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Autore: Cynthia the artful    19/11/2020    3 recensioni
Dudley Dursley credeva di aver visto fin troppe cose strane. Insomma, i suoi genitori gli avevano insegnato che normale era bello, che normale significava essere rispettabile, che normale significava essere un perfetto cittadino, che normale significava essere un uomo di mondo e di regno, che tutto quello che avrebbe potuto volere era assolutamente normale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dudley Dursley credeva di aver visto fin troppe cose strane. Insomma, i suoi genitori gli avevano insegnato che normale era bello, che normale significava essere rispettabile, che normale significava essere un perfetto cittadino, che normale significava essere un uomo di mondo e di regno, che tutto quello che avrebbe potuto volere era assolutamente normale.
Che tutto quello che era fatto per combattere l’anormalità era giusto, e normale.
Quindi… perché no? Dopotutto aveva tutto ciò che desiderava. Ed era normale. Lui era cresciuto con una quarantina di regali nuovi nuovi ogni volta che invecchiava di un anno. Ma non erano mai abbastanza. Dovevano sempre essere uno in più dell’anno prima, no? Sennò era noioso.
E la noia non è normale, non è così?
Era bello essere normali. Anche adesso, a trentuno anni, con la sua normale moglie, che, come era normale, era poco più giovane di lui e di anni ne aveva trenta, che come era normale non lavorava- sua madre, Petunia, non lavorava, e lei era normale, quindi perché sua moglie avrebbe dovuto?- che come era normale non era troppo appariscente, con i suoi capelli castani e tinti di rosso, con i suoi occhi scuri che incontrava ogni volta che tornava a casa, subito prima di entrare in contatto per un secondo breve, come è normale, con quelle labbra, certo un po’ spente e che ogni volta che voleva uscire di casa necessitavano una bella dose di rossetto vermiglio, ma anche questo era normale, no? Con questa moglie né bella né brutta, ma normale, con questo lavoro da impiegato in banca, come suo padre prima di lui, come è giusto e normale che sia, con la sua bambina di dieci anni, avuta quando di anni lui ne aveva ventuno, ma che importa, tanto era già sposato e quindi era tutto perfettamente normale, vero? La sua bambina, né troppo vivace né troppo timida, né troppo poco né troppo brava a scuola, con i suoi voti non scarsi né geniali, ma normali, con i suoi occhi castano scuro, più belli di quelli di sua moglie o dei suoi, ma comunque marroni e normali, con la sua chioma… sì, la chioma un po’ troppo naturalmente a boccoli per essere perfettamente normale, ma era bella e gli risparmiava i soldi che gli sarebbero altrimenti serviti per acquistare, a seconda, la piastra o l’arriccia capelli; la sua bambina, che improvvisamente non era più così normale… che forse non è mai stata molto normale, ma lui non voleva vederlo…
Perché quei maledetti gufi erano tornati, dopo vent’ anni, ma non c’era nessuno strano cugino che stava chiuso, stranamente, nel ripostiglio, a cui succedevano cose strane e che aveva, negli anni a seguire, vissuto in quel suo mondo strano, in cui erano successe cose strane, cose strane anche per gli strani, cose che lui non aveva mai avuto l’interesse, la voglia, il coraggio?, di approfondire… no, non c’era nessun cugino strano con la cicatrice strana e l’arma strana, e la civetta strana e le abilità strane.
C’era solo la sua bambina, la sua Daisy, con il suo nome perfettamente normale e perfettamente inglese, a cui succedevano cose strane e a cui era arrivato lo strano gufo, con la strana lettera scritta in verde, da parte della strana scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Sua figlia. Suo figlia era una strega?!
Avrebbe cominciato a interessarsi di fattucchieria, e sfere di cristallo, ed elisir d’amore?! La sua bambina?
Dudley faceva fatica a capacitarsene. Molta, molta fatica.
Comunque lui voleva molto bene alla sua bambina, il che è normale, ma non l’ha viziata, il che forse non è normale, o meglio, rispetto a quello che gli hanno insegnato i suoi genitori, perché sua moglie ha deciso che non dovevano viziarla. Lui ha acconsentito.
Il che forse non era troppo normale, già di suo.
Quindi, visto e considerato che voleva bene a sua figlia, decise di andare a chiedere aiuto ad una persona che probabilmente lo odiava, e a ragione.
Sì, proprio lui doveva cercare, il suo cugino strano. Harry Potter.
 -Daisy! Tesoro, prendi il cappotto!
Dudley vide sua figlia scendere le scale, forse un po’ rocambolescamente, e venirgli incontro, afferrando il cappottino verde. Sua madre la aiutò a metterlo; dopotutto era ancora metà marzo, faceva fresco fuori, a Surrey.
-Bene tesoro, dà un bacio alla mamma e poi esci con papà. Devi promettermi che farai la brava.
-Io sono sempre brava, mamma!
-Lo so tesoro- sua moglie si fece baciare e abbracciare brevemente dalla bambina, per poi voltarsi verso di lui- hai la lettera, caro?
Dudley annuì, con viso mesto. Sì, quella maledetta lettera era lì nella sua tasca, che bruciava come un tizzone ardente, come un pollo appena uscito dal forno…
Daisy gli prese la mano, e lui, sorridendole, uscì di casa.
Non si ricordava come l’aveva avuto. Probabilmente aveva sentito suo padre nominarlo, una volta, ma sapeva l’indirizzo.
Nonostante questo, non capiva come mai suo cugino fosse andato ad abitare a Londra, in mezzo alle persone normali, quando lui, diciamocelo, tanto normale non era.
Ma forse nemmeno Dudley era stato troppo normale. Più che altro non era stato civile, e cortese. Certo, Harry Potter non aveva una vera famiglia, non aveva genitori, ed era sempre stato piccolino, ma Dudley era stato molto incivile e scortese, bullizzandolo fin dall’età di sette anni.
E probabilmente un po’ se ne pentiva. Però non riusciva ad essere davvero, sinceramente dispiaciuto. Per quel che sapeva del parente, poteva essere un alcolizzato di bassa lega, o un mezzo criminale, o una persona orribile. Quindi forse se l’era meritato.
Comunque, Dudley era pronto ad accettare qualsiasi offerta da parte dell’altro se avesse potuto dargli una mano e spiegargli come aiutare sua figlia. Se Dudley fosse stato davvero fortunato, magari suo cugino si era sposato con una bella donna ed aveva avuto cinque figli, quindi magari almeno la moglie avrebbe avuto compassione di lui, o comunque l’esperienza genitoriale di entrambi sarebbe potuta tornare utile in questo caso.
-Papà?
-Sì tesoro?
-Dove stiamo andando?
Ecco, la cosa complicata. Daisy non sapeva assolutamente niente di tutta la faccenda. Da Harry Potter alla lettera. Come spiegargli quel poco che sapeva senza spaventarla?
-A Londra, tesoro. A casa di, ecco, un… vecchio amico di papà.
-Un vecchio amico? Quanti anni ha?
-Ehm… trenta, o trentuno. Giù di lì.
-Ma allora non è vecchio!
-Oh, no! Ecco, più che altro papà non lo vede da tanto tempo.
-Perché?
-Non è più capitato di vederci, credo.
L’abitacolo dell’automobile a cinque porte, una normale utilitaria, cadde nel silenzio per un po’ di tempo, fin quando la vocina di Daisy non lo ruppe di nuovo, mentre attraversavano il traffico di Londra.
-Perché stiamo andando da questo tuo amico, papà?
-Ecco… volevo che tu lo conoscessi. E volevo chiedergli un paio di cose, su un problema che sono sicuro mi aiuterà a risolvere.
Ancora silenzio, per qualche minuto.
-Papà?
-Sì tesoro?
-Ci crederesti se ti dicessi che stamattina, appena mi sono svegliata, ho visto un gufo marrone volare fuori dalla finestra?
-Oh, certo che ci credo. L’ho visto anche io.
-Perché c’era un gufo, di giorno? Non vivono di notte?
-Ecco… te lo spiegherò più tardi. È parte del problema di cui devo discutere con il mio amico.
-Gli piacciono gli animali? O i gufi?
-Non saprei rispondere esattamente alla tua domanda, ma da piccolo i gufi gli piacevano, sì. Ecco tesoro, siamo arrivati.
La piccola guardò fuori dalla portiera, mentre l’apriva slacciandosi la cintura di sicurezza, assorbendo la vista di varie villette, in quello che era chiaramente un quartiere residenziale. All’angolo della strada c’era però una fila di negozi, che continuava possibilmente all’infinito, con luci e rumori molto lontani.
-Papi, questo posto è molto diverso da casa.
-Ci credo che lo è! Londra assomiglia poco a Surrey. È molto meno tranquilla.
E normale, avrebbe aggiunto mio padre, pensò Dudley. Prese la mano della figlia, e si diresse verso una delle villette, salendo i gradini di pietra e raggiungendo la porta di legno scuro, che nonostante avesse accanto un comodo campanello un po’ vecchio forse, anni Ottanta, era provvista di un battente di ferro, di foggia… antica. Bella.
Ma strana.
Dudley suonò il campanello, trattenendo il tremore della mano.
Il campanello.
Il campanello.
Solitamente lo senti quando premi un pulsante del campanello, no?
Apparentemente questo no.
O più probabilmente non funzionava.
Tipico; e NON normale!
Portò la mano libera dalla dolce stretta della figlia al battente, trovandolo più leggero di quanto apparisse, e facendolo entrare in contatto con la porta tre volte, prima di far tornare la mano nella tasca.
Dudley era davvero pronto a qualsiasi cosa, dopotutto il cugino avrebbe potuto rifiutarlo, ridergli in faccia, tirargli un pugno, fargli ricrescere la coda di maiale… insomma tutto.
Quando finalmente la porta si aprì, però, Dudley credette di non aver vagliato tutte le possibilità.
Un uomo, sulla trentina, o probabilmente meno, con capelli lunghi e di uno strano biondo platino, che avrebbe potuto pensare esser tinto se non si sposasse bene con il pallido complesso della figura di fronte a lui, provvista di pelle chiarissima e occhi chiari e grigi, così perforanti da non poter essere normali.
-Posso aiutarla, signore? - chiese quello, con le sopracciglia aggrottate. Dudley si accorse che, oltre ad avere un tono molto cortese ma glaciale, l’uomo era a piedi nudi, con una camicia bianca totalmente sbottonata. Fece di tutto per non arrossire. Ecco, andare ad aprire alla porta senza almeno una vestaglia ben chiusa addosso non era molto normale!
-Ehm… è casa Potter?
Il cipiglio del biondo si fece ancora più evidente, mentre lo studiava con quegli strani occhi grigi, e quella strana aria aristocratica. Sinceramente Dudley non poteva dire se fosse strano come suo cugino, perché non sembrava il tipo di persona che avrebbe interagito con qualcuno così… di poco valore. Comunque non era più molto sicuro che l’indirizzo fosse giusto, insomma, erano le nove del mattino, certamente non ci sarebbe stato quest’uomo, che sicuramente non era suo cugino, chiaramente rilassato come fosse in casa propria-
-Sì, questa è casa Potter. – Cribbio. L’uomo lo fissò negli occhi, mettendolo un po’ a disagio- potrei sapere il suo nome, e come mai è qui?
-Ehm… mi chiamo Dudley Dursley-
-Dursley?
-S-sì. - quegli occhi lo mettevano a disagio, sembrava che l’altro lo stesse smembrando, cercando di capire cosa pensava guardandogli direttamente il cervello.
-Ma tu sei un principe!
Dudley arrossì ancora di più, quando sua figlia, meravigliata, si rivolse all’uomo ancora ritto sulla soglia, che appena posò lo sguardo sulla piccola sembrò scaldarsi dalle sue gelide sembianze.
-Oh, non credo di essere un principe. Ma penso proprio che tu sia una principessa- aggiunse con un sorriso, lasciando Dudley meravigliato dal repentino cambio di atteggiamento- come ti chiami?
-Daisy Dursley!
-Daisy, eh? Un nome meraviglioso, come le margherite… io trovo che siano il fiore più spontaneo che esista, il più sincero…
-Anche la mia nonna ha il nome di un fiore! È per questo che mi chiamo Daisy!
-Petunia, lo so. Ma trovo ancora più bello quello della sorella della nonna, Lily. Comunque, mia cara Daisy, sembra proprio che tu sia un bellissimo fiore…
Dudley quasi si allarmò quando vide sua figlia arrossire. Non ricordava di averla mai vista arrossire. E sinceramente… come faceva quell’uomo a conoscere tali informazioni, veniali, come il nome di sua madre e di sua zia?
-Amore? Con chi Merlino stai parlando, vieni dentro che fuori si gela!
Il biondo alzò gli occhi al cielo, per poi rivolgersi di nuovo a Dudley.
-Immagino tu voglia vedere Harry. Forza, da questa parte, e fate come se foste a casa vostra.
Con questo li fece entrare, chiudendo la porta per poi farsi seguire attraverso un corridoio pieno di fotografie, di cui per via della scarsa luminosità Dudley non riuscì a vedere il contenuto, che portava in un salone ampio, arredato con uno strano gusto a metà tra il vittoriano e il moderno. Sì strano. Ma bello.
Il salone aveva due porte, di cui una aperta, che lasciava intravedere la cucina.
-Harry Potter- scandì l’uomo, passandosi una mano sul viso, come se fosse stufo di ripetere sempre le stesse cose- smettila di ingozzarti come quell’animale del tuo amico Ron e vieni a salutare i nostri ospiti.
-Ospiti? Non aspettavamo ospi-
La porta della cucina incorniciava ora la figura di un uomo alto e atletico, con addosso degli strani pantaloni, in qualche modo simili a quelli dei militari, ma totalmente neri e una semplice t-shirt grigia, due strani calzini ai piedi, sembravano fatti a maglia, ed erano marroni. Aveva i capelli scuri e scompigliati, e gli occhi verdi.
Ecco suo cugino, che… ecco… non era affatto come se lo sarebbe aspettato; decisamente non piccolo. Né bruttino. Né di poco valore, a giudicare da postura, abiti e casa…
-Dudley?! Che diamine ci fai a casa mia? Draco perché l’hai fatto entrare?!
-Perché è scortese non ricevere i propri parenti in casa propri-
-Sì, in casa propria, e bla bla bla, come quella volta che hai dovuto far venire la figlia della sorella della moglie del fratellastro minore dello zio materno di tuo padre perché oops, sono imparentata con un Malfoy, che bello fare la vostra conoscenza!
-Harry, è tuo cugino.
-Non mi importa.  È sgradevole, e non si è di certo guadagnato il mio affetto negli anni che ho passato da loro.
-Signori, vi prego, accomodatevi e non preoccupatevi, la mattina se non mangia è sempre un po’ di malumore, tempo dieci minuti e gli passa.
Dudley si sedette su uno dei divani, facendo gesto anche alla figlia di fare lo stesso, piuttosto stupito alla scena che aveva davanti agli occhi.
-Draco, ho detto di no, è casa mia e ci entra chi dico io, il che non comprende Dudley Dursley!
-Nel caso te ne fossi dimenticato è anche casa mia e dato che sono tuo marito adesso mi fai il favore di ascoltarmi, testa di plimpi!
Dudley rimase scioccato dalla frase. Innanzitutto perché quello strano e distinto uomo biondo, con lo strano, ma in qualche modo importante, nome, non solo sapeva chi lui fosse, ma era stato gentile con sua figlia e ora lo stava difendendo da suo cugino. Ma soprattutto perché sì, era ovvio che l’uomo fosse con i piedi scalzi e la camicia aperta, perché era a casa sua, che però era anche casa di suo cugino, e non erano coinquilini, ma addirittura sposati! Suo cugino non era solo uno strano mago, ma anche uno strano uomo… gay! Improvvisamente tornò a rendersi conto della conversazione che i due stavano avendo… più una discussione. Le coppie sposate discutevano così? Come se volessero strangolarsi a vicenda? Eppure suo cugino aveva chiamato l’uomo biondo Amore, adesso che ci pensava… perché si guardavano come se fossero pronti a uccidersi l’un l’altro?
-… ho assolutamente nessuna intenzione di discutere con te su questo argomento! Accontentati del fatto che permetto a tuo padre di venire a trovarci o di andare a cena a casa sua!
-Oh, qui non si tratta né di mio padre né del Manor!
-Sì invece!
-Ok, Harry, se vuoi fare il parallelo con la mia famiglia così sia- l’uomo biondo era… livido di rabbia, a dir poco. Era anche abbastanza spaventoso- pensa a mia madre e ad Andromeda! Non si sono più viste da quando erano ragazze, e adesso mia madre è morta e non hanno mai avuto la possibilità di riappacificarsi!
-Ma erano sorelle! E non si sono mai odiate!
-Non ti basta?! Vuoi che ti dica di me e Ninfadora? Lei sì che l’ho odiata per anni, ma adesso non c’è più e mi pento di non averla. Mai. Conosciuta! Ed Harry, è orribile, orribile sul serio.
Adesso all’uomo biondo tremava leggermente la voce, si rese conto Dudley. Decisamente quel poveraccio aveva una famiglia complicata… ma qual era il punto di tutto?
-Harry, non puoi mai sapere se anche domani avrai quel che hai oggi, anche la famiglia… non è sicura. Un giorno mia madre c’era, e quello dopo invece no. Ti prego, non fare i miei stessi errori. Dagli una possibilità, ascoltalo, qualsiasi cosa sia venuto a dirti. E scusati con la bambina, l’hai spaventata senza nemmeno presentarti!
… Lo stava ancora difendendo?! Dudley avrebbe davvero voluto avere la possibilità di conoscerlo meglio.
-Ehm… sinceramente, la ringrazio, ma non voglio causarle problemi, signor…
-Malf- suo cugino tirò una gomitata tra le costole del biondo, e Dudley sperava non fosse stata troppo forte, ma anche se lo fosse stata, sicuramente suo cugino sembrava essersi terrorizzato dallo sguardo mortifero che gli venne rivolto- Potter. Draco Potter, ma puoi chiamarmi Draco.
-Oh, Draco… beh, non volevo portare problemi, è che… Harry- come suonava strano quel nome sulla sua lingua, non l’aveva mai pronunciato- ho davvero bisogno del tuo aiuto. So che non sono stato propriamente buono, tutt’altro, ma farò qualsiasi cosa, ho bisogno di aiuto per la mia bambina.
Le tre paia d’occhi adulti si spostarono sulla piccola, che sembrava avere un’aria arrabbiata.
-Tu! – disse la ragazzina, puntando il dito contro Harry- tu non sei un vecchio amico di papà, non vuoi nemmeno che stia in casa tua! E poi hai urlato al principe, e gli hai fatto male… non si fa male ai principi!
-Principe, dici? Ma- ah! Insomma Draco, ti dai la pena di ammaliare anche una bambina di… quanto, dieci anni?
-Nove!
-Eh, mica è colpa mia. Daisy, ti andrebbe di vedere il nostro micione? Credo sia ancora di sopra a poltrire…- poi si avvicinò alla bambina, e con fare cospiratorio le sussurrò vicino all’orecchio, però abbastanza forte che potessero sentire tutti- non dirlo a nessuno, ma credo che Harry gli dia troppo da mangiare, e quindi lui è grassissimo e non si muove mai dal piano di sopra!
La bambina si mise a ridere, prendendo la mano tesa verso di lei e seguendo Draco, che appena prima di sparire dietro la porta si voltò e fece l’occhiolino ai due cugini, seduti uno di fronte all’altro sui due divani.
Dudley era sollevato dal fatto che Draco avesse portato via Daisy. La trattava bene, chiaramente ci sapeva fare con i bambini, e gli sembrava proprio il tipo di persona di cui si poteva fidare, aveva un’aria intelligente e decisa. Dudley però non aveva ancora capito se anche lui era uno… strano, o se suo cugino si era trasferito in mezzo ai normali così che il marito non dovesse staccarsi dal suo mondo normale.
-Allora, Dudley Dursley, a noi- disse Harry, con un tono controllato che sembrava trattenere la rabbia- perché sei venuto fino a casa mia, come sai dove vivo e che ci fai qui.
Già… non sembrava una domanda. Dal tono utilizzato per porla, accompagnato da quel serissimo sguardo verde, pareva più un modo per fargli dire tutti i suoi segreti, oltre che a fargli rispondere alle richieste. Sinceramente trovava che anche suo cugino fosse piuttosto spaventoso.
Dudley aprì il cappotto, tirando fuori dalla tasca la lettera, porgendola al padrone di casa.
… il quale appena la vide spalancò gli occhi.
-Beh, dopotutto non è la prima volta che succede nella tua famiglia, di avere figli magici. Molto bene… di cosa hai bisogno, esattamente?
-Di tutte le informazioni che puoi darmi riguardo al tuo mondo, di darmi un modo per dire tutto questo a mia figlia, per capire meglio il tuo… vostro mondo, per sostenerla meglio. Non voglio essere come i miei genitori, che ti hanno lasciato da solo a scoprire tutto, io voglio esserci per mia figlia, e come me mia moglie.
-Sei…- lo scrutò a fondo, in modo simile a come aveva fatto suo marito sulla porta, prima- sei diverso.
-Sono passati diversi anni dall’ultima volta in cui ci siamo visti. E devo ammettere di essere cresciuto…mi dispiace per come ti ho trattato quando eravamo piccoli.
-Oh… beh, sono successe tante cose… quella era una delle meno brutte. Comunque… ok, ti aiuterò con tua figlia, e sono sicuro che anche Draco e i miei amici ti daranno una mano. Sappi che non mi fido totalmente di te…e cerca di abituarti in fretta a quello che vedi, senza cercare necessariamente una spiegazione logica… funziona tragicamente male.
-Parli per esperienza?
-Più per… esperienza riflessa. Draco faceva fatica a capire la logica schiacciante su cui è basato il mondo babbano, all’inizio, era proprio una frana, faceva fatica anche a camminare per strada. È perché è cresciuto in un mondo senza confini, dove le cose che per lui sapevano di fantastico erano pochissime… più incantesimi e manufatti perduti che impossibili.
-Oh… quindi, anche lui è un… ecco… uno come te?
-Dudley, prima dici la parola, meno paura di dirla avrai dopo.
-Un m-mago.
-Esatto, anche Draco è un mago. E che mago…- aggiunse il cugino con aria semi sognante, sospirando. – ok, adesso sarebbe saggio andare a cercarli e cominciare a spiegare a Daisy…
Dudley annuì, seguendo il cugino dietro la porta. Mentre salivano le scale non poté fare a meno di continuare a parlare.
-Ecco… sinceramente non avrei mai pensato che tu avresti avuto un marito.
-Oh, io non l’ho capito fino ai quindici anni… avevo persino provato a uscire con una ragazza… non è andata bene per niente. Poi ho puntato Draco, e si è sistemato tutto… o piuttosto è andato tutto al gabinetto.
Dudley rimase un po’ stranito dalla risposta. Non ebbe però tempo di pensarci, in quel momento, perché si trovò in una camera da letto… singola?! Eppure sembrava vissuta, come se appartenesse a qualcuno.
Sul letto c’era sua figlia, che accarezzava un gatto bianco tutto pelo e ciccia, che se ne stava comodamente acciambellato sulle gambe di Draco.
-Draco, perché papà e il signor Harry non si vogliono bene? Tutti gli amici si vogliono bene.
-Vedi, non erano esattamente amici, quando erano piccoli. Però tua nonna Petunia e la mamma di Harry erano sorelle-
-Quindi sono cugini!
-Esattamente, Daisy. L’unico problema è che i tuoi nonni… certo, a te e a tuo papà vogliono molto bene, ma non sono perfetti, nessuno lo è, anche se ci piacerebbe crederlo, e non erano buonissimi con Harry, e tuo papà li imitava.
-Perché li imitava se non erano buoni?
-Daisy, a te capita di fare dei gesti simili a quelli di tua mamma, vero?
-Sì!
-E ti piacerebbe essere come la tua mamma, da grande?
-Sì!
-Tutti vogliamo essere come i nostri genitori, quando siamo bambini, e gli vogliamo bene, anche se non sono sempre delle persone buone. I miei genitori erano un po’ come i tuoi nonni, ma peggiori. Hanno fatto tanto male, e io li imitavo, e gli volevo bene, e credevo che quello che facessero loro fosse giusto. Quindi ho fatto del male anche io, e non ero una brava persona.
-Ma come? Tu sei gentile!
-Adesso, adesso lo sono, o almeno, ci provo. Però si cambia, si cresce. E come me anche il tuo papà ed Harry sono cresciuti. Sono sicuro che da adesso saranno davvero amici.
I due cugini si guardarono, sorridendosi a labbra strette. E Dudley pensò che era fortunato ad aver trovato Draco Potter alla porta, invece che suo cugino.
Loro potevano aiutare Daisy.
 
-State dicendo… che la magia esiste?!
I tre adulti guardarono cauti la reazione della bambina alla notizia.
-Sì, Daisy. La magia esiste.
-Ma… no, non ci credo! È troppo bello per essere vero!
-Mmm… non mi credi, eh? – disse Draco con tono giocoso, avvicinandosi lentamente alla piccola, che lo guardava con una scintilla di curiosità e stupore negli occhi. – guarda qua.
Dalla scrivania nell’angolo della stanzetta si sollevò un foglio, che si diresse nella mano del biondo. Daisy spalancò un po’ le palpebre.
-Mi credi adesso?
-No! Ho visto tanti prestigiatori fare trucchi simili!
-Vediamo se questo ti convince.
Con un movimento circolare del polso il foglio si piegò in più punti, su se stesso, ancora e ancora, fin quando assunse la forma di un piccolo cigno. A quel punto Draco sorrise, e soffiò sul cigno, posato su entrambi i suoi palmi, e quello, trasformandosi, da uno spigoloso origami si smussò agli angoli, volando intorno alla stanza, passando il becco tra i capelli di Harry prima di posarsi sul grembo di sua figlia.
Dudley non aveva mai visto niente di simile. E accidenti se era strano.
Ma accidenti se era bello.
Probabilmente anche sua figlia la pensava allo stesso modo -senza la parte dello strano, probabilmente… i suoi genitori non avevano espresso la loro ossessione per la normalità in modo esplicito da diverso tempo, troppo perché Daisy se ne ricordasse- perché prese l’uccellino tra le mani, sorridendo meravigliata, accarezzando la testolina che si muoveva sotto al tocco delicato, lasciandosi coccolare.
-E’ vero allora! È tutto vero! E anche io posso fare la magia?
-Potrai farla… tra qualche anno. La prima volta che io ho fatto questo incantesimo avevo quattro anni più di te, e avevo bisogno della bacchetta. Ma se studierai, e ti impegnerai… riuscirai anche tu. Ne sono certo.
La bambina cominciò a salterellare in giro per la stanza, con il cigno stretto al petto.
I Potter si scambiarono un sorriso. Forse erano felici che sua figlia l’avesse presa così bene, che tutto questo l’entusiasmasse tanto. E anche lui lo era.
Felice per lei ovvio.
Non entusiasmato.
Sicuramente no.
-Daisy- Harry le si inginocchiò davanti dopo averla lasciata gioire per un po’, con un’aria seria sul viso- nessuno deve sapere di tutto questo. Né del mondo magico, né del fatto che tu sei una strega. Puoi parlarne solo con mamma e papà, con noi e con le persone che ti faremo conoscere, perché conoscono già il segreto. Potrebbero succedere cose orribili se delle persone senza magia venissero a conoscenza della nostra vita. Capisci?
La piccola annuì con forza, seria pure lei, restituendo il sorriso che, in quel momento, Harry le donò.
-Bene… noi dobbiamo salutarvi, o faremo davvero tardi al lavoro- disse Draco, posando una mano sul braccio di Harry in segno di ammonimento- è meglio se voi tornate a casa e ci pensate sopra. Avremo una settimana molto piena… ma credo proprio che venerdì sera potremo venire a trovarvi.
-Sì!!- Dudley cercò di mettere le mani sulle spalle della figlia, che però continuava a saltellare come una palla di gomma, scendendo dalle scale senza farsi male, sorprendentemente. Si affrettarono a seguirla, trovandola già alla porta, con il cappotto addosso e quello del padre tra le braccia. – e mi farai vedere altre magie, vero Draco?
-Certo che sì principessa- l’uomo sorrise, accarezzandole i capelli con una mano affusolata- ma adesso devi stare buona, o farai impazzire papà.
Lei annuì con entusiasmo, passandogli il soprabito, che Dudley mise velocemente, mentre Harry apriva la porta.
-Siete ancora a Privet Drive? – gli chiese il biondo, e Dudley si stupì ancora da quanto profondamente conoscesse la storia dell’infanzia del marito, persino nei dettagli come il nome della via dove era collocata l’abitazione.
-No, noi viviamo al numero sette della traversa di Privet Drive; è semplice da trovare… è l’unica.
-Suppongo che ci vedremo venerdì sera, se non è un problema.
-Assolutamente no, Harry, anzi, ci terrei a invitarvi a cenare con noi… per le sei e mezza?
-Perfetto- replicò il moro, con un piccolo sorriso che giocava sulle labbra, accentuato ma più genuino quando il marito gli prese la mano- non credevo che avrei mai detto questa frase, ma è stato piacevole rivederti, Dudley. E conoscere te, Daisy.
-E’ stato un piacere anche per me, Harry, e ti ringrazio davvero. E anche te, Draco. Sono felice di aver fatto la tua conoscenza.
-Lo stesso vale per me, Dudley, che tu ci creda o meno. A venerdì!
Dudley trascinò Daisy, che continuava a salutare felicemente con la mano- gesto che trovava risposta nel muto saluto dei Potter, che le sorridevano quasi inteneriti dagli scalini di pietra su cui Dudley si era fatto venire un mezzo attacco di panico, neanche mezz’ora prima, agitando le mani di rimando- sul marciapiede grigio di Londra, avviandosi all’auto.
Davvero un interessante inizio di giornata. Con sviluppi inaspettati, inusuale, strano, ma ne valeva decisamente la pena.
Cioè.
Cioè, ecco…
Dudley faceva fatica a trovare una giustificazione al suo stesso pensiero.
Ci avrebbe pensato più tardi, quando sarebbe stato fuori dalla vista della villetta delle meraviglie, fuori dal traffico di Londra, nella sua normalissima casetta sulla sua normalissima poltrona, accanto alla sua normalissima moglie, con una figlia non troppo normale che giocava al piano di sopra. 
   
 
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