Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: EchoRosenrot_    16/12/2020    2 recensioni
Aveva smesso da tempo di essere il figlio modello di Enji Todoroki, ammesso che lo fosse mai stato anche prima che il piccolo di casa vedesse la luce, aveva smesso di chinare rispettosamente il capo e di temere l’autoritaria figura paterna, ma ancor più aveva smesso di nascondere il proprio risentimento. In qualche misura, piuttosto, desiderava ardentemente che in quegli occhi identici ai suoi il padre scorgesse ogni misera stilla del suo rancore, che Touya si era sempre premurato di arginare esclusivamente per amore dei fratelli.
!Spoiler! | Teen Memories | Touya Todoroki
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dabi, Endeavor, Fuyumi Todoroki, Natsuo Todoroki, Shouto Todoroki
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I suoi passi erano volutamente lenti sul nero asfalto di quella strada poco trafficata, fiancheggiata su entrambi i lati da ville tutte simili tra loro: grandi ed inquietanti, gettavano ombre scure sul marciapiede, svettando in quell’elegante e mastodontico splendore che richiamava gli antichi fasti del Giappone. Il quartiere residenziale era piuttosto silenzioso a quell’ora della sera, con l’imbrunire che incombeva ed il cielo rosso striato di viola, e guardando pigramente le finestre illuminate Touya immaginava i piccoli nuclei familiari del vicinato riuniti attorno al tavolo, magari intenti a raccontare le reciproche giornate. Uno scenario semplice e per nulla desueto, ma che per lui era tutt’altro che auspicabile.
Con lo zaino ancora in spalla, dei jeans scuri e la camicia della divisa scolastica aperta a mostrare una maglietta nera, camminava con la flemma di chi sembrava non avere fretta alcuna di tornare a casa nonostante l’ora di cena fosse passata ormai da un po’. Il suo stomaco in effetti brontolava, colmo solo di qualche boccone consumato nel primo pomeriggio, a voler riflettere con un po’ di senno forse avrebbe fatto meglio a prendere un hambuger lungo la strada, o magari una pizza, dal momento che difficilmente avrebbe consumato la cena una volta rientrato, conscio di cosa lo aspettasse. Non era uno sciocco, era molto meno stupido di quanto desse a vedere e sapeva benissimo quali fossero le conseguenze delle sue azioni, era solo troppo determinato, testardo e doverosamente incazzato per farne un deterrente. Imboccò il vialetto di casa Todoroki a testa alta e con incedere pacato, appollaiando la giacca dell’uniforme sulla propria spalla sinistra in un gesto del tutto disinibito e fingendosi particolarmente attratto da un messaggio mai ricevuto mentre tirava fuori le chiavi dalla tasca posteriore dei pantaloni. Era tranquillo, almeno all’apparenza, tranquillo in un modo snervante e svilente, iniziò perfino a fischiettare quando varcò la porta dell’ampia abitazione senza annunciare in altri modi il proprio ritorno: si limitò semplicemente a richiudere l’uscio con un colpo di anca e lasciar cadere per terra lo zaino, inspirando lentamente quel profumo familiare che aveva iniziato a maltollerare sempre più da quando la villa contava solo cinque abitanti. Con tutta la tranquillità del mondo si sedette sullo shikidai, chinandosi a slacciare le stringhe delle scarpe da ginnastica, e fu proprio in quel momento che udì dei rapidi passi alle sue spalle pregni di un’ansia della quale si sentì irrimediabilmente responsabile.
« Touya-nii! »
La voce di Fuyumi era leggermente tremula, tradiva un misto di apprensione e rimprovero nonostante fosse poco più di un sussurro, quasi temesse di pronunciare il suo nome e Touya non dovette neanche chiedersi il perché: l’aria tra le mura domestiche era frizzante e silenziosa, come la quiete prima di una tempesta. La sorella sembrava più sull’orlo delle lacrime che in procinto di prenderlo a schiaffi, ma di ciò il ragazzo si accorse solo quando sollevò gli occhi cerulei sul suo viso.
« Stupido, dove sei stato? Hai visto che ora--...ma che hai fatto? »
Condusse una mano alle labbra rosate con aria sorpresa, certamente non in senso positivo.
« Dov’è Shouto? » Chiese lui, in un palese intento di tergiversare di fronte a quella domanda, riponendo in un angolo le scarpe e rimettendosi in piedi. Vide la sorella seguirlo con lo sguardo e sollevare il capo per continuare a fissare il suo viso con una nota di distinta preoccupazione, adesso; i suoi occhi erano chiaramente lucidi, parlava a bassa voce nella speranza che solo il fratello potesse sentirlo.
« Non gli piacerà affatto, Touya, è già arrabbiato. »
« Faresti meglio a metterlo a letto, Fuyumi. »
Nonostante il suo tono di voce fosse sempre garbato quando si rivolgeva ai suoi fratelli, le parole di Touya non offrivano un suggerimento discutibile quanto piuttosto una richiesta accorata. Non era il caso che quel bambino innocente vedesse e sentisse troppo. Affondò una mano tra i capelli candidi della sorella minore, apparentemente per scarmigliarli dispettosamente ma nascondendo -in realtà- in quel gesto una carezza per rassicurarla, poi superò la sua figura e si avviò lungo il corridoio con entrambe le mani in tasca in direzione della propria camera.
« Touya! »
Il suo nome tuonò per l’intera abitazione in un richiamo imperativo nel momento stesso in cui passò davanti alla porta aperta della cucina, pronunciato con veemenza e stizza, un tono baritonale e cupo pregno di un’ira che era pronto ad incassare e ad affrontare, con un po’ di fortuna perfino a demolire.
Arrestò il suo passo, prese un respiro profondo.
 
Era pronto.

Varcò le soglie della cucina con il passo deciso e indolente di chi non aveva alcuna voglia di trovarsi lì ma riteneva comunque di non avere nulla da temere, nulla da nascondere e nulla da dire. Un’espressione pigra e quasi annoiata era dipinta sul suo volto pallido e glabro, modellato dall’adolescenza affinché i suoi tratti fossero meno morbidi e sempre più squadrati ad ogni passo compiuto verso l’età adulta, eppure i suoi occhi chiari ed affilati lo tradivano facendosi rumorosi portavoce dei suoi intenti ostili e del suo fare nettamente e palesemente provocatorio. Aveva smesso da tempo di essere il figlio modello di Enji Todoroki, ammesso che lo fosse mai stato anche prima che il piccolo di casa vedesse la luce, aveva smesso di chinare rispettosamente il capo e di temere l’autoritaria figura paterna, ma ancor più aveva smesso di nascondere il proprio risentimento. In qualche misura, piuttosto, desiderava ardentemente che in quegli occhi identici ai suoi il padre scorgesse ogni misera stilla del suo rancore, che Touya si era sempre premurato di arginare esclusivamente per amore dei fratelli.
Lui era lì.
Todoroki Enji. Endeavor. Suo padre.
Rigido, teso e statuario, con le braccia incrociate all’altezza del petto ampio, immobile al centro esatto della stanza.
Una figura possente ed ingombrante che con la sua sola presenza rendeva irrespirabile l’aria della cucina. Touya percepiva su di sé il su sguardo truce, ma pensò bene di scoccargli a malapena un’occhiata di sufficienza prima di focalizzarsi su Natsuo, poco distante e decisamente più degno della sua attenzione.
Odiava che suo padre mantenesse attivo il suo Quirk in casa. Odiava che fosse costantemente avvolto da roventi spire di fuoco in una sgradevole ostentazione di potere che il ragazzo trovava del tutto inappropriata tra le mura domestiche. Anche per questo lo ignorava volentieri: era troppo forte in lui il desiderio di smontare tassello dopo tassello la sua autorità e la sua pretesa di un rispetto del tutto immeritato. Passando di fianco al fratello, che lo osservava con un evidente magone racchiuso in un cupo silenzio, Touya lasciò sprofondare una mano tra i suoi capelli candidi in una perfetta replica della medesima carezza poco prima donata a Fuyumi, che fece irrigidire il quasi albino sul posto. Nel loro linguaggio in codice quel tocco era una muta rassicurazione, un “andrà tutto bene” che il maggiore dei Todoroki rivolgeva ai piccoli di casa anche, e forse soprattutto, quando sapeva che le cose non sarebbero affatto andate bene. Vide Natsuo schiudere appena le labbra come se avesse avuto qualcosa da dire, salvo poi richiuderle con forza un istante dopo.
Era una scena fin troppo comune anche quella. La diffusa necessità, tra quelle mura, di tacere e mandar giù bocconi amari per non scatenare le violente ire del genitore. Era frustrante, era svilente, era qualcosa che Touya odiava fare e che odiava vedere nei suoi fratelli. Ma aveva giurato a se stesso, appena poco tempo prima, che il ricovero forzato di sua madre e la benda sull’occhio che ancora Shouto era costretto ad indossare sarebbero state l’ultimo boccone amaro da lui ingerito.
Sarebbero state l’ultimo silenzio obbligato.
Proseguì dunque con tutta calma la sua avanzata attraverso la cucina, raggiungendo infine il frigorifero che ebbe appena il tempo di aprire prima che nuovamente la voce di suo padre tuonasse per l’intera casa.
« Dovevi essere a casa tre ore fa! Dov’eri questa volta? »
Nessuna apprensione nella sua voce.
Nessun timore per un figlio rientrato ben oltre il coprifuoco stabilito.
Solo la fredda rabbia di chi aveva ricevuto disobbedienza ed un ennesimo smacco alla propria autorità. Parlava a gran voce anche solo nel proferire quella domanda, ma Touya sembrò non scomporsi affatto e si chinò ad afferrare una lattina di lemon soda, che stappò più rumorosamente possibile mentre calciava debolmente lo sportello del frigorifero per richiuderlo.
Attese un po’ prima di rispondere, giusto il tempo di un lungo sorso dissetante che aggiungesse l’ennesimo tocco di noncuranza a quella che era ormai una sfida aperta.
« A scuola. » Rispose infine, candidamente, stringendosi nelle spalle.
Vide con chiarezza l’espressione del padre accigliarsi ulteriormente, la mandibola contrarsi mentre osservava quella nota fuori dal coro sul volto del figlio maggiore. E Touya, in tutta risposta, sorrise.
Un sorriso beffardo e sornione, il sorriso di chi sembrava godersi la reazione sperata e disperatamente cercata.
« La tua insegnante ha detto che non sei entrato in classe stamattina. »
Improvvisamente Enji Todoroki aveva smesso di urlare. La sua voce baritonale suonava bassa, minacciosa, simile ad un ringhio mentre con passo marziale ed ampie falcate gli si avvicinava fino a raggiungere la sua snella figura e sovrastarla con la sua imponente altezza, stringendo poi con forza e decisamente poca grazia la sua mandibola. Il giovane rimase impassibile, limitandosi a contrarre i muscoli del viso mentre suo padre lo ruotava quanto bastava a poter osservare con sguardo ferino le tre piccole sfere metalliche sul suo naso.
« Oh, che spiona. » Ribatté il ragazzo dai capelli rossi e screziati da un bianco sempre più imperante, con tono acremente sarcastico, prima di sottrarsi rudemente a quel tocco e tornare a bere la sua lemon soda, senza indietreggiare neanche di un passo. Non aveva la benché minima intenzione di mostrare paura o segni di cedimento: d’altronde era stato proprio Endeavor ad insegnarglielo, quando ancora credeva di poter tirar fuori da lui un eroe degno di questo nome, quando ancora non si era mostrato arreso alle sue fragilità e disgustato dalle sue umane debolezze.
Fu allora che con forza l’uomo batté un pugno sul vicino tavolo, un gesto repentino e stizzito che fece istintivamente chiudere gli occhi di Touya per un istante. Un suono lugubre si diffuse per l’abitazione, poté sentirlo chiaramente risuonare nella propria mente e perfino nel suo stomaco in un’odiosa eco che avrebbe reso inquieto il suo sonno anche quella notte; in cuor suo il ragazzo pregò vivamente che Fuyumi avesse accolto la sua preghiera e allontanato il più possibile Shouto dall’ennesima sfuriata.
« Se tu pensi che io sia disposto a permetterti ancora di gettare fango sul nostro nome, Touya, ti sbagli di grosso! » Nuovamente la voce di Enji era alterata, un urlo rabbioso e cupo che lo investì in pieno e di fronte al quale si sforzò di mantenere integra la sua maschera di insolenza. « Non ti permetterò oltre di fare di testa tua! Che ti piaccia o no, e fidati che la cosa non piace neanche a me, sei un Todoroki e non manderai in rovina il nome che porti andando in giro piuttosto che a scuola o comportandoti come un delinquente! E cosa sarebbe quella cosa che hai sulla faccia? È inaccettabile! »
Non furono tanto le urla, a contrarre le sue viscere. Era il contenuto, quella singola frase a stringergli il petto in una morsa ferrea e dolorosa.

E fidati che la cosa non piace neanche a me.
Era incredibile, dalla sua prospettiva, che il famigerato Eroe del Fuoco potesse essere tanto gelido e privo di qualsiasi forma di caloroso affetto. Incredibile e amareggiante. Pensò a sua madre, alla sua povera madre che forse non aveva mai ricevuto una parola d’amore da quelle labbra che Touya immaginava piene d’odio. Scoprì di aver trattenuto il fiato per qualche secondo e fissando il padre dritto negli occhi, in un intreccio di sguardi quasi speculare, condusse la lattina alle proprie labbra per bere un ennesimo sorso, più lungo dei precedenti e perfino più rumoroso, al termine del quale fece schioccare la lingua sulla quale scintillava già da settimane una quarta sfera metallica.
« Hai finito? Ti sei sfogato a sufficienza? »
Chiese flemmatico e provocatorio.
Percepì una forza bruta strappargli di mano la lattina di lemon soda, che un attimo dopo sfrecciò in volo attraverso la cucina fino a colpire la parete opposta con tanta forza da ammaccarsi su un lato, prima di ricadere sul pavimento versandovi tutto il proprio contenuto.
« Non giocare con il fuoco, Torodoki Touya! Non tu che potresti esserne facilmente scottato. »
Quella che il padre gli urlò in pieno viso non era solo una minaccia, no. Era un attacco diretto al suo ego, un’offesa calcolata e ben studiata, un riferimento fin troppo esplicito a quello che l’uomo non esitava a definire un vero e proprio deficit nella costituzione del figlio, talmente debole da ricadere vittima del suo stesso Quirk. E per la prima volta da quando era rientrato in casa l’espressione sul volto del giovane si accigliò in uno sguardo carico di deliberato odio.
« Ti importa la mia incolumità, adesso? » Chiese a denti stretti, ricevendo in risposta un verso sprezzante e un cenno di biasimo con il capo.
« Ma guardati. Vai in giro conciato come un poco di buono, salti le lezioni, non adempi ai tuoi doveri né come studente né tanto meno come figlio e fratello, torni a casa ad orari improponibili e con la faccia deturpata. Non posso neanche dire che tu compensi a tutto ciò con qualche particolare dote o talento. Sei il disonore di questa famiglia! Che esempio pensi di star dando ai tuoi fratelli, eh? »
Ogni parola pronunciata da quell’uomo era una stilettata dritta al petto, un dolore antico che andava ravvivandosi ad ogni sillaba proferita con tale astio da far fremere il corpo magro di Touya. Non poteva vederlo bene, ma con la coda dell’occhio scorse Natsuo immobile esattamente dove lo aveva lasciato, solo un po’ più vicino alla parete e con gli occhi colmi di lacrime. Avrebbe voluto suggerirgli di raggiungere Fuyumi e Shouto, di sottrarsi a quella scena e a quel dolore che lo avrebbe ulteriormente segnato, ma era talmente preso dalla sua rabbia cocente nei confronti dell’uomo che riuscì solo ad aprire bocca per alzare a sua volta la voce contro il genitore.
« Abbiamo due idee diverse di cosa porti disonore a questa famiglia, Endeavor. » In quell’appellativo cercò di infondere tutto il disprezzo di cui era capace. « E sicuramente do ai miei fratelli un esempio migliore di quanto tu non faccia! »
Dolore.
Il rumore dello schiaffo che lo raggiunse in pieno viso si mescolò con la voce di Natsuo, che singhiozzò qualcosa di indefinito, una o più parole che Touya non riuscì a cogliere. La guancia sinistra ardeva e pulsava dopo l’urto con il palmo dell’Eroe Numero Due, una sofferenza che andava ben oltre il carnale e che si incideva in profondità nella sua anima. Il suo respiro era divenuto accelerato, e conducendo una mano alla guancia lesa rivolse al padre uno sguardo di puro odio. Lo guardò con la freddezza di chi non avrebbe esitato a ricambiare il gesto, di avrebbe voluto per una singola volta essere forte abbastanza da fargli assaggiare un trattamento analogo, e per qualche secondo rimasero così, a fissarsi l’un l’altro, uno armato di fierezza e rabbia, l’altro di rancore misto a dolore.
In momenti come quelli, avrebbe desiderato tanto non esistere.
« Non osare rivolgerti a me in questo modo, ragazzo! Sono tuo padre! »
Un verso divertito e colmo di amarezza emerse dalle labbra di Touya, che scosse lentamente il capo con aria di biasimo. Forse una parte di lui provava pena per un uomo dall’animo tanto arido. Ma non era del tutto sicuro di capire se fosse pena o semplice odio.
« Tu non sai neanche cosa significhi essere uomo, figuriamoci essere padre. Basta guardare quanto ti diverti a massacrare quotidianamente un bambino di sei anni perché possa rimediare al fatto che sei e resti un eroe mediocre! Basta guardare che fine hai fatto fare alla mamma! » Avrebbe preferito mantenere intatta la sua maschera di sfacciataggine e insolenza, sì. Avrebbe preferito rimanere fermo nel proprio intento oppositivo, trincerandosi dietro la sua sicurezza e sfruttando al massimo la propria rabbia. Ma nonostante i suoi desideri, non riuscì ad impedire ai suoi occhi cerulei di luccicare di lacrime rabbiose.
« Sono stanco di te, Touya! » Tuonò nuovamente Enji, interrompendo le accuse del figlio. « Sono stanco del tuo atteggiamento da ribelle arrogante, sono stanco perfino della tua presenza! » Ed infine stese un braccio in direzione della porta della cucina, ma Touya intuì facilmente che stesse indicando ben altra soglia. « Quella è la porta! »
Oh, lo colse perfettamente, quell’invito.
Lo colse nel suo sguardo ancor prima che nelle sue parole, lo colse nella sua espressione e nel rossore delle sue fiamme. Natsuo parve risvegliarsi da uno stato di trance, sussultò chiaramente e nonostante il suo corpo tremasse appena si avvicinò ad entrambi, fino a poggiare una mano sul braccio di Touya.
« Touya-nii... » Farfugliò.
« Quindi è questa la tua soluzione, no? Ti sbarazzi delle persone che non ti stanno bene. Prima la mamma, adesso io. » Sibilò il giovane, passandosi una mano tra i capelli rossi e bianchi, sciogliendosi in una risata priva di ilarità, cruda e amara, in netto contrasto con le lacrime intrappolate tra le sue ciglia. « Questo fa di te un codardo, Todoroki Enji. »
Vittima della violenza dell’uomo fu per la seconda volta il tavolo, che venne duramente ribaltato da una furiosa manata dell’eroe. Se lo stesso colpo si fosse abbattuto, come poco prima, contro il volto del figlio adolescente probabilmente i danni sarebbero stati irrimediabili.
« Non accetto giudizi da un incapace del tuo calibro, Touya. È questo che sei, un incapace! E non me ne faccio nulla di una persona inutile, incompetente, fragile e debole come te, questa famiglia non ha bisogno di un terreno sterile che non darà mai alcun frutto! Non mi servi, non mi sei mai servito a nulla e non mi servono certo i tuoi giudizi. Ma non permetterò alla mela marcia che sei di far marcire anche gli altri, non ti permetterò di compromettere il futuro di tuo fratello, quindi vai! Fuori da casa mia! E torna quando sarai uomo abbastanza da sapermi affrontare senza piangere come un moccioso! »
La mano fredda di Natsuo era stretta con forza attorno al suo braccio, come se volesse fisicamente impedirgli di ascoltare le parole del padre. Il più piccolo guardava incredulo il genitore, ferito lui stesso dalla crudeltà di quelle parole, effettivamente incapace di accettare che le avesse davvero pronunciate. Ma Touya non aveva più spazio per l’incredulità. Non aveva più spazio per chiedersi se dicesse sul serio o meno. Aveva spazio solo per una rabbia ruggente, per uno sguardo furente e per le lacrime roventi che scivolavano lungo il suo viso, esibite con orgoglio.
Erano proprio quelle a renderlo tanto diverso da suo padre.
« Ottimo. » Rispose netto.
Debolmente spinse via la mano del fratello per liberarsi dalla sua morsa, ed attraversò la cucina in direzione della porta, sulla quale trovò Fuyumi che era lì da chissà quanto tempo. Al di là degli occhiali i suoi occhi erano pieni di lacrime e sgomento, e con una stretta allo stomaco la superò per dirigersi verso l’ingresso, dove recuperò il proprio zaino e rabbiosamente si sedette sullo shikidai per indossare le scarpe.
« Sei stato un errore, Touya. L’errore più grande della mia vita. Sei una vergogna, una continua delusione! » Gli urlò dietro il padre, mentre il giovane inforcava con stizza la scarpa destra e Fuyumi, alle sue spalle, singhiozzava.
Non poteva più sopportare..
Era troppo.
Era davvero andato oltre.
« Nii-san... »
La voce sottile di Shouto lo raggiunse a tradimento, paralizzandolo con le stringhe tra le dita. Si voltò a guardarlo con un gesto tanto rapido da avvertire una dolorosa fitta al collo. Indossava il pigiama ed era aggrappato alla gonna di Fuyumi, che piangeva con il volto tra le mani; il suo occhio sinistro era ancora bendato, ma con il destro lo fissava in un misto di angoscia e tristezza. Sembrava anche lui sull’orlo delle lacrime.
« ...Vuoi davvero andare via? »
Lo chiese in un soffio di voce, come se temesse la risposta, e quella domanda perforò la sua carne, le sue ossa, raggiunse la sua anima. Poteva davvero? Poteva davvero fare questo al suo fratellino, che aveva già perso la mamma a causa di quell’uomo? Poteva abbandonarlo alle torture del padre, al destino che Endeavor aveva egoisticamente edificato per lui?
La sua espressione si contrasse lentamente, gradualmente, trasformando la rabbia in dolore.
Touya rimase seduto lì, ad un passo dall’uscio e dalla libertà, chinò il capo che sorresse poi tra le mani mentre cacciava un urlo colmo di frustrazione e sofferenza, un urlo che gli ferì la gola e che si spense nel primo di lunghi singhiozzi, tra le braccia piccole del fratello minore che presto lo raggiunsero alle spalle e lo avvolsero.
Non poteva andare via, no.
Non ancora.



_______________________________________________
L'angolo di Echo_

Ho scritto questo estratto più di un anno fa, ma solo adesso trovo il coraggio di pubblicarlo, come sempre immersa nelle mie insicurezze. 
Ho lasciato l'avvertimento "What-if?" semplicemente perché non è ben chiaro quanti anni avesse Touya quando è stato dichiarato morto, pertanto non posso dare per certo che abbia vissuto effettivamente una parte della sua adolescenza in casa. Sperando di non essere scaduta nell'OOC, ho deciso di dar voce alla prospettiva di un figlio disilluso, colmo di rabbia, forse ben più vicino al Dabi del futuro che al piccolo Touya, ed è una prospettiva che va ben oltre i tentativi di redenzione di Endeavor attualmente trattati nell'opera: lo apprezzo anch'io come personaggio, ma questo non significa negare o dimenticare il trascorso da padre deprecabile e violento.
Spero sia di vostro gradimento, sebbene tratti di argomenti scottanti.
See ya! 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: EchoRosenrot_