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Autore: verolax    22/08/2009    3 recensioni
Kakashi e... sorpresa impegnati in un incontro davvero particolare... un lato di Kakashi che difficilmente si vede, perchè lui tiene sigillato dietro la sua maschera; ma che qualcuno è in grado di portare alla luce...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita non è che un lungo cammino irto di dubbi, debolezze e rimpianti, pensò l’uomo seduto sulla roccia dura e appuntita

UN NINJA NON DEVE PIANGERE MAI

 

 

La vita non è che un lungo cammino irto di dubbi, debolezze e rimpianti, pensò l’uomo seduto sulla roccia dura e appuntita. Si procede sempre avanti in un buio vuoto e senza fine che conduce solo alla morte.

Non è detto, gli rispose una voce calda che proveniva da un punto imprecisato alle sue spalle.

L’uomo non si girò; si limitò a registrare il commento con una breve alzata di spalle. Fissò gli occhi in un punto lontano avanti a sé, dove il verde intenso del prato incontrava l’azzurro infinito del cielo.

Un albero al centro della radura filtrava la luce del sole tra le sue fitte foglie e ne rifrangeva i raggi in una miriade di sfrangiature luminose; pareva davvero l’occhio di una divinità molto potente venuta a riposare lo sguardo in mezzo a tutto quel silenzio intriso di solitudine e malinconia.

L’uomo spostò leggermente il peso del suo corpo per assecondare meglio la forma irregolare della pietra sotto di sé, ma non alzò gli occhi. Rimase immobile per un tempo così lungo che l’azzurro dell’orizzonte si tramutò a poco a poco in un rosa aranciato pieno di poesia.

“Vorrei che la smettessi di venire a tormentarmi,” disse infine l’uomo, rivolto all’ombra che ancora transitava alle sue spalle.

Non vi fu alcuna risposta.

Una singola e bollente lacrima solcò il volto stanco del ninja di Konoha.

“Non ricordi le Regole,” lo schernì allora il secondo uomo, “un ninja non deve piangere mai”.

L’uomo si deterse la goccia salata col dorso della mano, rabbiosamente.

“È colpa tua,” disse semplicemente.

“No, non credo. Penso che sia colpa della tua debolezza”.

Il ninja si alzò di scatto e prese a camminare verso il grande castagno che troneggiava col suo tronco nodoso e scuro contro il verde brillante dell’erba. Mentre vi si avvicinava a larghi passi, notò una singola foglia staccarsi lentamente dal suo ramo e volteggiare a lungo nell’aria, sostenuta da una leggerissima brezza, e infine posarsi nelle acque agitate del fiume che scorreva lì vicino. L’uomo la seguì nel suo vorticare in balia dei flutti fino a che non scomparve sott’acqua.

Infine si arrese alla presenza dell’altro, sopraggiunto silenziosamente al suo seguito; il secondo uomo notò le spalle rilassarsi e il respiro farsi più regolare, così arrischiò la domanda fatale.

Cosa vuoi tu davvero?”

Te,” rispose semplicemente l’uomo. 

Al silenzio dell’altro il ninja si sentì di proseguire; una confessione che per troppi anni si era tenuto dentro, sigillata in una corazza di indifferenza e apparente calma immobile. Ma dentro, ogni giorno, una tempesta. Una silenziosa battaglia, che il suo io più profondo perdeva regolarmente, e altrettanto regolarmente tornava il giorno successivo a combattere ostinato.

“Sono stanco di tutto questo, sai”.

“Lo so”.

“Ogni volta che dormo, ho paura di svegliarmi. Ogni volta che riapro gli occhi, mi assale. Ogni volta che mi giro, ci sei tu. Ogni volta che ti aspetto, non ti trovo. Ogni volta che… ti voglio, non ti posso avere”.

“Già, purtroppo…” ammise l’altro, ma il suo tono era estremamente aspro e ironico, “è una brutta abitudine di noi morti, quella di non poter stare con i vivi”.

Eppure, tu non la smetti di tornare”.

“Forse perché… anche io voglio te”.

L’uomo si voltò di scatto, e l’ombra alle sue spalle svanì, mentre lui urlava al vento: l’hai detto tu stesso che non è possibile!!!

 

Quando mi volto, ti perdo¸ si costrinse a pensare il ninja della Foglia, ritrovando incredibilmente la calma. Puntò nuovamente lo sguardo sulle acque gelide e tumultuose del fiume di Konoha, e poté quasi sentire l’ombra riapparire alle sue spalle.

Non fu più in grado di resistere. “Obito,” disse scandendo bene le lettere una ad una, quasi timoroso che qualcuna potesse bloccarsi in bocca e morirgli in gola. Da vent’anni, tutti i giorni della sua vita, l’ombra dell’amico perduto era tornata a tormentarlo, eppure era la prima volta che lo chiamava per nome. “Non ce la faccio più, è una tortura troppo grande per me. Se questo è il prezzo da pagare, non lo voglio più… il tuo sharingan,” disse in tono cupo, prendendo dalla tasca il suo kunai. Osservò per alcuni minuti la lama affilata brillare ai raggi dell’ultimo sole. Il metallo si tinse del rosso acceso del tramonto, quasi a prefigurare l’orrore di sangue che sarebbe stato versato di lì a poco. Kakashi allungò la mano e puntò la lama al proprio occhio sinistro. Premette un poco la punta nella carne e un primo, tiepido fiotto di sangue corse lungo la lama, poi sul manico e sulle dita del ninja della Foglia. L’ombra di Obito l’osservava in silenzio. Kakashi esercitò maggior pressione, lacerando il primo nervo che teneva insieme il bulbo oculare e la palpebra inferiore. Il dolore fu così intenso che l’uomo fu costretto a fermarsi un istante.

“Non lo farai davvero,” tuonò la voce alle sue spalle.

“Oh, si che lo farò,” rispose il ninja voltandosi appena un poco verso l’altro uomo, ma questi, per la prima volta in tanti anni, non sparì appena lo sguardo di Kakashi lo incontrò. Obito osservò il volto di Kakashi: una maschera di sangue. La lama era ancora conficcata nella carne, anche se non più sorretta dalla mano del ninja, occupato a riprendere fiato.

Ma Kakashi non era uomo da tirarsi indietro al dolore. Con un sospiro appoggiò nuovamente le dita insanguinate e appiccicose all’impugnatura umida del coltello, deciso a spingere ancora un po’.

 

E allora Obito fece una cosa che mai, in quei dolorosi e lunghissimi vent’anni, aveva fatto.

Prese a fare una strana danza frenetica con ambo le mani mentre sussurrava tra i denti “Capra, cavallo, cane, serpente, tigre, dragone, ratto, uccello, scimmia…”. Quando ebbe terminato la sua ombra prese forma e consistenza. Obito si portò velocemente innanzi a Kakashi e con gesto imperioso prese il braccio che teneva il coltello e lo bloccò.

L’uomo si stupì dell’incredibile forza con la quale l’altro lo stringeva: Kakashi era un ninja di prim’ordine a Konoha, eppure non era in grado di muovere un muscolo. Provò a contrastarlo con l’altro braccio, e poi con tutto il corpo, ma l’ombra di Obito non mosse un passo. Kakashi avvertì improvvisamente un senso di vertigine e un conato di vomito. La ferita all’occhio sanguinava copiosamente e il ninja stava rapidamente perdendo le forze. L’altro uomo se ne accorse e posizionò la mano libera sul volto di Kakashi, facendo immediatamente scorrere un flusso di chakra benefico attorno alla palpebra martoriata del ninja dai capelli argentati. 

Kakashi sentì l’energia rientrare nel suo corpo a poco a poco, ma troppo lentamente perché egli potesse evitare un insistente tremolio nelle gambe; presto le sue ginocchia non furono più in grado di reggerlo e il ninja rovinò al suolo nonostante la salda presa di Obito, impegnato a risanare la sua ferita.

“Accidenti,” si lasciò sfuggire l’Uchiha, “Kakashi, cerca di star fermo, non è una tecnica facile da effettuare da morti,” disse, e questa volta non v’era traccia di ironia nella sua voce.

Continuò la sua tecnica inginocchiato al fianco dell’uomo, che ormai giaceva sdraiato a terra con gli occhi semichiusi. Quando ebbe terminato, portò un braccio sotto al collo di Kakashi sollevandolo appena per guardarlo negli occhi.

“Guardami,” comandò, e incredibilmente Kakashi ubbidì. Riuscì tranquillamente ad aprire l’occhio sinistro: Obito aveva risanato completamente il nervo reciso. I due si osservarono a lungo, persi l’uno negli occhi dell’altro. Infine Obito parlò.

Perché l’hai fatto?”

“Immaginavo che non me l’avresti lasciato fare,” rispose Kakashi in un soffio. Sorrideva; un sorriso stanco, ma genuino.

“Non potevi esserne certo,” lo corresse l’altro un po’ risentito.

“Oh, Obito, mi fai più sciocco di quanto non sia: credi che in questi vent’anni non abbia capito che se tu avessi voluto, per una volta soltanto, avresti potuto tornare ad essere reale, per me? Mi chiedo, anzi, perché tu non l’abbia mai fatto…”

Obito rimase in silenzio. Non si aspettava una tale profondità d’osservazione da parte dell’amico.

Dopo qualche istante in cui assaporò la vicinanza dell’uomo che aveva sempre amato, Kakashi riprese a parlare: “Aspetto questo momento da così tanto tempo…”

E tu saresti stato disposto a perdere l’occhio per questo?”

“Oh, si”.

Obito si accigliò. “Maquello è il mio Sharingan! L’occhio che tu hai ricevuto in cambio della mia stessa vita! Kakashi, come puoi…”

“Oh, non mi fraintendere,” rispose l’altro con calma, “lo sharingan mi è stato utile molto più di quanto tu possa immaginare, Obito, e ogni volta che l’ho utilizzato in battaglia ti ho mentalmente ringraziato”. Kakashi osservò l’espressione di Obito tramutare da contrita ad orgogliosa, ma continuò inesorabile, “ma vi avrei rinunciato, se questo mi avesse permesso…” la sua voce divenne un sussurro appena udibile, e Obito dovette chinarsi sul suo volto per coglierne le parole: “di averti anche solo una volta…”.

Kakashi non permise all’ombra scura che gli gravitava a pochi centimetri dal volto di rialzarsi. Con una mano gli bloccava il collo, da dietro, e Obito fu costretto a rimanere in quella scomoda posizione, accucciato sul ninja della Foglia. Così vicino da sentire il suo respiro caldo farsi più veloce.

“Obito, sarei pronto a dare la mia vita… pur di unirmi a te, ma so che nel mondo dei morti non è possibile alcuna unione… e allora, l’unico modo per me era questo… di costringerti a eseguire quella tecnica… quella che ti ha riportato da me… ma so che non abbiamo molto tempo… mi hai tormentato troppo a lungo, e io non potevo più resistere… mi capisci, vero?”

Kakashi forzò la mano sul collo dell’amico e lo costrinse ad appoggiare le labbra sulla sua maschera tiepida. Obito trovò la forza di staccarsi, e il ninja lo guardò stupito: certo, per tutti quegli anni Obito aveva giocato con lui, ma sapeva che in fondo anche lui lo amava. Poi comprese: Obito non lo stava rifiutando, non avrebbe rifiutato quel contatto che quand’era in vita non era mai arrivato, e che lui stesso aspettava da molto tempo. Solo che… voleva davvero le sue labbra, non la stoffa scura della sua maschera. Con gesto violento ma controllato ne prese il lembo superiore e tirò verso il basso, strappando l’esigua difesa del ninja in pochi attimi. Si gettò avidamente sulle labbra rosa di Kakashi, senza trattenere un gemito di piacere.

La sua voce arrivò soffocata dalle labbra del compagno quando disse: “E così avevi progettato tutto, sei uno sporco calcolatore,” ma nella sua voce non c’era reale risentimento, solo una vena eccitata di roco desiderio.

Per tutta risposta Kakashi sorrise e affondò le unghie nella morbida carne delle spalle di Obito.

“Oh, Dio…,” disse con bramosia, “la tua carne… non riesco a credere di poterti realmente… toccare…”.

L’altro rispose con un lungo e dolcissimo bacio.

La loro fu un’unione magica, perché tanto intensamente e lungamente desiderata; i loro corpi si fusero in un’unica entità, mentre perfino i loro respiri risuonavano all’unisono.

“Obito, io…” cercò di dire Kakashi non appena i loro respiri si fecero appena un po’ più regolari.

Shh, Kakashi, non dire nulla,” lo implorò l’altro, affondando il volto nei pettorali scolpiti del ninja, “non mi rimane molto tempo, e vorrei passarlo così, in silenzio, a respirare il tuo profumo…”

“Perché non potrà succedere mai più,” continuò per lui Kakashi, una vena d’amarezza nella voce.

“Già, ma lo sapevi fin dall’inizio,” lo rimproverò Obito. “Non voglio sentirti triste: si, questa è stata la prima, e sarà anche l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore, ma ci rivedremo nell’aldilà, e staremo sempre insieme, due ombre che non si possono toccare, ma unite nell’amore…” tentò di consolarlo.

“Certo, ma non sarà la stessa cosa…”

Obito sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, ma già la sua carne stava ritornando effimero fumo, nero e denso come l’ombra.

“Vedrai, ci divertiremo lo stesso,” disse, dissimulando un’aria gaia.

Kakashi tentò di baciarlo un’ultima volta, e Obito rispose; ma a metà del loro contatto, il ninja dai capelli argentati si ritrovò a baciare il vuoto.

“Obito, NO! Ancora un attimo, ti prego…”

“Kakashi, non sono io che decido queste cose… ti prego, lasciami andare…”

Kakashi lo guardò svanire sentendo già le lacrime inumidirgli le guance.

“Non piangere, Kakashi, un ninja non deve piangere mai…” lo sentì dire quando ormai il suo corpo aveva perso tutta la sua consistenza.

Ti aspetterò,” furono le ultime due parole che Obito gli rivolse, mentre una nuvola di fumo accarezzava il volto di Kakashi.

“Ti amo, Obito…” gli rispose lui, ma seppe che l’altro non aveva potuto sentirlo.

Lentamente si rimise la maschera e puntò gli occhi sul cielo scuro disseminato di stelle.

Senza più voltarsi indietro s’incamminò verso Konoha mettendosi le mani in tasca. In quella destra, insieme al kunai che quasi gli aveva portato via un occhio, trovò un pezzetto di carta che non ricordava di avere. Incuriosito lo tirò fuori e se lo avvicinò al volto. Era la calligrafia di Obito.

 

Con l’augurio che questo kunai ti ricordi il nostro incontro, e che tu lo possa usare per scopi migliori.

E, Kakashi… anche io TI AMO.

 

Il ninja della Foglia sorrise. Accartocciò il foglietto e se lo rigirò in mano un paio di volte. Poi, con un gesto secco, lo affidò alle acque del fiume di Konoha, perché lo custodisse insieme al suo amore per Obito, finalmente, dopo lunghi anni, completo.

 

  
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