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Autore: corhopecohen    02/12/2020    0 recensioni
Sirius è a Grimmauld Place per trascorrere le vacanze natalizie ma la situazione prende presto una piega inaspettata. Remus è l'unico in grado di calmarlo.
Dalla storia:
"Si asciugò ferocemente il viso con la manica della felpa.
Era nel pieno delle vacanze natalizie e il suo unico desiderio era lo stesso da quando aveva undici anni: fuggire."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Black, I Malandrini, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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23 dicembre
 
Walburga non alzava mai la voce né le mani. Non sarebbe stato comportamento appropriato da parte di una delle streghe più rispettabili della nobiltà purosangue, a detta sua. 
Ma le minacce, pur se sussurrate a denti stretti, giungevano alle orecchie del figlio come lame taglienti.  
Sirius si rinchiuse nella sua stanza dopo aver subito l’ennesimo colpo in grado di mozzargli il fiato. Si sedette sul letto, lo sguardo rivolto verso l’enorme specchio dell’armadio che rifletteva la sua immagine, e alzò cautamente la maglia, rivelando così un livido violaceo. Provò a passarci le dita con delicatezza ma fu costretto a ritrarle all’istante. Una smorfia di dolore comparve sul suo giovane volto. Era il risultato dell’ennesima ribellione in famiglia che lo aveva costretto a fare i conti con le conseguenze marchiate sulla pelle.        
Si lasciò scivolare tra le coperte, cercando di non pensare alle fitte che lo attanagliavano. 
Ancora una volta era riuscito a non darla loro vinta, nascondendo ogni cenno di cedimento e mantenendo un’espressione ostile, smorfiosa. Ma ogni volta faceva sempre più male e non poteva che fare altro che chiedersi quanto avrebbe potuto resistere, ancora. 
Era fiero di ciò che era diventato, ma distanza di anni non faceva che continuare a chiedersi perché fosse un figlio tanto sbagliato. Si chiese perché i suoi continuavano a pretendere la sua presenza durante il periodo natalizio, se ogni anno non facevano che litigare e ricordargli quanto fosse un disonore. Sarebbe stato indubbiamente più semplice essere uno di loro: a quest’ora si sarebbe potuto godere delle vacanze in famiglia con la certezza di essere supportato e amato, a stessa certezza di cui sembrava godere Regulus. 
Spostò lo sguardo verso la finestra, notando come la neve continuava a scendere candida e indisturbata nel silenzio di Grimmauld Place. Si asciugò ferocemente il viso con la manica della felpa.
Era nel pieno delle vacanze natalizie e il suo unico desiderio era lo stesso da quando aveva undici anni: fuggire.
 
 
 
 
24 dicembre 
«Vorrei rendervi partecipi del fatto che quest’anno, per la prima volta da quando codesto donzello ha messo piede in questo castello, Lily Evans ha accettato di uscire con me», un suo inchino e un battito di mani da parte di Peter suggellarono il discorso di James Potter, che spostò compiaciuto lo sguardo in direzione di Remus in cerca di un segno d'incoraggiamento e stima che tuttavia non arrivò mai. Al contrario, Remus si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a girare distrattamente la pagina del libro che stava divorando.        
James sbuffò sonoramente.     
«Lunastorta, sai una condanna. Se Sirius fosse qui si sarebbe quantomeno mostrato entusiasta all’idea che finalmente io, James Potter, cercatore nonché capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro e nientemeno che…»      
«…il più grande egocentrico che esista sulla terra uscirà con la Evans. Abbiamo capito, James».
Era stato proprio Sirius a parlare. Sirius che era appena apparso sulla soglia del dormitorio con i lunghi capelli bagnati dalla neve e con un accenno di fiatone per aver trascinato su per le scale il massiccio baule che aveva con sé. Gli altri tre lo osservarono stralunati, evidentemente stupefatti di ritrovarselo davanti con quasi tre settimane di anticipo.
«Felpato! Che ci fai qui? Non eri a Londra ad espirare i tuoi peccati?», esclamò Potter, con un’espressione meravigliata in volto.
«Sì, e per quest’anno direi che ho dato abbastanza», borbottò l’altro, gettando con disinvoltura il mantello sul letto immacolato. 
«Ma sei partito tre giorni fa», controbatté Minus; ma gli bastò incrociare lo sguardo di James per non aggiungere altro. 
«Esiste forse un numero di giorni minimo per espirare i peccati?» sbottò Sirius di rimando, dirigendosi in bagno e chiudendo la porta dietro di sé con un po’ troppa foga.
«Temo non se la sia passata bene», squittì Peter, sedendosi sul pavimento del dormitorio, dove James aveva iniziato ad acciuffare a ripetizione un boccino d’oro che aveva sgraffignato dal campo di Quidditch durante l’ultima partita. Lo faceva ogni volta che qualcosa lo turbava, in un vano tentativo di calmarsi, perché se fosse stato per James Potter, Hogwarts in quel momento sarebbe lontana e lui si troverebbe a Grimmauld Place a rivendicare ogni diritto del suo migliore amico.     
Dal suo letto, Remus continuava a fingersi interessato alla lettura, ma la verità è che aveva smesso di concentrarsi già da un po’. Aveva una vaga idea di ciò che stesse passando per la testa di Black ma preferì non discuterne con gli altri: Sirius non amava che si parlasse della sua famiglia. Al contrario, Remus esordì, forse con troppa foga: «Sai James, dovresti portare qualcosa a Lily, questa sera. Non è galante presentarsi ad un appuntamento senza nulla, soprattutto se sono sei anni che la tormenti».
James lo guardò accigliato. Un barlume nel suo sguardo fece capire a Remus che l’amico aveva colto le sue intenzioni. James sapeva bene che, nonostante Sirius fosse per lui un fratello, l’unico con la rara dote di far parlare quest’ultimo era Remus. Dopotutto era quello intelligente del gruppo.
«Hai ragione Lunastorta», asserì James, liberando di scatto la presa dal boccino che volò dritto in faccia a Peter, lasciando a quest’ultimo un cerchio rosso stampato proprio nel mezzo della fronte. 
«Sai cosa? Le regalerò dei cioccolatini e poi accompagnerò Codaliscia in infermeria, prima che perda definitivamente gli ultimi neuroni rimastigli», concluse poi con un veloce sguardo in direzione dell’amico che si stava tenendo la testa tra le mani, in preda al dolore.
Remus annuì, concorde. 
In quel momento ricomparve Black dal bagno, che gettò uno sguardo confuso ma annoiato alla scena di Peter piagnucolante e James intento a sostenerlo. 
«Felpato, sono felice di riaverti qui, davvero, mai i doveri chiamano. Ci vediamo più tardi», tagliò corto quest’ultimo, lanciando una gomitata giocosa nelle costole del suo migliore amico prima di uscire definitivamente di scena.        
Sirius si portò immediatamente la mano là dove James lo aveva colpito, cercando di nascondere la smorfia di dolore che gli si dipinse sul volto. Raggiunse il suo letto e si lasciò cadere tra le coperte, sbuffando. Chiuse gli occhi cercando di prendere un po’ di sonno, ma riusciva a sentire distintamente Remus al suo fianco abbandonare il libro sul comodino e a dirigersi verso di lui. Un attimo dopo, la mano dell’amico gli aveva afferrato la maglia e cercava invano di alzarla.
«Che fai?» sbottò Sirius, che si mise a sedere di scatto, cercando di scansarlo.
«Non sono cieco, lascia la presa, ora», Lunastorta sottolineò l’ultima parola con tale enfasi da costringere Sirius a lasciar perdere, guardandolo gettargli una fugace occhiata prima di alzargli finalmente il pezzo di stoffa.            
Lo vide spalancare un poco gli occhi alla vista dei lividi violacei ma dalle labbra di Remus non uscì alcun commentò. Al contrario, sentì le sue dita passare delicatamente sulle ferite. 
«Devi andare in infermeria», sussurrò infine Remus.   
«E dire a tutti che vengo picchiato ancora dalla mamma?! Non se ne parla», sbottò Sirius, abbassandosi con uno strattone la maglia e tornando a sdraiarsi, dando le spalle a Lunastorta.
«Se Silente lo sapesse…», tentò di ribattere Remus, in modo ragionevole.
«Non farebbe niente!», lo interruppe bruscamente l’altro, guardandolo con aria di sfida. «Come se non lo sapesse già, poi». 
Lupin alzò impercettibilmente gli occhi al cielo. Prese nuovamente il libro che aveva abbandonato e si sdraiò accanto a Sirius, scostandosi impazientemente il ciuffo di capelli chiari dagli occhi.    
Per qualche minuto nessuno dei due osò dire altro, uno intento sfogliare pagine con violenza, l’altro deciso a dormire, o almeno a fingere di farlo.           
E infine Remus chiuse di nuovo il libro con un forte schiocco.          
«Non puoi lasciare che tutto ciò vada avanti», asserì fermamente.
Sirius si voltò verso l’amico, le iridi grigie puntate in quelle dorate di lui.       
«Non puoi capire, Lunastorta», sospirò rassegnato.    
«Non mi serve capire per sapere che farsi sempre del male, tutti i mesi, non giova alla salute», e a dimostrazione della sua tesi si alzò la maglia come poco prima aveva fatto con quella dell’amico. Alcune cicatrici e tagli non ancora completamente guariti, segni tangibili dell’ultima luna piena, fecero capolino sulla pelle cerea.          
L’espressione di Sirius, prima così sicura, s’incupì all’istante, costringendolo a spostare lo sguardo verso la finestra, dove la neve continuava a scendere copiosa.           
Sentì gli occhi di Remus fissarlo per qualche attimo in attesa di una sua risposta.
«Scusami Lunastorta», disse infine. «Non dovrei lamentarmi così tanto quando tu sopporti da anni in silenzio una condanna che non meritavi».    
«Non è una gara a chi sta peggio, Sirius», rispose l’altro piccato. 
«Però non sei meno forte se per una volta ti decidi a farti aiutare dalla famiglia che ti sei scelto».
Sirius non seppe bene cosa lo spinse ad agire ma, se un attimo prima le sue iridi chiare erano piantate in quelle nocciola dell’amico, ora aveva il volto sepolto nell’incavo del collo di Remus e poteva sentire distintamente il profumo dell’ammorbidente di cui il maglione nero dell’amico era impregnato. Sentì Remus irrigidirsi per un secondo, evidentemente preso alla sprovvista, prima di avvolgerlo timidamente con le braccia. La stretta si fece sensibilmente più stretta quando Sirius per sbaglio si lasciò scappare dei singhiozzi sommessi.
Sirius non seppe dire quanto tempo dovevano essere rimasti in quella posizione, ma quando i singhiozzi si calmarono, la stanza era ormai caduta nella penombra e Remus si decise a sciogliere l’abbraccio per accendere la torcia posta sul comodino accanto a loro.
Sirius affondò la testa tra i morbidi cuscini, osservando l’amico riprendere di nuovo tra le mani il suo adorato libro e a mettersi comodo accanto a lui, prima di riprendere la lettura.
C’era qualcosa di estremamente calmante in tutto ciò. Per quanto Sirius amasse mostrarsi spavaldo e casinista al fianco di James, raramente riusciva ad essere sempre così energetico. E nei momenti in cui sentiva il bisogno di zittire il mondo attorno a sé e rinchiudersi un po’ tra i propri pensieri, la compagnia silenziosa di Remus era l’unica che riusciva a tollerare.
Lanciò un ultimo sguardo all’amico che faceva passare velocemente gli occhi nocciola tra le righe del volume e infine si decise a chiudere gli occhi.
La neve fuori continuava a scendere copiosa tra il silenzio del castello. Erano nel pieno delle vacanze natalizie ma per la prima volta l’unico desiderio di Sirius non era quello di fuggire.

  
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