Event:
Maritombola 11.
Sito:
Lande
di Fandom.
Prompt:
88 - Found then lost then found again.
Un
calore intenso gli fece quasi smarrire il senno, mentre sospiri e
sussurri
sconnessi riempivano il silenzio. Intorno a sé non vedeva
quasi nulla, ma
Alessandro era certo di conoscere bene quel luogo. Cadde sfinito fra
coltri di
pelle e le sue braccia andarono a stringersi intorno alle spalle di
qualcuno.
Ne carezzò i capelli, che avevano un profumo familiare, e
con le dita disegnò i
muscoli delle braccia che si stringevano intorno al suo busto.
Avvertiva i loro
cuori battere forte e Alessandro si sentì felice, a casa.
Cercò con lo sguardo
il viso dell’uomo che aveva così intensamente
amato, ma non riuscì a
distinguerne bene i lineamenti.
«Non
andartene, Achille.»
«Se
andrò via, verrai con me, Patroclo.»
Alessandro
si sentiva sempre più confuso. Una parte di lui ebbe paura,
come se sapesse che
quel momento di felicità sarebbe durato poco.
Chiuse
gli occhi, vinto dal sonno e il buio lo avvolse. A destarlo furono
delle voci
che lo chiamavano.
«Achille,
Achille!»
Un
nome non suo, ma che sentiva appartenergli come la pelle che aveva
addosso.
Alessandro
si ritrovò all’aperto, davanti al corpo privo di
vita di Patroclo. La
disperazione gli rapì il cuore, si gettò sul
cadavere e iniziò a piangere e a
gridare. Gli carezzò il viso pallido e freddo, osservandolo
con sguardo
febbrile.
«Ci
ritroveremo», disse, «in un’altra vita,
io e te staremo di nuovo insieme.»
Alessandro
chiuse gli occhi, quella visione svanì e sentì il
corpo diventare leggero. Il
cuore batteva ancora con forza, la mente era ancora devastata dal
dolore e
dalla disperazione. Un brutto presagio gli pesava sul petto e per un
istante
ebbe quasi timore di risollevare le palpebre.
Una
stanza regale, un letto e l’uomo che amava disteso su di
esso. Era Patroclo e
al tempo stesso non lo era. Alessandro sentì un nome
affiorare alle labbra e
fuggire via in un sussurro strozzato.
«Efestione.»
Gli
strinse la mano fredda e, a quel contatto, Efestione
risollevò le palpebre. Due
occhi chiari che tante volte aveva ammirato si fissarono nei suoi,
mentre un
sorriso tendeva le labbra secche.
«Alessandro»,
chiamò.
Alessandro
si avvicinò e gli diede un lungo bacio sulla fronte sudata.
«Efestione,
non temere», disse, «ho avuto una visione di un
tempo lontano. Io e te ci
ritroveremo ancora, non so né quando né dove, ma
accadrà. Io senza di te non
sono niente.»
Efestione
gli strinse la mano.
«Attenderò,
allora.»
Un
ultimo fremito e il suo corpo si irrigidì a un tratto.
Alessandro
urlò e si ritrovò ad ansimare fra le lenzuola del
suo letto, in un bagno di
sudore. Si passò una mano fra i capelli biondi e
deglutì, cercando di ritrovare
la calma. Stava tremando come una foglia.
Si
guardò intorno e riconobbe subito la propria camera da
letto. La smart TV
nell’angolo, l’armadio, la scrivania... era tutto
in ordine.
Che
sogno assurdo,
pensò, scostando le coperte per andare in bagno.
Si
sciacquò il viso e guardò il proprio riflesso.
Gli occhi, uno azzurro come il
cielo e l’altro nero come la terra, erano ancora lucidi.
Alessandro
fece una doccia, nella speranza che l’acqua lavasse via il
dolore che ancora
gli rapiva il cuore, ma quel senso di ansietà che gli
scuoteva l’animo non andò
via nemmeno quando uscì di casa per andare in azienda.
Ho
bisogno di un caffè,
si disse e si fermò a prenderne uno da asporto. Mentre
camminava per le vie del
centro, sorseggiando dal bicchiere di carta, sentì di
sfuggita una voce che lo
costrinse a fermarsi di colpo.
«Aristotele
li definì “una sola anima dimorante in due
corpi”.»
Alessandro
si volse, chi aveva parlato gli era appena passato accanto. Vide un
ragazzo
camminare con un libro fra le mani e quasi lo rincorse.
«Perdonami»,
disse, con voce che tremava, «non ho potuto fare a meno di
sentirti e... di chi
stai parlando?»
Il
ragazzo trasalì e si volse. Quegli occhi... Alessandro li
avrebbe riconosciuti
fra mille. Era l’uomo del suo sogno. Era Patroclo, era
Efestione, era l’altra
metà della sua anima che tornava finalmente da lui.
«Come?»
gli chiese di rimando, abbassando il libro, senza smettere di fissarlo.
«Aristotele...
“una sola anima dimorante in due corpi”»,
rispose distrattamente, muovendo
appena le labbra. Si sentiva come se avesse peregrinato per un tempo
infinito e
fosse finalmente tornato a casa.
«Di
Alessandro Magno ed Efestione», rispose il ragazzo,
«è così che li ha definiti
Aristotele: “una sla anima dimorante in due
corpi”.»
«E
tu ci credi?» chiese Alessandro con il cuore in gola.
Lo
sguardò che gli rivolse il ragazzo era pieno di sottintesi,
di parole non dette
e di ricordi che solo la memoria del tempo ancora custodiva.
«Sì,
adesso sì», gli rispose.