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Autore: padvaniglia_EFP    08/12/2020    1 recensioni
Tratto dalla storia:
[...] "La porta che conduceva alle segrete si chiuse con un tonfo sordo e il silenzio regnò per pochi istanti. Poi, i piccoli passi ticchettanti di Bellatrix la fecero irrigidire e la sua voce rizzare la pelle. Respirò a fondo, col cuore in gola, mentre la Mangiamorte girava intorno a lei e la scrutava curiosa, come un leone che osserva la propria preda.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I WILL SURVIVE - HERMIONE JEAN GRANGER 
 

Oh no, not I, I will survive
Oh, as long as I know how to love, I know I'll stay alive
I've got all my life to live
And I've got all my love to give and I'll survive
I will survive, hey, hey.

Gloria Gaynor, “I Will Survive”

 

L'imponente Malfoy Manor si ergeva maestoso su di una collina, quasi nascosto dalla cupa, ma lussureggiante radura che si intersecava tra le crepe dei muri e dell'elegante cancello. 
Sulla sommità di quest'ultimo era scolpito il blasone dei Malfoy, raffigurante tre lance spezzate e due draghi neri, il cui motto recitava:

 


Sanctimonia 
Vincent 
Semper

 

I Ghermidori spinsero malamente Harry Potter, Hermione Granger e Ronald Weasley in avanti, bussando rudemente contro i pomelli d'oro. Dopo qualche istante una figura avvolta completamente in una veste nera fece la sua comparsa. 
Un tempo Bellatrix Black in Lestrange doveva essere stata una donna avvenente, ma il lungo tempo trascorso nella prigione di Azkaban ne aveva scavato i bei lineamenti, rendendola simile ad un teschio. I lunghi ricci neri, come i suoi occhi, si intrecciavano tra loro come serpenti affamati, ricoprendo la scarna schiena della Mangiamorte. Alla vista dei prigionieri, un ghigno da bambina le deturpò le labbra scarlatte, scoprendo una fila di denti marci e ingialliti. Il suo sussurro fu appena udibile, ma immediatamente le arcate magiche di pietra si spalancarono.

 

«Chiamate Draco.»

 

***



L’ampio salone del Maniero rispecchiava perfettamente le personalità dei suoi abitanti: nero come  il male che vi si era annidato lentamente, rosso come il loro sangue puro e verde smeraldo, per ribadire la loro appartenenza alla casata di Salazar Serpeverde.

I candelieri d'argento era accesi, dando all'ambiente un'aria ancora più sinistra. 
Hermione rabbrividì, guardando le teste degli elfi domestici appese ai muri di pietra, ma non ebbe il tempo di soffermarvisi più a lungo, poiché il suo sguardo venne catturato dall'entrata di un giovane ragazzo.
Draco Lucius Malfoy.
Camminava ricurvo, con lo sguardo rivolto al pavimento, e la sua andatura non aveva niente a che vedere con l'arroganza che l'aveva contraddistinto negli anni passati. 
Hermione lo osservò inginocchiarsi di fronte Harry e pregò con tutta se stessa che Draco mentisse. Sperava ancora che il suo non fosse un cuore di ghiaccio, ma si sbagliava: Malfoy si era dimostrato ancora una volta una viscida serpe, un lurido codardo. 
In seguito, tutto accadde troppo velocemente per poter essere ricordato, ed Hermione si ritrovò in un attimo scaraventata sul freddo pavimento di marmo, mentre sentiva le grida di supplica dei suoi amici.

La porta che conduceva alle segrete si chiuse con un tonfo sordo e il silenzio regnò per pochi istanti. Poi, i piccoli passi ticchettanti di Bellatrix la fecero irrigidire e la sua voce cantilenante rizzare la pelle. Respirò a fondo, col cuore in gola, mentre la Mangiamorte girava intorno a lei e la osservava curiosa, come un leone che osserva la propria preda.

CRUCIO!

Mille lame affilate penetrarono nella sua candida carne, bruciando ogni lembo di pelle, corrodendo i vestiti. Il soffitto gotico del salone parve crollare sotto le urla di dolore della ragazza, che riecheggiavano per tutto il castello, come un eco perso tra le montagne.

CRUCIO!

Le sue unghie graffiano la gola, il volto, cercando di mettere fine a quella sofferenza che le annebbiava la mente, le faceva perdere i sensi. 

«Cosa altro avete preso dalla mia camera blindata?!»

La voce le arrivava ovattata, come se fosse ancora immersa nel dolce e antico mondo dei sogni.

«Rispondi, lurida Sanguemarcio!»

A fatica, Hermione parlò, con la bocca riarsa, umettandosi  le labbra sottili per trovare sollievo.

«Niente, non ho preso niente! Lo giuro!»

Uno schiaffo le fece girare la testa, un pugno sanguinare il naso; sentiva il liquido caldo colarle tra i denti, e si aggrappò a quel sapore metallico per dimenticare la violenza che stava subendo.

«Bugiarda! CRUCIO!»

Il cuore le martellava nel petto, il respiro mozzo, la vista appannata dalle lacrime che solcavano il viso sfregiato. 

«La prego! La prego!»

La risata malvagia di Bellatrix si fuse con le lontane grida di richiamo di Ron ed Harry, mentre la strega gettava la bacchetta e sfoderava un pugnale decorato di rubini e smeraldi. 
La sua lama riluceva sinistra e accattivante alla luce della luna, ed Hermione si chiese se era quella la fine che l'aspettava. Non sarebbe tornata ad Hogwarts, non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori... 
La donna la prese per i capelli avvicinandosi al suo volto.

«È questo ciò che spetta ad una Sanguemarcio. Senti come i tuoi amichetti ti chiamano? Riceveranno la tua stessa sorte!»

Si gettò su di lei, afferrandole l'avambraccio sinistro e sussurrandole malignamente all'orecchio: «Grida per me.»

Il pugnale penetrò lentamente nella sua soffice carne, impregnandosi del sangue scarlatto che colava copioso sul marmo rilucente. La schiena di Hermione si arcuò, come a voler sfuggire da quelle sevizie, mentre le sue iridi ambrate erano accecate da sprazzi di luce incandescente.

Grida per me.

Per un attimo incontrò lo sguardo perso e colpevole di Draco e il mondo parve fermarsi, mentre pirite e calcedonio si cercavano, si trovavano, si scontravano. 
Annegò in quegli occhi che parevano banchi di nebbia per cercare un' assoluzione che non sarebbe mai arrivata1.

Grida per me.

La lama affondò ancora più in profondità e ormai la voce della ragazza era divenuta rauca. Non era più cosciente, percepiva la sua testa farsi sempre più leggera, come se stesse fluttuando, senza preoccupazioni, paure... Ripensò ad una delle tante fiabe della buonanotte che sua madre le leggeva per farla addormentare e si ritrovò a sorridere, al piacevole ricordo della sua spensierata infanzia.
 

***

 

«Mamma, mamma, mi racconti un'altra favola? Ti prego...»


Jean Granger sorrise bonariamente al piccolo batuffolo rannicchiato sotto le coperte e annuì con il capo. Come poteva dire di no a quella bambina così curiosa, avida di scoprire ed esplorare mondi nuovi? 
Si accomodò meglio sulla poltrona e si schiarì la voce. 

«Tanto tempo fa, nel regno di Airagab, viveva in questo grande castello, una dolce principessa, assieme ai suoi due buoni genitori. La fanciulla era pronta per essere data in sposa, ma, nonostante la sua bellezza, nessuno si era ancora fatto avanti. Per gli uomini di quel tempo era troppo colta e intelligente. Un giorno giunse a palazzo un vecchio cavaliere, già vedovo di quattro mogli, morte misteriosamente e si presentò al re, chiedendo la mano della figlia. Il sovrano, però, era a conoscenza delle oscure leggende che giravano sul conto del cavaliere, perciò lo bandì dal regno. L'anziano allora, offesosi per il rifiuto, incaricò un giovane vasaio del suo villaggio di rapire la principessa e portarla al suo castello. Egli, allettato da un proficuo compenso, accettò, e cavalcò, cavalcò, cavalcò, fino a che non raggiunse la destinazione. Con l'aiuto di un inserviente riuscì a cantare alla giovane una serenata d'amore, con la quale la convinse a scendere dalla torre; li la rapì e la portò al maniero del signore. 
Per fare un torto al padre, la povera ragazza venne sottoposta a terribili torture fino a quando, sentendo le sue urla di dolore, il vasaio nel frattempo innamoratosi di lei, escogitò un piano per salvarla. Con l'inganno, riuscì ad avvelenare il carnefice e riportò la principessa al suo palazzo. Ma non tutto è bene quel che finisce bene...»


«Cosa? Cosa successe?» chiese la bambina curiosa. 

«Il resto lo scoprirai domani. Ora a nanna, è tardi!»

Come avrebbe potuto raccontare ad una bambina ancora così affascinata dall'universo in tutte le sue sfaccettature, che il vasaio dopo aver riportato la fanciulla dal padre era stato condannato a morte per tradimento? O che la ragazza era stata torturata fino allo sfinimento dai genitori, che la credevano innamorata del cavaliere che l'aveva pretesa in moglie? La verità è una cosa meravigliosa e terribile; per questo va trattata con estrema cautela2.
A volte, è necessario rimanere con il beneficio del dubbio.
La signora Granger si alzò, baciò la fronte della figlia e spense la luce. Sulla soglia, la vocina chiara di Hermione la fermò.

«Mamma... secondo te qualcuno mi salverà mai?»

La madre sospirò.

«Certo tesoro mio. Ma ricorda sempre: non bisogna mai affidarsi completamente agli altri, perché sono proprio le persone a cui teniamo di più a pugnalarci alle spalle.»

«Come Bruto fece con Cesare?»

«Sì figliola. Proprio così.»
 

***

 

Stille ghiacciate scorrevano a fiotti, le labbra aride che invocavano il nome della genitrice. 

Mamma mi hai mentito. Nessuno verrà a salvarmi.

Nella sua testa rimbombava il riso volgare di Bellatrix, smaniosa di vederla soffrire, contorcersi dal dolore, di sentirsi potente. 
Poi, d'un tratto, tutto finì com'era iniziato. 
La strega nera si alzò da quel corpo inerme, scaraventandola dall'altro lato della stanza, come una bambina viziata stanca della sua vecchia bambola di pezza. 
Rimasero solo fitte lancinanti al braccio e l'eco di un urlo di orrore quando si sporse per osservare lo scempio di cui era stata vittima.
Una cicatrice vistosa, un po' sbilenca, intrisa ancora di sangue che bruciava come acido su quella candida pelle.

Mudblood.

Ciò che era e che sarebbe stata per sempre.

Mudblood.

Non la Strega-Più-Brillante-Della-Sua-Età, non una ragazza, non una donna.

Mudblood.

Intorno a lei tutto era confuso, il mondo sembrava girare vorticosamente. Le parve di scorgere Harry, di udire il richiamo di Ron, ma non ne era sicura.

Mamma mi hai mentito. Nessuno verrà a salvarmi. 

Ad un certo punto venne afferrata per i capelli, e sentì qualcosa di freddo e affilato scorrere lungo la gola.

«Abbassate le bacchette o lei morirà!»

La punta del pugnale affondò leggermente nella carotide, e un rivolo di sangue scivolò lungo il collo, fermandosi nel solco dei seni. 

«Abbassate le bacchette ho detto!»

Lo strillo acuto venne sovrastato dal cigolare del vecchio lampadario. 
Gli sguardi di tutti i presenti si volsero al soffitto, dove l'elfo Dobby stava tagliando i legami di cristallo. 
Poi, lo schianto.
Con un'imprecazione oltraggiata, Bellatrix allontanò Hermione da lei. 
La ragazza rimase intrappolata sotto le macerie, sentendo piccole schegge di vetro - come il suo cuore - graffiarle la pelle, le vesti. 
A fatica, emerse dai detriti respirando a pieni polmoni. Due braccia forti la sollevarono, ma non aveva la forza di ribellarsi. Una voce rassicurante le cantilenò all'orecchio. 

«Sono io, Ron. È finita, Hermione, va tutto bene. Adesso ti porto via da qui.»


E lì, tra le braccia di Ronald, del suo Ronald, mentre il pugnale di Bellatrix roteava verso di lei, giurò a se stessa:
               

 

    

Io sopravvivrò

   
 
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