Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: pampa98    25/12/2020    1 recensioni
Il lavoro costringe Jaime Lannister lontano dalla famiglia, ma non per le feste: ha promesso a sua figlia che avrebbero trascorso il Natale insieme e Joanna conta i minuti che la separano dal suo arrivo.
Sembra però che le promesse non siano semplici da mantenere e potrebbe essere necessario un piccolo aiuto da qualcuno proveniente da molto lontano per rendere magica quella notte speciale.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I bambini di questa AU sono invenzione mia e di JodieGraham, per cui ho scritto questa storia. Spero che ti piaccia ❤
 


QUELLA VOLTA IN CUI
BABBO NATALE DIMENTIC
Ò IL REGALO PIÙ IMPORTANTE
 


A Diletta,
con l'augurio di un Buon Natale
che porti a tempi migliori

 



Joanna guardava fuori dalla finestra, appoggiata al davanzale, in attesa di vedere una macchina scura percorrere il vialetto innevato. Era la vigilia di Natale: suo padre sarebbe dovuto arrivare una settimana prima, ma a causa di altri impegni di lavoro aveva dovuto rimandare. Le aveva comunque promesso che avrebbero trascorso le feste insieme e da quel momento la bambina contava le ore che la separavano dalla possibilità di abbracciarlo di nuovo; a quel punto era questione di pochi minuti.
«Joanna. Arthur.»
Si voltò verso la voce di sua madre, correndole incontro.
«Papà non è ancora arrivato» disse.
«Lo so, tesoro.» Teneva Cat con un braccio, mentre nell’altra mano aveva il suo cellulare. Le rivolse un’occhiata dispiaciuta prima di mostrarle lo schermo, sul quale il viso di un uomo con una corta barba spolverata di grigio le sorrise.
«Papà!» Joanna le tolse di mano il telefono, fissando il volto di suo padre con un sorriso entusiasta.
«Ciao, principessa.»
«Dove sei? Tra quanto arrivi? Stamattina io e la mamma ti abbiamo fatto dei biscotti!»
Jaime le sorrise.
«Che bello. Mi piacerebbe tanto poterli assaggiare.»
«Allora sbrigati ad arrivare. Nei limiti della velocità, ovviamente» aggiunse, ricordando l’ammonimento che le aveva dato sua madre la prima volta che aveva chiesto a Jaime di mettere il turbo per raggiungerli.
«Joanna» Brienne le mise una mano sulla spalla. «Papà ha avuto un imprevisto.»
«Che imprevisto?» chiese Arthur, che stava scendendo le scale in quel momento.
«C’è stato un problema in ufficio» spiegò Jaime. «Io… Bambini, devo restare ancora un po’ qui.»
Joanna spostò lo sguardo da lui a Brienne, e poi di nuovo verso suo padre.
«Ma… Ma sei già rimasto» gli ricordò. «Dovevi già essere qui.»
«Lo so, piccola.»
«È Natale» si intromise Arthur, con un’espressione mesta in volto. Anche se era più riservato della sorella e mostrava di rado il suo entusiasmo per qualsivoglia questione, suo padre mancava anche a lui. «Non puoi dover lavorare a Natale.»
«È… È complicato.»
«Non è complicato!» sbottò Joanna. «Tu devi venire! Mamma, a te non può stare bene!»
«Joanna, anche a me piacerebbe che Jaime potesse essere qui. Però il lavoro…»
«Il lavoro! Il lavoro! Non pensate ad altro.»
«Joanna» la chiamò Jaime, ma lei lo interruppe prima che potesse parlare.
«No! Se domani tu non sarai qui con noi, non ti rivolgerò mai più la parola!»
Lanciò il telefono a Brienne e corse su per le scale.
«Ha ragione. Non ti vediamo mai» aggiunse Arthur, prima di seguire la sorella nella loro camera.
Trovò la gemella sdraiata sul letto, abbracciata al suo peluche di Simba. Arthur sapeva che stava piangendo prima ancora di sentire i suoi singhiozzi soffocati. Si sdraiò accanto a lei e l’abbracciò, accarezzandole lentamente il braccio.
«Aveva promesso» singhiozzò Joanna, con la voce soffocata dal leone di pezza. «Non… Non lo vediamo da settimane. Non gli manchiamo… nemmeno un po’?»
«A detta della mamma, sì. Il suo lavoro gli permette di comprarci tanti bei regali» disse, cercando di trovare un lato positivo alla lontananza di loro padre.
«Non voglio sentire quella parola!» urlò Joanna, cercando di colpirlo con Simba. «Odio il suo stupido lavoro e anche i suoi stupidi regali!»
«Anch’io» confermò Arthur, continuando ad accarezzarla. «Magari viene per fine anno e resta fino a primavera.»
«Non mi importa» sentenziò Joanna, tirando su col naso. «Se non arriva entro domani, non lo vorrò più vedere.»
E con quelle parole, Arthur seppe che non poteva dire altro per cercare di consolare sua sorella.


Quella sera Brienne riunì i tre bambini in camera sua e lesse loro la storia “L’orso e la fanciulla bionda”, ma nemmeno quella riuscì a migliorare l’umore di Joanna. Arthur e Cat si erano addormentati verso la metà del racconto, mentre lei era rimasta sveglia con un’espressione imbronciata.
Brienne posò il libro sul comodino e la strinse a sé.
«Tuo padre ti ama moltissimo.»
Joanna fece spallucce.
«Non fa niente per dimostrarlo.»
«Questo non è vero. Ti chiama sempre prima che tu vada a letto, passa tutta la settimana in attesa del weekend per potervi vedere, organizza ogni giorno che passate insieme per non dover rinunciare nemmeno a un minuto della tua presenza o di quella dei tuoi fratelli.»
«Deve riempire i pochi giorni con noi perché non lo vediamo mai» rispose la bambina.
«E pensi che lui ne sia felice?»
«Sì, sennò vivrebbe con noi. Siete sposati, perché non vivete insieme?» aggiunse, fissandola con occhi pieni di rimprovero, come se Brienne desiderasse quella lontananza.
Brienne sospirò, accarezzandole i capelli.
«Sai perché. Ci siamo conosciuti quando si è dovuto occupare di un caso insieme allo studio Stark e poi... ci siamo innamorati, ma non era ancora il momento perché uno di noi abbandonasse la sua vecchia vita. Non appena il mio contratto con gli Stark finirà, ci trasferiremo nella capitale e vivremo finalmente insieme.»
«Lo dici sempre, ma quel giorno continua a non arrivare» borbottò Joanna, accoccolandosi contro il suo petto con un sospiro.
«Vedrai che arriverà prima di quanto pensi. Ora dormi, forza» Si allungò oltre Arthur per spengere la luce dell’abatjour, mentre la rabbia e la tristezza di Joanna lasciavano il posto alla stanchezza. «Domani sarà una lunga giornata.»


Brienne svegliò i bambini poche ore dopo, in piena notte.
«Ma…mma?» biascicò Arthur.
«Arthur, resta qui con le tue sorelle» gli disse con voce concitata, affacciandosi alla porta.
«Che c’è?» chiese Joanna, mettendosi seduta. Cat si tirò su a sua volta, stropicciandosi gli occhi.
«Ho sentito dei rumori.»
«Rumori?» esclamò Arthur. «Che rumori? Ci sono dei ladri?»
«Non lo so. Solo… Restate qui, va bene? Vado a controllare.»
«Babbo» disse Cat sollevando le braccine, felice.
«Potrebbe essere arrivato papà?»
«Non credo, Joanna» la frenò subito Brienne.
«Ma certo! Non è il nostro babbo» disse Arthur, battendosi un pugno sul palmo della mano come se avesse appena scoperto una verità inconfutabile. «È ancora notte: è Babbo Natale che ci porta i regali.»
Le altre tre ponderarono le sue parole: il ragionamento non faceva una piega. Brienne sospirò, tornando verso il letto.
«Hai ragione, non ci avevo pensato.»
Stava per stendersi di nuovo sotto le coperte, ma nel momento in cui toccò il letto i tre bambini scattarono in piedi, diretti verso il soggiorno.
«Voglio vedere le renne!» Cat fu l’unica che Brienne riuscì a intercettare, sollevandola da terra per prenderla in braccio.
«Ragazzi, conoscete le regole: non potete vedere Babbo Natale. Non vorrete fare i bambini cattivi proprio oggi, vero?»
«Tanto quello che volevo non si è avverato» disse Joanna con un’alzata di spalle. «Posso anche infrangere questa regola.»
«Anch’io la infrango volentieri» si unì Arthur. «Sarò più buono il prossimo anno.»
«I bambini che incontrano Babbo Natale non riceveranno mai più la sua visita.»
Joanna e Arthur si scambiarono uno sguardo complice.
«Ce ne faremo una ragione» rispose all’unisono, scendendo al piano di sotto.
La casa era avvolta nell’oscurità, spezzata solo dalla luce lunare che attraversava le finestre, riversandosi nell’ingresso. I gemelli si presero per mano, avanzando lentamente mentre cercavano di mettere a fuoco gli scalini e il breve corridoio che portava al soggiorno. Avevano lasciato le luci dell’albero accese e grazie a quelle non ebbero difficoltà a distinguere tutte le sagome nella stanza. Soprattutto quelle in movimento.
«Eccolo!» esclamò Joanna, indicando una figura accanto all’albero.
«Oh oh oh» cantilenò con voce profonda; era piegato in avanti e dava loro la schiena, ma si mise dritto per parlare con loro. «È forse la voce di una bambina cattiva che sento?»
«Non sono una bambina cattiva.»
«Oh oh oh. È vero, siete due bambini cattivi» constatò lui, voltandosi. «Coraggio, avvicinatevi.»
L’uomo aveva il volto coperto da una lunga barba bianca, indossava un cappello rosso con un pompon tirato sopra la testa e un vestito dello stesso colore abbottonato sopra il grasso pancione. Si avvicinò a loro, chinandosi per raggiungere la loro altezza.
«Voi due non dovreste essere a dormire?»
«Hai spaventato la mamma» spiegò Arthur. «E ci siamo svegliati anche noi.»
«Oh, be’… In tal caso, chiedo scusa. Eh, non sono più giovane come un tempo: gli anni in cui mi aggiravo silenzioso nelle case dei bambini di tutto il mondo sono finiti.»
«Hai ricevuto le nostre lettere?» chiese Joanna, per nulla interessata alle lamentele dell’uomo sulla sua vecchiaia.
«Certo che le ho ricevute. Altrimenti come avrei fatto a portarvi quelli?» disse, indicando i pacchi depositati sotto l’albero.
«Non le hai lette bene.»
«Oh oh oh» Babbo Natale mise le mani sui fianchi, rivolgendo alla bambina un’espressione di sfida. «Metti forse in dubbio le mie abilità? Attenta, sei molto vicina a finire nella lista dei bambini cattivi.»
«Non mi hai portato quello che avevo chiesto» insistette lei.
«E come lo sai se non hai nemmeno scartato i regali?»
«Perché nessuno di quei pacchi è grande abbastanza da contenere il mio papà.»
Babbo Natale sgranò gli occhi, mentre le braccia gli ricadevano lungo i fianchi.
«Il tuo… papà?»
Joanna incrociò le braccia al petto, abbassando gli occhi.
«Io ti avevo chiesto che papà passasse le feste con noi, invece è rimasto ad Approdo del Re per quel suo stupido lavoro!»
L’espressione di Babbo Natale si addolcì di fronte a quella risposta.
«Sei una bambina molto dolce» disse, con una voce più calda e completamente diversa da quella usata fino a quel momento.
«Lo sai che hai un’aria familiare?» disse Arthur, scrutandolo attentamente con i suoi occhi azzurri.
«Naturale» rispose lui, tornando alla voce profonda che aveva usato poc’anzi. «Hanno creato centinaia di mie imitazioni, anche abbastanza fedeli nell’aspetto devo ammettere. A ogni modo» si voltò verso la sacca, frugandovi all’interno, «vediamo… dove l’ho messo?... Ah, eccolo qui!»
Estrasse un quaderno rilegato in pelle color rosso. Sopra vi era un’etichetta con su scritto: Bambini buoni – Anno 2020. Babbo Natale lo aprì e cominciò a frugare tra le pagine.
«Bene, dovrebbe essere questa. Sei Joanna Lannister, giusto?»
La bambina inarcò un sopracciglio, ma annuì. L’uomo tenne in mano un foglio, che era stato piegato al centro, e cominciò a leggere.
«Allora… Qui c’è scritto che volevi la bambola cantante di Elsa, un vestito nuovo per l’estate (possibilmente rosso), un giocattolo qualsiasi di Judy il Coniglietto e… Ops.»
«E che il mio papà trascorresse le feste con noi» concluse Joanna, assumendo un’aria soddisfatta per aver dimostrato di essere nel giusto.
Babbo Natale balbettò qualche scusa imbarazzata, poi si schiarì la gola e disse con tono pacato.
«Be’, è… è una richiesta insolita. Ma lecitissima e importantissima, soprattutto.»
Si chinò verso di lei e Joanna ebbe a sua volta l’impressione di averlo già visto, non in tv o in qualche disegno, ma nella realtà.
«Non trascorrerai un felice Natale se tuo padre non sarà qui?» le chiese dolcemente.
Lei abbassò lo sguardo, dondolandosi sul posto.
«Tanto ormai è tardi.»
«Oh oh oh!» esclamò Babbo Natale, dandosi dei colpi sul pancione. «Non temere, piccola. Babbo Natale non permetterà che una brava bambina trascorra le feste nella tristezza per causa di un suo errore. Tuo papà sarà qui. Ecco» tolse un altro paio di pacchetti avvolti in una carta blu decorata con fiocchi di neve e si rimise il sacco in spalla. «È stato un piacere bambini, ora tornate a… Oh, ma ce n’è un’altra.»
Joanna e Arthur si voltarono in tempo per vedere Cat che sgambettava tra di loro.
«Mamma! Ci sono i regali!»
La piccola si fermò ai piedi dell’omone sconosciuto. Sollevò la testa verso di lui e Babbo Natale si accovacciò per raggiungere la sua altezza.
«Chi sei?» gli chiese, inclinando la testa piena di riccioli di lato.
«Cat, lui è Babbo Natale» rispose Joanna. «E ha detto che ci porterà papà.»
L’uomo sorrise. Infilò una mano dentro il sacco e ne estrasse un pupazzo di Nick la Volpe: aveva un grande fiocco rosso legato intorno al collo e, non appena Cat lo vide, cominciò a saltellare sul posto, allungando le mani verso di lui.
«Credo che questo furbetto sia tuo» disse Babbo Natale, porgendolo alla bambina che subito glielo strappò dalle mani.
«Nick!» esclamò Cat, stringendolo contro di sé. «Me l’hai portato!»
«Naturale. Ho commesso un unico errore, a cui rimedierò subito» disse, lanciando uno sguardo d’intesa a Joanna, che non poté fare a meno di sorridere.
«Li perdoni, signor Natale» disse Brienne, avvicinandosi al gruppo. «Credo abbiano perso il diritto di essere annoverati tra i bambini buoni.»
«No!» esclamarono tutti e tre, facendo ridere Babbo Natale.
Rimettendosi il suo sacco in spalla, si avvicinò a Brienne. Le prese la mano, portandosela alle labbra con un sorrisetto divertito che fece arrossire la donna e gli fece guadagnare un’occhiata torva. «Non si preoccupi, incantevole fanciulla. I suoi figli sono ancora nella mia lista bianca. Stavo giusto andando a prendere il regalo che avevo dimenticato per la piccola Joanna. Vero?»
Lei annuì, tirando la vestagli della madre con un enorme sorriso.
«Porterà papà qui!»
Brienne aggrottò le sopracciglia.
«Joanna, sai che tuo padre non può venire.»
«Non si preoccupi» disse Babbo Natale. «Ho dimenticato di portare a questa deliziosa bambina il regalo che mi aveva chiesto: mio errore, a cui sono intenzionato a porre subito rimedio. È stato un piacere fare la vostra conoscenza, bambini, ma ora devo andare. Chissà, forse ci rivedremo il prossimo anno.»
Con queste parole, fece un piccolo inchino e si diresse verso la porta. Joanna e Arthur corsero alla finestra e lo osservarono attraversare il vialetto con un’andatura dondolante.
«Vedrai, mamma, domani passeremo il Natale con papà!» esclamò la bambina.
Brienne si avvicinò a lei, con Cat in braccio. Le mise una mano sulla schiena, accarezzandola dolcemente, mentre tutti insieme guardavano Babbo Natale svoltare verso sinistra e sparire dalla loro visuale.
«Ma la sua slitta non dovrebbe essere sopra il tetto?» chiese Arthur.
«No» spiegò Brienne. «Parcheggia sul tetto quando deve scendere, ma dopo non può risalire lungo il camino: sarebbe troppo difficile per lui. Le sue renne lo sanno e lo aspettano a terra.»
«Porterà papà sulla slitta?» intervenne Joanna con un largo sorriso, voltandosi verso sua madre; non le sarebbe dispiaciuto incontrare anche delle renne in quella magica notte.
Brienne sollevò gli angoli della bocca, stringendosi nelle spalle.
Trascorsero un paio di minuti in cui il mondo intorno a loro rimase fermo. Cat era seduta sul divano a giocare con Nick, mentre Joanna e Arthur avevano le facce attaccate al vetro della finestra, in attesa. A un tratto comparve un getto di luce nella strada, che svoltò e si allargò nel loro vialetto, accompagnato dal rombo di un auto.
«Papà!»
Joanna corse alla porta, ignorando la madre che le ordinava di restare in casa, e uscì fuori. Rimase ferma nell’ingresso, indifferente al freddo e alla neve che le stava bagnando le ciabattine rosa, e si dondolò sul posto mentre l’auto parcheggiava e i fanali si spegnevano.
«Non dovresti essere a letto, a quest’ora?» disse l’uomo che era appena sceso dalla macchina.
Joanna incrociò le braccia al petto.
«Tu non dovresti essere ad Approdo del Re?»
Jaime soppesò quelle parole, poi si esibì in un’alzata di spalle.
«In effetti sarebbe meglio» convenne, aprendo di nuovo la portiera. «Mi sa che torno indie…»
Non riuscì a finire la frase perché Joanna si era gettata tra le sue braccia, urlandogli che non doveva andarsene, aveva promesso di passare le feste con loro, gli avrebbe bruciato la macchina se fosse stato necessario. Jaime rise, stringendo sua figlia tra le braccia.
«Tranquilla, piccola» le diede un bacio sui capelli, mentre si avvicinava alla porta dove lo stavano aspettando Arthur, Brienne e Cat. «Mi dovrete sopportare per un po’»
Jaime la fece scendere a terra appena entrò in casa, arruffò i capelli ad Arthur e prese in braccio la piccola Cat, che cominciò subito a tirargli la barba.
«Babbo» disse, ridendo.
«Cat, non tirare la faccia a tuo padre» le disse Brienne, ma Jaime la zittì con un gesto della mano.
«Va tutto bene, donzella. Non mi vede da un po’, è norma-ah-le. Sta solo gioca-ah-ndo.»
«Resti per tutte le feste, papà?» gli chiese Arthur.
Jaime sorrise e annuì, ottenendo esclamazioni di gioia dai gemelli.
«Sì, sì! Hai visto, mamma? Babbo Natale mi ha ascoltata!»
Brienne annuì e lanciò uno sguardo a Jaime, che ricambiò con un sorriso soddisfatto.
«Papà, ma come hai fatto ad arrivare così in fretta… in auto?» si informò Arthur.
«Sai, è una bella domanda. Io fino a dieci minuti fa ero nel mio letto, a dormire tranquillo, e all’improvviso… eccomi in macchina, vestito e con le valigie pronte e questo» disse, tirando fuori un foglio di carta stropicciato dai suoi pantaloni. «Pare sia di Babbo Natale. Ha detto che qualcuno mi voleva come regalo e si scusava perché se ne era dimenticato e aveva dovuto agire in tutta fretta. È un po’ strano, ma suppongo sia solo la magia del Natale.»
«Ma certo che lo è» convenì Joanna con entusiasmo.
«Bene, bambini» Brienne mise le mani sulle spalle dei gemelli, spostando lo sguardo dall’uno all’altra. «Capisco che siate felici e sovreccitati, ma domani sarà una lunga giornata e voi dovreste essere a dormire da parecchie ore.»
«Guarda che ci hai svegliati tu!» risposero in coro i gemelli.
«E avete conosciuto Babbo Natale e visto vostro padre. Ora dovete andare a dormire.»
«Ma…»
«La mamma ha ragione, Joanna» intervenne Jaime. «Se non vi riposate, domani non sarete pronti per farvi strapazzare da me.»
«Non sembra tanto divertente» commentò Arthur.
«Lo sarà, lo sarà. Coraggio» Cat aveva smesso di tirargli la barba, il sonno si stava già impossessando di lei, e la passò tra le braccia di sua sorella. «Andate a nanna.»
I bambini obbedirono e salirono su per le scale, lasciando i due adulti da soli. Jaime si avvicinò a Brienne, con le mani intrecciate dietro la schiena in una posa di finta innocenza.
«Ciao, moglie. Nessun bacio di bentornato?»
Brienne alzò gli occhi al cielo, mentre un sorriso faceva capolino sul suo volto. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò, mentre lui le circondava la vita con le braccia.
«Ciao, marito» disse. «I bambini ti avevano monopolizzato, non potevo certo intromettermi.»
Jaime rise sulle sue labbra.
«Ma ora non ci sono i bambini. Sono tutto tuo.»
«Papà!»
Jaime e Brienne si voltarono verso la voce di Joanna, la cui figura era in penombra in cima alle scale.
«Fate ancora quella cosa di succhiarvi la faccia?» chiese, con una punta di disgusto nella voce.
«È una bella cosa, signorina. E comunque non lo facevamo da tanto» si giustificò Jaime, guadagnandosi un’occhiataccia da Brienne. «Comunque tu dovresti essere a letto.»
«Non riusciamo ad addormentarci.»
Jaime si scostò da Brienne, sapendo già che cosa gli avrebbe chiesto Joanna.
«Storia della buonanotte?» chiese.
La bambina sorrise soddisfatta.
«Una sola, però.»
Joanna annuì e corse di nuovo in camera.
«Be’, sembra che dovrò essere monopolizzato dai piccoli ancora per un po’» disse Jaime con un sorriso di scuse. Brienne scosse la testa e lo precedette lungo le scale, dicendogli di raggiungerla in fretta.


Jaime entrò nella loro stanza mezz’ora dopo. Si buttò sul letto, dove Brienne era seduta con un libro in mano, nel tentativo di restare sveglia leggendo.
«Avevi dato il caffè a qualcuno di loro?» le chiese.
Brienne rise, posando il libro sul comodino.
«Credo che sia stato tu il loro caffè. Tu e Babbo Natale.»
Jaime si mise a sedere, rivolgendole uno sguardo vittorioso.
«È stata una bella idea, vero? Ho dovuto scambiare una settimana prima con voi per una dopo, ma almeno i ragazzi si sono divertiti.»
«Abbastanza, sì.»
Jaime aggrottò le sopracciglia.
«Non sembri convinta.»
«No, no, si sono divertiti molto stanotte. È stato il pomeriggio che è stato… duro. Joanna aveva preso sul serio la minaccia di non parlarti più ed è stata triste per tutto il giorno. Ma sapevamo che poteva succedere» aggiunse, di fronte al suo sguardo dispiaciuto.
«Sì, be’… non posso nemmeno biasimarla, vista la nostra situazione.»
Brienne annuì.
«Sì. Per ora.»
«Che vorresti dire?»
Lei arrossì, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate in grembo.
«Ecco… Be’, stavo pensando che… visto che il terzo anno cambiano le classi e gli insegnanti, magari per i ragazzi non sarebbe difficile cambiare proprio… scuola.»
«Perché vorresti che cambiassero scuola?»
Il rossore sul suo volto aumentò.
«Più proprio… città.»
«Donzella» Jaime le sollevò il mento perché lo guardasse, «per favore, formula una frase di senso compiuto. Mi sto preoccupando.»
Brienne prese un lungo respiro, poi disse tutto d’un fiato:
«Pensavo che i gemelli si sarebbero potuti trasferire da te e che io e Cat vi potremmo raggiungere al massimo entro un anno.»
Jaime sbatté le palpebre più volte, mentre il suo cervello cercava di registrare le parole della donna.
«Vuoi dire» chiese, non osando sperare in un’ipotesi così luminosa, «che tra un anno vivremo tutti insieme?»
«Sì. Sì, credo proprio di sì.»
La baciò, mettendosi sopra di lei e facendola stendere tra le lenzuola. Aveva aspettato quelle parole da sette anni e non poteva credere che, finalmente, stavano progettando la loro vita insieme; uniti come la famiglia che erano.
«So che manca ancora un po’» cominciò Brienne, ma Jaime scosse la testa.
«Va benissimo. Fino a cinque minuti fa non sapevo quanto ancora avrei dovuto aspettare e ora finalmente ho un tempo preciso. Magari vado a trovare gli Stark in questi giorni» disse. «Sotto le feste saranno più ben disposti ad ascoltare i desideri di un uomo e forse ti lasceranno trasferire prima.»
«Scordatelo!» sentenziò Brienne, con un’espressione allarmata. Jaime non andava molto d’accordo con Eddard Stark e sua moglie – anzi, era più giusto dire che si mostravano civili gli uni con l’altro solo per il bene di Brienne. Se suo marito si fosse approcciato a loro con i suoi soliti metodi, le probabilità che ottenesse il risultato opposto a quello sperato erano molto alte. «Un anno è un periodo ragionevole. E avrai Joanna e Arthur con te.»
Jaime annuì, accettando quel compromesso.
«Loro lo sanno?»
«No, prima volevo parlarne con te. Anche per sapere cosa ne pensavi e se riusciresti a organizzarti con il lavoro e loro.»
«Sì, sì, non preoccuparti. Ce la caveremo alla grande» Si chinò per darle un altro bacio. «Non sai quanto mi hai reso felice, donzella. È il più bel regalo che potessi farmi.»
«Oddio, il regalo!»
Brienne scattò con tanta forza che Jaime cadde di lato e rimase a fissarla con un’espressione stupita.
«Cosa?»
Lei si alzò, corse verso l’armadio, lo aprì e tirò fuori tre pacchi regalo.
«Mi sono dimenticata di mettere i tuoi regali sotto l’albero» disse, avviandosi verso la porta.
«Li posso aprire ora» suggerì Jaime con un sorriso allegro.
«No. Li apriremo domattina tutti insieme, anche perché due sono da parte dei bambini e il mio puoi aprirlo tranquillamente davanti a loro.»
Il sorriso di Jaime vacillò.
«Il mio regalo per te è di sotto» disse.
Brienne gli lanciò uno sguardo di rimprovero e lui si affrettò a tranquillizzarla.
«N-No, ma puoi aprirlo davanti ai bambini, tranquilla. Magari non importa che lo vedano molto da vicino…»
Quando tornò in camera, Brienne aveva un pacco sottile tra le mani. Lo posò sul comodino accanto a sé e si rimise nel letto, sotto lo sguardo curioso di Jaime.
«Non lo apri?»
«No. Ho una vaga idea di cosa possa essere» rispose, accennando al biglietto – Buon Natale, alla più sexy delle donzelle – «e preferisco tenerlo per un momento… migliore.»
Jaime sorrise notando che, dopo tre figli, Brienne si imbarazzava ancora a fare riferimento al sesso. Si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla spalla.
«E cosa ti fa credere che questo non sia il momento adatto?»
«Il fatto che tra due ore i nostri figli ci butteranno giù dal letto per scartare i regali.»
«Ma si sono appena addormentati! Non saranno attivi prima di mezzogiorno.»
Brienne rise.
«Jaime, i bambini all’alba del 25 dicembre pretendono di aprire i regali. Indipendentemente dall’orario in cui sono andati a letto.»
Jaime sbuffò e si sdraiò supino sul suo lato del letto, costretto ad ammettere la veridicità di quelle parole. Brienne spense la luce e si sdraiò accanto a lui.
«Domani sarà la sera adatta» gli sussurrò. «A pranzo verranno anche mio padre e la sua compagna e i bambini passeranno la sera a casa loro.»
«Quindi saremo… soli?»
La sentì sorridere nell’oscurità e si ritrovò a ricambiare il gesto.
«Va bene» disse, portando un braccio intorno a lei. «Qualche ora la posso aspettare. Sii orgogliosa della pazienza di tuo marito, donzella.»
Brienne sbuffò, girandosi in modo da poterlo abbracciare. Borbottò qualche dubbio sulla sua “pazienza”, che Jaime zittì prontamente con un bacio languido che la fece rilassare contro di lui.
«Comunque… buon Natale, Brienne.»
Brienne sorrise, posando la fronte contro la sua.
«Buon Natale, Jaime.»

 

 
   
 
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