Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Vagabonda    20/08/2009    1 recensioni
"...In un mondo dove la luce ha cessato di splendere, soggiogato da un malvagio, cinque amici, cinque colori, riporteranno amore e gioia, in una spettacolare avventure ai confini del fantastico..."L'ho scritta un bel pò di tempo fa, abbiate pietà di me ^^
Genere: Fantasy, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti!
Allora, premetto che non sono una malata di mente, perchè chiunque leggerà questa shottina potrebbe pensarlo XDXD
Ieri, mentre frugavo nella mia libreria, ho ritrovato questo racconto che avevo scritto alla veneranda età di 10 anni, probabilmente per un concorso o roba del genere. L’ho riletto e (a parte gli “orrori” ortografici) l’ho trovato molto carino, così ho deciso di pubblicarlo, dopo aver rivisto alcuni passaggi e corretto le a senza acca XDXD.
Lo so, non è niente di che, ma abbiate pietà di me, ero solo una piccola bambina innocente *-* occhioni.
Bene, per quelli che non sono ancora scappati urlando: buona lettura, e lasciate un segno del vostro passaggio, sarebbe mooolto gradito!^^.
Baciotti, Ele.






.oO° Un mondo a colori °Oo.




Image Hosted by ImageShack.us







C’era una volta, tanto tempo fa, una città che aveva il nome di Città.
I suoi abitanti, i Cittadini, erano tutti uguali: cranio pelato, occhi grandi e inespressivi, bocca sottile e viso incavato; il corpo era slanciato, ossuto e instabile.
Gli unici edifici del luogo erano negozi che vendevano “cibo”, sfere della grandezza di un pugno dal gusto vomitevole e immangiabile.
Città però aveva anche un parco ed una Centrale di osservazione. Il parco era grande e privo di vegetazione, eccezione fatta per un’ampia distesa d’erba secca e fragile, dove i Cittadini di notte andavano a riposare poiché a Città non c’era nessun tipo di abitazione. La Centrale era un edificio alto, il più alto di tutti, con un grosso telescopio e macchinari per regolarlo. Un Cittadino aveva il compito di guardare ogni anno, lo stesso giorno alla stessa ora, dentro al telescopio per controllare se per caso fossero in avvicinamento altre forme di vita, dallo spazio o all’orizzonte. I Cittadini non avevano mai osato uscire dai confini di Città, ma continuavano a sognare che un giorno un visitatore sarebbe giunto fino a loro, portando con se gioia, amore... e magari pure qualcosa di buono da mangiare!
Anche quell’anno il giorno X, data fissata, il Cittadino incaricato andò a controllare il telescopio e, guardandoci dentro, vide uno Strano Oggetto in avvicinamento. Gli si illuminarono i grossi occhi e subito corse dai suoi concittadini ad annunciare la lieta notizia. Quando il fatto fu noto a tutti, l’intera popolazione di Città si precipitò alla centrale, impaziente di accogliere il nuovo venuto. Dopo accurati calcoli si stimò che l’arrivo della Cosa Venuta da Lontano fosse previsto per il tardo pomeriggio. Gli abitanti si diedero da fare tutta la mattinata per abbellire Città: riordinarono la “merce” dei negozi, pulirono le strade e, dopo tanto tempo, innaffiarono l’erba del parco. No si era mai vista la popolazione più unita e motivata di quel giorno!
All’ora di cena, lo Strano Oggetto era ormai alle porte della città.
“Certo che è proprio strano!” Pensarono i Cittadini quando videro quella grossa sfera con quattro gambe e senza braccia. Sul viso non aveva ne grandi occhi ne bocca sottile, solo uno strano “naso” rosso dall’aspetto inquietante.
Gli abitanti di Città, non avendo mai visto forme di vita diverse da loro, non sapevano che esistessero esseri con conformazione e caratteri somatici differenti. Inoltre, non essendo mai stati nello spazio, non potevano immaginare che quella Cosa davanti ai loro occhi fosse un’astronave aliena. Quindi quando un eroico Cittadino si avvicinò alla navicella e premette forte il “naso” rosso, facendo così spalancare la “bocca” dello stano individuo, pensarono che quel mostro volesse divorare il loro compagno e lo trascinarono lontano di tutta fretta.
Dopo quelle che parvero ore, un Cittadino si avvicinò all’astronave e, sbirciandovi dentro, vide al centro un’anfora scarlatta. Con cautela la tirò fuori e, rigirandola tra le mani, notò delle strani incisioni sul retro. Soprappensiero, senza interpellare gli altri Cittadini in attesa, fece forza e tolse il tappo del contenitore.

***


Immediatamente l’aria fu satura di magia, l’atmosfera se ne riempì,mentre l’anfora se ne svuotava. I Cittadini rimasero immobili come statue, lasciandosi avvolgere da quell’incantesimo, che li trasformò nel corpo e nella mente. Città stessa fu influenzata: i contorni dei palazzi, prima nitidi e spigolosi, sfumarono mescolandosi tra loro, tutto girò e rigirò, come un mare in burrasca. All’improvviso, com’era cominciato, cessò: gli edifici si staccarono, riassumendo forme nitide, e i Cittadini si ripresero. Ma molto era cambiato, come il loro aspetto, o quello del loro paese: adesso, tutto appariva colorato. I palazzi, prima solo negozi spogli e uniformi, erano diventati ville e appartamenti, dove ogni Cittadino sarebbe potuto andare ad abitare. Certo, qualche negozio era rimasto, ma la merce non era più quella di prima: adesso gli abitanti avrebbero gustato dolciumi, cibi sani e tante altre cose buone! Il parco poi era irriconoscibile: un folto manto di erbetta fresca di rugiada e verde smeraldo aveva sostituito la sterpaglia, al centro del quale spiccava una splendida fontana, con l’acqua dai colori dell’arcobaleno. Anche al di fuori del territorio cittadino erano avvenuti molti cambiamenti: la polvere magica aveva trasformato le Montagne Senza Fine, prima coperte da una fitta coltre nebbiosa, in colline ridenti di marrone, verdi e gialli. E non c’era nemmeno più traccia delle maleodoranti Lagune Paludose, al loro posto di stendeva un tappeto di fiori profumati e variopinti, con tersi ruscelli sotto un cielo celeste, striato di nuvole bianche e rosa.
Così ricomincia la nostra storia, una storia colorata ma anche un po’ triste, che si apre con una città, Colorandia, circondata dalla natura: ad est una sequenza di piccoli rilievi, detti Colline Verdegialli, ad ovest l’odoroso Prato Fiorito, un campo di boccioli variegati, esteso fino all’orizzonte.

***


Da quel memorabile giorno Colorandia fu sede di grandi attività.
Ogni mattina i Colori, come ora si chiamavano ufficialmente i suoi abitanti, andavano al lavoro alla centrale o nei campi, e la vita trascorreva tranquilla. Un giorno però accadde un fatto strano, che cambiò per sempre la vita dei cittadini della ridente città.
Alla centrale qualcuno irruppe improvvisamente nello studio del direttore, il severo e diligente Giallo, intento come suo solito a leggere documenti. Il capo trasalì, non abituato ad interruzioni così brusche.
-Che cosa succede adesso?!- domandò aspro e alquanto contrariato.
-S..signore! Deve assolutamente venire a vedere! Sta succedendo una cosa straordinaria nella Stanza Proibita!-
Colui che aveva parlato era il giovane Rosso,impiegato assunto di recente dallo stesso Giallo. Il direttore sbuffò, seriamente seccato, ma il ragazzo pareva davvero agitato, così si alzò e lo seguì senza protestare.
Arrivati davanti ad una camera blindata, il Giallo inserì il codice d’accesso, e la porta si aprì. Al centro della stanza, circondato da una spessa lastra di vetro si trovava un piedistallo, sulla quale era posata l’anfora leggendaria, dalla quale tempo addietro era uscita la polvere magica. Tutto sarebbe apparso normale, se le antiche incisioni sull’anfora non avessero brillato di un’intensa luce verdognola, che le rivelava come scritte in una lingua sconosciuta.
Il prezioso oggetto era sorvegliato da due guardie franco-svizzere, Beige e Bordeaux, che si mimetizzavano perfettamente con i muri nocciola della stanza. Il Giallo si avvicinò ai due, fissando sconvolto e diffidente la reliquia lucente.
-Cosa è accaduto all’anfora mitica?- chiese preoccupato.
-Non sappiamo signore, è la prima volta che si comporta così...- constatò il Beige.
-Si potrebbe consultare Argento...- suggerì poi timidamente Bordeaux.
Il suo capo annuì serio, uscì dalla stanza seguito dal pimpante Rosso, e si diresse verso una singolare porta. Era di metallo con un’inquietante scritta dal caratteri scarlatti, “Danger” avvertiva. Dentro quella camera si trovava il laboratorio di Argento, il più grande scienziato della città, matematico, chimico, glottologo e linguista. Il direttore bussò brevemente ed entrò, senza aspettare una risposta. Lo studioso era chino su un enorme libro, intento a prendere appunti consultando una serie di complicati codici cifrati.
-Scusa se ti interrompo- proruppe il Giallo, facendo sobbalzare il poverino. Dopodiché gli raccontò ciò che era accaduto nella Stanza Proibita.
Dopo averci riflettuto un po’ su, Argento parlò:
-Portatemi l’anfora, l’analizzerò e cercherò di decifrare le iscrizioni sconosciute. Quando, e se, ci sarò riuscito, vi manderò a chiamare-.
E così fu fatto. L’istruito colore ci impiegò due settimane ma alla fine, dopo ricerche approfondite e confronti estenuanti, riuscì a dare un significato a quella strana scrittura. Mandò a chiamare il direttore e il Rosso che, nel frattempo, era diventato il suo segretario, e dopo che furono tutti e tre nella Stanza Proibita al cospetto dell’anfora, ed ebbero mandato fuori le due guardie, lesse finalmente il risultato del suo lavoro. Ciò che era venuto fuori appariva come una breve poesia in rima, che suonava pressappoco così:

“Io ti ho donato colori e vita,
ma la mia missione non è finita.
Se di luce mi vedrai coprire,
ancora una volta mi dovrai aprire.”


Lo scienziato guardò il Giallo interrogativamente.
-Cosa facciamo?- domandò.
Il capo si guardò intorno, pensieroso. La stanza era vuota, eccezione fatta per i tre colori e l’anfora, che riluceva ancora di un bagliore verdognolo, ancora più potente, come se volesse invogliarli a scoperchiarla e scoprire il suo segreto. Il Giallo si avvicinò alla porta e girò il chiavistello, chiudendola a chiave. Fece lo stesso con le finestre, poi si rivolse ai suoi due compagni e, dopo aver riflettuto una volta ancora sulla sua decisione, parlò con parole soavi.
-Fughiamo ogni dubbio e mettiamo fine a questa storia. Non so cosa accadrà se lo faremo, ma non vedo altre vie d’uscita, l’unica soluzione è proprio questa: apriamo l’anfora-.

***


Tutti e tre si fecero seri, percependo l’importanza del momento, e trattennero il respiro quando l’Argento tolse il tappo che chiudeva il cimelio. Appena fu libera, una scia di luce fortissima si sprigionò dal contenitore con un rumore come di risucchio, accecando i Colori. Quando si furono ripresi e poterono aprire nuovamente gli occhi, si azzardarono a sbirciare, seppur timorosi, dentro l’anfora. Rimasero alquanto sorpresi, quando accertarono che all’interno quella era completamente e innegabilmente vuota. Si guardarono l’un l’altro, perplessi, già domandandosi cosa avrebbero detto agli altri abitanti, anche loro in attesa di risolvere il mistero. Improvvisamente un urletto del Rosso distolse gli altri due dai loro pensieri. I colori più anziani si voltarono verso il ragazzo, fissandolo interrogativamente, che quella storia fosse stata troppo per lui e gli avesse fatto perdere il lume della ragione? Ma poi notarono anche loro ciò che aveva attirato l’attenzione del Rosso e, di conseguenza, impaurito e fatto gridare.
Al centro della stanza un anziano colore, dalle sopracciglia cespugliose e occhi piccoli e astuti, fissava i tre compagni, infastidito.
-Bhe, vi sembra questo il modo di accogliere un ospite? E tu, giovanotto, si può sapere che cos’hai da gridare?- esclamò con voce gracchiante ma vivace.
-Signore, è lei che mi ha spaventato...- balbettò il povero Rosso.
-Ah, bendo alle ciance e passiamo alle cose importanti! Innanzitutto mi presento: sono il Saggio dell’Anfora, meglio conosciuto come il Messaggero, o il Vecchio, ma voi potete chiamarmi semplicemente il Bianco. Ed ora, il motivo per cui sono qui: vi porto una richiesta d’aiuto dal Pianeta Madre, vostra patria originale, che si trova in grave pericolo-.
-In che senso “nostro pianeta di origine”?- si lasciò sfuggire il curioso Rosso, subito zittito da un’occhiataccia del suo capo.
-Non c’e tempo per le spiegazioni- tagliò corto il Bianco –su quel pianeta c’è un vostro simile che implora un vostro aiuto, e voi state qui con le mani in mano?!-
-Ha ragione il vecchietto, se davvero un colore come noi si trova in pericolo, è nostro dovere andarlo a soccorrere!- proruppe l’Argento.
-Sììììì!- esclamò il Rosso.
A quel punto tutti si voltarono verso il Giallo, l’unico ancora a non aver espresso il suo parere.
-D’accordo, ma come faremo a raggiungere questo pianeta?- chiese allora il direttore al Bianco.
-Avete conservato l’astronave con cui è giunta l’anfora qui? Bene- continuò, dopo averli visti annuire –allora non sorge il problema, è abbastanza grande per quattro colori, partirete con quella e io verrò con voi-.

***


Immediatamente cominciarono i preparativi per il grande viaggio.
Dopo aver constatato che la navicella era in perfette condizioni per viaggiare, si passò allo’organizzazione dei viveri. Come sempre, la mente arguta di Argento fu una risorsa importantissima. L’astuto scienziato ideò alcune invenzioni che furono molto utili ai quattro compagni durante la loro avventura. Mise a punto delle piccole capsule che, a contatto con l’acqua, si trasformavano in qualsiasi cibo, a seconda del tipo: c’erano le capsule-lasagna, quelle pomodorini, e persino pollo e patatine al forno! Per l’acqua poi ideò una borraccia a “produzione continua”, dove cioè la bevanda non si esauriva mai. Misero inoltre nella navicella tende, sacchi a pelo e attrezzature di ogni genere, che avrebbero potuto essere utili nel loro viaggio verso l’ignoto. E quando il Giallo, dopo molti tentativi falliti, capì il funzionamento dell’astronave, furono finalmente pronti per partire.
Una volta nello spazio ci impiegarono un mese circa per arrivare in vista del pianeta in pericolo, non troppo distante dal loro.
Ma all’atterraggio tutti, finanche il saggio Bianco, rimasero sbigottiti dal paesaggio che si presentò davanti ai loro occhi: un immenso deserto che si estendeva per chilometri e chilometri in lontananza. Poiché era già buio, decisero che si sarebbero accampati lì durante la notte e che avrebbero iniziato le ricerche del colore in pericolo il giorno seguente. Dopo aver consumato un pasto veloce montarono le tende e si infilarono nei sacchi a pelo, addormentandosi quasi subito.
Il mattino arrivò velocemente e all’alba i quattro amici erano già pronti per mettersi in marcia, tutti svegli e attenti, eccezione fatta per il Rosso, ancora mezzo addormentato. Quando uscirono alla luce del sole però notarono ciò che la sera prima, al buio, gli era sfuggito: la sabbia del deserto era
blu. Tutto lì era blu, dal cielo al sole, dalle poche nuvole ai radi ciuffi d’erba che si intravedevano tra una duna e l’altra. Perplessi, ma decisi a tutti costi a portare a termine la loro missione, si incamminarono per quel paesaggio singolare.
Nel primo pomeriggio, non avendo trovato nemmeno una piccola traccia che gli indicasse una possibile meta ed essendo sudati fradici per il sole a picco, decisero di fare una sosta in una piccola oasi vicino ad un fiumiciattolo. Nessuno aveva voglia di parlare da tanto erano stanchi ed abbattuti, nessuno eccetto il pimpante Rosso, che difatti fu il primo a rompere quel silenzio imbarazzante e carico di amarezza.
-Forza ragazzi, ci siamo riposato anche troppo! Dobbiamo rimetterci in marcia, così da trovare al più presto il nostro amico in pericolo!- esclamò, pieno dell’ottimismo che lo caratterizzava.
Ma gli altri tre sembrarono quasi non sentire, e ognuno rimase in silenzio, rimuginando su macabri pensieri. Poi, mentre osservava distrattamente il ruscello, ad Argento venne una delle sue idee geniali ed entusiasta, la disse tutta di un fiato ai suoi compagni.
-State a sentire! Seguendo questo corso d’acqua in direzione contraria alla corrente dovremmo risalire alla sua fonte, dove magari troveremo un villaggio o una città che ne trae energia per alimentarsi o semplicemente ci si abbevera! Che ne pensate?-
Gli altri tre lo guardarono ammutoliti, poi il Rosso parlò con un sorrisone stampato il viso.
-Non ho capito niente di quello che hai detto, ma mi fido di te Argento, e appoggio pienamente la tua idea!-
Il Bianco e il Giallo si dichiararono ugualmente concordi con il giovane colore e, seguendo il ruscello, si rimisero in cammino.

***


Ci vollero dieci giorni di duro cammino in scenari sempre più spaventosi per arrivare alla fonte del fiume: attraversato il deserto, i quattro compagni si addentrarono in una palude puzzolente dalle acque bluastre e col fango appiccicoso, poi fu la volta di una pianura sterminata e squallida, che poteva contenere almeno cinque del Prati Fioriti di Colorandia.
I Colori ebbero modo più volte di ripensare alla loro casa, ricordando con nostalgia la bella città sempre sempre in movimento e accogliente, così diversa da quei luoghi silenziosi ed inabitati.
Finalmente l’ottavo giorno di marcia, ormai stremati e senza speranze, intravidero delle alte montagne innevate, dal profilo arcigno e minaccioso, divise da uno stretto passo. Lo attraversarono in breve temo, impazienti di arrivare oltre, e non furono delusi: al di la del passaggio si trovava un paesino, molto piccolo e con un grande mulino, alimentato dalla corrente del fiumiciattolo. L’Argento aveva ragione. Aumentando ulteriormente il passo, arrivarono al villaggio, ma lì trovarono una brutta sorpresa ad accoglierli: degli abitanti della cittadina nessuna traccia. I quattro non si diedero per vinti cercarono ovunque, con scarsi risultati. Al che il Rosso, finanche lui, di solito così allegro e pieno di vita, ora esausto, si sedette per terra, sconsolato, per poi saltare in piedi subito e gridare.
-Ahi!! Ma cosa c’è qui sotto?- esclamò e, guardando in basso, vide che nel punto dove si era appoggiato non vi era la terra, bensì la maniglia di una botola. Curioso, cercò di sollevarla ma, essendo troppo pesante per lui, dovette chiamare in soccorso i suoi tre amici. Insieme riuscirono a sollevare il grosso coperchio e, una volta riusciti, una nube azzurrina li colpì in pieno.
Il Giallo annaspò, in cerca di aria, e si accorse che qualcuno lo stava scrollando per le spalle.
-Stai bene amico? Mi dispiace per te e i tuoi compagni, non volevo spaventarvi-
Il direttore aprì gli occhi per vedere chi aveva parlato. Era stato uno smilzo colore dall’aria amichevole il quale, vedendolo respirare normalmente, sorrise rassicurato. Il capo si alzò in piedi e vide i tre compagni a terra, ancora frastornati. Dovevano essere svenuti tutti quando erano stati investiti dalla nube.
-Posso chiedervi cosa ci fate qui? Siete forse i salvatori che tanto aspettavo?- domandò il nuovo arrivato.
-Effettivamente siamo stati chiamati come salvatori per soccorrere un colore in pericolo si questo pianeta. Tu forse sai dirci dove trovarlo!- rispose l’Argento.
L’altro sorrise, enigmatico –Ho una storia da raccontarvi, ma badate bene! Potrebbe terrorizzarvi a tal punto da desiderare di scappare da qui immediatamente, ed io non posso lasciarvi andare. Se davvero siete voi i salvatori che tanto ho atteso, ho bisogno del vostro aiuto per neutralizzare il male e salvare il pianeta. Perciò posso parlare solo se mi promettere che non fuggirete-
Dopo che tutti e quattro i colori ebbero giurato, lo straniero cominciò a narrare la sua triste storia.
-Dovete sapere che, tempo fa, questo era un pianeta ospitale e colorato, i suoi abitanti erano sempre allegri e disponibili, e le giornate trascorrevano felicemente-
-Proprio come nella nostra città, Colorandia!- interruppe il Rosso.
L’altro colore apprese la nuova notizia in silenzio, rimuginando tra se e se. Che quelli fossero proprio gli abitanti di cui stava parlando lui?
-Non importunare il signore!- intimò il Bianco al giovane, che arrossì e ammutolì immediatamente.
-Dicevo, questo luogo era solare e pieno di vita, fino al suo arrivo- continuò lo straniero.
-All’arrivo di chi?- domandò il Rosso, incapace di tacere.
-Il Nero,venuto dal nulla, cominciò ad inglobare i colori uno ad uno, demoralizzandoli e facendo sparire il sorriso dai loro volti. Allora decidemmo di spedire nello spazio, racchiusi in un’anfora, i colori del posto, sperando che giungessero sani e salvi in un luogo più sicuro, e potessero ricominciare una nuova vita-
-Ma...ma allora quei colori eravamo noi!- esclamò l’Argento, zittito da un’occhiataccia del Bianco. Adesso ci si metteva pure lo scienziato!
Il misterioso narratore annuì –Esattamente-
-Perche tu sei rimasto qui, da solo?- interloquì il Giallo. Il Bianco alzò gli occhi al cielo.
-Per contrastare il potere del Nero, che cresceva e cresce tutt’ora di giorno in giorno. Io sono forte, e risoluto, ma la mia determinazione non basta. Oramai è da tanto tempo che lotto contro il male, e sono stanco e vecchio. Per questo ho bisogno del vostro aiuto, per scacciare una volta per sempre il male da queste terre-
Il silenzio cadde sul paesino. I colori fissavano ammutoliti lo straniero, quando il Bianco si decise a parlare, porgendo il quesito che riempiva le menti di tutti.
-Chi sei tu, così potente da tenere da solo testa a questo avversario, se è così malvagio e possente come lo descrivi?-
-Il mio nome è Blu, e poiché sono il colore più vicino per tonalità al Nero, sono anche quello con più influenza su di lui. Mi sono riversato sulla superficie del pianeta, donando ad ogni cosa la mia sfumatura e contenendo il dominio del cattivo-
-Ma come è fatto questo Nero? È un colore come noi?- chiese il Rosso
Il Blu fece per rispondere, ma proprio in quel momento, come sentendosi chiamato in causa comparve il Nero.

***


Il Nero non ero un colore, bensì l’assenza di colori. Dove passava lui, le piante avvizzivano, i fiori morivano, e tutto acquisiva una sfumatura cupa e terribile. Quando giunse al cospetto dei nostri amici, cavalcava una nuvola plumbea dall’aspetto minaccioso e vedendoli, parlò con voce tonante.
-Vedo che hai trovato degli amichetti, miserabile Blu, ma anche con il loro aiuto non ti servirà a niente combattere. In passato non siete riusciti a sconfiggermi, e non riuscirete nemmeno ora!- disse, ridendo sguaiatamente, e scagliando saette funeste contro i cinque compagni.
-Correte!- intimò il Blu, dirigendosi verso il mulino che sovrastava il villaggio.
Gli altri lo seguirono, e quando furono tutti al sicuro, il coraggioso colore parlò.
-Non ci rimane molto tempo, il Nero impiegherà poco a scovarci. Sbrighiamoci allora, datevi tutti la mano, tu Giallo e tu Rosso prendete le mie, ecco, così. Bene, ora pensate intensamente ad un motivo per cui vale la pena salvare questo pianeta, il nostro pianeta, dall’oscurità. Al mio tre stringiamoci forte le mani. Non abbiate timore, un tempo non eravamo veramente consapevole del pericolo che correvamo, e non abbiamo saputo difenderci, ma ora siamo più forti, e sono sicuro che insieme riusciremo a sconfiggere in Nero e riportare l’amore nel nostro mondo!-
Presero un bel respiro e si spremettero le meningi. Ognuno pensò a ciò che più amava: il direttore ricordò le mattine trascorse nel suo studio a Colorandia, a leggere e rileggere gli adorati documenti, lo scienziato le sue ricerche di pianti medicinali per le Colline Verdegialli, il giovane segretario ai giorni trascorsi ad ammirare le nuvole steso sui Prati Fioriti. Il difensore del pianeta rammentò i giorni felici prima della venuta del malvagio usurpatore, mentre il vecchio saggio non riuscì a desiderare altro che trovarsi al sicuro nella sua anfora a schiacciare un pisolino. Ma tutti insieme vollero soprattutto liberare il mondo dallo spietato tiranno, e quando il Blu infine disse “tre”, erano pronti.
Si strinsero forti, sentendosi un’unica entità, diventando una cosa sola. Con i cuori colmi di amore uscirono dal mulino, dirigendosi verso il nemico che aveva smesso di attaccarli, e che ora li guardava con un misto tra paura e stupore. Si alzarono in volo, pieni di coraggio, il Nero supplicò e chiese perdono, ma essendo tutto inutile tentò di scappare, comportandosi come il vigliacco che era in realtà. Ma gli altri colori non volevano fargli del male, anzi, desideravano che si unisse a loro, entrando a far parte di quell’arcobaleno di magia. Presero per mano il vecchio nemico, mescolandosi a lui, poi rimasero in cielo, fino a quando non ebbero cancellato tutte le tracce dell’oscura invasione.
Da quel giorno il Pianeta Madre cominciò a ripopolarsi, tornando ad essere bello ed accogliente come lo ricordava il Blu. I cinque eroi entrarono a far parte della storia di quel mondo, e la loro fantastica avventura fu, ed è tutt’ora narrata ai più piccoli, e lo sarà fino alla fine dei secoli.



FINE


   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Vagabonda