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Autore: Andrea Micky    31/10/2020    1 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Editoriale_Metro]
[Popeye the Sailor Man]Ecco una storia in cu il celebre marinaio deve vedersela col suo storico nemico Bruto, da noi ribattezzato Timoteo.
NDA: altra differenza nei fumetti italiani é che Bruto/Timoteo é figlio della Strega del mare, da noi ribattezzata Bacheca.
POPEYE and relative characters created by E. C. SEGAR
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I banditi del teletrasporto
by Andrea Micky

Da diversi giorni, la Strega Bacheca si era chiusa nel suo laboratorio, senza aver spiegato il perché a suo figlio.
“Chissà a cosa sta lavorando la mamma” si chiese Timoteo, mentre passava per l’ennesima volta davanti alla porta della suddetta stanza.

In quel momento, da una delle finestre, Timoteo vide una lussuosa automobile parcheggiare davanti al suo castello; e dal veicolo scese un brutto ceffo elegantemente vestito, seguito da alcuni uomini dall’aspetto poco raccomandabile.
“Ehp! Ma quello é il famigerato gangster Al Sigarone” esclamò sorpreso Timoteo, riconoscendo gli inattesi visitatori.
“Esatto. E sono i nostri nuovi soci in affari” gli spiegò Bacheca, arrivandogli improvvisamente alle spalle.
“Hey, Bacheca! Sono qui. Hai finito di costruire quella certa cosa?” domandò ad alta voce Al Sigarone.
“Certo. Vieni pure a vedere” gli rispose la megera, facendo cenno di entrare.

Poco dopo, Bacheca condusse il figlio e i visitatori nel suo laboratorio, dove era stato costruito un grosso computer munito di ganci, dai quali pendevano delle cinture di metallo con una serie di pulsanti al centro.
“A cosa serve tutta questa roba, mammina?” domandò Timoteo.
“Ci servirà per fuggire indisturbati dai luoghi che rapineremo -gli spiegò Bacheca- Vedi, quelle cinture sono in realtà dei dispositivi di teletrasporto, che ci permetteranno di tornare istantaneamente qui a colpo eseguito. Il computer, invece, servirà per impostare le coordinate del luogo da rapinare, oltre a fornirne l’esatta planimetria”.
“E dato che per realizzare tutto questo serviva parecchio denaro, io ho finanziato il progetto, in cambio di una percentuale sul bottino” aggiunse Al Sigarone.
“Tutto chiaro. Quando si comincia?” domandò impazientemente Timoteo, sfregandosi le mani.

Come ogni giorno, la rinomata gioielleria Lucciconi era gremita di facoltosi clienti, tutti intenti ad ammirare i pregiati monili esposti nelle vetrinette, quando, all’improvviso, dalla porta principale entrarono cinque energumeni con un passamontagna calato sulla faccia ed un mitra tra le mani.
“Mani in alto, amico. E metti tutti gli altri faccia contro il muro” intimò uno degli incappucciati, puntando la sua arma contro un commesso.
Quest’ultimo, poco propenso a fare l’eroe, obbedì, mentre i criminali facevano man bassa della merce esposta.
Ma l’addetta alla cassa (ben più coraggiosa del collega) riuscì a suonare l’allarme e prima che i criminali completassero la loro razzia, una volante della polizia si fermò davanti al negozio di gioielli.
“La polizia!” esclamò uno dei rapinatori.
“Facciamo come ci ha detto il capo” gli disse uno dei complici.
E caricatisi sulle spalle i sacchi contenenti la refurtiva, i furfanti si rifugiarono nel retro della gioielleria, in una saletta riservata al personale.

I clienti e i commessi della gioielleria erano ancora rivolti verso il muro, quando due poliziotti entrarono nell’edificio.
“Dove sono i rapinatori?” domandò uno degli agenti, guardandosi intorno.
“Nel retro, in una piccola sala che usiamo per le nostre pause” gli rispose la cassiera.
“E da lì possono fuggire?” chiese il secondo poliziotto.
“No, é una stanza da cui si entra e si esce attraverso la stessa porta” rispose un commesso.
Muovendosi con circospezione, i due poliziotti si avvicinarono alla porta della saletta, ma quando l’aprirono non trovarono nessuno al suo interno.
“Ma qui non c’é nessuno” disse il primo poliziotto.
“Come hanno fatto i rapinatori ad uscire di qui?” chiese il suo partner.

Sotto lo sguardo compiaciuto di Bacheca e Al Sigarone, Timoteo e gli altri si materializzarono al centro del laboratorio.
“Tutto bene?” domandò la strega.
“Sì, ma per colpa degli sbirri non siamo riusciti a prendere tutto” rispose uno dei malviventi.
“Non preoccuparti di questo. In città ci sono molti posti da derubare e potremo rifarci presto” disse Al Sigarone, sorridendo compiaciuto.

Soddisfatto del guadagno giornaliero, Braccio di Ferro varcò la soglia della banca, tenendo in mano un grosso mazzo di banconote.
“Salve, Braccio di Ferro. Sei qui per un deposito?” gli domandò un cassiere.
“Esatto” rispose il marinaio, mettendo i soldi sul bancone.
Ma mentre il cassiere effettuava il versamento, cinque uomini mascherati armati di mitra irruppero nella banca.
“Mani in alto! Questa é una rapina!” intimò quello che sembrava il capo del gruppo.
Terrorizzati, tutti i presenti fecero quello che era stato ordinato loro, compreso Braccio di Ferro, che tentò di prendere la scatola di spinaci nascosta nella giacca piegando leggermente un braccio.
“Niente scherzi, tu” gli intimò uno dei banditi, puntandogli contro il mitra.
Impossibilitato ad agire, il marinaio obbedì e dovette osservare impotente i rapinatori mentre compivano la loro malefatta.

Una volta riempiti di denaro i sacchi che si erano portati dietro, i rapinatori fecero per andarsene, salvo accorgersi che diversi agenti di polizia avevano circondato la banca.
“Siete circondati. Arrendetevi senza fare storie” ordinò il commissario, parlando attraverso un megafono.
Ma dopo essersi cambiati uno sguardo d’intesa, i rapinatori si andarono a rifugiare nel caveau della banca, lasciando di stucco tutti presenti. 
“Avete dieci secondi per arrendervi” intimò il commissario, ignaro della mossa dei criminali.
“Venite pure. Quei furfanti hanno capito che resistere é inutile e si sono chiusi nel caveau” avvertì un cassiere.
A quel punto, il commissario e alcuni agenti entrarono nella banca per eseguire l’arresto; ma quando la porta del caveau venne aperta, la camera blindata si rivelò essere deserta.

“Ma qui non c’é nessuno” constatò il commissario.
“Impossibile. Tutti noi abbiamo visto i rapinatori entrare lì dentro” disse il cassiere.
“Non di nuovo” si lamentò uno dei poliziotti, dandosi una pacca sulla fronte.
“Cosa vuoi dire?” gli domandò il commissario.
“Questa mattina c’é sta una rapina in una gioielleria e anche in quel caso, i rapinatori si sono volatilizzati come per magia” spiegò il poliziotto.
“Come per magia? Ma certo! In questa storia ci deve essere lo zampino di Bacheca -disse Braccio di Ferro, schioccando le dita- Solo lei potrebbe fare un cosa simile. Inoltre, credo che il rapinatore che mi ha puntato contro il mitra fosse suo figlio Timoteo”.
“Potrebbe anche essere così, ma senza prove concrete non possiamo accusarla di nulla” replicò il commissario.
“Vorrà dire che ce le procureremo” sentenziò il marinaio.

Nel frattempo, Timoteo e il suo gruppo stavano contando il denaro sottratto alla banca.
“Anche questo colpo é andato bene” disse Bacheca.
“E il prossimo andrà ancora meglio” aggiunse Al Sigarone, leggendo la prima pagina di un giornale.
“Di che cosa si tratterà, capo?” domandò uno dei suoi sgherri.
“Di questo” rispose il gangster, mostrando la prima pagina del giornale, che annunciava una mostra al museo, riguardante il tesoro del Faraone Ahket.

In occasione della mostra sul tesoro del Faraone Ahket, la sorveglianza del museo venne notevolmente rafforzata.
Il più indaffarato di tutti fu l’addetto alle telecamere, che dalla sua postazione teneva costantemente d’occhio tutti i presenti, in modo da notare eventuali comportamenti sospetti.
Ma completamente assorto dagli schermi che stava guardando, l’addetto non si accorse dei cinque uomini col passamontagna che si erano materializzati alle sue spalle.
Così, per uno di loro fu facile colpire l’addetto alla testa, usando il calcio del mitra, mettendolo KO.
“Il più é fatto” disse compiaciuto il criminale.

I visitatori del museo stavano ammirando il forziere contenente il tesoro del faraone Ahklet, mentre diversi poliziotti piantonavano le entrate della sala, quando l’allarme antincendio si mise improvvisamente a suonare.
“I visitatori sono pregati di lasciare l’edifico” disse un’agente, mentre i suoi colleghi scortavano fuori i visitatori.
Ma non appena la sala della mostra si svuotò, le entrate vennero chiuse ermeticamente, ad eccezione di una, da cui Timoteo e il suo gruppo entrarono.
“Presto. Prendiamo il tesoro finché non c’é nessuno” incitò Timoteo.
Senza perdere tempo, due dei rapinatori si avvicinarono al forziere, lo chiusero e lo sollevarono da terra senza problemi.
“Certo che questo forziere é piuttosto leggero” notò uno dei due sollevatori.
“L’ho notato anch’io” concordò il suo compagno.

La spiegazione del fenomeno era molto semplice: il forziere, oltre a contenere un singolo strato di gioielli falsi, era munito di un doppio fondo, nel quale Braccio di Ferro si era nascosto e da dove aveva ascoltato l’intera conversazione.
“Il commissario ci aveva visto giusto sulle intenzioni dei rapinatori. Adesso, devo scoprire come fanno a sparire dai luoghi dei loro furti” pensò il marinaio.
In quel momento, per via del teletrasporto, Braccio di Ferro provò una strana sensazione, simile a quella che si prova quando si é all’interno di un ascensore che si muove.

Quando la strana sensazione passò, Braccio di Ferro udì un paio di nuove voci parlare all’esterno del suo nascondiglio.
“Anche questa volta, il colpo é riuscito perfettamente” disse una voce maschile.
“Dovresti aver capito che i miei dispositivi di teletrasporto sono infallibili” replicò una roca voce femminile, che il marinaio riconobbe subito.
“Dunque, ci avevo visto giusto: ci sono di mezzo Bacheca ed una delle sue diavolerie in questa storia” pensò Braccio di Ferro, mentre prendeva la scatola di spinaci nascosta nella sua giacca.

Potenziato dai suoi amati ortaggi, Braccio di Ferro contrasse i muscoli, facendo esplodere il forziere.
“Braccio di Ferro!” esclamò sorpreso Timoteo.
“Esatto, furfante. E adesso, darò a tutti voi un bella lezione, prima di consegnarvi alla polizia” promise il marinaio.
“Fuoco! Riducete quel tipo ad un colabrodo” ordinò Al Sigarone ai suoi sgherri.
Ubbidendo all’ordine ricevuto, gli sgherri fecero fuoco contro Braccio di Ferro, ma quest’ultimo, grazie all’energia fornitagli dagli spinaci, superò indenne la raffica di proiettili.
Ma Bacheca, che aveva previsto un’intromissione del marinaio, approfittò del momento per lanciargli contro uno dei suoi dispositivi di trasporto opportunamente programmato.
E non appena la cintura metallica si strinse intorno a Braccio di Ferro, questi svanì nel nulla.
“Bel colpo, mamma. Ma dove lo hai mandato?” domandò Timoteo.
“Alla distanza massima raggiungibile per il dispositivo. Ossia, nello spazio” rispose la strega, ghignando malignamente.

Nel giro di pochi secondi, Braccio di Ferro si ritrovò a fluttuare nell’atmosfera terrestre.
“Ehp! Sono finito nello spazio. E se non mi do da fare, congelerò presto” pensò il marinaio, rabbrividendo a causa del freddo siderale.
Ma la situazione di Braccio di Ferro sembrò destinata a peggiorare, perché in quel momento uno sciame di meteore sfrecciò verso di lui.

Sapendo di dover risparmiare le forze, anziché distruggere le meteore, Braccio di Ferro cercò di spostarsi prima di essere raggiunto dallo sciame e l’assenza di gravità giocò a suo favore, permettendogli di percorrere una notevole distanza in breve tempo.
Ma una delle meteore si staccò dallo sciame e puntò verso il marinaio, il quale, anziché distruggerla, pensò di sfruttarla per tornare sulla Terra.
E così, quando la roccia spaziale gli fu abbastanza vicina, Braccio di Ferrò ci saltò sopra e usando le forze residue, il marinaio la deviò verso la Terra, calcolando con precisione il punto in cui farla cadere.
“Speriamo che l’energia fornitami dagli spinaci mi basti, o finirò arrostito” pensò Braccio di Ferro, mentre l’attrito gravitazionale faceva salire la temperatura circostante a livelli critici.

Nel loro castello, Bacheca, Timoteo e i loro complici stavano festeggiando la scomparsa del loro nemico giurato, quando nell’aria si udì il suono prolungato di un fischio.
“Che cos’é questo rumore?” domandò Timoteo.
“Si direbbe il rumore di qualcosa che cade da una grande altezza” gli rispose uno dei suoi complici.
Subito dopo, un meteorite si abbatté sul maniero, riducendolo ad un cumulo di rovine, da cui Braccio di Ferro emerse trionfante, mentre il gruppo di criminali giaceva svenuto ai suoi piedi.
“E anche questa é fatta” disse il marinaio, sorridendo compiaciuto.

Quando Timoteo riprese conoscenza si ritrovò chiuso in una cella, insieme alla madre e ai suoi “soci in affari”.
“Avevi detto che sarebbe andato tutto bene, Bacheca” ricordò AL Sigarone, digrignando i denti.
“Effettivamente, abbiamo avuto un piccolo intoppo -ammise la strega- Ma la prossima volta…”.
“Non ci sarà una prossima volta, per voi due” sbraitò infuriato il gangster.
E ad un cenno del loro capo, gli scagnozzi di Al Sigarone si avventarono su Timoteo e Bacheca, tempestandoli di botte.

FINE

   
 
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