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Autore: EleWar    19/12/2020    12 recensioni
A distanza di quasi 2 anni dalla mia prima fic TUTTA COLPA DEI FANTASMI, che trattava dello stesso episodio del manga, mi sono voluta cimentare in un'altra storiella che parlasse sempre di quel dato momento, ma dal punto di vista di Ryo. Poi però la storia ha preso un'altra strada ed io... l'ho lasciata andare. Spero che vi piaccia lo stesso ^_^
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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In attesa del famigerato cap 15 della long KAORI DIMENTICHI QUALCOSA che spero di postare nei prossimi giorni, vi sparo questa shot pronta già da un po’. Doveva essere la ‘versione’ di Ryo della mia primissima fic TUTTA COLPA DEI FANTASMI, ma alla fine… non è solo quello. Buona lettura ^_^ e perdonate il troppo zucchero :D


TUTTA COLPA DEI FANTASMI E DEI SONNIFERI
  
Ryo si svegliò con un sapore strano in bocca, con la lingua incollata al palato; inghiottì più volte e si disse che la sera prima, evidentemente, si era ubriacato con qualcosa di veramente pessimo, per avere dei postumi così disgustosi.
Cercò di ricordarsi cosa avesse ingurgitato e perché, ma non gli venne in mente niente…
A dirla tutta non ricordava nemmeno con chi, o dove, fosse stato a fare baldoria.
 
Diamine, che sbronza!
 
Se il prima non lo ricordava, era certo, però, che dopo aveva dormito come un bambino; aveva fatto certi sogni, e così vividi poi!
Sorrise beato, e muovendosi si trovò intralciato da qualcosa, forse le lenzuola che, nelle capriole che credeva di aver fatto, si erano attorcigliate attorno a lui; niente di nuovo, anche quello faceva parte indiscutibilmente dei postumi alcolici, solo che…
Il cuscino su cui stava placidamente appoggiata la sua guancia era così morbido, così caldo, sembrava vivo. E ridacchiò a questa idea sciocca.
 
Provò a muoversi ancora, e ancora si sentì intralciato da qualcosa: si rese conto di essere a pancia sotto, ma il letto su cui era disteso non era propriamente liscio, aveva come dei rilievi, un po’ cedevoli e un po’ no.
Ma dove accidenti si era addormentato?
Non era nemmeno il solito vicolo puzzolente dove spesso lo recuperava Kaori.
 
Già, Kaori.
La sua salvatrice, colei che popolava la sua vita sgangherata di sweeper, e i suoi sogni più bollenti.
Sospirò.
 
Ma allora dove si trovava?
 
Non gli era mai successo di riemergere da una serata così distruttiva, tanto da non ricordare pressoché niente, e né capacitarsi del perché, del per come, e soprattutto del dove.
Tentò di liberarsi e le sue orecchie captarono distintamente un mugugno, di chiara provenienza umana.
Ma allora non era solo!
Forse c’era Mick lì con lui, compagno di mille bevute?
Si mosse ancora e di nuovo quel mugugno… eppure, eppure… sembrava più uscire da una gola femminile, che da una maschile.
Tombola!
Era evidentemente a letto con la conquista della sera prima!
Strano però… di solito cercava sempre di non rimanere, dopo… dopo.
Cioè, non gli piaceva di passare la notte con la donna del momento, a scambiarsi coccole o paroline dolci che non pensava, né aveva intenzione di prolungare certi incontri.
Soddisfatto e appagato, generalmente a quel punto se l'era già squagliata.
Chi era, allora, la tipa che era riuscita a tenerlo avvinghiato a sé fino al mattino?
Era merito suo, o dell’enorme quantità di alcool – scadente – che aveva tracannato?
E comunque era pure da tanto che non gli capitava di rimorchiare qualche sventola, un po’ perché purtroppo Kaori arrivava sempre sul più bello, e un po’ perché per fortuna Kaori arrivava sempre sul più bello.
Perché la verità era che non gli interessava di concludere, si accontentava di fare il solito mandrillo in calore, e se poi c’era nei paraggi la sua gelosissima socia ad impedirgli di fare cose, era anche meglio.
 
Pensare intensamente alla sua partner, in qualche modo gli restituì un po’ più di lucidità e, muovendosi ancora, sentì nuovamente quel basso suono gutturale… ma quando udì una voce familiare mormorare il suo nome, gli si rizzarono i capelli sulla testa e gli venne la pelle d’oca.
 
Un misto di terrore ed eccitazione lo percorse interamente: trattenne il fiato e, d’improvviso, la nebbia che ottenebrava il suo cervello si dissolse in un lampo.
Non era forse che…
Si agitò, e così facendo il morbido cuscino che gli aveva allietato quella dormita favolosa, si mosse con lui, e solo allora si accorse che sotto, o meglio dentro quel cuscino, c’era un cuore che batteva, e batteva regolare, al contrario del suo che era in fibrillazione.
 
Di nuovo quella voce “Mmmm, Ryo…” impastata di sonno, ma così roca, così sensuale da far resuscitare i morti!
Una voce che conosceva bene, ma che così non l’aveva mai sentita… e dannazione se gli piaceva!
 
L’aveva udita ad un passo dalle sue orecchie: vi era finita dentro e, percorrendo strade a lui sconosciute, era arrivata fino ai lombi, sollecitandoli.
Infatti, il suo amichetto, che già aveva dato chiari segni di vita, si riscosse definitivamente.
 
Il suo cuore accelerò in maniera spaventosa, e ormai totalmente sveglio si rese conto di essere… di essere… Oddio non riusciva nemmeno a dirlo mentalmente.
Era steso sopra quel meraviglioso corpo che apparteneva a Kaori, con una gamba in mezzo alle sue, e non appena si fosse svegliata anche lei, avrebbe sentito quelle del socio, ormai diventate tre!
 
Ryo iniziò a sudare freddo: lei lo avrebbe ucciso, ne era certo… ma che bella morte sarebbe stata?
Era una situazione al limite, pericolosa come non si era mai trovato a vivere in tutta la sua vita di mercenario, di killer, di sweeper… ma anche la più eccitante.
Una scarica di adrenalina fluì nelle sue vene.
Avere Kaori sotto di sé, era incredibile, ma soprattutto, dove diavolo aveva infilato la testa?
Dentro il suo top rosso!
E quel cuscino morbido e caldo non era altro che il suo seno, generoso e… nudo!
Ebbe una vertigine.
Accidenti a lei, che non aveva nemmeno indossato il reggiseno!
Come se adesso fosse colpa sua, se lui…
 
Per un attimo fu sicuro di aver perso i sensi, di essere svenuto al cospetto di tanta grazia; ritrovarsi in quella posizione, con la donna amata a stretto contatto – ed erano pure entrambi vestiti – era un sogno che diventava realtà!
Ma a proposito di sogni, lui l’aveva sognata tutta la notte, e inconsciamente l’aveva cercata, aveva voluto sentirla, stare con lei.
Ecco, la sua mente e il suo corpo l’avevano tradito, per non parlare del cuore.
Per il corpo ancora qualcosa, ogni tanto, riusciva a fare, ad imporsi e comandarlo a suo piacimento; tutt’altro discorso, invece, per quanto riguardava il cuore, di cui tra l’altro aveva ignorato l’esistenza, finché non aveva conosciuto quella donna fantastica che glielo aveva ridestato.
Be’, per il cuore ci aveva già rinunciato da tempo, perché da anni ormai aveva ottenuto l’indipendenza dalla madre patria e aveva giurato fedeltà all’adorata socia.
Però che ora anche la mente lo tradisse, era inconcepibile!
Non era permesso, con Kaori!
Non si poteva, no no no, non andava fatto niente.
Questione chiusa.
 
Eppure si ritrovavano lì.
 
Distesi sullo stesso divano, nel salotto di Mami, la sorella della bella Ami uccisa da un balordo, e che, sotto forma di fantasma, aveva chiesto aiuto a City Hunter.
Il caso consisteva nel proteggere Mami dalle mire del criminale intenzionato a uccidere anche lei.
I due soci si erano trasferiti a casa della ragazza – che spesso veniva posseduta dallo spirito della sorella per comunicare con loro – e la sera prima si erano versati a vicenda del sonnifero nei drink, all’insaputa uno dell’altra: Kaori per impedire al macaco di tentare la solita visita notturna alla cliente, e Ryo per mettere fuori combattimento l’agguerrita partner che, ne era certo, avrebbe fatto l’impossibile per mandare a monte i suoi piani.
E pensare che si erano spacciati per fratello e sorella, e Ryo aveva finto di essere il fidanzato della sfortunata Ami.
 
In ogni caso ora erano lì, letteralmente uno nelle braccia dell’altra, o meglio, Ryo nel top dell’altra, perché lei dormiva beata con un braccio appoggiato sulla fronte.
 
Ryo ripensò ai sogni intensi che avevano popolato la sua nottata, e ringraziò che fossero ancora vestiti, perché non era sicuro di cosa avessero fatto veramente loro due, dove arrivava il sogno e dove cominciava la realtà.
Aveva un vago ricordo di averla abbracciata, e lei lo aveva lasciato fare, anzi, si era stretta di più a lui; e di sicuro avevano passato gran parte della notte avvinghiati, e non era solo a causa del divano che era troppo stretto.
Entrambi volevano stare così…
Certo poi i sogni avevano virato sul rating rosso, ma, e di ciò era certo, non si erano tramutati in realtà. Eppure, giurò di ricordare certe frasi mormorate dalla ragazza che… a pensarci bene avevano lo stesso tono di quando, poco prima, lo aveva chiamato per nome!
No, no e poi no!
Ripensare e fantasticare –  perché ovvio, erano solo fantasie le sue – non l’aiutava e anzi, avrebbe dovuto trovare una scusa e al più presto, per uscire, letteralmente, vivo da quella situazione.
Fuggevolmente, Ryo pensò che il dolce profumo della socia, che aveva respirato tutta la notte, gli sarebbe rimasto addosso per tutto il giorno, e una stranissima gioia lo pervase; profumo che lo avrebbe accompagnato anche nella tomba, però, perché era chiaro che lui sarebbe stato ucciso, per mano di quella furia umana che rispondeva al nome di Kaori Makimura.
 
Sospirò e si disse: “Così sia!”
E comunque, finché non si fosse svegliata, lui avrebbe potuto continuare a vivere quel sogno ormai reale.
Con animo più leggero, si assopì nuovamente.
 
 
***
 
 
Poco più tardi, Kaori, quasi infastidita da un raggio di sole che filtrava dalla tenda tirata del salotto, si svegliò un po’ frastornata.
Aveva la testa pesante e uno sgradevole sapore in bocca.
Provò a stirarsi, ma quando sentì uno strano peso sopra il petto, abbassò lo sguardo per vedere cosa fosse che le gravava addosso: e per fortuna era già distesa, che per poco non svenne!
 
Il suo socio era beatamente addormentato, steso quasi completamente sopra di lei e, soprattutto, aveva la testa dentro il suo top!
Il viso di Ryo era premuto contro il suo seno… seno nudo, per giunta!
 
La ragazza improvvisamente si sentì morire dalla vergogna e dall’imbarazzo!
Stava per impugnare uno dei suoi soliti martelli, per scaricare la tensione e punire quel mandrillo che aveva come partner di lavoro, quando fu assalita da un dubbio atroce.
Cosa.
Avevano.
Fatto.
Quella.
Notte???
Scandì mentalmente.
Perché okay, erano ancora vestiti, ma la posizione in cui si trovavano ora lasciava spazio a non pochi interrogativi.
Più che altro perché lei aveva fatto certi sogni… che poi, erano veramente sogni?
 
Avvampò.
 
Ad essere sincera, se si trovavano così non era tutta colpa di Ryo, perché aveva un vago ricordo di lei che gli si era stretta contro, che aveva cercato il suo calore, che l’aveva abbracciato facendo quasi le fusa.
A quel pensiero fu scossa da un’ondata di desiderio e tenerezza insieme.
Ottenebrata dal sonno che le aveva indotto il sonnifero che, ne era certa, il socio le aveva rifilato nel drink, cadute tutte le barriere inibitorie, lei aveva lasciato che il suo cuore e il suo corpo chiedessero ciò di cui aveva più bisogno, e cioè Ryo.
Punto.
 
Ma l’effetto del sonnifero era stato così potente, che più di quello non avevano fatto, ne era quasi sicura, a differenza di quello che era invece accaduto nei suoi sogni.
A quella constatazione prese letteralmente fuoco, ma non era solo imbarazzo: era desiderio e voglia; e
si fece subito languida e ricettiva.
 
Come sarebbe stato bello, se Ryo avesse ricambiato i suoi sentimenti; se momenti come quelli fossero stati la quotidianità di una coppia che dorme (dorme?) insieme, e poi si sveglia abbracciata e felice, senza imbarazzi, senza finzioni, senza scuse!
Perché la verità era che lei lo desiderava tantissimo, ma si vietava di approcciarsi a lui, di farglielo capire, temendo un rifiuto, magari ancora più esplicito delle battute con cui la denigrava.
Non voleva ridurre il suo cuore in poltiglia, non voleva che lui lo calpestasse più di quello che già faceva normalmente.
Kaori nascondeva le sue tenerezze e gli slanci d’amore dietro i rimproveri, dietro le scenate di gelosia, dietro una durezza che era ben lungi dal provare.
Ma diversamente, cosa avrebbe mai potuto fare?
 
Se ora, al suo risveglio, lui l’avesse presa in giro, lamentandosi del suo seno piatto, o maledicendo la sorte che lo aveva fatto finire addosso ad un travestito mezzo uomo piuttosto che una bella donna sexy e, schifato, avesse fatto tante storie, lei si sarebbe sentita umiliata fino alla morte: non avrebbe retto alla botta.
In fondo era lui che aveva infilato la testa nel suo top, ma, pur di ferirla, avrebbe in qualche modo dato la colpa a lei.
E allora, dato che la migliore difesa è l’attacco, meglio attaccare veramente, magari armati di un potente martello.
 
Eppure Kaori ancora non si decideva a strepitare, svegliandolo malamente, per poterlo polverizzare.
Era cosi eccitante e intimo avere Ryo letteralmente sul suo seno, e dormiva così sereno!
La ragazza era pure tentata di accarezzargli il viso e affondare le dita nella sua chioma corvina.
 
Sospirò.
 
Perché era così tanto difficile per loro?
Perché lei non era come una di quelle donne affascinanti che tanto piacevano a Ryo?
 
E va bene, per l’ennesima volta si sarebbe goduta l’uomo che amava, così, di nascosto, mentre lui dormiva ignaro del suo amore, e non la vedeva sospirare e sorridere dolcemente come la donna innamorata che era.
Sentire il suo respiro caldo sul seno le faceva provare mille brividi di piacere, e chiuse gli occhi per meglio assaporarli; anche lei era una donna in carne ed ossa, e se fosse stata più sicura di sé, avrebbe osato… ma no, no, se l’avesse respinta ne sarebbe morta.
 
Aveva chiuso gli occhi giusto un istante, ma li riaprì subito dopo, quasi di scatto, sentendosi osservata.
Sapeva bene quali occhi neri, profondi come la notte, la stessero guardando; ed era già pronta a fare la sua parte, come richiesto dal copione che ognuno di loro era tenuto a recitare, anche se dentro di sé provò una fitta lancinante.
Perché le cose dovevano andare sempre così?
Perché non si poteva cambiare?
O almeno provarci?
Era consapevole che era stato Ryo a dettare le regole del loro gioco fin dall’inizio, ma un senso di ribellione l’invase.
E non era nemmeno una novità questa sensazione, ma ogni volta l’aveva sempre soffocata sul nascere.
Si era arresa.
 
Lui la stava guardando intensamente: probabilmente cercava di capire come avrebbe reagito la socia.
Ryo era cosciente di averla messa in una situazione di profondo imbarazzo e, conoscendola, avrebbe sfogata la sua vergogna nell’unico modo a lei più congeniale.
E lui era pronto a beccarsi la giusta punizione...
Che l’avrebbe portato però inevitabilmente alla morte.
 
Tuttavia era stato talmente bello, quel risveglio, che istintivamente le sorrise; sì, sarebbe morto col sorriso sulle labbra, con gli occhi pieni della sua visione, con la nostalgia per un momento, che sarebbe potuto essere vita vissuta, quotidianità… e invece era, ufficialmente, il frutto di un errore.
 
Kaori stranamente tardava a scagliargli addosso la sua vendetta divina, affascinata e ipnotizzata dagli occhi di Ryo, che esprimevano sentimenti che non conosceva, e si confuse.
Era veramente un peccato rovinare quel bel momento speciale ed intimo, doverlo relegare fra le cose imbarazzanti che spesso gli capitavano, piuttosto che viverlo appieno per ciò che era.
 
Era ormai chiaro che durante la notte si fossero istintivamente cercati, ma ormai erano svegli e tutto doveva essere taciuto, negato, sconfessato.
 
Kaori sospirò; stava per fare una cosa contro voglia, e si sforzò di far materializzare il martello più grosso che avesse, ma la stizza era solo simulata e le tonnellate erano troppo scarse; si concentrò allora sulle mancanze passate di Ryo, sulle sue innumerevoli boiate, per far crescere la sua ira… ma davvero faceva tanta fatica, perché non era così che si sentiva...
 
Ed un secondo prima che lei gli scaraventasse contro il frutto della sua vergogna, Ryo la raggelò dicendo:
 
“Perdonami”
 
Kaori si bloccò di colpo, ad occhi spalancati.
 
Lui si era lentamente disimpegnato dalla prigione del suo top – e quello strusciare del suo viso sul seno era stato così conturbante, per non parlare delle sue mani che avevano annaspato tutto il tempo, fra il tessuto e la pelle, ma che erano state così gentili e attente – ed ora Ryo la stava fissando, con lo sguardo di chi chiede una remissione totale, e non porge semplici scuse imbarazzate.
 
Se avesse detto “Scusa, non volevo” forse sarebbe stato più umiliante per lei, ma così…
Inspiegabilmente credette di vederci una differenza, anche se era questione di sfumature.
 
In ogni caso lui si era messo in ginocchio sul divano, attento a non gravarle ancora addosso: si reggeva sullo schienale con una mano, mentre l’altra era ancora appoggiata sui cuscini.
Se si fosse allontanato troppo, la martellata sarebbe stata meno efficace… inconsciamente Kaori gli dava il tempo e lo spazio di fuggire.
 
C’era una strana tensione nell’aria, e le parole non dette urlavano nel silenzio.
Ryo riprese:
 
“Perdonami se ti ho messo in imbarazzo” e a quelle parole, Kaori sussultò.
 
Lui non stava cercando delle scuse, non la stava irridendo come aveva temuto, non la buttava sullo scherzo né sdrammatizzava: riconosceva il suo atto sconsiderato e il fatto che le avesse provocato disagio.
 
Però così era quasi peggio, lui non si stava comportando come sempre, e le impediva di fare altrettanto; si accorse troppo tardi di quello che gli disse:
 
“A questo punto io dovrei prenderti a martellate, lo sai questo vero?”
 
“Sì, lo so perfettamente. Avanti, cosa aspetti?”
 
Era commovente il suo sacrificarsi, il suo capitolare di fronte all’ira della socia.
Lui, lo sweeper numero uno del Giappone, capace di sentire armare il grilletto di una qualsiasi arma da fuoco perfino in mezzo al caos più assordante, che era in grado di schivare pallottole impazzite, disarmare a mani nude e sconfiggere i più temibili criminali, ma che mai, nemmeno una volta, si era sottratto alle martellate della socia, facendosi sempre picchiare da lei.
 
Lei si confuse ancora di più, e rimase lì interdetta, titubante.
Lo avrebbe picchiato controvoglia e non era quello che voleva.
Frustrata, lo guardò tristemente.
 
“No, non voglio farlo” le sfuggì detto.
 
A quel punto fu il turno di Ryo rimanere sorpreso.
 
“Per-perché?” balbetto il socio.
 
Essere preso a mazzate da lei faceva parte del loro menage quotidiano, serviva ad entrambi per ristabilire lo status quo, per ritornare nei ranghi quando uno dei due faceva o diceva qualcosa che non doveva.
Se lei si rifiutava, c’erano troppe cose da rimettere in discussione.
 
Kaori fece cadere pesantemente il martello in terra ed entrambi sobbalzarono al rumore improvviso: per una frazione di secondo batterono gli occhi istintivamente, ma mai smisero di guardarsi.
 
Ryo era rimasto nella stessa posizione, e Kaori si tirò su appena, quel tanto che le serviva per mettersi a sedere.
Si risistemò il top ormai sformato, cercando di accostarselo al corpo: quel gesto le serviva, inconsciamente, per mettere ordine nei suoi pensieri.
Poi si passò stancamente la mano nei corti capelli, e se li scompigliò.
Sospirò nel farlo.
 
“Ti prego, lasciamo perdere, facciamo finta che non sia successo niente… ed io non userò il martello”.
 
“Ma io… io…” disse il socio “Io ho fatto… mi hai visto, no? Mi hai trovato… insomma… ero lì che… Non ti sei sentita offesa?” concluse infine.
 
“No, le offese sono ben altre… Piuttosto mi dispiace. Sì, mi dispiace perché… Perché è stato bello!”
 
Ecco, l’aveva detto, e quelle parole investirono Ryo come una folata di vento caldo.
Aveva capito bene?
Lei aveva veramente detto che era stato bello???
Allora non le aveva fatto schifo, ritrovarsi quel porcello del socio disteso lungo su di lei, addirittura con la testa infilata nella sua canottiera, a strusciarcisi dentro???
Incredibile!!!
 
Ryo a quel punto avrebbe dovuto sapere il significato di quel mi dispiace, perché presupponeva tante cose, l’essenza stessa del loro rapporto, ma era troppo euforico per il resto della frase per farci caso e, ingenuamente, chiese l’unica cosa che non avrebbe dovuto chiedere, e cioè:
 
“E perché ti dispiace?”
 
Sorpresa, Kaori lo guardò senza capire: davvero voleva addentrarsi in quel discorso?
Non era stato lui, che tacitamente aveva proibito certi risvolti nella loro relazione?
In ogni caso, ancora sotto l’effetto del sonnifero o del sonno, rispose quasi di getto, poiché non aveva fatto in tempo ad indossare la sua solita corazza, e per una volta voleva essere sé stessa:
 
“Mi dispiace, perché vorrei veramente svegliarmi tutte le mattine abbracciata a te, anziché dormire da sola… Perché al di là di tutto, prima, non eri il solito maniaco pervertito, eri… eri… anche dolce e indifeso” e arrossì un poco, poi riprese “Ma io non sono il tipo che donna che piace a te, anzi per te non sono nemmeno una donna, figurarsi, quindi… cosa mai posso aspettarmi di diverso?” e fece per tirarsi su, come a dire che il discorso era finito, e non c’era altro da dire.
Ma il socio, inaspettatamente, le disse:
 
“No, aspetta…” e le posò una mano sul braccio a trattenerla “Tu lo sai perché non possiamo… troppo pericoloso, troppo rischioso… Però ti ringrazio. Sono contento che ti sia piaciuto questo… questo strano risveglio” e le sorrise con fare disarmante.
 
“Ed è anche per questo che mi dispiace… Adesso però ti prego, fammi andare, voglio farmi una doccia, e poi presto sarà qui Mami, e non voglio che ci trovi così… così.”
 
E stancamente provò di nuovo ad alzarsi, ma lui continuava a trattenerla, con le ginocchia ai lati delle sue gambe.
Era stregato dalla ragazza e ancora si sentiva sul viso l’eccitante calore del suo seno, le forme del suo corpo premuto sotto il suo.
Era vero che non potevano, o meglio lui aveva stabilito così, però era innegabile che di notte si erano cercati, volevano stare insieme.
Non era forse giunto il momento di rivedere un po’ di cose?
Non era da stupidi negarsi la felicità, quando sarebbe stato così facile?
 
E poi sì, il loro era un mondo pericoloso e malsano, ma Kaori, già per il fatto di essere la socia di City Hunter, era sempre presa di mira: ai nemici non sarebbe importato poi molto di cosa facevano nel segreto delle loro quattro mura domestiche.
La differenza la facevano solo loro due.
Soprattutto Kaori aveva dimostrato di gradire lui, di apprezzare la sua vicinanza… allora questo voleva dire che aveva qualche speranza, poteva ambire ad essere degno di lei.
 
Il suo cuore fece un balzo nel petto e, a dispetto di tutte le regole che si erano imposti, e delle paure che lo avevano paralizzato fino a quel momento, un pensiero balzano gli attraversò la mente: si chiese come avrebbe reagito la socia se lui avesse provata a baciarla; che sapore avessero quelle labbra che, quando gli sorridevano, erano così invitanti.
I suoi occhi scesero a fissare quella bocca proibita e Kaori, accorgendosene, prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore: cos’aveva in mente Ryo, stavolta?
Perché la guardava in quel modo?
 
E poi tutto successe in un istante: un secondo prima Ryo sognava di baciare la sua dolce Kaori, e un secondo dopo ecco che assaggiava già le sue labbra, con infinita dolcezza, quasi a sfiorarle.
Chiuse gli occhi.
Una miriade d’immagini gli sfilarono nella testa: i sogni della notte precedente tornarono prepotentemente alla ribalta, ma non erano niente, in confronto a quella sublime realtà.
Il bacio fu tenero e appassionato, e Ryo non si spinse oltre per paura di essere respinto, di aver messo ulteriormente in imbarazzo la sua pudica socia.
Non aveva resistito al richiamo delle sue labbra, ma come sarebbe andata a finire?
Non volle però pensare a niente, se non a perdersi in quell’attimo infinito, prima che venisse interrotto troppo presto.
 
Kaori si ritrovò stretta nell’abbraccio di Ryo, persa in quel bacio struggente e timido insieme, e per un attimo si stupì che il grande stallone di Shinjuku non si fosse approcciato a lei con la solita foga animalesca che sempre lo contraddistingueva, ma non reputò questa sorta di esitazione come un minore coinvolgimento da parte dell’uomo, piuttosto un senso di rispetto, di riguardo, che l’accesero d’amore e ardore.
 
Quanto poteva essere delicato, quel mezzo mandrillo idiota di cui era perdutamente innamorata?
Tanto, tantissimo, e se anche non l’avesse trattata sempre così male, avrebbe riconosciuto in lui lo stesso tutta la venerazione che le stava dimostrando in quel momento.
Per questo non resistette oltre e, gettandogli le braccia al collo, lo attirò con impeto verso di sé, fino a ritrovarselo sopra, più o meno nella stessa posizione di prima.
E quando Ryo, sorpreso, si allontanò da lei per un istante, ancora frastornato da quel bacio favoloso che si erano scambiati, la guardò con occhi da bambino.
Prima ancora che potesse capacitarsi di tutto il resto, Kaori lo baciò con ardore e possesso, forse anche con la segreta paura che lui scappasse via, che si ritraesse pentito… ma non appena sentì che Ryo, invece, rispondeva al suo invito con altrettanta passione, sorrise trionfante sulle sue labbra; e seppe che non era più tempo di rimandare, che stavolta lui non sarebbe tornato sui suoi passi.
 
Il mondo intorno a loro scomparve: non erano più distesi sul divano della bella e ingenua Mami, non erano più due sweeper assoldati da un fantasma, ma due ragazzi che si amavano e volevano amarsi come non si erano permessi mai prima d’ora.
Le carezze dapprima dolcissime, quasi timide ed accennate, si fecero via via più decise e profonde, vogliose, provocanti, così come i baci, sempre più lunghi e partecipati.
I due City Hunter allora si sfidarono a chi si dava di più all’altro, e mentre l’atmosfera si faceva sempre più torrida non si avvidero dei lievi colpetti alla porta, e nemmeno che la loro cliente era entrata nel salotto, sorprendendoli in atteggiamenti inequivocabili.
La donna quindi si schiarì rumorosamente la voce, per richiamare la loro attenzione, e finalmente si accorsero di lei, che a braccia conserte li guardava con aria maliziosa e sorrideva sarcasticamente.
 
I due, vedendola ritta al centro della stanza, sobbalzarono e si staccarono all’istante, cercando di ricomporsi.
Kaori irradiava calore dal viso in fiamme, e Ryo ridacchiava grattandosi la testa; riuscì solo a dire:
 
“Mami… posso spiegarti”.
 
“Ma io sono Ami!” proruppe quella, e scoppiò a ridere divertita “Devo dire che non avete perso tempo, eh? Alla faccia che eravate solo fratello e sorella…. Seeeee, ma chi ci ha mai creduto??? Si vede lontano un miglio che vi volete”.
 
Kaori sgranò tanto di occhi, con il cuore sull’orlo del collasso: prima quell’incontro bollente con il socio, e poi Mami o Ami, quello che era, che li sorprendeva, e poi ancora trovarsi davanti il fantasma della ragazza uccisa.
Questo era troppo per lei.
 
Guardò per un attimo Ryo, che si strinse nelle spalle; lui non aveva paura degli spiriti come lei!
Poi tornò a fissare la cliente, che ancora li guardava con un leggero ghigno ironico stampato sul viso.
 
In quel momento Ami stava possedendo il corpo della sorella, e si divertiva un sacco, sempre sfrontata come aveva già dimostrato di essere, e per niente imbarazzata da certi aspetti della vita, infatti, sospirando disse:
 
“Ecco, questa è una cosa che mi mancherà tantissimo” riferendosi alla sua attuale situazione di spirito incorporeo “Quanto vi invidio!” concluse con un velo di amarezza.
 
Kaori iniziò a balbettare:
 
“Ma-ma-ma veramente noi, non… non…”
 
Che razza di situazione era quella???
Tutto era assurdo e al limite del credibile!
 
La sweeper per un attimo si chiese se non fosse ancora sotto effetto di quel dannato sonnifero, che sembrava più una vera e propria droga, con tanto di effetti allucinogeni.
 
Ma Kaori non ebbe il tempo di rimuginarci su troppo, perché Mami/Ami si irrigidì e si mise come in ascolto, per poi uscirsene con:
 
“Mia sorella sta per svegliarsi e presto dovrò liberare il campo, non ci sarà più spazio per me nella sua testa. Ora quindi uscirò dalla stanza e mi fermerò di fuori davanti alla porta. Voi vedete di non farvi trovare in… in questo magnifico stato” e sospirò ancora, voluttuosamente “Dicevo, non fatevi vedere così da mia sorella, intesi?”
 
“Sì-sì-sì, certamente” rispose Ryo scuotendo la testa avanti e indietro, in atteggiamento servile, mentre Kaori riusciva solo ad emettere una sfilza di “Eh eh eh eh”.
 
La donna girò sui tacchi e fece come aveva detto.
Ma per Kaori tutto era stato troppo: il fantasma che li aveva assunti e che, possedendo il corpo della sorella, comunicava con loro non disdegnando di provarci con Ryo tanto da promettergli una ricompensa mokkori; l’emozione e il turbamento di trovarsi con Ryo in quella situazione; quei baci fantastici, e poi essere sorpresi in quel modo dalla loro cliente.
I nervi di Kaori erano scossi fino all’estremo e c’era solo un modo per scaricare la tensione accumulata, così fece materializzare un bel martello con la scritta “Super-imbarazzo” e, poco prima che sentissero i colpi decisi e insistenti alla porta di Mami che era venuta a svegliarli, Ryo, allarmato dal cambiamento di aura della socia, si era già nascosto dietro il divano, inutilmente perché il martello lo raggiunse anche lì, stordendolo.
 
Mami entrando, stupita dal fracasso appena sentito, chiese:
 
“C-che succede? Signor Saeba? Signorina Kaori?”
 
E guardandosi intorno vide Kaori al riparo di un tavolino rovesciato, che brandiva una grossa croce a mo’ di esorcismo.
 
Ami poteva essere accomodante quanto voleva, ma Kaori proprio non ci riusciva a non essere terrorizzata da lei, e dal fatto che fosse un fantasma che se ne andasse in giro di giorno e di notte, come se niente fosse!
Era più forte di lei!
Quindi, per non impazzire e per appigliarsi a qualcosa di concreto, le domandò:
 
“Tu… sei Mami, vero?!”
 
“Eh? be’ sì, ma…”
 
E scoppiando a ridere nervosamente, la sweeper continuò:
 
“Ma certo! Che domande faccio!? Certo che sei Mami, chi dovresti essere, se no?”
 
La cliente però continuava a girare lo sguardo per la stanza; non vedeva il fratello di Kaori, e c’era una strana atmosfera, e poi aveva sentito tutto quel rumore, come un boato, quindi riprovò a chiedere, titubante:
 
“Piuttosto, cos’è stato tutto quel rumore?”
 
“Rumore?! Quale rumore? Non l’avrai sognato? Ah ah ah…” insistette Kaori, per impedirle di indagare oltre.
 
Mami non era completamente convinta, ma se ne andò dopo poco, non prima di averle detto che la colazione era pronta e li aspettava di là in soggiorno.
Appena richiusasi la porta alle spalle, Kaori raggiunse Ryo, che giaceva mezzo massacrato dall’ultimo martello e ancora doveva riprendersi dalla botta.
 
“Ryo? Ryo? Ti prego, rispondi!” iniziò a chiamarlo la socia, scuotendolo leggermente, fino a quando non rinvenne; guardandola con aria assente bofonchiò solo:
 
“Perché?”
 
“Ha-hai ragione, scusami, ma ero così agitata, spaventata, e in imbarazzo…” rispose quasi piagnucolando, per poi proseguire con “… ma ero anche così emozionata, così… eccitata…” e lo fissò con sguardo ammaliatore.
 
Ryo inghiottì a vuoto, con uno strano sfarfallio nello stomaco; aveva perso gran parte delle ammaccature e stava tornando quasi normale, allora con aria furba le disse:
 
“Se è così che stanno le cose, posso anche decidere di perdonarti, a patto che tu….”
 
“… che io?” gli fece eco lei, che pendeva dalle sue labbra; si era accovacciata accanto a lui, che ora sedeva a gambe incrociate e con un braccio alzato era pronto ad emettere la sua sentenza.
 
“A patto che tu mi restituisca tutti i baci che ti ho dato!” esordì lo sweeper.
 
“Eh?” chiese stupita la ragazza “Ma-ma come …come …ah ho capito!”
 
Gli si gettò al collo e, sbaciucchiandolo tutto, prese ad elencare: “Allora ecco, prendi… questo…e poi questo… e anche questo!”
 
Lui si faceva baciare con aria beata e trasognata, e quando stava quasi per rispondere ai suoi baci, ormai stuzzicato dalla compagna, si spalancò nuovamente la porta e Mami, entrando, chiese ancora:
 
“Signor Saeba? Signorina Kaori?” e dopo un attimo: “Ma dove siete?”
I due sweeper si erano appiattiti allo schienale del divano, non facevano un fiato, guardandosi con aria maliziosa; sentirono la cliente borbottare:
 
“Dove saranno finiti tutti e due? Non li ho visti passare… Be’, sono strani forte! Mah!” per poi chiudere la porta.
 
Ryo e Kaori lasciarono andare il respiro rumorosamente: l’avevano scampata bella anche stavolta.
 
L’uomo si tirò su e diede la mano alla socia, aiutandola a rimettersi in piedi, dicendole sconsolato:
 
“Direi che per il momento… non possiamo”.
 
“Già, lo penso anche io” ammise scorata la ragazza.
 
Allora Ryo, vedendola così triste e per rincuorarsi anche lui, aggiunse:
 
“Ehi, ma il tutto è solo rimandato!” e le fece l’occhiolino.
 
Lei lo guardò speranzosa, perché se i fantasmi le facevano paura, molta di più gliene faceva il pensiero che lui si tirasse nuovamente indietro; ma sembrava convito, e le stava sorridendo con amore.
Decise di dargli fiducia, però non riuscì ad impedirsi di chiedergli:
 
“Veramente?”
 
“Puoi giurarci, socia!”
 
“Bene, allora andiamo a risolvere questo caso, che ho un paio di cosette da chiederti indietro” e gli stampò l’ultimo bacio sulla bocca prima di uscire saltellando dal salotto.
 
Ryo sospirò affascinato, e scuotendo la testa si disse:
 
Ecco, sono rovinato… piacevolmente rovinato!” e poi: “Ka-Kaori, aspettamiiiii!!!” e le corse dietro.
   
 
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