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Autore: accounttroll    28/12/2020    2 recensioni
Vi siete mai chiesti se esiste davvero il ragazzo perfetto? Se sì, allora questa storia fa per voi: vi presento Gulis, gentile, simpatico, divertente, intelligente e muscoloso. Siete liberi di non credermi, e in quel caso lasciatevi dire che avete proprio ragione. Gulis è un ragazzo sì, gentile, ma i pregi dopotutto non sono il suo forte. Ma cosa succede se una ragazza, Hope, dai capelli arcobaleno naturali e che vive da sola in America a soli 18 anni inizia a provare dei sentimenti nei confronti del goffo e tonto Gulis?
Genere: Demenziale, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Una serie di trilli mi costrinsero a spalancare gli occhi, dopo aver perso su e giù una decina d'anni per lo spavento.
«Sveglia di m-»
«Andiamo, Hope! Rischieremo di ritardare se non ti sbrighi ad alzare le tue chiappette»
A dir la verità, mi ero dimenticata della sua permanenza a casa mia la notte scorsa: Destiny, la mia migliore amica. A malapena riuscii a non sputare in faccia alla ragazza dai capelli blu, poiché troppo stupita dopo aver notato che era già pronta per partire.
«Davvero hai così fretta?» domandai, più retoricamente che altro, ma lei piena di energia esclamo un bel "sì" che trapanò i miei timpani.

Beh, forse era ora di alzarsi dal letto: andai allo specchio, osservando i miei occhi color lilla, la mia bocca carnosa - ma non troppo, il mio naso fine e delicato come una principessa. Assomigliavo così tanto a mia madre... afferrai la cornice contentente la sua foto dal mio comodino, e la osservai per qualche secondo mentre una lacrima scorreva sulla mia guancia, fino a solleticarmi il mento.
Mia madre non è morta, ma essere melodrammatica è il mio punto forte.

Buttando la cornice a terra aprii il mio grande armadio pieno di vestiti, pensando a cosa avrei potuto mettere; avevo outfit da ribelle, dark academia, artsy, gotici, hippie, stile anni 80, y2k e perfino eleganti, ma ovviamente decisi di puntare sull'outfit più alternativo e meno proposto...
Diciamo che avrei potuto conquistare tutti i ragazzi e le ragazze a scuola con i miei leggins neri e la mia originale felpa nera dell'adidas, abbinate con un paio di bellissime nike bianche un po' sporche di fango, ma la brillantezza di quel marchio avrebbe fatto dimenticare tutto.
«Bene, originale quanto stupendo» dissi fra me e me, ammirando ancora per qualche secondo i miei vestiti per la giornata scolastica imminente.
Mi raccolsi velocemente i capelli arcobaleno naturali in una coda ordinata, sono sempre stata una ragazza semplice io.

«Destiny cara, penso sia ora di partire» feci alla mia bestie, dandole una botta sul didietro come fanno le vere amiche tutti i giorni. E, dopo aver chiuso la porta alle nostre spalle, ero pronta per iniziare la mia avventura. Forse.




«Hope... credo proprio che abbiamo raggiunto la nostra destinazione...» sentii chiamarmi dal mio orecchio non occupato dalla cuffietta. Misi in pausa la playlist "sad music for depressed people... *cuore spezzato e faccina che piange*" per poi alzare lo sguardo.

Ed eccola lì, un edificio enorme con centinaia di finestre tutte vicine ma quasi tutte appartenenti ad aule diverse.
«Caz-volo» sussurrai a bassa voce, sorridendo impercettibilmente, un po' per il mio essere introversa, un po' perché mi sa proprio che una volta entrata non ci sarà più niente da ridere.
Il cancello nero davanti a noi era aperto e pronto ad accoglierci perciò, sistemando meglio la borsa sul mio braccio - perché lo zaino è da sfigati dal tempo delle medie -, mi incamminai verso di esso, riferendo a Destiny che era ora di entrare, prima di qualche ripensamento.

Lo spazio che precedeva l'entrata della scuola era a dir poco vasto, ma qualche senso di claustrofobia mi afflisse comunque per l'esagerata quantità di studenti che aspettavano il gorgeggio della campanella. Voci sopra voci, non una singola parola distinguibile, inutile dire che mi sentivo un po' spaesata, ma mi ripresi non appena ripensai al mio outfit unico. “Se non sono pronta io, allora non è pronto nessuno” pensai.

Casualmente, non appena - tenendoci la mano - io e Destiny riuscimmo a passare quel labirinto di persone e trovare l'entrata principale della scuola, ecco lì la campanella a stordire tutti gli studenti per qualche secondo buono.
Aspettammo un paio di minuti che gli studenti diminuissero per poter parlare senza l'obbligo di urlare.

«Dunque, aula?» mi domandò lei, fremendo. Presi il foglio dalla borsa, e controllando risposi "quarantasei", sperando altrettanto di capitare insieme.
Ma a quanto pare, la fortuna non era dalla nostra parte, e lo capii dalla sua espressione spenta avendo la conferma dopo che si lamentò «Forse dovrei pregare un po' di più. Buona fortuna»
Non ebbi il tempo di rispondere che sparì dalla mia vista dopo aver attraversato a passo svelto il corridoio.

«E ora mi tocca» sussurrai, respirando profondamente per riempirmi di coraggio. E, dopo il mio primo passo, accennando un sorriso per darmi sicurezza, di nuovo la sfortuna preferì assistermi.
Mi ritrovai a terra, con la mia gamba sopra un'altra; e quell'altra non era mia, a meno che non avessi perso il suo utilizzo.
Dunque, presa dal panico, mi girai e mi accorsi che effettivamente la gamba apparteneva a un ragazzo; perciò mi alzai e lo guardai.

Testa grossa, direi sproporzionata rispetto al suo corpo secco ed esile. aveva una corta frangia che gli copriva metà della sua fronte ampia e spaziosa, e i suoi capelli corvini erano lunghi, dello stile "non mi va di tagliarli", un po' casual diciamo.
Dopo aver ispezionato il suo look, una felpa completamente nera e dei jeans del medesimo colore strappati con un paio di stivali alla moda, mi accorsi anche che non si muoveva minimamente.
I suoi occhi castani all'ingiù erano fissi sul soffitto ma non si muovevano di un millimetro, come la sua bocca leggermente aperta, circondata da una barba folta e quasi lunga, non molto - per niente curata.

Iniziai a impanicare per la seconda volta in un lasso di tempo fin troppo ristretto, e gli sventolai una mano sopra il viso.
E lì finalmente si mosse, girando verso sinistra la sua grande testa e facendo fare strani movimenti agli occhi, arricciando anche leggermente il naso facendo spostare di poco il piercing ad anello su di esso.
«Figo!» mi feci scappare istintivamente.

«Scusa per... Vabbè» mormorò con una voce spenta, senza espressione sul volto. All'udire di essa sentii un brivido scorrermi sulla schiena, come il cubo di ghiaccio nella pubblicità con George Clooney, un classico.
Mi limitai ad accennare un sorriso, sentendomi impotente.

Molto lentamente, non capii se per pigrizia o per chissà cosa, si alzò e iniziò a dirigersi verso una meta a me naturalmente sconosciuta. 
E lì sentii scattare qualcosa nel mio cervello. Non sembrava esattamente un principe azzurro, ma qualcosa mi intrigava di lui.
«Aspetta!» 

Ma lui non si girò. E ormai quella molla si era di nuovo messa al suo posto, perciò evitai di ripeterlo, troppo insicura per anche solo provarci.

"Aula quarantasei, sto arrivando”.





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