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Autore: breosaighead    28/12/2020    1 recensioni
Come la storia si distingue in due momenti, così la linea temporale di Akaashi può essere spezzata in due, segnata dalla comparsa di Bokuto, il suo anno 0.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The beginning of a new era 

 

È il suo sesto compleanno e il piccolo Akaashi Keiji, che deve iniziare la prima elementare, desidera che il bambino che siederà nel banco a fianco al suo diventi il suo primo e migliore amico. Ce la metterà tutta affinché accada. Le cose però non vanno come avrebbe voluto: al secondo anno deve cambiare classe e, come se non bastasse, non si sente a suo agio nella nuova sezione. Tutti i bambini si conoscono già dall’anno precedente e non sembrano curiosi di sapere chi è il loro nuovo compagno. Nessuno gli si avvicina e neanche lui sa bene come fare il primo passo. Così, durante la pausa pranzo del primo giorno di scuola, si ritrova a mangiare da solo, lontanato dagli altri. Trascorso un mese, ha imparato i loro nomi e ha parlato con alcuni di loro, con chi più e con chi meno, ma continua a non trovarsi bene: sente di non appartenere a quella classe. Accantona l’idea di avere un amico del cuore, almeno per il momento. Ogni tanto, quando li vede in cortile che giocano e ridono, si domanda se gli alunni della 1-C sentano la sua mancanza.
Non sembra.

Al suo dodicesimo compleanno, Akaashi esprime il desiderio di entrare nel club di nuoto della sua nuova scuola, proseguendo così l’attività sportiva iniziata l’anno prima alle elementari, con la speranza di farsi degli amici. Scuola nuova, vita nuova, no?
Ancora una volta le sue aspettative vengono infrante: il capitano della squadra, un ragazzino di terza media estremamente competitivo, lo scarta in quanto lo ritiene troppo fragile di costituzione per riuscire a resistere agli allenamenti e dubita riuscirà a portare a casa qualche vittoria. È costretto a ripiegare la sua scelta sul club di pallavolo, visto che tutti gli altri sono già al completo o non gli interessano, non che invece nutra tutto questo gran interesse per la pallavolo, però è un gioco di squadra e questo significa conoscere più di una persona alla volta e dover stringere dei legami positivi con tutti i componenti, fondamentale affinché il gruppo funzioni.
A questo giro va meglio. 
Il giorno del suo quindicesimo compleanno, il giovane Keiji desidera unirsi proprio al club di pallavolo del liceo, perché alla fine, nonostante all’inizio non gli interessasse come sport, farvi parte ha reso piacevoli i tre anni delle medie: anche se non hanno creato il rapporto che avrebbe voluto, finalmente è riuscito a farsi degli amici. Non sa quanto né se durerà, ma al termine della loro ultima partita, si sono ripromessi di ritrovarsi in campo al prossimo torneo, ognuno con la sua nuova squadra, e di giocare ancora insieme, da avversarsi. Se la sua richiesta di adesione verrà accettata, potrà mantenere la parola data ai suoi vecchi compagni e forse potrà vivere di nuovo una bella esperienza. 

Va meglio di quanto abbia sperato. 
Il primo anno arriva a conclusione e Akaashi ha trovato quel migliore amico che gli è stato negato durante l’infanzia. Il caso vuole che sia proprio l’asso della squadra, lo stesso che, inconsapevolmente, mesi prima ha condizionato la scelta del liceo nel quale si sarebbe iscritto, nel momento stesso in cui lo ha visto giocare. La visione di Bokuto Kōtarō che prende lo slancio, salta e vola in alto per schiacciare è sicuramente uno dei suoi ricordi più preziosi; gli altri sono tutti legati ai momenti che ha vissuto con i suoi nuovi compagni, con cui non si è sentito fuori luogo nemmeno per un istante. 
I primi due anni al liceo Fukurōdani sono decisamente i migliori della sua carriera accademica. I suoi genitori gli confessano di non vederlo così felice da quando è entrato in prima elementare, e per questo lo sono altrettanto anche loro. È sempre stato il loro desiderio più grande e dopo tanto tempo è diventato realtà. Non ne conoscono la ragione, ma gliene sono grati, a chiunque o qualsiasi cosa riesca a far sì che il loro adorato figlio sorrida spensierato più di quanto abbia fatto in tutti quegli anni. I giorni in cui rientrava da scuola sconsolato, e cercava di nasconderlo per non farli preoccupare, sembrano essere finiti. 
Akaashi non ha mai provato così tanta felicità: la sente nel petto, glielo riscalda e glielo riempie senza essere pesante, anzi. Vorrebbe sentirsi così per sempre. Le labbra gli si increspano in un sorriso in automatico, come conseguenza di ciò che prova. Non è largo, che va da orecchio a orecchio; è appena accennato, ma basta ad illuminargli gli occhi blu pavone che diventano elettrici. Sembrano un cielo notturno completamente limpido, dove le stelle si possono contare una ad una. Tutti, in particolare Bokuto, ne sono affascinati. È davvero difficile distogliere lo sguardo da quegli occhi. La vista di Akaashi Keiji che sorride gli fa battere il cuore ogni volta.

Tuttavia, mai decisione è più azzeccata finché non si rivela essere quella più sbagliata.
Akaashi si scontra violentemente con questa consapevolezza il giorno del suo diciassettesimo compleanno, quando realizza che è ormai dicembre, che mancano pochi mesi a marzo e poi ad aprile; che manca poco al diploma dei ragazzi del terzo anno, di Bokuto, al giorno in cui sarà di nuovo solo. Non ci sarà più nessuno ad aspettarlo la mattina per andare a scuola insieme o la sera per ritornare a casa dopo gli allenamenti o che vorrà trascorrere la sua pausa pranzo con lui.
Ora che ha conosciuto la compagnia, la solitudine lo terrorizza. È anche consapevole di essersi illuso, quando pensava di stare bene da solo, di poterlo sopportare ancora. Forse sarebbe stato così, se non avesse scoperto che cosa si era perso fino a quel momento. Si era talmente abituato a non avere degli amici che ha pensato di poterne fare a meno, ma la verità è che non è così. Non più. 

Akaashi ha bisogno di sentire che c’è qualcuno che lo apprezza. Che una volta che i suoi genitori non saranno più con lui, avrà comunque qualcuno che gli vuole bene, che non sarà completamente solo. Che ci sarà ancora qualcuno che si ricorda di lui.
Per ora, non è successo niente. È dicembre e aprile non è nemmeno alle porte. Ha ancora i suoi amici, la sua squadra e soprattutto ha ancora Bokuto. Eppure comincia già a sentirlo nello stomaco, il vuoto che lo ha perennemente accompagnato fin da quando era un bambino, che lo ha costantemente seguito come un’ombra e che solo recentemente sembrava essersi fatto da parte. Sente che sta riaffiorando, come una voragine pronta a risucchiare al suo interno tutto ciò che ha costruito negli ultimi due anni e a lasciarlo senza niente, così com’era prima di entrare al Fukurōdani. 
Quel che è peggio è che non può fare niente per impedirlo. Il futuro è inevitabile. Prima o poi arriva e bisogna farci i conti.
Gli manca l’aria e comincia a sudare freddo sotto le coperte. Le porta fin sopra la testa, per proteggersi, come se con quel gesto possa lasciar fuori tutti quei pensieri che non vuole prendano forma nella sua testa, almeno non fino a quando non sarà il momento. 

Sono le 3:00 del mattino, Akaashi è ancora sveglio e desidera non aver mai incontrato Bokuto Kōtarō e non essere mai venuto al liceo Fukurōdani, mentre, con gli occhi che non mettono a fuoco le lettere a causa delle lacrime, rilegge i messaggi di auguri che il capitano e gli altri suoi senpai gli hanno inviato qualche ora prima. Perché ha dovuto legare proprio con loro, con lui? Perché non poteva considerarlo solo un club? Sarebbe stato così semplice. Invece no, dal primo allenamento, i ragazzi del allora secondo anno lo hanno accolto in squadra come se fosse un loro coetaneo, senza fargli pesare minimamente la differenza d’età, che non è tanta, sono solo mesi in fondo, ma che nella gerarchia scolastica ha la sua rilevanza e spesso agisce da ostacolo nello sviluppo dei rapporti. Probabilmente non volevano che si sentisse escluso, così lo hanno da subito coinvolto in tutte le loro attività al di fuori del club, creando una routine che lo ha fatto sentire accettato e parte di un qualcosa di speciale, a cui inevitabilmente ha finito col aggrapparsi con tutte le sue forze. Non ha mai avuto niente di simile in tutti quegli anni di scuola, sarà difficile dovervi rinunciare. 
La mente di Akaashi nemmeno contempla l’eventualità che questo possa non accadere e che, al contrario, possano continuare a frequentarsi. Non esiste. L’anno che li separa per lui è insormontabile e non importa che fino ad ora loro gli abbiano dimostrato il contrario. Si dice che lo hanno fatto solo per il bene della squadra, per assicurarsi un alzatore, quindi, quando non ne faranno più parte, non avranno più una ragione per chiamarlo e di rimanere suoi amici.
Vorrebbe che non fosse così, ma la sua esperienza gli ha insegnato che non è fortunato a costruire relazioni che permangono nel tempo e che dovrebbe smettere di cercarlo. Niente di ciò che ha sperato si è mai avverato o, se lo ha fatto, è durato poco, quel tanto che bastava per illuderlo. 
Akaashi si addormenta con la consapevolezza di non poter tornare indietro nel tempo e fare un’altra scelta e che prima lo accetta, prima il suo cuore si metterà in pace.
Mancano ancora tre mesi alla fine del suo tutto. Lì vivrà ignorando l’avvenire che incombe e imprimendo nella sua memoria ogni singolo momento, in modo da potervisi rifugiare quando ne avrà bisogno. Sa bene che sarebbe meglio non farlo, perché quei ricordi gli procureranno solo sofferenza, però, visto che non può dimenticare e che nessuno soddisferà il suo desiderio, tanto vale custodirli. D’altro canto, Akaashi è sempre stato un masochista, altrimenti non si sarebbe ostinato a sperare per anni in una felicità che evidentemente non fa per lui, rischiando di rimanere deluso ogni volta, come, infatti, è successo. 

È possibile che non impari mai? È il suo diciottesimo compleanno e, nonostante di cose ne siano successe, Akaashi rimane lo stesso. È ancora quel ragazzino che esprime desideri. Ora non si aspetta più di trovare degli amici, ci ha rinunciato; quest’anno ciò che vorrebbe sono solo degli auguri da parte di coloro che gli hanno promesso che avrebbero continuato a sentirsi malgrado l’università. In un certo hanno mantenuto l’impegno: si sono visti durante i primi weekend, per due o tre mesi; spesso si sono presentati anche agli allenamenti per osservare come se la cavavano i loro kōhai e dare qualche buon consiglio e hanno assistito a qualche partita. Poi le nuove responsabilità hanno cominciato ad aumentare, gli incontri sono diventati sporadici e i messaggi nel gruppo Fukurō sono diminuiti, fino a renderlo inutilizzato per giorni, settimane, mesi. Con Bokuto gli scambi sono proseguiti un altro po’, fino a che non sono cessati all’improvviso. Akaashi gli ha inviato un messaggio a settembre per il suo compleanno e non ha ricevuto nessuna risposta. Non l’ha nemmeno visualizzato. Avrebbe voluto continuare a scrivergli, ma con il timore di risultare fastidioso, non l’ha più fatto. Per un instante aveva addirittura contemplato l’idea di iscriversi a Facebook: aveva già riempito gli spazi e gli restava solo da cliccare su ‘accetta’, quando ci ha ripensato. Se volevano allontanarsi, non glielo avrebbe impedito. Non si può obbligare qualcuno ad esserti amico contro la sua volontà, solo per la paura di restare da soli. 

Anche oggi che è il suo compleanno, il gruppo rimane in silenzio. Keiji aveva sperato che questa potesse essere l’occasione per ridargli vita, con un messaggio che ne chiama un altro e così via, perché in fondo, con tutto il cuore, sperava di sbagliarsi e che potessero rimanere almeno conoscenti. A fine giornata, però, il suo cellulare rimane spento: dalle 21:00 non si è illuminato per nessuna nuova notifica. Le caselle dei messaggi e delle email continuano a rimanere vuote nei giorni a seguire, finché si decide a smettere di controllarle. Non importa quanto brami un loro cenno, non può andare avanti così, glielo ha detto anche Kenma senza mezzi termini, ricordandogli che anche lui è uno suo amico e che se non fosse così occupato a pensare agli altri che sono andati avanti se ne sarebbe reso conto: “Guardati attorno, Akaashi, ci sono io, ci sono i ragazzi del Nekoma e quelli del Fukurōdani, così come quelli del ritiro estivo. Ne conosci di gente, non è vero sei solo, per cui smettila di atteggiarti da unico sopravvissuto. Ricordati che nemmeno io sono mai stato tanto loquace e che per anni Kuroo è stato il mio unico amico. Non siamo poi così diversi”.
“Invece, sì, lo siamo. Tu non lasci che gli altri ti si avvicinino perché hai paura; io, sì, lo faccio, ma succede inevitabilmente qualcosa che ci separa”
“Sei davvero sicuro di lasciare che gli altri ti si avvicinino, Akaashi? O stai solo mentendo a te stesso perché hai bisogno di una scusa per supportare la teoria che ti sei costruito? Rifletti bene”
Era arrabbiato, deluso. Senza aggiungere altro, gli aveva passato il pallone e se n’era andato, come per dirgli ora sta a te.

Kenma ha ragione. Si è sempre concentrato solo su ciò che stava perdendo, senza valorizzare ciò che gli rimaneva. In questi mesi in cui i suoi senpai si sono allontanati, a parte ripetersi che sarebbe andata a finire così, non ha considerato neppure per un momento di accettare la mano che i suoi kōhai gli stavano porgendo, ben più di una volta. Si è talmente fissato sul fatto che la sorte gli abbia continuamente remato contro, da non accorgersi dei loro gesti: quando tutte le volte aspettano che chiuda la palestra per avviarsi in stazione tutti insieme o quando gli propongono di andare a Shinjuku a provare il nuovo videogioco arcade del mese. Ogni tanto ha accettato, perché gli sembrava brutto rifiutare ogni volta, ma non si è mai veramente lasciato coinvolgere, impedendo che la distanza tra di loro venga superata. Distanza che, si rende conto, è egli stesso che alimenta, nonostante sia vero che non sempre è stata colpa sua, però sicuramente è responsabile delle sue ultime decisioni. 
Finalmente lo ha capito. Domani mattina chiamerà Onaga e gli chiederà… Non sa ancora che cosa, ci penserà questa notte, ma è già un passo avanti. Poi chiamerà Kenma, sì, glielo deve e lo tirerà fuori di casa per qualche ora - probabilmente il setter rimpiangerà di avergli aperto agli occhi. Non sa se questo cambierà significativamente le sue relazioni future, però è sicuro che andrà meglio.  

Anche Natale trascorre senza ricevere un messaggio da Bokuto o da Konoha, coloro con cui aveva legato maggiormente. Vorrebbe sapere che ne è stato dei suoi vecchi amici, come se la stanno cavando all’università e se riescono a conciliare lo studio e lo sport. Mentirebbe se dicesse che ha smesso di importargli che lo abbiano dimenticato, però fa meno male e tentare di costruire un rapporto più duraturo con la squadra per cui farà di tutto per condurla alla vittoria dell’Interhigh lo sta aiutando, così come l’essersi avvicinato ai suoi compagni di classe. Si è reso conto di conoscerli molto poco e ora sta cercando di recuperare. Di recente ha scoperto che uno di loro tenterà l’esame di ammissione nella sua stessa università, sebbene in una diversa facoltà, ma almeno sarà un viso conosciuto. Hanno deciso che da gennaio inizieranno a prepararsi insieme.
Osservando il fuoco del cammino che scoppietta lì vicino, Akaashi è sollevato dal constatare che la sua vita procede, nonostante la perdita di un tassello importante.
Oltre all’amicizia, Akaashi ha perso anche l’amore di Bokuto. Non che il cuore dell’ace fosse suo, in fondo non aveva avuto il coraggio di dichiararsi, ma stargli accanto gli bastava e vi sarebbe rimasto se glielo avesse concesso. Kōtarō era entrato nella sua vita quando ancora non vi era nessun altro e gli aveva dato affetto attraverso l’incredibile fiducia che riponeva in lui e nelle sue capacità. Giorno dopo giorno, aveva nutrito quell’amicizia fino a farla diventare amore e aveva portato luce nel suo piccolo mondo. Prima di conoscerlo, Akaashi ricorda che la sua vita era vuota, come se non fosse esistito prima di allora, infatti erano pochi coloro che potevano ricordalo bene. Come se avesse iniziato a vivere solo a partire dall’istante in cui ha conosciuto Bokuto Kōtarō. Egli aveva saputo come riempire la sua esistenza: con i suoi sbalzi di umore era come se gli avesse dato una ragione. Dicevano che lui era l’unico che sapeva come gestirlo e a cui dava retta.
Come la storia si distingue in due momenti, tutto ciò che c’è Avanti Cristo e tutto ciò che c’è Dopo Cristo, così la linea temporale di Akaashi può essere spezzata in due, segnata dalla comparsa di Bokuto, il suo anno 0.
Da quel giorno, Keiji aveva pensato di poter vivere solo in funzione dell’amicizia e dell’amore di Bokuto, però durante questi mesi ha realizzato di sbagliarsi. Sicuramente egli rappresenta ancora il suo punto d’inizio, perché gli ha cambiato la vita, ma niente più di questo. Akaashi ha capito che nonostante tutto può convivere con la sua assenza, che prima o poi arriverà qualcun altro e allora tutto ciò che hanno trascorso diventerà un bellissimo ricordo che custodirà gelosamente. 

Può conviverci almeno finché Bokuto non compare davanti ai suoi occhi il 31 dicembre ed egli spera che non sia un sogno, uno dei tanti che lo hanno tormentato per settimane intere. Quando chiude le palpebre e poi le riapre lentamente, il suo ex-capitano è ancora davanti alla sua porta. Realizza di aver sperato, per quei 5 secondi, che non sparisse, che fosse reale. Lo è ed egli non è pronto a lasciarlo andare nuovamente. Ha impiegato troppo tempo per riuscire ad accettare la sua assenza, non può vanificare i suoi sforzi presentandosi così. 
“Che ci fai qua, Bokuto-san?”, gli esce più scortese di quel che vorrebbe, però la sua parte razionale lo tranquillizza e gli assicura di avere tutte le ragioni per essere arrabbiato e per aver voglia di sbattergli la porta in faccia.
Bokuto sembra essere sorpreso dal suo tono brusco, abituato com’è al suo essere pacato e sempre gentile. Che il suo Akaashi sia cambiato nel corso di questi mesi? È possibile, sarebbe logico, come sarebbe logico che gli chiedesse di andarsene. Forse ha sbagliato momento: avrebbe dovuto scegliere un altro giorno, non la notte dell’ultimo dell’anno. Se le cose non vanno come si aspetta, entrambi inizieranno male il nuovo anno. Kuroo lo aveva avvertito della possibilità. D’altro canto, se invece vanno bene, sarà un ottimo inizio. Dio, è così difficile. Intanto, questo nuovo Akaashi avrà la pazienza di ascoltarlo?
“Sono venuto a farti le mie scuse”
“Per cosa?”
“Per avverti fatto soffrire. Non era mi intenzione”, davvero non lo era, era sul serio convinto di fare il suo bene quando ha avuto questa idea, che deve ammettere non è stata tanto geniale come credeva. Perché Konoha non lo ha fermato? Ah, sì, perché lo ha supplicato di aiutarlo e gli ha assicurato che avrebbe funzionato. Certo, alla fine ha funzionato, ma non per merito suo.   
“Chi ha detto che mi hai fatto soffrire?”
“Kenma” 
“Si è sbagliato” 
“Quindi non ti sono mancato? Nessuno di noi?”
Perché glielo sta chiedendo? Che cosa vuole sentirsi dire? Che, sì, gli è mancato come l’aria? Perché allora, sì, Bokuto-san, terribilmente. Preferisce non rispondere. Se lo facesse, non riuscirebbe a mettere uno stop alle cose che uscirebbero dalle sua labbra. Non vuole rischiare. Deve rimanere freddo.
“Tu, sì, mi sei mancato, da morire
Impassibile.
“Eppure sei ancora qui che non mi dici ciò per cui sei venuto”
Bokuto inspira l’aria quasi gelida di un gennaio ormai prossimo. Mancano ancora venti minuti a mezzanotte. Deve affrettarsi. Decisamente ha sbagliato giorno. È possibile che non ne combini mai una giusta? Che le sue idee siano una peggio dell’altra?
“Nessuno si è dimenticato di te, Akaashi. Tutti noi vogliamo rimanere tuoi amici. Se non vorrai, almeno considera di rimanerlo con gli altri, perché è stata tutta una mia idea. - Akaashi fa un passo avanti, pronto ad interromperlo, ma Bokuto è più veloce e continua come se non lo avesse notato. È importante che senta tutto. - Loro non erano nemmeno d’accordo, ma sono riuscito a convincerli. Non volevamo che soffrissi. Anzi, l’idea era che se noi ci fossimo allontanati, tu avresti potuto vivere il tuo terzo anno con gli altri della squadra e della tua classe e farti nuovi amici. Non perché noi non volessimo più esserlo, ma perché ci siamo sentiti in colpa di averti portato via ai tuoi coetanei. Ci siamo preoccupati perché ci siamo accorti di non averti mai visto con i ragazzi della tua età. Il nostro timore era che, continuando a stare con noi, ti saresti ritrovato da solo a dover vivere le bellezze del terzo anno, quindi te le saresti perse tutte: disperarti per gli esami, gioire o piangere con persone che sono nella tua stessa situazione. È una tappa in cui noi siamo già passati e a cui tu hai solo assistito perché non potevi farne parte direttamente. Se fossi rimasto con noi anche quest’anno, sarebbe stato lo stesso: avresti dovuto tenerti tutto dentro. Noi ti avremmo capito, ma non avremmo condiviso le tue emozioni. La soluzione più pratica era non farci più sentire, perché saresti stato costretto a cercare compagnia da un’altra parte, guidato dall’istinto di sopravvivenza. Però a quanto pare non è andata esattamente così. Sai, Kenma è piombato a casa mia, un po’ di tempo fa, urlandomi che non ti conoscevo affatto e ti stavo facendo solo del male. Non volevo. Scusami, Akaashi”
Akaashi è letteralmente senza parole, completamente spiazzato da quanto ha appena ascoltato. Una serie di sentimenti contrastanti si susseguono nel suo petto: rabbia e felicità lottano per primeggiare. Non sa a quale abbandonarsi. Di una cosa è certo: che solo Bokuto poteva pensare a qualcosa di talmente complesso solo per fare il suo bene. 
Da parte sua, Kōtarō sta fremendo sotto il cappotto per sapere la sua risposta, qualsiasi essa sia.
“Perché me lo stai confessando proprio adesso?”
“Perché questi mesi sono stati difficili anche per me, perché ormai mi ero abituato alla tua presenza. Ho sentito come se mi mancasse una parte fondamentale, un po’ come quando sono in campo e non ti vedo al mio fianco. Non sai quante volte sono stato tentato di chiamarti! Konoha ha dovuto togliermi il telefono per evitarlo, per impedire che rovinassi tutto. Poi qualche giorno fa ho visto che Onaga ha condiviso una foto su Facebook in cui c’eri anche tu e sembravi così felice. Ho pensato che il mio piano avesse funzionato, nonostante quello che mi aveva detto Kenma. Volevo verificarlo di persona, spiegarti e scusarmi per averti fatto soffrire. Oggi mi è sembrato il giorno perfetto per farlo, perché se accetterai le mie scuse e mi perdonerai, potremmo iniziare l’anno nuovo insieme, andando al tempio. Non voglio altro che riaverti nelle mie giornate, Akaashi, appena la scuola sarà finita. Non desidero altro che giocare di nuovo con te; vorrei esserci il giorno in cui vincerete l’Interliceale ed essere presente al tuo diploma. Soprattutto non voglio più saperti triste”, termina tutto d’un fiato. 
“Non sono più triste, Bokuto-san”
È vero, non lo è più, tantomeno ora che ha avuto la conferma di essersi sbagliato. Il peso che lo ha accompagnato nell’ultimo anno si è improvvisamente dispero nell’aria. Si sente sollevato. Il suo cuore è più leggero ed è come se tornasse a battere di nuovo. È vivo, come non lo è mai stato e questo batte la rabbia che smette di divorarlo.
“Non sono più triste da giorni, ma ora che sei qui sono veramente felice” 
“Quindi mi perdoni?”, domanda Bokuto speranzoso, sfregandosi le mani per il freddo. 
Akaashi annuisce. È una vita che lo aspetta e ora che finalmente è arrivato non è disposto a lasciarlo andare e aspettare che arrivi un altro Bokuto-san, perché sa che è l’unico e che potrebbe  attendere un’altra vita prima che gliene mandino un altro.
Non sa quanto durerà questa volta; quel che sa è che non avrà bisogno di esprimere nessun desiderio, non al cielo almeno.
“Bokuto-san, fammi un favore: non avere più idee che mi coinvolgano”
“D’accordo, anche se in realtà ne avrei in mente un’altra, ma è solo una e basta, promesso”
“Quale?”
“Lo saprai più in là. Per adesso, buon anno, Akaashi”
“Buon anno, Bokuto-san”













Un grande ciao a tutti!
Questa one-shot era nata come os natalizia, ma come sempre non ci sono con i tempi, quindi alla fine ho trovato un espediente per mantenerla tale, ma in aggiunta si inserisce anche nel constesto di Capodanno.
Ovviemente non è venuta come l'avevo pensata all'inizio, nemmeno mi ricordo come doveva essere, sinceramente. Però sono abbastanza soddisfatta di come si è evoluta. Ho voluto soffermarmi di più sul tema dell'amicizia che dell'amore, che come avete potuto vedere è giusto accenato. Spero che il messaggio che ho voluto passare sia stato accolto.
Detto questo, spero abbiate trascorso un buon Natale e vi aguro un buon anno! 
Non credo ci sentiremo prima dell'anno nuovo, quindi a presto!

Breo

  
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