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Autore: Ghostclimber    03/12/2020    2 recensioni
Proseguimento di "Desperation Bullet" di arashinosora5927
Tsuna rincorre Gokudera e cerca di parlargli; il discorso languisce, e Reborn decide di intervenire sparando a Tsuna un Proiettile dell'Ultimo Desiderio... ma manca il bersaglio.
5927
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Reborn, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu a tutti!
Come già anticipato nell'intro, questa è la continuazione di una splendida one shot di arashinosora5927, Desperation Bullet.
In risposta alla mia recensione in cui chiedevo a gran voce di sapere come fosse andata a finire, sono stata autorizzata a proseguire, con un solo prompt fisso: Tsuna che rincorre Gokudera con un asciugamano per coprirlo.
Spero che il risultato sia apprezzabile!
(e comunque resto dell'idea che anche il cenone di Natale con i Varia sia un'occasione da non sprecare)
(Gokudera dalla regia: -Lo dici solo perché vorresti essere presente e filmare la scena se Squalo e Xanxus si mettono a fare le cosacce.- ehi, tu, fai poco il saccente e vedi di mettere a frutto le occasioni che ti sto servendo su un piatto d'argento!)
Battete un colpo se gradite!
XOXO






-Ahhh, non so più cosa fare...- mormorò Tsuna, rallentando il passo. Si gettò sulla spalla l'asciugamano che aveva ghermito al volo uscendo: le uniche due cose sensate che gli erano venute in mente erano state che doveva ritrovare Gokudera e che sarebbe stato il caso di portare qualcosa per coprirlo. Era passata ormai quasi un'ora da quando Gokudera era scappato da casa sua, dopo che l'effetto del Desolation Bullet era sfumato e lui si era reso conto di ciò che aveva detto.

Tsuna guardò in un vicoletto cieco che costeggiava un ristorante, nella speranza di trovarci Gokudera, ma di lui nessuna traccia. Sospirò: si sentiva irrazionalmente in colpa, perché nella frazione di secondo in cui si era ricordato dell'effetto del proiettile e si era reso conto che non avrebbe colpito lui aveva tirato un gran bel sospiro di sollievo.

C'era qualcosa, nascosto dentro di lui, che premeva per emergere, con cui Tsuna non voleva avere nulla a che fare. Era qualcosa di terrificante, di enorme, e soprattutto di conflittuale.

Ma ora che il sole stava calando su Namimori e che il suo più caro amico era chissà dove con addosso nient'altro che la propria pelle, Tsuna credeva di capire cosa fosse stato quel lieve, quasi impercettibile sussulto che aveva avvertito nel petto quando Gokudera aveva pronunciato le fatidiche parole “Sono innamorato del mio Boss”.

-Dove ti sei cacciato, Gokudera kun?- chiese al nulla; la sua voce si spense nel vento.

-Dame Tsuna.- disse una voce fin troppo familiare.

-Reborn! Sai dov'è Gokudera?- chiese rapidamente Tsuna.

-Suppongo a casa sua, ormai.- rispose Reborn. Come un bambino riuscisse ad apparire così inquietante era un mistero che Tsuna non avrebbe mai risolto.

-E dove abita?- chiese. Quando Leon, a forma di martello, lo colpì in testa, nella confusione si disse che avrebbe dovuto prevederlo. In ginocchio sul marciapiede, mentre si teneva le mani pressate sulle tempie nella speranza che non gli uscisse il cervello dal naso, vide un foglietto che gli volteggiava davanti al naso. Lo prese al volo e lesse l'indirizzo che c'era scritto sopra.

-Un Boss dovrebbe sapere dove abitano tutti i suoi Guardiani, Dame Tsuna.- disse Reborn.

-Sì, sì, hai ragione, grazie!- tagliò corto Tsuna, poi si rimise a correre. Ora che aveva una destinazione precisa, si sentiva ottimista: avrebbe raggiunto Gokudera, l'avrebbe convinto ad aprirgli la porta, si sarebbero seduti tranquillamente a parlare e poi avrebbero risolto con un bacio.

Tsuna inciampò e cadde di faccia.

-Risolto con che cosa?!- chiese ad alta voce. Una donna con in mano il sacchetto di un konbini lo guardò come se fosse pazzo; Tsuna non se la sentì di biasimarla, anche perché gli aveva appena dato un'ottima idea. Gokudera aveva parlato di fatica nel pagare l'affitto, era quasi ora di cena e Tsuna si sarebbe sentito in colpa a farsi offrire un pasto.

Si frugò le tasche e scovò una manciata di yen, appena sufficienti per un po' di pollo fritto e patatine; si sarebbero accontentati, decise, e una volta tranquilli sarebbero tornati a casa Sawada, dove Nana avrebbe potuto preparar loro uno spuntino di mezzanotte. E se avessero letteralmente tirato mezzanotte, Gokudera poteva sempre restare a dormire: il letto di Tsuna era ampio, sarebbe bastato per ospitare entrambi.

-EH?!- sbottò Tsuna. Il commesso del konbini si raddrizzò, lasciando perdere la rivista che stava leggiucchiando dietro il banco, e lo guardò storto. Tsuna si avvicinò, gettò le monete e una banconota che aveva visto giorni molto migliori sul banco e disse a voce bassa: -Pollo fritto e patatine da portare via, per cortesia.

-Glielo scaldo?- chiese il commesso.

-Oh, sì, grazie.- mentre lo scaldavivande ticchettava, Tsuna cominciò a saltare da un piede all'altro. Dannazione, quando poteva mai volerci per scaldare quattro cose?

-Ecco a lei.- disse finalmente il commesso. Tsuna non perse tempo a rispondere e si fiondò fuori dal negozio. Un minuto dopo era già a corto di fiato e stava rallentando il passo, mentre la sua insicurezza cronica cominciava a chiedergli che cosa avesse intenzione di fare se per caso Gokudera non fosse stato a casa, o se avesse finto di non esserci per non doverlo affrontare.

Era a due isolati dall'indirizzo che gli aveva scritto Reborn, quando sentì una voce familiare alzarsi: -Lasciami, brutto stronzo!

-GOKUDERA KUN!- chiamò Tsuna, preoccupato. Non era in un bel quartiere e temeva che Gokudera si fosse messo nei guai con qualcuno. Magari un poco di buono l'aveva preso in giro perché era in mutande, o peggio qualche bastardo stava cercando di aggredirlo.

-Lascialo andare subito!- urlò Tsuna, prima ancora di mettere a fuoco l'uomo che stava tenendo Gokudera per un braccio. Decisamente non un teppista, giacca e cravatta, aria da tipo qualunque.

-Che vuoi, ragazzino? Fatti gli affari tuoi.- disse l'uomo.

-EHI! Trattalo con rispetto, lui è...- cominciò Gokudera, ma Tsuna lo interruppe: -Che succede?

-Questo sbandato è amico tuo? Spero che tu abbia un letto per lui, perché mi sono rotto dell'affitto che arriva sempre in ritardo.- Gokudera sembrò afflosciarsi. Smise immediatamente di opporre resistenza e abbassò lo sguardo. Tsuna notò che era ancora in mutande e gli si avvicinò, cercando di ignorare la fitta al petto, molto meno piacevole di quella che aveva sentito poche ore prima, quando vide che Gokudera strizzava gli occhi e guardava altrove, come se si aspettasse uno schiaffo o un insulto. Gli passò l'asciugamano intorno alle spalle e gli prese la mano per portarla di fronte al suo petto, a tenere chiusi i due lembi del panno.

-Di quanto è in ritardo?- chiese Tsuna.

-Decimo, vi prego...

-Come dici?- chiese l'uomo.

-Ho chiesto, di quanto è in ritardo con l'affitto?

-Due giorni, ma...

-La prego di concedergli ancora qualche giorno. Conosco il suo datore di lavoro, so che c'è stato un ritardo con gli stipendi.- l'uomo guardò Tsuna come se cercasse di riconoscere una bugia, ma il ragazzo aveva dalla sua un aspetto candido e innocente. Di lui avevano spesso pensato il peggio, ma mai che fosse un bugiardo. Sembrava troppo dolce o troppo fesso per mentire.

-Sabato.- disse l'uomo, puntando l'indice contro Gokudera, -Pagami entro sabato o ti sbatto fuori a calci nel sedere.

-Sissignore.- ribatté Gokudera, sempre con lo sguardo puntato a terra. Quando l'uomo fu abbastanza lontano da non sentirli, Tsuna cominciò: -Dai, fammi stra...

-Decimo, sono mortificato.

-No, io sono mortificato, Gokudera kun.

-Decimo, ma cosa dite?!- chiese Gokudera, e Tsuna dovette trattenere un sorriso. Finalmente era riuscito a fargli sollevare il viso: una piccola vittoria, ma pur sempre una vittoria.

-È un discorso lungo, e io ho qui la cena per tutti e due. E si sta raffreddando. Vuoi farmi strada verso casa tua?

-Decimo, non dovevate... vi ripagherò. E... mi dispiace, casa mia fa schifo, io...

-Ce l'ha un pavimento?

-Cosa... beh, sì, tutte le case hanno il pavimento.

-E allora c'è tutto quello che serve. Dai, fammi strada.- Gokudera si arrese e condusse Tsuna in un palazzo fatiscente, su per una scala ancora più fatiscente verso una porta che sembrava su per miracolo, scusandosi continuamente per il mancato funzionamento dell'ascensore.

Girò una chiave scalcagnata nella serratura, che scricchiolò in maniera agghiacciante, e aprì la porta su uno squallidissimo monolocale disseminato di vestiti a vari stati di pulizia, libri, riviste di misteri e, in un angolo, un tavolino e un misero futon che non meritava di essere definito “letto”.

-Chiedo scusa, Decimo. Benvenuto.- disse Gokudera, mettendosi di lato alla porta e inchinandosi appena al passaggio di Tsuna, che dissimulò lo shock: -Finalmente vedo casa tua! Dai, mangiamo, che ne dici? Io ho fame.

-Io...- lo stomaco di Gokudera gorgogliò, e Tsuna lo prese per mano e lo portò verso il tavolino. In totale silenzio, con un pesantissimo sorriso dipinto in faccia, scartò la cena e la dispose negli stessi contenitori qui e là per il tavolino. Gokudera aveva ancora addosso solo i boxer e l'asciugamano, ma sembrava troppo imbarazzato anche solo per mettersi addosso dei vestiti.

Un boccone dopo l'altro, la cena fu divorata con più entusiasmo del previsto, tanto che Tsuna si domandò con il cuore pesante da quanto tempo Gokudera non si facesse un bel pasto nutriente. Le loro dita si sfiorarono sulle ultime due patatine, e Gokudera disse: -Oh, prendetele voi, Decimo.

-Sono due, una per uno.- ribatté Tsuna. Prese una delle patatine e la usò per spingere l'altra verso Gokudera, che la prese. Mentre la metteva in bocca, i loro occhi si incrociarono e Tsuna disse: -Non voglio che tu sia obbligato a stare qui.

-Beh, ecco... non piace molto neanche a me, ma...

-Niente storie. Domani lo dico alla mamma, tu ti trasferisci da noi.

-Decimo, non potrei mai, vi sarei solo di distur...

-Sai cos'è che è di disturbo?- sbottò Tsuna, ormai incapace di trattenersi, -Sapere che tu sei qui a fare i salti mortali per pagare l'affitto e campare mentre a casa mia c'è cibo per un esercito e un sacco di spazio in camera mia!- Gokudera arrossì fino alla radice dei capelli.

-Decimo, credo possiate capire perché non potrei mai dormire nella vostra stanza.- Tsuna cercò freneticamente una risposta non compromettente che non mettesse in imbarazzo Gokudera, ma non fu abbastanza rapido. Il suo Guardiano bisbigliò: -Non vi farei mai del male, naturalmente... non alzerei mai un dito su di voi... ma sarebbe imbarazzante per voi sapere che... che dividete la stanza con qualcuno che...- con un movimento rapido e quasi spastico, dettato chiaramente dall'imbarazzo, Gokudera si alzò sulle ginocchia per radunare i contenitori vuoti della cena.

Il vetro della finestra dietro di lui esplose in migliaia di frammenti, e un foro d'uscita comparve sulla fronte chiara di Gokudera.

-Gokudera kun!- Tsuna guardò il suo corpo che cadeva, poi lanciò uno sguardo fuori dalla finestra. Su un muretto dall'altra parte della strada c'era un bambino in giacca e cravatta con una pistola in mano. Tsuna scattò in piedi, si affacciò alla finestra e lo chiamò a gran voce: -REBORN!- il killer, notò, pareva perplesso. Recuperò in un baleno tutto il suo aplomb, lasciò che Leon si appollaiasse sul suo cappello e saltò giù dal muretto. Tsuna gli urlò dietro: -TORNA QUI, RAZZA DI...!

-Decimo. Non state a crucciarvi troppo.- disse Gokudera alle sue spalle, ma la sua voce era strana. Languida, quasi seducente. Tsuna si voltò e si ritrovò di punto in bianco con due budini al posto delle rotule.

Gokudera era dannatamente sexy, non c'era un altro modo per porre la questione.

Appoggiato al muro con un gomito, il fianco opposto spinto all'infuori che sporgeva, mettendo in rilievo la curva magra del bacino. Tsuna avvertì l'improvviso e insopprimibile bisogno di buttarsi in ginocchio e cospargere di baci quella sottile linea.

-Decimo, c'è qualcosa che vorrei dirvi.- disse Gokudera, avvicinandosi. Il suo passo era sicuro, la schiena molto più dritta del solito; il suo corpo magro e muscoloso sembrava delineato alla perfezione nella penombra appena accennata del crepuscolo, e il bagliore rossastro del sole morente sembrava catturare ogni poro della sua pelle e farlo risplendere di luce propria.

Tsuna non poté rispondere: finalmente capiva cosa lo angustiava sottilmente da qualche tempo, quel vago senso di malessere che lo coglieva ogni volta che ripercorreva gli eventi della giornata prima di dormire.

Era il timore che Gokudera lo vedesse solo come il suo Boss, e non come una reale persona con un corpo e una mente e un cuore che potevano appartenergli, come in effetti era.

Ebbe un istante per essere grato a Reborn, e alle circostanze che l'avevano portato a sparare verso di lui e mancarlo, colpendo Gokudera al posto suo: era certo che fosse così, aveva colto l'espressione stupita del killer e ricordava che il colpo era partito mentre Gokudera si alzava per raccogliere i contenitori della cena. Se il proiettile avesse colpito lui, si sarebbero ritrovati un'ora dopo a ruoli inversi, con Tsuna che correva in giro per la città in mutande nella speranza che un buco si aprisse nel terreno e lo inghiottisse e Gokudera che lo inseguiva.

-Dimmi... dimmi tutto, Gokudera kun.- balbettò. Gokudera era così vicino che Tsuna sentiva il calore che emanava dal suo corpo. Due dita lunghe e affusolate gli sfiorarono il mento e gli sollevarono il viso; Tsuna pensò irrazionalmente che non erano più solo le ginocchia ad essere fatte di budino, ma tutto il suo corpo, poi Gokudera sussurrò sulle sue labbra: -Vi amo, Decimo. E non m'importa se voi non potete amare me, io continuerò ad amarvi con tutto me stesso per il resto della vita.

-Go...

-Voi mi avete accettato, mi avete fatto sentire degno di esistere... siete la prima persona al mondo che mi abbia detto che è importante che io viva. Non scorderò mai le parole che mi avete rivolto durante la sfida con Belphegor.- le dita di Gokudera lasciarono il mento di Tsuna, che cominciò a tremare alla sensazione delle sue mani che gli sfioravano i fianchi.

-Fermatemi, se vi infastidisco, Decimo...

-Tsuna. Chiamami Tsuna e non smettere per nessun motivo, ti supplico.

-Tsuna.- disse Gokudera, e il nome sembrò miele sulle sue labbra, miele caldo che scendeva lungo la gola, e Tsuna desiderò sentirne il sapore. Gokudera si chinò su di lui e Tsuna lo incontrò a metà strada. Un colpo al cuore, le sue labbra erano ruvide e un po' screpolate eppure così morbide, e al contempo così solide. Tsuna ebbe l'impressione di essere un alberello che viene piantato in terra nuova e fragrante, umida quanto basta e ben compressa intorno alle radici, e quando le braccia di Gokudera si cinsero dietro la sua schiena gemette e si spinse ancora di più verso di lui. Le loro labbra si dischiusero in perfetta sincronia, come due danzatori che conoscono alla perfezione i movimenti, e la lingua di Gokudera sfiorò il labbro superiore di Tsuna.

Tsuna espirò di colpo dal naso e sporse la lingua per incontrare la sua; finalmente si decise ad alzare le braccia, e le passò intorno al suo collo per impedirgli di allontanarsi. La fine dell'effetto del proiettile di Reborn era vicina, Tsuna la sentiva ticchettare nella propria mente, e di certo a quel punto Gokudera avrebbe cercato di scostarsi e chiedere perdono; Tsuna temeva quel momento e intendeva mettercela tutta per fargli capire con i gesti che non era certo offeso.

Avvertì le ginocchia di Gokudera che si piegavano, una delle sue cosce sfregava tra le sue, e senza sapere come fosse successo Tsuna si ritrovò sdraiato sul futon, immerso nel profumo di Gokudera: la sua Tempesta sembrava essere tutto ciò che era rimasto al mondo, e a Tsuna stava benissimo così.

L'erezione di Gokudera fremette contro il suo bacino, e di colpo Tsuna capì quanto fosse stato stupido a cercare di negare l'evidenza a se stesso: era perdutamente innamorato di Gokudera Hayato, ed era ricambiato.

Poi, il calore che emanava dal corpo di Gokudera sembrò recedere, e Tsuna capì che l'effetto del proiettile era svanito. Lo sentì emettere un mugolio di sorpresa e cercò di trattenerlo, ma l'altro era ben più forte di lui e riuscì a sfuggirgli. Gokudera disse, con voce tremante e terrorizzata: -Oh, mio Dio, Decimo, vi chie...

-No! Taci, non azzardarti a chiedermi scusa!- Gokudera si bloccò, confuso, spaventato e incapace di ribattere. Tsuna proseguì: -Questa è la cosa più bella che mi sia mai capitata, e se mi chiedi scusa la rovinerai per sempre!

-Io... io non so cosa dire.- ammise Gokudera.

-Ti verrà in mente qualcosa mentre mi baci.- Gokudera arrossì violentemente e Tsuna approfittò della sua momentanea debolezza per trarlo a sé e baciarlo di nuovo, solo un tocco di labbra, ma deciso, come un'attestazione di possesso. Poi allentò la presa sulla sua nuca e gli permise di allontanarsi. Gli occhi verdi di Gokudera erano colmi di lacrime, ma la sua bocca era inarcata nel sorriso più sincero e attonito e meraviglioso che Tsuna avesse mai visto.

-De...

-Tsuna. Te l'ho già detto, voglio che mi chiami Tsuna.

-Ts... Tsuna. Io... non sono mai stato così felice in vita mia.

-Nemmeno io... Hayato.- Tsuna si impegnò a non ridere di fronte all'espressione estatica di Gokudera: sembrava che il ragazzo stesse... inutile, Tsuna rise.

-Scusa... scusa, è che...- cercò di dire, -Ho pensato che sembra... che tu stia toccando il cielo con un dito... ma in realtà mi stai toccando con tutto il corpo!

-Oh... io, ecco...- Gokudera si mosse come per allontanarsi, ma Tsuna lo trattenne con tutte le proprie forze e l'altro non ebbe il coraggio di opporsi.

Con delicatezza ma con decisione, Tsuna lo spinse a sdraiarsi di fianco a sé, poi gli coprì le spalle nude con il lenzuolo e si accoccolò contro il suo petto. Lì rimase, ad ascoltare il suo respiro concitato e il battito frenetico del suo cuore, e si allontanò solo quando si rese conto di essere sul punto di addormentarsi.

-Andiamo a casa mia?- propose. Gokudera sussultò.

-Seriamente, Hayato, non voglio che resti qui. È inutile, quando camera mia basterebbe ad ospitare un esercito. E non voglio saperti in difficoltà perché... perché Hayato, io ti amo, e voglio che tu stia bene, ok?- Tsuna aveva alzato la voce sull'ultima frase, e si rituffò contro il petto di Gokudera, imbarazzato oltre ogni limite.

-De... Tsuna. Ti amo da impazzire. Se... se lo desideri, verrò a stare da te.

-Lo desidero. Ti desidero.- bofonchiò Tsuna contro il suo petto.

Nessuno dei due avrebbe saputo dire per quanto rimasero così, ma la luna era già alta in cielo quando finalmente si riscossero. Gokudera si vestì e radunò qualche cambio d'abiti e i libri di scuola; a tutto il resto avrebbero pensato il giorno successivo.

Tsuna lo tenne per mano lungo tutta la strada verso casa sua, e quando Nana aprì la porta gli impedì di sciogliere l'intreccio delle loro dita. Gokudera si irrigidì al suo fianco, ma Nana si limitò a fare un gran sorriso: -Tsu kun! Eccoti, finalmente! Gokudera kun, resti a dormire?

-Io... ecco...

-Mamma, ho scoperto che Hayato vive da solo. In camera mia c'è un sacco di spazio, voglio che resti qui.- Tsuna sentì un brivido. Non aveva chiesto un permesso, e anche se casa Sawada era ormai una specie di enorme bed and breakfast per gli affiliati Vongola gli pareva un po' rude. Aggiunse: -Ti prego, non ce la faccio a sapere che il mio...- si interruppe e si insultò mentalmente. Tipico di lui peggiorare la situazione mentre cercava di migliorarla.

Nana eruppe in un gridolino estatico: -Oh, finalmente ci siete arrivati, allora! Vieni, Hayato, forza, non state lì a prendere freddo, metto giù subito un futon in camera di Tsuna, intanto vi preparo qualcosa da mangiare, forza! Dentro, dentro!- Gokudera fu trascinato e quasi lanciato in camera di Tsuna, e in men che non si dica si ritrovò una ciotola di zuppa di miso in mano, un paio di pantofole ai piedi e un set di asciugamani in grembo, mentre Nana chiamava Lambo e gli diceva di liberare il bagno perché “Hayato doveva farsi la doccia”. Tsuna lo fissò, stralunato quanto lui.

-Lambo san non vuole lasciare il posto a Bakadera! Lambo san vuole le caramelle!- Gokudera roteò gli occhi, e Tsuna rise. -Benvenuto a casa.- disse.

 
   
 
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