fratelli?
Harry si lasciò sfuggire una piccola risata. - Abbiamo la stessa madre… ma il padre diverso – spiegò.
Era un po’ imbarazzato. Dopotutto non era facile dare una spiegazione senza avere il timore di essere giudicato ma, per qualche strana ragione, Malfoy gli diede la sensazione contraria. Era semplicemente curioso e un po’ offeso che Ginevra non glielo avesse detto prima.
Il Serpeverde strabuzzò gli occhi. - Sul serio? Wow… e perché Silente non voleva che lo sapeste?
Ginevra fece spallucce. - Lo sai com’è fatto quel vecchio pazzo. Sembra divertirsi con le vite degli altri.
- E scommetto che hai scoperto tutta questa storia quando Silente ti ha “rivelato” che aveva soggiogato il cappello parlante e che aveva mentito su tutto il resto, vero? - domandò il Serpeverde e Ginevra annuì. - Sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa! Avevi sempre un’espressione strana e, per un periodo, ho pensato che fossi innamorata di lui – indicò Harry con cenno del capo. - Lo guardavi con gli occhietti a cuoricino…
- Occhietti a cuoricino? - domandò Harry, poi ebbe un brivido. - Che schifo! Solo il pensiero mi fa vomitare.
- Ma smettetela! - disse Ginevra con una risata. Diede un bacio al fratellastro, per poi rubargli gli occhiali. - Vediamo come mi stanno… Oh, Merlino! Sei proprio cieco! - esclamò, ridendo.
- Ahah. Molto maturo da parte tua, Gin – Harry cercava di recuperare i suoi occhiali ma non vedeva molto bene. Andava a tentoni e Ginevra gli girava intorno per confonderlo.
Draco sorrise.
Era felice per Ginevra, ma era comunque un po’ invidioso.
Lui aveva sempre sognato di avere un fratellino o una sorellina fin da quando era un bambino, tuttavia suo padre gli ripeteva: “Volevamo un figlio perfetto e abbiamo avuto un figlio perfetto”.
In realtà Draco sapeva benissimo che il suo desiderio non si sarebbe mai avverato perché i suoi genitori avevano già lottato molto per avere un figlio. Ricordava ancora il giorno in cui aveva pregato la madre di avere un fratellino, aveva solo sei anni e allora pensava che bastasse schioccare le dita o fare un semplice incantesimo per averne uno, ma non si aspettava affatto che quella richiesta facesse soffrire la madre. Quel giorno Narcissa era scoppiata in lacrime e Draco si sentì in colpa per giorni e giorni, ma non poteva sapere come stavano realmente le cose. Era solo un bambino, dopotutto.
Allora la sua elfa personale, Pops, gli aveva confidato che, per quanto ci avessero provato, i Malfoy non erano riusciti ad avere figli, prima di lui. Narcissa aveva perso tre gravidanze e questo la faceva soffrire molto.
Queste cose succedono, purtroppo”, diceva la vecchia elfa, “ma Pops pensa che succede tutto per una ragione. I padroni hanno avuto un dono meraviglioso, Pops lo sa. Il padroncino Draco è il dono e Pops è qui per lui.
Da quel giorno non aveva più chiesto un fratellino.
Draco si rabbuiò e abbassò lo sguardo sulle sue lucide scarpe nere, ormai sporche di fango, e inforcò il piede nel terreno ancora di più.
Hermione si era avvicinata di qualche passo e, anche se non alzò gli occhi su di lei, Draco riconobbe il suo profumo. Fece un piccolo sorriso e mantenne lo sguardo basso. - Cosa ti porta qui, Granger?
- Mi chiedevo se andasse tutto bene - rispose con voce segnata dalla preoccupazione.
Un angolo della bocca di lui si sollevò in un sorriso sghembo. - Ti preoccupi per me?
- Io… - Hermione cercava le parole giuste da usare, le sue guance erano diventate rosse. Si sentiva in qualche modo stupida davanti a lui, come se il suo cervello smettesse di funzionare ogni volta che lo guardava. - Volevo solo sapere se stavi bene. Sembra di sì, quindi… - girò i tacchi, pronta ad andarsene.
- No, aspetta – Draco le aveva afferrato la mano, lei si voltò incrociando ancora una volta i suoi occhi di ghiaccio.
- Resta qui, ti prego – mormorò Draco.
Hermione aveva le guance e la gola in fiamme per il rossore, non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Perché Draco Malfoy le faceva quell’effetto?
Le le loro dita si intrecciarono e quel tocco provocò a entrambi una scarica di brividi. Si sorrisero. Sarebbero potuti rimanere in quel modo, a guardarsi negli occhi, per molto tempo. Forse per sempre. Ma una voce ruppe quel momento. Qualcuno aveva gridato.
Non era un grido di terrore bensì un incantesimo.
- MORSMORDRE!
Una nube verde e lucente sbucò dall’oscurità che invadeva il bosco. Si levò sempre più in alto: era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. Si levò sempre più in alto, sotto i loro occhi, stagliandosi vivido in una cortina di fumo verdastro, stampato contro il cielo nero come una nuova costellazione.
Hermione strinse istintivamente la mano del ragazzo e lo guardò, terrorizzata. Era pallida, ma non quanto lui. Sembravano due fantasmi.
All’improvviso, nel bosco tutto attorno a loro esplosero le grida.
- Dobbiamo andare via, subito – mormorò Draco, le strinse la mano e Hermione si sentì al sicuro, protetta.
Annuì e andarono verso gli altri.
Harry non capiva perché tutti gridassero, ma l’unica causa possibile era l’improvvisa comparsa del teschio, come un sinistro cartellone al neon. Scrutò l’oscurità in cerca della persona che aveva evocato il teschio, ma non vide nessuno.
- Chi è là? - gridò di nuovo. Fece qualche passo in avanti, Ginevra lo afferrò per il dorso della giacca e lo tirò indietro.
- Harry, ma sei impazzito? Adesso ti metti a cercare i Mangiamorte? Muoviti!
- Mangiamorte? Ma che succede? Cosa sono i Mangiamorte? - chiese Harry, scosso nel vederla tanto pallida e terrorizzata.
- I Mangiamorte sono i seguaci di Voldemort e quello è il Marchio Nero, Harry. Il segno di Voldemort – esclamò lei, continuando a tirarlo.
- Voldemort? – chiese Harry, sconvolto.
- Harry, corri e basta! – gemette Ron, sfrecciando attraverso la radura. Hermione correva dietro di lui, mano nella mano con il giovane Malfoy; ma prima che potessero fare più di qualche passo affrettato, una serie di scoppiettii annunciò l’arrivo di una ventina di maghi, che apparvero dal nulla e li circondarono.
Harry si voltò di scatto e realizzò all’istante: ogni mago aveva la bacchetta in mano e ogni bacchetta puntava dritto su lui, Ron, Hermione, Ginevra e Draco. Senza riflettere, urlò: - GIÙ! - Afferrò Ron e Ginevra e li tirò a forza per terra. Draco lo imitò, facendo da scudo a Hermione.
- STUPEFICIUM! - ruggirono venti voci. Una serie di lampi di luce rosso vivo rimbombarono alle loro spalle.
- Fermi! – urlò una voce che i ragazzi riconobbero subito. - BASTA! Quello è mio figlio!
Harry alzò la testa e vide il signor Weasley che avanzava verso di loro con aria terrorizzata, facendosi largo tra gli uomini del Ministero insieme a Bill e Charlie.
- Ragazzi... state tutti bene? – disse il signor Weasley con voce tremante. Li aiutò a rialzarsi, controllandoli uno ad uno, incluso Draco Malfoy; era un po’ sorpreso di vederlo, ma lo diede a vedere solo per un’istante. - Tutto bene, ragazzo?
Draco annuì e ricevette una piccola pacca sulla spalla dall’uomo.
- Stiamo bene, papà – lo rassicurò Ron.
- Dove sono gli altri? - domandò Charlie, guardandosi attorno con aria inquieta.
Ron abbassò lo sguardo, colpevole. - Era buio, ci siamo separati.
Per un attimo, negli occhi di Charlie balenò un lampo di assoluto terrore. Pregò con tutto se stesso che Nymphadora e i suoi fratelli stessero bene.
- Togliti di mezzo, Arthur – disse una fredda voce asciutta alle loro spalle.
Ginevra lo riconobbe subito e iniziò digrignare i denti. Era Bartemius Crouch, l’uomo che aveva arrestato Sirius Black e lo aveva sbattuto ad Azkaban senza processo. Colui che le aveva portato via il padre.
Era rimasto sempre lo stesso dall’ultima volta che lo aveva visto: baffetti a spazzolino, bombetta sulla testa, l’abito perfettamente stirato, la cravatta perfettamente annodata, gli occhi fuori dalle orbite e il volto teso di rabbia.
- Chi di voi lo ha evocato? – esplose Crouch, il suo sguardo tagliente scattava su ognuno dei ragazzi. - Chi di voi ha evocato il Marchio Nero?
Lui e gli altri maghi del Ministero li stavano accerchiando, le bacchette puntate.
Ginevra avanzò verso di lui, ma il signor Weasley la bloccò per il braccio. - Non fare sciocchezze – l’avvertì con voce bassa, in modo che solo lei potesse sentire. Sapeva che dentro di lei ci fosse del risentimento per quell’uomo, ma non voleva che si cacciasse nei guai.
Per lei non era facile trattenersi, avrebbe voluto correre verso quell’uomo e staccargli la testa a morsi. Se lo meritava.
Bill non disse nulla, la trattenne per la spalla e lei si calmò un po’.
- Non abbiamo fatto niente! - disse Ron.
- Non mentite! - continuò Crouch, urlando. - Siete stati scoperti sulla scena del reato.
- Reato? Non siamo stati noi! - disse Harry, indicando il teschio in alto.
- Barty - sussurrò il padre di Cho Chang, - sono solo dei ragazzi. Non sarebbero mai stati in grado di evocare il Marchio Nero. E poi tra di loro c’è Harry Potter! Ti pare possibile che lui possa evocarlo?
Nessuno sembrava voler contraddire le parole del signor Chang, né evidenziare l’assurdo comportamento di Crouch: sembrava un pazzo.
Poco dopo perlustrarono la zona, trovando tra i cespugli l’elfa domestica del signor Crouch, Winky. Era svenuta e tra le sue manine ossute teneva stretta la bacchetta di Harry. La poverina era stata trovata nel punto esatto in cui era stato evocato il Marchio Nero dunque non fu tanto difficile trarre le conclusioni, anche se sbagliate.
Quando riprese i sensi cercò di rispondere a tutte le domande che le venivano poste, ma era spaventata; tremava come una foglia.
- Insomma – disse il signor Diggory, lo sguardo duro mentre fissava Winky che cercava di rannicchiarsi ai suoi piedi. - Hai trovato questa bacchetta, eh, elfa? E l’hai raccolta e hai pensato di diverti un po’, eh?
- Ha un nome – esclamò Draco, stanco di sentir chiamare la creaturina “elfa” con quel tono denigratorio.
Hermione ne fu piacevolmente sorpresa. Non si sarebbe mai aspettata che Draco Malfoy reagisse in quel modo ed era felice che la pensasse come lei.
- Come, prego? - replicò il signor Diggory, come se non avesse capito bene.
Draco non si scompose. Parlò con tono sicuro e deciso: - Ha un nome. Non si chiama elfa.
Il signor Diggory alzò un sopracciglio, poi guardò di nuovo l’elfa. - Vuoi parlare o no, Winky? – pronunciò quel nome con disprezzo e Draco si trattenne dal ribattere. Sentiva di odiare quell’uomo con ogni cellula del suo corpo e Hermione provava lo stesso. Non era lo stesso uomo che aveva conosciuto solo qualche ora prima. Il signor Diggory era spassoso, allegro e simpatico.
L’uomo che le stava davanti in quel momento era odioso, freddo, senza cuore. Non credeva possibile che fosse la stessa persona.
- Io non fa magie come quella, signore! - squittì Winky mentre le lacrime le scorrevano ai lati del naso bitorzoluto e schiacciato. - Io l’ha… io l’ha… io l’ha solo raccolta, signore! Io non fa il Marchio Nero, signore, io non sa come si fa!
- Be’, lo vedremo presto – ringhiò Diggory, per niente colpito dalle sue lacrime. - C’è un modo semplice per scoprire l’ultimo incantesimo lanciato da una bacchetta, elfa, lo sapevi?
Draco strinse la mano a pugno, con forza, tanto che le nocche sbiancarono.
Winky, invece, tremò e scosse la testa affannosamente, le orecchie svolazzanti, mentre Diggory alzava di nuovo la sua bacchetta e puntava l’estremità contro quella di Harry.
- Prior Incantatio! - gridò e un enorme teschio con la lingua do serpente sbucava dal punto in cui le due bacchette so toccavano, ma era solo una pallida ombra del teschio verde alto sopra di loro: il fantasma di un incantesimo.
Ci fu un gran trambusto. Amos Diggory accusò la piccola Winky di aver evocato il Marchio Nero, nonostante lei continuasse a giurare di non averlo fatto. Crouch prese provvedimenti e la punì, donandole dei vestiti. Quel gesto le diede la libertà, ma per lei era un incubo.
Winky era disperata, piangeva e pregava il signor Crouch: - Padrone, no! Ti prego!
- Non sono più il tuo padrone – disse lui gelido. La guardava con disprezzo, come se fosse l’essere più ripugnate della terra.
Winky piangeva così forte che i suoi singhiozzi echeggiarono per tutta la radura.
Calò un silenzio molto teso, interrotto dal signor Weasley che disse di voler potare i ragazzi nella tenda.
Ginevra continuò a guardare il signor Crouch con occhi fiammeggianti, senza stupirsi troppo del suo comportamento nei confronti della povera elfa. Era un uomo senza cuore e l’odio che provava verso di lui stava crescendo a dismisura.
Seguì il signor Weasley e gli altri fuori dalla radura e tra gli alberi, ma non proferì parola con nessuno. Restò in disparte, la testa bassa e gli occhi fissi sul terriccio umido. Quando Draco e Hermione iniziarono a parlare della povera Winky e del modo in cui era stata trattata, Ginevra seguì poco e niente di quella conversazione. Era ancora furiosa con il signor Crouch e, sopratutto, con se stessa. Avrebbe voluto fargliela pagare per tutta la sofferenza che le aveva dato portandole via suo padre e si maledì per non aver assecondato il suo desiderio di farlo a pezzi e lasciarlo lì a marcire.
Quando raggiunsero il limitare del bosco, furono costretti a fermarsi.
Una gran folla di maghi e streghe dall’aria spaventata si era riunita lì, e quando videro il signor Weasley venire verso di loro, molti gli si affrettarono incontro tempestandolo di domande su ciò che era successo.
Il signor Weasley li liquidò subito, attraversò la folla e guidò i ragazzi nel campeggio. Era tutto tranquillo; gli uomini incappucciati erano spariti, anche se alcune tende distrutte fumavano ancora.
Prima di allontanarsi e tornare alla sua tenda, Draco ringraziò la cugina, Harry, Hermione e il signor Weasley per la loro gentilezza. Salutò Ron anche Ron con un cenno del capo, ma lui fece finta di niente e si voltò dall’altra parte.
Dalla tenda dei Weasley spuntò la testa di Nymphadora.
- Charlie, che cosa sta succedendo? State tutti bene? - chiese Nymphadora, ansante.
Charlie non esitò un’istante e corse ad abbracciarla. Lei ricambiò, sorpresa. - Va tutto bene? - domandò guardandolo dritto negli occhi.
- Avevo solo bisogno di abbracciarti – disse Charlie con voce un po’ tremante.
Nymphadora lo squadrò in viso, ma non disse nulla. Il modo in cui l’aveva guardata le aveva fatto capire che ne avrebbero parlato in un secondo momento.
- Perché vi siete allontanati? - domandò a Harry e gli altri.
- Ron era caduto – sbottò Ginevra con voce impassibile. Camminò con passo spedito e furioso verso la tenda e quando vi entrò trovò Fred e George.
- Ehi, va tutto bene? - domandò Fred, affiancandola insieme al gemello.
- Una meraviglia! - esclamò Ginevra, e quando raggiunse il letto che condivideva con Hermione e la piccola Weasley, si lasciò cadere a braccia spalancate e affondò il viso nel cuscino.
George inclinò la testa da un lato e disse: - Perché avverto del sarcasmo?
Ginevra sospirò.
Capì che era meglio sfogarsi con loro due, anziché tenere tutto dentro e lasciare che la rabbia e il risentimento per quell’uomo crescessero in lei.
Quando parlò, la sua voce era leggermente ovattata dal cuscino, ma i due ragazzi riuscirono comunque a sentirla. - Ho visto l’uomo che ha sbattuto mio padre ad Azkaban.
- E com’è stato? - domandò Fred, un po’ esitante.
- Orribile. Volevo rompergli l’osso del collo – disse. - Non l’ho fatto, ma avrei voluto. - Alzò la testa dal cuscino e abbassò lo sguardo sulle pieghe del cuscino. - Secondo voi sono pazza? Intendo pazza pazza se dico di voler…
Lasciò la frase in sospeso, tuttavia i due ragazzi capirono a cosa si stava riferendo.
Si scambiarono un’occhiata, ma non dissero nulla. Si sdraiarono ai lati del letto, al suo fianco, e l’abbracciarono.
- Forse sei pazza solo un pochino – disse Fred, mostrandole quel “pochino” con le dita.
- Ma devi esserlo se vuoi essere nostra amica, credevamo lo avessi capito! - continuò George, facendole tornare il sorriso.
- E comunque puoi sempre fare a pezzi quel tizio la prossima volta, Blacky – scherzò Fred. - Ovviamente noi due ti aiuteremo a occultare il cadavere.
Ginevra scoppiò a ridere. - La prossima volta?
Fred spalancò occhi. - Vuoi farlo adesso?
- Ma piantala, idiota! - sbottò lei, assestandogli una cuscinata in pieno viso.
- Idiota? A me? Ora ti faccio vedere io, Blacky!
Si mise a cavalcioni su di lei e cominciò a farle il solletico, facendola dimenare disperatamente. George, invece, le bloccava le braccia.
- Fred… Ti prego. Basta! – disse tra una risata e l’altra. - George, sei un traditore!
George fece spallucce. - Me ne farò una ragione…
Lei odiava quando le facevano il solletico e loro lo sapevano benissimo, per questo continuavano a farlo. Altrimenti che gusto c’era? Dopotutto loro si divertivano un mondo a torturarla, qualunque metodo usassero, e lei doveva farsene una ragione. Farle il solletico era il loro metodo preferito fin da quando erano bambini. Uno dei pochi punti deboli che conoscevano della ragazza.
- Ma che diavolo succede qui? - esclamò una voce alle loro spalle.
  
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