Conteggio
parole:
1158.
Questo
capitolo è decisamente più lungo del
precedente... Pazienza, anzi, meglio così ^^’.
Diamo un nome alla signora – all’inizio doveva
essere un personaggio originale,
però poi si è rivelata abbastanza influente e
quindi ho deciso di assegnare la
sua parte a qualcuno della serie originale. Se vi trovate di fronte a
dettagli
che non vi spiegate o simili, provate a ragionare sulla scelta delle
parole
oppure seguite a leggere: amo alla follia i riferimenti e tutto quel
che scrivo
ha uno scopo :D
Grazie a BloodNyar per la recensione *O*, questo capitolo è
dedicato alle due
piccole pesti depravate Sayuki e Hateru,
senza le quali
avrei sicuramente finito molto prima.
Vi amo, miei piccoli demoni!, e ricordate: Near è una
gazzella. [Cit.]
L’orda di formiche che mi molesta (!) da quando ho messo
piede nel campeggio vi
augura buona lettura ^^.
- Ehi, questo capitolo è
fottutamente fluffoso! Nel terzo
torna alla ribalta Matt versione nerd menefreghista e Mellow Yellow
alla come-Light-comanda,
spero di non giocarmi tutti i lettori con questa seconda parte della
storia
[muppa-]
Capitolo due.
75 ~ Ombra.
La
signora, pur di non lasciargli la mano, cammina un
po’ curva.
Ogni volta che si gira a guardarlo, Matt sente quegli occhi pungenti
sulla sua
testa – forse anche lei vuole fare qualche battutina cattiva
sui rossi che
portano sfortuna come quella bestia di Kevin.
Lei però allunga il braccio e lo accarezza.
Oh, che bella cosa le coccole!
In quel piccolo gesto trova tutta la dolcezza e l’affetto del
mondo, si
avvicina di più alle gambe bianche della signora e le
abbraccia. La sente
trasalire al contatto, però non può impedirsi di
strusciare un po’ la guancia
sul fianco di lei.
«Matt, per favore».
Con il magone lui si separa, riprendendo a camminare con più
mestizia.
«Allora... Cosa ci fai a spasso a
quest’ora?» gli chiede. È un
po’ imbarazzata,
però questo nulla toglie al fascino di quella voce da
bambina.
Un nuovo sorriso nasce sulle labbra del piccolo, che alza il viso e
risponde,
raggiante: «Devo trovare la luce per Mello!»
La signora ride, e il divertimento sul suo viso la fa sembrare ancora
più
bella.
Troppo preso dall’ammirarla, un’infatuazione che lo
rende cieco a tutto, non
nota i vicoli sconosciuti e le occhiate sospette degli abitanti di
quella notte
sporca. Quasi non si accorge di essere stato accompagnato oltre un
portone.
Qui è caldo e asciutto, e una lampada a olio rischiara il
cupo atrio.
«Dove sono gli interruttori?» borbotta Matt,
trascinando la signora a ridosso
del muro e mettendosi a cercare i bottoncini per la luce elettrica.
Con un sorriso frettoloso lei lo sospinge in una porticina laterale.
Trovarsi
d’improvviso in un armadio a muro, per di più al
buio, per di più per
mano di quella signora tanto buona,
è un vero e proprio trauma:
eppure, il dialogo acceso che la sua ospite sta avendo con un uomo
sconosciuto
lo convince a non chiedere aiuto.
Si sedie, abbastanza vicino all’entrata per poter sgusciare
via il prima
possibile, tira fuori il giochino elettronico e lo accende. L aveva
promesso
che per il suo prossimo compleanno gliene avrebbe regalati almeno tre
se fosse
riuscito a restare con naturalezza al buio senza avere paura.
«Ci sono riuscito, L!» bisbiglia, tornando poi sul
videogame.
Ancora qualche minuto, giusto il tempo di arrivare a un punto critico
del terzo
livello, quando la porta dell’armadio si apre.
È la signora: gli sorride dolcemente e gli porge la mano.
Senza scollare gli
occhi dal gioco lui la raggiunge.
Sente l’uomo allontanarsi, sta borbottando qualcosa come «Un
animaletto!...»
Ma a Matt non importa, ha il suo gioco e ha la signora anti-buio. Ora
deve
portarla a Mello.
Però lei non sembra disposta ad ascoltare. Lo trascina
velocemente per lugubri
corridoi, accelera il passo quando spunta qualcuno da dietro gli
angoli, se lo
stringe addosso.
Sente, da dietro una porta, una donna che chiede, austera: «Un
bambino? Chi
è l’anima pia che ha portato un
bambino?»
«Nessuno, ora torna a dormire, brutta strega»
ringhia a bassa voce la signora,
svoltando nuovamente.
Non
riesce a ricordare quante volte abbiano girato e
se ne rammarica: se lei non fosse disposta a venire
all’orfanotrofio l’unica
soluzione sarebbe scappare e cercare qualcun altro – i qualcos’altro.
Arrivano di fronte a una porta, interamente bianca. La cornice, la
maniglia,
tutto di un candore che acceca in contrasto con le pareti e il
pavimento
anneriti dal tempo.
Si aspetta quasi il metallo del pomello lo scotti e per un attimo
sembra così;
si accorge poi che è solo fredda, almeno quando la mano
della signora che lo
sospinge dentro, sfiorandogli la parte alta della schiena.
«Allora,» gli sorride, materna, indicando il grande
letto a baldacchino «di
cosa vuoi parlare, piccolo?»
Lui però continua a guardarla con sospetto, e un
po’ sembra spaventato quando
la donna toglie il lungo cappotto scuro; sotto, un abitino di pizzi
neri che
tanto la fanno somigliare alla bambola che L ha regalato a Linda,
quando la
piccola Joey tinse i capelli del precedente giocattolo di un
improbabile verde
pistacchio.
Sì, Matt trova che la signora assomigli molto a quella
bambola di porcellana,
ancora più di Mello. Però a lei potrà
dirlo senza guadagnarsi un doloroso
pizzicotto, spera.
Anche la signora ha la pelle bianca e apparentemente fredda come quella
del
prezioso dono; anche la signora ha bei capelli biondi, sebbene quelli
della
bambola fossero acconciati in tanti piccoli boccoli, mentre la signora
li tiene
lisci e sciolti sulle spalle.
Un’altra differenza sta negli occhi: il gioco aveva gli occhi
di vetro, piccole
perle che brillavano d’azzurro. Uno sguardo di cielo
promettente tempesta – la
stessa tonalità starebbe bene, benissimo sul viso della
signora, pensa, al
posto di quegli iracondi rubini in cerca della sua approvazione.
«Oh, io...» si ridesta da quei pensieri confusi,
guardandosi intorno. La stanza
è così cupa e buia che a malapena riesce a vedere
le proprie mani. «Io volevo
chiederti di aiutare Mello» dice, serio, ricordando il suo
proposito.
«Cosa dovrei fare per il tuo amico Mello?»
«Il mio migliore amico!»
«Oh,» gli sorride, sedendosi sul grande letto a
baldacchino vestito di blu. «il
tuo migliore amico? E com’è?»
Matt si fa prendere dall’emozione, mentre racconta delle
gesta del compagno
d’istituto. Gesticola, alza la voce, a volte ride, altre
è sull’orlo del
pianto. E, senza capire come, si trova d’improvviso sotto le
calde coperte,
piacevolmente fra le braccia della signora.
«Non dovete avere paura del buio,» sussurra lei al
suo orecchio «è solo l’ombra
del giorno».
Sembra così malinconica che per un secondo il bambino resta
stregato dalle
emozioni nascoste in quella voce. Poi elabora la frase.
«Ombra?» scatta a sedere, cercando di allontanarsi
dal caldo e morbido
giaciglio. «Devo tornare alla Wammy’s
House!» esclama.
«Perché?» domanda la signora, un poco
spaventata da quella decisione
improvvisa.
«Se è solo ombra, basterà
spostarsi!»
E lei ride, sorpresa dall’innocente ingenuità del
bambino. Con dolcezza lo
stringe al petto, lo culla fino a quando non lo sente smettere di
agitarsi.
«Domani, piccolo Matt, domani. Questa notte fai compagnia
alla povera Misa, che
si sente tanto sola senza il suo Light...»
Qualcosa nello sguardo della signora lo convince. Per quanto gli bruci
– sembra
quasi un tradimento, sa che entro poche ore
farà giorno; allora potrà
raggiungere Mello con la signora, e il suo amico sarà libero
per sempre da quel
senso di oppressione che gli danno le luci spente, la camera vuota, il
silenzio
della notte.
Scivola fra le braccia di Morfeo ancora perso fra i suoi progetti, e la
mano affusolata
della donna si poggia sui suoi occhi chiusi.
«Piccolo Matt, mi permetterai di essere la tua
mamma?»
~
Mello si sveglia improvvisamente, tirandosi a sedere nel letto sfatto.
Passa il
polso sulla fronte sudata, cercando di ricordare il sogno che sembra
averlo
sconvolto tanto da costringerlo a svegliarsi.
Sente uno strano vuoto all’altezza del petto, come se
qualcosa gli fosse appena
stato portato via.
Incapace di descrivere quella sensazione, si guarda attorno, notando le
coperte
sistemate alla meno peggio del suo amico.
«Matt?»