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Autore: Shee    24/08/2009    1 recensioni
Entro nella stanza degli orologi quando sento il tempo scivolarmi tra le dita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entro nella stanza degli orologi quando sento il tempo scivolarmi tra le dita.

Nella stanza ci sono almeno un centinaio di orologi, accumulati durante tutta la mia vita. Sono tutte sveglie meccaniche, di quelle vecchie, da caricare manualmente ogni volta. Ogni sveglia segna un orario diverso, ora, perché tante volte le ho caricare e poi non l’ho più fatto.

E’ questione di praticità, non posso caricare cento orologi ogni sera.

Non ogni sera.

A volte sì.

La sveglia sul mio comodino, meccanica e sonoramente ticchettante anche quella, faceva rumore per due stasera. E’ la più rumorosa e la tengo in camera per quel motivo. Da qualche tempo pesa. Io fissavo il soffitto scuro dal mio letto e l’ascoltavo. Non riuscivo a dormire e, diamine, il tempo passava e passava.

Sono andato nella stanza degli orologi e ne ho caricato uno. Il suono un po’ perso nella stanza piena solo di vetrinette di orologi fermi. Dopo alcuni istanti e ticchettii mi sono morso le labbra insoddisfatto. Ne ho caricato un secondo. Poi un terzo e un quarto. Muovendomi lentamente, ho dato il massimo della carica a tutti gli orologi, e per almeno una giornata intera ticchetteranno tutti insieme.

E’ passato del tempo dall’ultima volta che l’ho fatto, e il dolore costante della mia testa si acuisce e torna sordo più velocemente per alcuni minuti. E’ comunque serenità, quella che ho addosso quando ascolto questa cacofonia di ticchettii. Troppi e diversi.

Riesco comunque a sentire il ticchettio dalla mia camera da letto, pesante e cristallino tra gli altri. Però è più facile ignorarlo.

Ogni paio di lancette ha un suono e una sensazione diversi dagli altri. Un tempo leggermente diverso. Frazioni di secondo che in musica cambiano un suono in rumore. Ogni orologio è legato ad una parte differente di me, che sia un ricordo, un desiderio, o anche solo un gusto. Con ogni ticchettio pulsa, esattamente come la mia emicrania.

Non è musica, ma credo di essere io.

Un orologio segna le sei e un quarto, uno mezzogiorno e ventinove, le nove e trenta, l’altro le undici e trentaquattro, le quattordici e sedici, le cinque e quarantatre, e poi le ventitre e cinquantanove, le undici e dodici.

Credo che fuori sia ancora notte.

Mi siedo a terra con le gambe incrociate e mi piego in avanti fino a poggiare la fronte sul pavimento fresco. Tengo gli occhi aperti, se li chiudessi il mal di testa si farebbe più forte, e fisso la scanalatura scura tra una piastrella e l’altra.

Il ticchettio attorno si moltiplica e si attutisce.

Il tempo, invece, si ferma con l’orologio che ha smesso di ticchettare sul mio comodino. Ieri sera non l’ho caricato.


*





Note: Il punto è che ho comprato una sveglia automatica identica a quella che aveva mia nonna, e ieri notte non sono riuscita a dormire con quel ticchettio se non dopo aver scritto questa cosa. Il ticchettio però mi piace un sacco, e anche le sveglie meccaniche <3

  
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