L'auto parcheggiata che avevo visto prima è sua. Ha un
autista sollecito che
l'avvia appena ci avviciniamo, mi fermo e non salgo subito, guardo la
berlina
incuriosito. È lussuosa e potente, lui sale dietro e lascia
la portiera aperta.
I sedili di pelle sembrano nuovi, tutto l'interno è pulito e
ordinato.
"Sali Sherrinford, non è
così
inquietante come sembra." Lo sguardo che mi allunga è
divertito, sa di
essere una persona autorevole.
Entro incerto e mi accomodo, sento
il suo profumo di dopobarba e fumo.
Deve fumare anche lui. Non mi
sembra un fumatore accanito, forse si concede solo qualche sigaretta
quando è
teso.
Mi dà l'impressione di
essere un
salutista, mi domando se ci sarà un punto d'incontro tra noi
due.
Io sono l'opposto, lui mi sembra
un genitore fin troppo perfetto per uno come me! Lo osservo di
nascosto, i suoi
vestiti sono di alta sartoria, mi sento improvvisamente uno straccione.
Sembra leggermi dentro, si gira
con un sorriso gentile, ma fastidioso.
"Non temere, non sono sempre
così formale. È il mio lavoro che me lo impone.
Sono un funzionario del
Governo, spesso devo trattare con persone importanti. La sciatteria non
si
addice agli incontri al vertice."
Ora comprendo quell'ostentazione
di potere, annuisco disorientato. Fino a quali vertici arriva il suo
lavoro?
Cosa può fare un uomo come lui?
Evito di guardarlo, però
sentirlo
vicino mi dà sicurezza, mi trasmette calore e non so se sia
un bene.
L'auto si ferma davanti a un pub
aperto, scendiamo, l'autista rimane in attesa. Mi volto sorpreso e
agito la
mano.
"Ma ci aspetterà?" Mi
sembra uno spreco, tenere un uomo a disposizione.
"È il suo lavoro, mi
conosce
da anni ed è fidato." Mycroft, così ha detto di
chiamarsi, si infastidisce
e mi sollecita a entrare. Il piccolo pub è tutto arredato in
legno, i tavoli
hanno delle tovaglie a scacchi rossi. È pervaso da un odore
di fumo e birra.
Lui arriccia il naso.
Vedo che non è
propriamente a suo
agio in quel posto, però ho fame e quindi mi siedo al
tavolo. Si prende un
caffè macchiato con del latte, io ordino un Hamburger e una
birra.
"Non è un cibo sano,
ragazzo
ma stasera va bene così." Storce la bocca sottile, si sfila
i guanti
lentamente e mi inchioda gli occhi addosso. Poi si toglie il cappotto,
io
faccio lo stesso. È vestito con un completo tre pezzi scuro,
giacca a righe più
chiare, la cravatta azzurra fermata da una spilla argentata, un
gilè
abbottonato con cura.
È una persona che tiene
molto al
suo aspetto, anche nei modi è affettato. Lo studio. Cerco un
punto in comune
con lui. Forse nel modo in cui muove le mani o come chiude gli occhi
quando
fissa le persone, spesso lo faccio anch'io. Rimaniamo silenziosi,
incapaci di
avviare una conversazione, finalmente arriva il cibo a toglierci
dall'imbarazzo.
Addento il mio panino deciso a non
cambiare abitudini, certamente non per lui.
Mycroft si rigira la tazza fra le
mani e improvvisamente dichiara con voce gentile. "Sarà il
tuo compleanno
tra pochi mesi."
"Sono diciannove, signor
Holmes, il prossimo venti Maggio." Mi strozzo sorpreso che lo sappia,
mandando giù in fretta il boccone. Lui sorride appena,
sorseggia il suo caffè.
Capisco che da lui non potrò pretendere grandi slanci di
affetto. È così
austero, come se dovesse tenere la situazione sempre sotto controllo.
Per ora mi basta, forse il suo
atteggiamento cambierà quando ci conosceremo meglio. Sono un
adulto ormai, ma
dentro mi sento imbarazzato come un ragazzino. Bevo la birra, lui
storce un po'
il naso, già si intromette su quello che mi piace.
Cominciamo bene!
Il pub è caldo e
accogliente,
Holmes si scioglie un po'. Ci stiamo studiando a vicenda, credo che
capisca
quello che penso, perché inclina la testa di lato mentre si
infila i guanti, mi
parla lentamente.
"Vorrei ospitarti a casa mia.
Ho una camera con un letto caldo e soprattutto una doccia che ti
aspetta."
Increspo le labbra, mi accorgo che
lui fa lo stesso, mi sento indeciso, non so se posso fidarmi. Non mi
sembra
pericoloso.
"Non avrai paura di me?"
Sbotta ridacchiando. "Ti offro ospitalità, null'altro. Puoi
andartene
quando vuoi. Ma se decidi di restare, starai alle mie regole." La voce
si
è fatta decisa, nessuna inflessione.
"Se lei è mio padre
rimarrò,
ma per le regole ci accorderemo. Per ora accetto il suo invito."
Incrocio
le braccia, metto in chiaro che desidero un rapporto alla pari con lui.
"Va bene, ne discuteremo poi.
Allora andiamo a casa, a Pall Mall." Non ha capitolato immediatamente
ma
non ha neanche detto di no. È un inizio, lo
guardo, lui apre le mani
appoggiate sulle ginocchia e si rilassa.
"Non ho vestiti con me, mi
dispiace." Mi sistemo la maglia allungando il polsino già
liso.
"Non è un problema,
passiamo
da casa tua." La sua voce si è addolcita, non aggiunge
altro, si alza e
indossa il cappotto.
Mi strofino il mento, le sue
rassicurazioni sono convincenti e decido di seguirlo, in un attimo lui
è alla
porta.
Si fida di me il "British
Government", mi ha appena conosciuto e mi porta a casa sua. Un punto a
suo
favore. Così ne approfitto, ho bisogno di un posto sicuro e
caldo, in fondo
cosa ho da perdere?
Usciamo dal pub, lui davanti io
dietro. L'autista mette in moto non appena ci vede, se vuole
impressionarmi ha
ottenuto il massimo. Mi riportano in quel buco dove dormo, salgo nella
stanza
fredda e prendo le mie cose.
"Metti la tua borsa nel baule."
Il suo tono suona un po' seccato. Forse l'ho fatto aspettare troppo,
non è tipo
da rimanere in attesa.
"Mi scuso se ho impiegato del
tempo. Non volevo infastidirla." Gli rispondo piccato, chiudo il baule
con
veemenza.
Holmes mi guarda, arriccia le
labbra.
"Non è per l'attesa ragazzo, ma la tua borsa non ha un buon
odore e temo
che anche i tuoi vestiti saranno impregnati di fumo, birra e
chissà che altro.
Vedrò se riesco a rimediarti qualcosa di decente. Che sappia
di bucato
fresco."
Rimango impassibile a questa
critica, lo fisso beffardo.
"Non dispongo di molto denaro
per la lavanderia. Spesso mi capita di dormire fuori, in qualche
dormitorio e
quasi non riesco a lavarmi. Non tutti hanno la fortuna di avere una
famiglia
alle spalle, Signore!"
Sono arrabbiato, stanco e
infastidito per questo atteggiamento di superiorità. Non mi
piace che si muova
in un terreno arduo come il nostro futuro rapporto agendo in modo
scostante.
Quasi mi pento di averlo seguito, eppure sento che non sa confrontarsi,
non sa
essere né amico, né padre.
"Vedo che sei polemico
ragazzo. Ed è comprensibile scusami, volevo essere gentile."
Mette il
broncio e non parla più.
Mi appoggio al sedile, mi stringo
nella giacca più decorosa che possiedo e tremo, stasera
l'aria è fredda ed è
irrespirabile quanto lui.
"Albert, alza la
temperatura." Holmes si è rivolto all'autista, è
un gesto di cortesia
inaspettato. Il suo comportamento è incomprensibile, passa
dal gelido, al
premuroso.
Non ho voglia di ringraziarlo, me
ne sto zitto come un bambino capriccioso. La sua vita agiata non mi
impressiona, ho sempre fatto da solo. Ma chiudendo gli occhi, spero che
la sua
casa non sia lontana, perché sono stanco e voglio stare al
caldo. Lui mi legge
dentro ancora una volta.
"Tra poco ci siamo,
Sherrinford. Avrai un comodo letto per dormire." Emetto solo un
grugnito
d'intesa. Sono troppo stanco per rispondere, comincio a sentire il peso
della
giornata.
L'auto percorre un vialetto
alberato e distinguo una vecchia dimora vittoriana.
Per Dio! Sembra un piccolo
castello.
Sono passato da una camera umida a questo. La vita fa giri tortuosi a
volte.
"Scendi e prendi le tue
cose." Improvvisamente torna ad essere scorbutico. Eccolo
lì: fa un gesto
gentile e subito dopo uno contrario.
Holmes saluta Albert, e anch'io lo
ringrazio. Stare dietro a Holmes e a tutti i suoi capricci non deve
essere
facile.
È buio, vedo appena i
contorni del
maniero, rabbrividisco.
"Abita qui? È sposato o
vive
da solo?" Lui mi guarda come se avessi bestemmiato.
"Da solo, Sherrinford, non
sono sposato. La mia professione non si concilia molto con il
matrimonio."
Stringe le labbra che diventano bianche.
Sono già contrariato dal
suo modo
di fare e raddoppia la mia antipatia quando lo sento così
attaccato al lavoro.
La casa è una sorpresa.
Un ampio ingresso
ci porta in un corridoio con alcune porte aperte che fanno intravvedere
delle
sale con armature, stanze con tavoli enormi e un eccesso di librerie.
Tutto
decorato con legno pregiato. Un vero museo. Rimango intimorito, lui lo
percepisce.
"Tranquillo ci si abitua.
È
la stessa espressione che avevo quando sono arrivato qui la prima
volta. Ora
puoi chiudere la bocca." Ridacchia, abbassando la testa.
Mi tolgo la sorpresa dalla faccia,
arriviamo in cucina e nella sala adiacente, dove c'è un
camino crepitante. Si
sente l'odore di legno di pino e resina, il calore che emana
è piacevole.
"Il mio custode lo accende
prima che torni." Sentenzia orgoglioso.
Appoggio la borsa con tutto quello
che possiedo su una sedia e mi avvicino per scaldarmi. Mi guardo
intorno
stupefatto. Una casa alquanto singolare, dal gusto classico, anzi
decisamente
antiquata, ma lo tengo per me, ho paura d'irritarlo.
"Posso sedermi, signor
Holmes?" Gli indico la poltrona di pelle, non vorrei sembrare scortese,
non capisco cosa pensa e non so come comportarmi.
"Fai pure. Ti preparo del
tè,
ci siamo raffreddati entrambi."
Mi tolgo la giacca e sprofondo
letteralmente nella poltrona. Il calore del camino mi avvolge. Sento
salire la
stanchezza.
Mi sembra di sentire del rumore
provenire dalla cucina, cerco di concentrarmi ma non reggo e mi
addormento.
Sogno e rivedo il vecchio
collegio, mi agito forse mi lamento. Non voglio tornarci sono
sprofondato nel
sonno, nulla può portarmi indietro, nemmeno la voce paziente
del signor
Holmes.