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Autore: Tye Menkauhor    21/08/2009    2 recensioni
Quante emozioni può donare un cane? Quante cose può farti capire, semplicemente invitandoti con lo sguardo a riflettere sui tuoi pensieri?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Sollevò lo sguardo dalla pagina quando un soffio di vento proveniente dalla porta che si apriva gli sfiorò il viso. La luce era andata scemando, tutto attorno a lui era avvolto nella penombra di un tardo pomeriggio d’autunno inoltrato. Spostò lo sguardo ai suoi piedi, dove Toffee riposava tranquillo. Lo osservò per un lungo istante, mentre un sorriso gli increspava le labbra.

  Il suo pelo color caramello era lucido e morbido, il respiro regolare di chi è profondamente assopito. Da quanto tempo era con lui? Stavano per affrontare il quarto inverno assieme. Quattro anni… era passato così tanto tempo.

  Toffee alzò un’orecchia, aprì un occhio sonnolento e volse il naso nella sua direzione. Con movimenti pigri si stirò e posò il muso sulle sue gambe.

Zelgadiss sorrise mentre gli grattava un orecchio e il cane cominciava a muovere veloce il mozzicone di coda che gli era rimasto.

  «Signore, tra poco devo chiudere» La ragazza parlò a bassa voce come suo solito. Non c’era nessun altro in biblioteca a quell’ora, tranne lui e il cane, ma i modi di lei erano sempre gli stessi. Da due settimane ogni pomeriggio regolarmente sedeva a quel tavolo, consultando tomi su tomi, senza mai trovare informazioni veramente utili.

  Per sua fortuna la ragazza non si era opposta alla presenza di Toffee, e il cane si era dimostrato docile e silenzioso, quasi inesistente. Per sua natura Toffee abbaiava di rado, anzi, tendeva esclusivamente a ringhiare qualora ci fosse pericolo. Per il resto, poteva quasi sembrare un cane muto. Aveva tutti gli altri modi per dimostrare l’affetto nei suoi confronti, e in quelli non era certo parsimonioso. Zelgadiss si era più volte preoccupato che lo stesso Toffee non si ferisse la bocca quando gli mordeva i capelli o si gettava su di lui leccandogli completamente il viso.

  Chiuse il libro che stava sfogliando, accennò un saluto alla ragazza, e uscì in strada con Toffee che zoppicava al suo fianco. Se erano fermi da due settimane era proprio a causa di quella zampa. L’ultimo “incidente” in cui erano stati coinvolti, era stato particolarmente dannoso per Toffee, e la zampa stava impiegando molto tempo a guarire. In compenso, il prolungato riposo e le cure che gli venivano dedicate, gli avevano quasi fatto cambiare aspetto e, a parte la zampa e la coda malconce, aveva riacquistato l’aspetto del cane giovane che era. Solitamente sembrava un vecchio randagio dal pelo arruffato!

  Era stato vicino a perderlo… quell’ultima volta più di tutte. Aveva addirittura pensato che fosse spacciato. Ma Toffee, con una forza di volontà insospettabile per un cane, aveva lottato con tutte le sue forze, e di tutte le ferite riportate, solo la zampa rimaneva la prova.

  Non voleva perderlo.

  Scolpito nella sua memoria di pietra c’era ancora il momento in cui lei glielo aveva dato, cucciolo dal pelo morbido, ridicolmente agghindato con un enorme fiocco blu attorno al collo.

 

  «L’ho chiamato Toffee. Voglio che stia con te Zelgadiss-san. Non voglio che tu sia solo» Amelia era riuscita a scovarlo là dove si era rifugiato, presso la grande quercia sull’altura fuori dalla città, da cui si vedeva chiaramente il palazzo di Saillune.

  Voleva andarsene senza salutarla. Ogni volta era sempre più difficile. Quella volta sarebbe stato ancora più doloroso, perché non aveva più intenzione di tornare. Era un gioco eterno di prendere e lasciare, tornare e partire, aspettare e sperare. Non poteva continuare… Non doveva continuare. Lei non sarebbe mai stata felice a quel modo.

  «Lo so Zelgadiss-san che sei abituato a viaggiare da solo, ma ti assicuro che Toffee è una compagnia discreta» Amelia sorrise dolcemente e si avvicinò, mettendogli tra le braccia il cucciolo che scodinzolava felice… senza alcun timore del contatto con la sua dura pelle di pietra.

  «Amelia…» doveva dirle che non sarebbe più tornato. Che lasciandolo a lui, non avrebbe mai più rivisto il suo cucciolo.

  La principessa di Saillune, avvolta in un semplice abito bianco, si alzò in punta di piedi, e gli pose un dito davanti alle labbra. Poi affondò il viso nel pelo morbido del cucciolo, sussurrando «Toffee, lo affido a te, mi raccomando, abbine cura»

  Infine era corsa giù, lungo il sentiero che conduceva in città, senza mai voltarsi indietro.

 

  Era stata l’ultima volta che l’aveva vista… Amelia…

  Zelgadiss osservò il cielo che si stava tingendo di indaco ad est, mentre l’ovest era attraversato da basse nubi dai riflessi aranciati del tramonto. L’inverno era dietro l’angolo, avrebbero dovuto partire presto.

  «Un paio di giorni ancora, eh Toffee? Poi ce ne andremo da questa città. Sono certo che la biblioteca di Mitilia sia meglio fornita, e troveremo quello che stiamo cercando» Osservò il cane al suo fianco, che alzò il muso attento, come se potesse capire perfettamente ogni sua parola. Doveva essere davvero così, Toffee si era dimostrato estremamente ricettivo e intelligente in più di una occasione.

  Si accucciò per accarezzare il cane dietro le orecchie. Toffee chiuse gli occhi aprendo la bocca, godendosi la grattata. Zelgadiss sorrise all’espressione compiaciuta dell’amico a quattro zampe. Mai al mondo avrebbe creduto di potersi affezionare così tanto ad un animale. E chiamarlo animale ora gli sembrava quasi un’offesa. Toffee era un amico. E lui voleva proteggerlo. Per questo stava cercando, da diversi mesi ormai, un modo per renderlo più forte. Troppo spesso era rimasto ferito; viaggiare al suo fianco non era la strada più felice per chiunque per rimanere incolume, e un cane ha pur sempre scarse capacità di difesa contro le arti magiche.

  Gli occhioni marroni di Toffee lo guardarono supplicanti quando smise di grattargli le orecchie. Non avrebbe sopportato di non vederli più; di non svegliarsi più con il suo muso peloso addormentato vicino all’orecchio; di non dovergli correre dietro quando partiva veloce all’inseguimento di qualche animale; di non potergli grattare la pancia quando si gettava sfinito ai suoi piedi in cerca di coccole…

  Aveva smesso di cercare una soluzione alla sua cura, e aveva cominciato a cercare un modo per rendere Toffee più forte, per renderlo invulnerabile come… Si rese conto che Toffee gli stava mordicchiando il braccio solo dal rumore dei denti sulla sua pelle di pietra. Lui non sentiva dolore… Invulnerabile… come una roccia…

  Inorridito, Zelgadiss si levò in piedi, osservando le sue stesse mani, mentre Toffee seduto lo osservava incuriosito, col muso inclinato di lato.

  Per anni aveva cercato un modo per tornare normale, per tornare ad essere un umano e abbandonare quella parte di demone e di golem che lo rendevano forte e invulnerabile. Per anni aveva rifiutato di accettarla, rinnegandosi una vita normale per la disgustosa forma che aveva assunto, per il mostro che era diventato. E ora… ora a quello che considerava il suo migliore amico, il suo più fedele compagno, voleva fare ciò che Rezo aveva fatto a lui? Voleva trasformarlo in un mostro solo per l’egoistico pensiero di non correre il rischio di perderlo?

  «Toffee… il tuo amico è davvero un mostro… E’ un mostro dentro…» strinse i pugni, detestandosi come mai aveva fatto prima. Quella era una prova che la parte peggiore di lui non era quella visibile a tutti, ma era l’egoismo radicato nella sua anima.

  Si abbassò, prese in braccio il peloso compagno, e si incamminò verso il tramonto.

  «Andiamo Toffee. Ti riporto a casa, a Saillune»    

  
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