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Autore: Leila 95    20/11/2020    1 recensioni
Due compleanni, uguali ma opposti, a dieci anni di distanza l'uno dall'altro. In mezzo, una rivoluzione
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Han Solo, Luke Skywalker, Principessa Leia Organa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I

Han Solo aprì gli occhi al suono della sveglia.
Oggi avrebbe compiuto trent’anni. Nessuno sapeva che era il suo compleanno – nessuno tranne sua madre, ovviamente, che come ogni anno lo avrebbe chiamato per fargli gli auguri. Per tutti gli altri, Han poteva anche non avere un compleanno, e continuare ad avere un’età approssimativa fra i ventotto e i trentacinque anni, più o meno. Questo perché non gli piaceva essere al centro dell’attenzione, non gli piacevano le feste né i regali e, soprattutto, perché non era mai stato abituato a festeggiare il proprio compleanno. Sin da bambino, infatti, quel giorno era sempre passato sotto silenzio – un giorno come un altro da dedicare alle marachelle e alle scorribande in giro per il paese. Mai un qualche festeggiamento, mai la possibilità di esprimere un desiderio soffiando su una candelina o di scartare un pacchetto destinato a lui. E così lui era cresciuto, senza dare troppo peso a quella data sul calendario e senza fare caso agli anni che passavano.
Il traguardo raggiunto oggi però era più che ragguardevole e meritava quantomeno un attimo di riflessione. Cosa aveva fatto di buono finora e quali erano i suoi progetti per il futuro? Guardandosi indietro, non vedeva che fallimenti, insuccessi, occasioni perse, rancore accumulato verso l’intera galassia e nessuno o quasi che gli volesse bene. Allo stesso modo, anche il futuro che aveva dinnanzi non gli appariva tanto diverso: molto probabilmente avrebbe continuato a campare alla giornata, facendosi sfruttare sul lavoro e evitando accuratamente qualsiasi tipo di impegno o relazione che avesse anche solo una parvenza di solidità.
Per fortuna, sua madre non aveva ancora iniziato con i discorsi relativi al fatto che dovesse sposarsi, darsi finalmente una regolata, mettere su una famiglia e magari darle dei nipotini – e molto probabilmente non avrebbe iniziato mai: per lei poteva tranquillamente continuare a condurre la vita scriteriata che conduceva ora, senza preoccuparsi troppo per il futuro e senza costruire quella stabilità che ogni mamma spera per i propri figli. Per lei bastava che avesse un lavoro, che fosse più o meno autosufficiente dal punto di vista economico, e che non gravasse sulle sue spalle per sostentarsi – come poi lui gestisse la propria vita e le proprie relazioni, quello non era affar suo.
Guardando all’esempio di sua madre, al modo disastrato in cui viveva, non c’era da sorprendersi se anche lui non sembrava capace di mantenere un qualche equilibrio nella propria vita, pur desiderandolo in cuor suo. Gli sarebbe piaciuto essere un fidanzato normale per la sua principessina, non darle tutte quelle preoccupazioni e quelle angosce che invece le procurava e che la facevano soffrire in un modo che non meritava. Lei lo amava con dolcezza e senza condizioni, di questo ne era sicuro, e lui invece si ostinava a voler recitare la parte del duro, del villano senza scrupoli e insensibile ai sentimenti – tutto per uno strano senso di orgoglio che aveva sempre avuto. Doveva decisamente cambiare rotta, se voleva continuare ad averla accanto, e doveva iniziare a farlo subito.
 
Con uno sbadiglio si stiracchio e si alzò, spaventando Chewbacca che dormiva raggomitolato fra le lenzuola ai piedi del letto. Perdeva troppi peli quel gatto, pensò ancora assonnato – gli finivano dappertutto, persino nelle mutande!
Si trascinò in bagno e si buttò sotto il getto della doccia, nel tentativo di darsi una svegliata. Non aveva assolutamente voglia di andare in officina, soprattutto oggi, ma non poteva permettersi un giorno di ferie, quindi era meglio darsi una mossa e prepararsi.
 
*****
 
La mattinata era trascorsa in modo monotono – fin troppo noioso per i suoi gusti: solo qualche cliente per la revisione annuale e una vecchia motocicletta che non voleva sentirne di rimettersi in moto.
Stava tirando giù la saracinesca dell’officina per la pausa pranzo, una sigaretta già accesa fra le labbra, quando sentì chiamare il suo nome. Si voltò e fu sorpreso di vedere Leia alle sue spalle, appoggiata al cofano dell’utilitaria che condivideva con il fratello.
“Ehi, che ci fai qui?” chiese. “Non dovevi essere all’università?” Aveva ancora un po’ di problemi a ricordare gli orari dei suoi impegni accademici, ma era quasi sicuro che lei oggi aveva giornata piena in ateneo.
“Ho marinato la scuola” rispose Leia con un sorriso birbante. “Ti va di andare a fare un pic-nic al parco con me? Per fortuna è una bella giornata oggi.”
Han la guardò con scetticismo. “E perché?”
“Ma perché è il tuo compleanno, idiota!” esclamò la ragazza.
“E tu come lo sai?” Han era sorpreso.
“Diciamo che ho le mie fonti.” Per scoprire la data del suo compleanno, Leia aveva dovuto compiere un’indagine degna dei servizi segreti. Aveva chiesto aiuto ancora una volta all’anziana padrona di casa di Han, che ovviamente non sapeva quando era nato, ma che fra le carte del contratto di affitto conservava anche una copia del suo documento di identità con la data di nascita. Han non si era mai sbottonato su quando compisse gli anni, né aveva mai festeggiato questo giorno negli anni passati – almeno che lei ricordasse. “Ora che stiamo insieme, non puoi più pensare di nascondermi le cose.” Gli prese il volto fra le mani e lo baciò languidamente sulle labbra, che ben presto si distesero in un sorriso. “Buon compleanno, testa calda.”
 
In macchina raggiunsero il parco pubblico appena fuori città, dove c’erano anche panche, tavoli e tutte le attrezzature per fare i pic-nic. Era un giorno feriale, peraltro in pieno autunno, ed il parco era quasi deserto – praticamente tutto a loro disposizione. Scelsero un angolo di prato ai piedi di una grande quercia e lì Leia stese un plaid dalla fantasia scozzese, sul quale poi dispose tutte le leccornie che aveva preparato nella mattinata. Trattandosi del primo compleanno che festeggiava con Han – e, con buona probabilità, del primo compleanno che Han festeggiava nella vita – aveva avuto un po’ di difficoltà a immaginare qualcosa di adatto all’occasione. Alla fine aveva optato per questo pic-nic solo loro due – se non altro, era un modo per trascorrere un po’ di tempo insieme e per mangiare qualcosa di buono.
Ovviamente gli aveva comprato anche un regalo, e Han per questo la rimproverò. “Devi smetterla di buttare soldi per me” mormorò a denti stretti alla vista del voluminoso pacco incartato. Per un attimo ripensò alle riflessioni fatte quella mattina, a quanto fosse sempre più convinto di non meritare tutto l’amore che Leia gli donava senza darci troppo peso, e scosse sconsolato la testa. “Non ne valgo proprio la pena.”
“Smettila di fare sempre il duro e accetta per una buona volta il fatto che c’è qualcuno che tiene a te e che vuole vederti felice” rispose Leia. Gli porse il pacco incartato e attese sorridendo che lui lo aprisse. “Dimmi se non ti piace, o se c’è qualcosa che non ti va bene…non mi offendo” disse. “È che non ho ancora ben chiari i tuoi gusti – e neanche le tue misure in realtà, quindi potrei essermi sbagliata.” Gli aveva comprato dei vestiti, in primo luogo perché sapeva che ne aveva bisogno – le sue finanze non gli permettevano grosse sessioni di shopping, e lui stesso non sembrava interessato all’argomento – ma anche perché era da sempre che desiderava andare in un negozio di abbigliamento maschile e comprare vestiti pensando al suo ragazzo. Le era capitato negli anni di comprare qualcosa per zio Owen, o anche per suo fratello, ma comprare per il proprio ragazzo era un altro paio di maniche: vedere dei capi sui manichini e pensare a come sarebbero stati addosso a Han aveva un potenziale erotico notevole – non sapeva dire bene perché, ma la eccitava tantissimo.
Han guardò ai jeans che Leia aveva scelto per lui, alla camicia e ai due pullover con profonda tenerezza. Non erano esattamente il suo genere, ma non erano male per essere un primo tentativo. “Non pensi di avere un po’ esagerato con tutte queste cose?” chiese.
Leia scosse la testa sorridendo. “Ti potrà sembrare assurdo, ma credo che ti meriti un regalo ogni tanto.”
 
Il giovane rimise tutto alla rinfusa nella busta, poi le accarezzò una guancia e la baciò sulle labbra – incurante dei pochi passanti che avrebbero potuto guardarli o dei bambini sulle giostre poco lontane. Per quell’attimo c’erano solo loro due al mondo. Si lasciò andare e si perse nella meravigliosa sensazione delle sue labbra dolci e del tocco gentile delle sue mani che gli accarezzavano i capelli, mentre la sua mente si chiedeva che cosa avesse fatto di buono nella vita per meritarsi tanto amore da parte sua. Forse era il caso di iniziare a ringraziare qualche divinità lassù per quell’inaspettato dono.
“Devi spegnere la candelina” mormorò Leia sulle sue labbra, mettendo fine a quel momento.
“Pure?!”
“Ovviamente. E devi anche esprimere un desiderio…ce l’hai pronto, no?”
Han avrebbe tanto voluto dirle che tutto ciò che desiderava al momento era già fra le sue braccia, ma si trattenne. Sarebbe stato melenso e patetico – uno smacco alla sua virilità e alla sua bella faccia da schiaffi che tanto gli premeva conservare. “Certo che ce l’ho” disse invece.
La ragazza prese un piccolo muffin ai mirtilli dal cesto delle vivande e una candelina verde che accese con l’accendino che lui le porse. “Ecco a te.”
Han soffiò sulla candelina, dopo un momento passato a indugiare sui suoi occhi castani che riflettevano i bagliori della fiammella accesa. Non poteva passarci su quanto fosse bella – decisamente troppo per stare con lui. Diede un bel morso al muffin, e Leia lo imitò mordendo il lato opposto.
 
Dopo che ebbero finito anche il dolce ed ebbero rimesso tutto nel cesto, si stesero sulla coperta e lì rimasero abbracciati stretti, guardando il cielo azzurro sopra di loro e godendo intimamente di quel contatto fisico. Per Han quello era stato il più bel compleanno di tutta la sua vita, e quel festeggiamento seppur modesto aveva superato ogni sua aspettativa per la giornata.
“Magari stasera potresti stare un po’ da me” disse a un tratto. “Potremmo vedere un film…o fare anche qualche altra cosa, se ti va.” Voleva essere una proposta innocente eppure, dal tono con cui l’aveva detto, anche alle sue stesse orecchie suonò come uno squallido invito ad andare a letto con lui. Provò a correggere il tiro, ma con scarso successo. “Scusami” mormorò imbarazzato. “Non intendevo…quello che si è capito, insomma. Io volevo solo…”
“Se vuoi, potrei…” iniziò Leia sottovoce, ma fu interrotta subito da un ampio gesto della sua mano.
“Non se ne parla proprio!” sbottò il ragazzo. Fece un lungo sospiro, cercando di darsi una moderata, poi proseguì: “Finché tu non sarai davvero convinta, io non muoverò un dito sul tuo corpo. So che non sei pronta a…” cercò una definizione più neutra, meno carica dal punto di vista emotivo, ma non ne trovò una diversa – parlare di sesso avrebbe banalizzato il concetto che aveva in mente “…fare l’amore con me – e ti posso assicurare che neanche io lo sono, perciò è meglio così.” Non era riuscito ancora a liberarsi di quel rapporto libidinoso e torbido che aveva con il corpo e con la sessualità – echi delle sue relazioni precedenti di tanto in tanto ancora facevano capolino nella sua memoria – e sapeva che non l’avrebbe amata in modo sincero e puro come avrebbe voluto, quindi paradossalmente quest’attesa stava facendo bene anche a lui. Entrambi avevano bisogno di tempo – lei per farsi coraggio e lasciarsi andare, lui per fare spazio ai sentimenti che stava imparando a conoscere. Affrettare le cose sarebbe stato un errore.
“Possiamo ordinare una pizza e vederci un film insieme?” propose timidamente la ragazza come alternativa.
Han le sorrise genuinamente. “Perché no? Potremmo vedere quel film dell’orrore che non riuscimmo a vedere l’altra volta.” Per lunghi istanti tenne le labbra premute sui suoi capelli che odoravano di ciliegia, non mostrando alcuna intenzione di allentare l’abbraccio che la teneva stretta a lui.
“Scusami” mormorò Leia.
“E di cosa?”
“Di non essere ancora pronta, di non voler ancora venire a letto con te.” Si fidava di Han, più di quanto non fosse disposta ad ammetter anche a se stessa, eppure non si sentiva ancora pronta ad addentrarsi con lui nell’universo del sesso. Come retaggio della sua famiglia e di quel modo di vedere fin troppo austero e rigido che aveva adottato sin da piccola, temeva di fare una scelta avventata a spogliarsi dei propri vestiti e delle proprie censure davanti a lui. Era in momenti come questo, quando sembrava che stessero viaggiando su binari diversi, che percepiva tutto il divario che c’era fra loro – anagrafico, certamente, ma soprattutto psicologico ed esperienziale. Ogni tanto si chiedeva fino a quando Han sarebbe stato paziente, fino a quando avrebbe avuto voglia di aspettarla prima di stancarsi di lei e delle sue paure. In quei momenti si sentiva così stupida, così inadeguata a quel tipo di rapporto già troppo maturo per la sua età: le sembrava che stesse procedendo con il freno a mano tirato – avrebbe finito per logorare il motore prima o poi, e la loro storia si sarebbe fermata in panne sul ciglio di una strada.
Han le prese il volto fra le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi. “Non devi sentirti in colpa per niente…sei una ragazza fantastica, e mi stai cambiando la vita – forse tu non te ne rendi conto. Sarei un bugiardo a dire che non ti desidero anche in quel senso – e parecchio a dirla tutta.” Inutile mentire su tutte le volte in cui avrebbe voluto spingersi oltre, specie quando erano soli a casa sua, o su tutte le fantasie che in quei mesi aveva accumulato nella mente: voleva farla sua, accarezzare con lo sguardo e con le mani le curve perfette del suo corpo che per ora riusciva solo a immaginare attraverso il tessuto dei vestiti, vedere i suoi meravigliosi occhi luccicare per il desiderio e per il piacere che lui avrebbe acceso in lei.
“Ma so che questo è un passo che vuol dire tanto per te…e del resto, avere il tuo corpo senza avere la tua mente non è quello che voglio.” C’era stato un tempo in cui magari se la sarebbe portata a letto anche solo con un briciolo di consenso, giusto per non passare un guaio con la giustizia, ma quel momento era decisamente lontano e anche solo ritornarci col pensiero lo disgustava profondamente: confrontarsi con l’idea perversa e utilitaristica delle donne e dell’amore che aveva avuto fino a pochi mesi prima lo faceva vergognare di se stesso, perché solo adesso stava imparando a capire davvero quanto a fondo potesse scavare nell’animo un sentimento tanto intenso come quello che stava provando ora. “Il momento giusto arriverà, stanne sicura, e io non voglio che tu ti forzi a fare una cosa che non vuoi solo per essere al mio livello, per provare a soddisfare le mie aspettative – sei già andata oltre, credimi.”
   
 
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