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Autore: Quasar93    31/12/2020    0 recensioni
E' la sera del 31 dicembre e Hijikata viene chiamato per controllare una festa denunciata dai vicini per disturbo della quiete pubblica. Una volta sul posto si pentirà amaramente di essere stato di turno quella notte.
[crack fic] [sono tutti amici e va tutto bene]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke, Toushiro Hijikata
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando organizzi una festa stai attento alle spogliarelliste che inviti, potrebbe esserci una sorpresa

“Va bene, me ne occupo io” rispose alla ricetrasmittente dell’auto della Shinsengumi il vicecapo spietato, osservando la nuvoletta di vapore che si era formata davanti alle sue labbra nonostante in quel momento non stesse fumando e si trovasse ancora nell’abitacolo della vettura.
Era il 31 dicembre e faceva veramente freddo per le strade di Edo.
Hijikata sbuffò mentre faceva ripartire l’auto che aveva appena parcheggiato al quartier generale per poter finalmente fare quello che preferiva l’ultima sera dell’anno: rimanere solo nella sua stanza, mangiare un piatto di riso condito con abbondante maionese, fumarsi una sigaretta in veranda ripensando al passato e poi farsi un buon sonno ristoratore.
Si era fatto assegnare il turno quella sera proprio per poter evitare senza drammi la rumorosissima festa che Kondo stava organizzando da settimane in un ristorante tradizionale della zona. È quindi facile immaginare con che umore avesse risposto alla ricetrasmittente, dove un collega alla centrale gli aveva chiesto, a pochi minuti dal suo agognato riposo, di andare a controllare un ristorante tradizionale della zona segnalato per disturbo alla quiete pubblica dai vicini.
La sua unica speranza era che non si trattasse davvero del direttore, quella sera non aveva proprio voglia di sistemare l’ennesima figuraccia di Kondo. Se lo avessero pagato per ogni stronzata fatta dal suo capo, ora avrebbe una scorta di maionese a vita nei propri alloggi.
Lo shinsengumi parcheggiò l’auto davanti al ristorante e fu felice di notare che non c’erano altre macchine della polizia. Spense la lanterna e i fari e, prima di entrare nel locale, si appoggiò all’auto con la schiena e si accese una sigaretta. Con quel freddo il fumo che ne usciva sembrava ancora più soffice e voluminoso e Hijikata si prese un attimo per gustarsi il momento, ignorando il fatto che di lì a poco avrebbe dovuto avere a che fare con un gruppo di ubriachi molesti. Gli ubriachi non gli piacevano, erano fastidiosi, non ascoltavano niente e il più delle volte non poteva nemmeno arrestarli. I terroristi, i Joi… Quelli sì che andavano bene. Poteva passarli a fil di spada e tutto finiva velocemente, senza bisogno di litigare o di avere del vomito di sconosciuti ad appestarti la macchina per mesi.
Finì la sigaretta e la gettò a terra calpestandola con il piede.
Era ora di fare il suo dovere.


Il ristorante tradizionale in cui entrò era diviso in diversi privè, tutti prenotati fino al mattino dopo, in modo che gli ospiti potessero fermarsi anche per la notte e smaltire i postumi della sbornia dell’ultimo dell’anno. Tutto il complesso era in generale rumoroso, ma Hijikata capì anche senza chiedere allo staff che gli aveva aperto la porta quale fosse la stanza incriminata, dalla quale provenivano schiamazzi volgari e grida a volume stratosferico.
Si rassettò la giacca e sospirò, poi bussò alla porta scorrevole. Normalmente sarebbe entrato abbattendo la porta con un calcio, ma quella sera aveva voglia soltanto di finire il prima possibile quella rogna e tornarsene tranquillo nei propri alloggi, quindi provò con un approccio più tranquillo.
Non ricevette risposta.
Una vena sulla sua fronte iniziò a pulsare, suggerendogli che forse non sfondare la porta con un calcio non era stata una grande idea. Stava per passare all’approccio meno tranquillo quando finalmente qualcuno dall’interno fece scivolare la porta scorrevole di lato.
“Ohiiii Tatsumaaaa! Potevi anche chiamare una spogliarellista… Hic! Più bella!”
Hijikata non fece nemmeno in tempo a processare che ad avergli aperto la porta era stato Gintoki  ubriaco-oltre-il-limite-della-decenza Sakata che fu preso per il bavero della divisa e tirato dentro di peso. Ma quanta forza aveva questo qui in queste condizioni?
“Ma poi… Hic! In cosplay della Shinsengumi? Che gusti hai, Tatsuma? Non c’erano le ragazze del meteo?” continuò il tuttofare mentre il suddetto Tatsuma, chiunque egli fosse, non lo degnò di nessuna risposta.
“E va beh, visto che ormai sei qui…” disse ancora Gintoki, rivolgendogli uno sguardo che non gli piacque per nulla, per poi dargli una sonora pacca sul sedere.
Hijikata diventò rosso fino alla punta dei capelli e assestò un pugno dritto in faccia a quel debosciato con la permanente. Quanto doveva essere ubriaco per continuare a scambiarlo per una donna?
“Ohi ohi, Tatsumaaaaa! Non mi avevi detto che veniva dal club Super S!”
Niente, era andato.
Andato e senza possibilità di ritorno.
Il vicecapo spietato si guardò intorno, cercando con lo sguardo qualcuno di più sobrio per poterli riprendere, multare e finalmente lasciare quell’orrenda festa in cui era stato trascinato contro la propria volontà.
“Gintoki, Sakamoto sta vomitando in bagno. E le ragazze non le ha scelte lui, ma questo qui!”
A parlare era stato Kotaro Katsura. Il ribelle Joi Kotaro Katsura. Il terrorista Kotaro Katsura. Quel Kotaro Katsura.
Perché a quella festa c’era un terrorista!?
Proprio mentre faceva questa considerazione Hijikata guardò chi stava puntando con il dito Katsura che, per quanto stesse tentando di mantenere un contegno, era a sua volta visibilmente sbronzo. Spalancò gli occhi sgomento da ciò che aveva visto.
“Ahhh Hic! Dovevo immaginarlo che ci fossi tu dietro una scelta così triste, Bakasugi!” farfugliò Sakata, dall’angolo in cui era finito dopo aver incassato in pieno il pugno dello shinsengumi.
Takasugi!?
Quanti terroristi c’erano a quella festa?
“Gintoki, sempre a lamentarti” rispose compassato quest’ultimo, alzandosi e soffiando in faccia all’amico ancora a terra il fumo della sua pipa, facendogli tossire anche l’anima.
“Se non ti piace questa donna me la prendo io, tanto è storia scritta che le ragazze preferiscano me” ghignò, avvicinandosi a Hijikata con un’espressione che lasciava poco spazio all’interpretazione. Il vicecapo fece subito diversi passi indietro, sconvolto.
Ma che problemi avevano tutti?
Ma come potevano scambiarlo per una donna?
Che sakè di infima qualità si erano comprati coi loro soldi sporchi?
“Ragazzi, suvvia, non vedete che la state spaventando con le vostre facce truci?” disse una voce alle spalle di Hijikata. Il ragazzo non fece in tempo a girarsi che sentì il corpo di qualcuno aderire perfettamente al suo.
“Ma che cazzo!” gridò, ancora rosso in faccia e ormai fuori da ogni grazia divina, assestando una gomitata alle costole del suo assalitore, che si accasciò a terra agonizzante.
Quando si girò per vedere chi fosse desiderò in quel momento più che in ogni altro di non essere mai andato a quella festa.
L’uomo che l’aveva abbracciato, per usare un eufemismo, alle spalle e che in quel momento giaceva completamente nudo sul pavimento contorcendosi per il male alle costole altri non era che il suo direttore.
“Kondo-san!” gridò, con un tono misto di stupore, disgusto e incredulità.
Ma perché.
Perché aveva accettato quella chiamata?
Perché non poteva già essere nella sua stanza a mangiare la sua adorata maionese da solo, in silenzio e senza terroristi ubriachi che gli toccavano il culo?
“T-toshi? Hai deciso di venire anche tu? Gli altri mi hanno abbandonato e quindi mi sono unito al tuttofare” rantolò l’uomo col pizzetto, attirando in qualche modo l’attenzione di Gintoki, che nel frattempo si era rialzato e stava barcollando alla ricerca di questo famoso ‘Tatsuma’ che a quanto pare non era ancora tornato dal bagno.
“Uh. Allora eri tu, Hijikata-kun? Potevi dirlo subito! Hic!” blaterò, a un centimetro dalla sua faccia, consentendogli di annusare il suo alito marcio di sakè, imprimendo sulle labbra dello shinsengumi un’espressione di disgusto tale che non pensava se ne sarebbe mai andata.
“Come hai fatto tu a non riconoscermi? A scambiarmi per una donna!” finalmente Toshiro Hijikata aveva in qualche modo elaborato la situazione e la rabbia che aveva provato fino a quel momento iniziò ad esplodere.
“Suvvia. Non essere così permaloso… Hi-Ji-Ka-Ta-Kun!” sillabò Sakata, spalmandogli di nuovo una mano sul culo per buona misura, conscio, anche in quello stato, di quanto quel gesto avrebbe irritato l’altro. Hijikata, dal canto suo, esplose definitivamente e colpì di nuovo Sakata con un pugno facendolo rotolare diversi metri avanti e, per la prima volta quella sera, si sentì meglio.
“Si può sapere che cavolo di festa è questa? Cosa vi state bevendo? Perché ci sono dei terroristi? SIETE TUTTI IN ARRESTO” sbraitò il vicecapo, ormai all’apice della sua furia, ignorando il suo superiore mezzo svenuto e completamente nudo ai suoi piedi e considerando seriamente di arrestare anche lui.
“Ah Gintokiiiiii! È arrivata la spogliarellista? HAHAHAHHAHAHHAHA ma perché in cosplay da Shinsengumi? Ma che gusti hai, Gintoki HAHAHAHAHA non c’erano delle piratesse spaziali sexy?” disse improvvisamente qualcuno con la voce incredibilmente forte, tirando al povero e furioso Hijikata un’ennesima pacca sul culo per poi stringergli un braccio attorno alle spalle.
“Io sono Tatsuma, con chi ho il piacere di parlare?” gli disse poi, abbassandosi gli occhiali da sole, che per qualche oscuro motivo portava anche all’interno, e rifilandogli uno sguardo da latin lover che gli fece accapponare la pelle. A quanto pare il famosissimo Tatsuma era riemerso dal bagno. E ovviamente era un maniaco così come i suoi amici.
Hijikata era così sconvolto che non riuscì nemmeno a rispondergli, la furia di prima si era spenta all’improvviso come un fiammifero su cui era stata tirata una secchiata d’acqua e che non aveva più la forza di provare a riaccendersi. Lo shinsengumi si limitò a tirare a questo Tatsuma una gomitata alla bocca dello stomaco e si sedette al tavolo.
Di fianco a Takasugi che, strano a dirsi, in quel momento gli parve la scelta migliore.
Il terrorista si stava versando da bere, Hijikata prese un bicchierino usato da chissà chi, ne vuotò il contenuto in faccia a Gintoki che era momentaneamente svenuto dal suo pugno di prima e lo porse al ragazzo con la benda sull’occhio per farsi versare da bere.
Lo sguardo spento.
La voglia di vivere sparita.
Ma cosa aveva fatto di male?
Takasugi gli versò da bere e Hijikata butto giù il bicchierino alla goccia.
Il fatto che quella scena così assurda fosse la cosa meno assurda che gli era successa quella sera gli fece rivalutare parecchio le proprie scelte di vita.


Hijikata non era sicuro di quanto tempo avesse passato a bere in silenzio con quel terrorista, mentre attorno a lui gli altri continuavano a festeggiare a volume assordante, gridando oscenità di ogni tipo.
Ormai era chiaro che non sarebbe riuscito a fermarli, non da solo. Sicuramente non poteva contare sull’aiuto di Kondo che, raccattato uno yukata non suo, stava cantando a squarciagola la sigla di Doraemon abbracciato a quel tuttofare debosciato. Aveva anche provato a chiamare Sogo ma questi, captata con precisone la nota di estremo disagio nella voce del vicecapo per quanto Hijikata avesse tentato di nasconderla, si era prontamente rifiutato di accorre in suo soccorso, probabilmente godendo delle sue disgrazie. Anzi, Hijikata era sicuro che si fosse premurato che nessun’altro rispondesse alle chiamate per disturbo alla quiete pubblica, dato che gli schiamazzi non erano affatto diminuiti, e andasse a salvarlo.


Baksugiiiii” sentì urlare da un punto imprecisato della stanza “perché ti tieni la pipa tutta per te? Tra amici si condivide HAHAHAHAHA”
A parlare era stato Tatsuma, che ormai Hijikata aveva etichettato come il più rumoroso fomentatore della serata, e il suo obiettivo era evidentemente la pipa che il terrorista radicale Shinsuke Takasugi stava fumando tranquillamente di fianco a lui da un po’.
“Io non sono vostro amico, e non mi chiamo Bakasugi” rispose piccato il ragazzo con un occhio solo, rifilando uno sguardo tagliente all’amico con la voce alta che non sembrò particolarmente impressionato.
“Hai ragione, Dramasuke, però questa ce la prendiamo lo stesso, Hic!” disse Gintoki, sfilando con un gesto la pipa dalle dita affusolate di Takasugi per poi dare un sonoro cinque al suo compagno di merende Tatsuma. Al terzo tentativo. In faccia.
Fece giusto in tempo a dare un tiro prima che Takasugi, infastidito dal comportamento dei suoi “amici” non si alzò per tirare un calcio dritto in faccia a Sakata che, in qualche modo, riuscì goffamente a schivarlo lanciando nel frattempo l’agognata pipa a Sakamoto, che fumò a sua volta.
La scena andò avanti per un po’, almeno fintanto che tutti e tre quegli idioti non si accasciarono a sedere contro il muro, dimenticandosi di cosa stavano facendo o troppo ubriachi per continuare.
In tutto questo tempo Hijikata era rimasto fermo immobile a guardarli con un misto di curiosità e gusto dell’orrido, un po’ come ci si fermerebbe a guardare un brutto incidente stradale. L’alternativa comunque era Kondo che aveva cambiato partner di bevute e ora stava sfagiolando le tecniche di guerra della Shinsengumi al suo acerrimo nemico Katsura, alternando questo a momenti karaoke davvero imbarazzanti.
Il vicecapo guardò i tre idioti, poi di nuovo Kondo, poi di nuovo i tre idioti.
Si sedette di nuovo e raccolse la pipa della discordia ormai abbandonata al suo destino e inspirò a lungo. Le sue sigarette si erano perse nella confusione iniziale e aveva davvero bisogno di fumare ma… che schifo di roba si stavano fumando questi?
Tossì svariate volte, nonostante fosse un fumatore abituale e ricacciò indietro il senso di vomito.
Come facevano ad essere ancora vivi fumando quella merda?
Ovvio che erano diventati terroristi, gli era marcito il cervello!
Si annotò mentalmente di aggiungere ‘detenzione e uso di stupefacenti’ ai loro capi d’accusa. Altro che ubriachi, erano crollati perché ormai erano anche fatti di chissà quale schifezza tagliata male.
Tra l’altro avevano iniziato a farfugliare tra di loro qualcosa di quasi incomprensibile.
“Ci stava una fumatina in ricordo dei bei vecchi tempi HAHHAHAHAHHAHAHA È bello anche se solo per una sera essere di nuovo amici”
Ok, Tatsuma era comprensibilissimo. Ma ce l’aveva il volume basso quell’uomo?
“Perché non siamo più amici? Hic! Perché ci odiamo, Bakasugi? Hic!” continuò Sakata, beccandosi una manata in faccia da Takasugi che rispose qualcosa che suonava come ‘ma chi potrebbe mai essere amico di due rompiscatole come voi?’
Tatsuma in tutta risposta cercò di abbracciarli entrambi, uno per lato, essendo seduto al centro. Gintoki era troppo in là per opporsi e Takasugi, che si stava fumando quella merda da tutta la sera, troppo debole per riuscire a defilarsi da quell’abbraccio da orso. Hijikata era sicuro che dopo pochissimo tempo Tatsuma avesse iniziato a russare, intrappolandoli in quella posa ridicola, mentre Sakata e Takasugi continuavano a battibeccare.


Lo shinsengumi riappoggiò dov’era quella pipa e si guardò intorno, lasciando perdere i tre idioti e i loro discorsi.
Ormai l’idea di tornarsene nei propri alloggi era svanita nel nulla, non poteva certo abbandonare Kondo in quelle condizioni in mezzo a quella gente, per quanto una parte di lui avrebbe ardentemente voluto farlo.
Chissà se era almeno passata la mezzanotte?
Erano tutti così ubriachi e fatti che probabilmente non se ne sarebbero mai accorti e anche lui, tra il sakè bevuto con Takasugi e il tiro di quella pipa sudicia di prima, ormai non era certo in condizione di guidare.
Appoggiò le braccia sul tavolo e ci sprofondò dentro con la testa, cercando di immaginarsi steso nel proprio futon, la pancia piena di maionese, il pigiama comodo e nessun ubriaco molesto che lo importunasse. Non passò molto prima che si addormentasse pesantemente.


Il resto della nottata trascorse più o meno tranquillamente. Hijikata si era svegliato solo un paio di volte. Una a causa di Takasugi che, liberatosi finalmente dall’abbraccio di Tatsuma, aveva pensato che suonare lo shamisen alle 4:00 di mattina del primo dell’anno fosse una buona idea. Proposito non condiviso da Sakata che l’aveva velocemente steso cercando di strangolarlo con la benda sciolta che portava sull’occhio.
L’altra a causa di Katsura, che per qualche motivo alle 5:00 si era messo a conversare animatamente con una pianta in vaso, incitandola ad unirsi ai Joi Shishi. La pipa nelle sue vicinanze aveva dato a Hijikata chiare indicazioni sul perché della diatriba e di nuovo fu il tuttofare a zittire l’amico con un calcio che lo rimandò a dormire molto velocemente. Fu sempre in quel momento che si accorse che Kondo in qualche modo era strisciato fino al suo fianco e stava dormendo appoggiato alla sua spalla. Stava per scrollarselo vigorosamente di dosso ma poi si trattenne e lo lasciò dormire, riappisolandosi a sua volta.


Verso le 7:30 la luce filtrò dalla finestra svegliandolo definitivamente. Si guardò intorno: Kondo era collassato a terra, Katsura e Takasugi dormivano (o erano ancora svenuti da quando Sakata li aveva messi KO, non avrebbe saputo dirlo) appoggiati l’uno alla spalla dell’altro e Tatsuma era steso a pancia in giù poco distante, con ancora quegli orrendi occhiali da sole indosso.
Sakata mancava all’appello.
Hijikata si alzò rischiando di cadere un paio di volte, con la testa che iniziava a fargli male e a ricordargli che non avrebbe dovuto bere sakè servito da un terrorista e uscì in veranda a prendere aria. Fu lì che trovò il tuttofare, che probabilmente aveva avuto la sua stessa idea.
Vedendolo si irrigidì un attimo, terrorizzato che lo scambiasse di nuovo per una donnaccia come la sera prima.
“Tranquillo, Hijikata-kun, ho smaltito abbastanza alcol da riconoscerti” gli disse sogghignando Gintoki, come se gli avesse letto nel pensiero.
“Lo spero bene” rispose Hijikata, ancora visibilmente turbato dalla serata.
Si sedettero entrambi con le gambe a penzoloni guardando l’alba.
“Allora, finalmente hai imparato come ci si diverte?”
“Questo lo chiami divertimento? È un miracolo che non vi uccidiate ogni volta che organizzate questi party!”
“Quando hai passato tutta la tua esistenza tra la vita e la morte non è un’eventualità così spaventosa” rispose, guardando l’orizzonte.
Hijikata spalancò gli occhi, aspettandosi di tutto tranne che un commento del genere in quel momento. Poi il ragazzo coi capelli argentati si girò verso di lui come per aggiungere qualcos’altro “E poi, io e quei ragazzacci…BLEARGH” non fece in tempo a finire la frase che vomitò addosso allo shinsengumi.
Momento finito.
Qualcosa in quell’istante si ruppe dentro Hijikata, che sopportava comportamenti inopportuni da tutta la sera.
“Scusami, sai, i postumi della sbornia” accennò Gintoki, sorridendo, ma Hijikata non lo stava già più ascoltando.
Sei era alzato in piedi e come un robot aveva tirato fuori un paio di manette dalla tasca interna della giacca facendogliele scattare ai posti. La frangia calata sugli occhi a coprire il suo sguardo e l’espressione sulle labbra indecifrabile.
“…ma” iniziò Gintoki, sorpreso, senza ricevere nessuna reazione dallo shinsegumi se non un sorriso omicida mentre alzava leggermente la testa mostrando uno sguardo che avrebbe potuto trapassare i muri.
“Gintoki Sakata, sei in arresto per disturbo della quiete pubblica, molestie a pubblico ufficiale, possesso e uso di stupefacenti e per avermi ripetutamente toccato il culo!” gli gridò nelle orecchie, conscio che in post sbornia gli avrebbe dato più fastidio del normale.
Lo trascinò dentro barcollante e, mentre anche gli altri iniziavano a svegliarsi a causa del loro vociare, si sfilò dalla tasca interna della giacca altre 4 paia di manette ridendo a un volume da far invidia a Tatsuma.


Quando uscì dal ristorante trovò Yamazaki ad aspettarlo con un cellulare pronto. L’aveva chiamato non appena aveva arrestato tutti quei poco di buono e li osservò sfilare dal ristorante al mezzo con sguardo soddisfatto. Nessuno di loro si stava davvero opponendo all’arresto, forse alcuni nemmeno avevano capito cosa gli stava succedendo, ancora mezzi sbronzi dalla nottata.
Mano a mano che entravano nel cellulare uno per volta il vicecapo spietato ne indicava, non senza una nota di orgoglio e rivincita nella voce, i crimini a Yamazaki per aggiornarlo.
“Gintoki Sakata: disturbo della quiete pubblica, molestie a pubblico ufficiale, detenzione e uso di stupefacenti, ubriachezza molesta; Shinsuke Takasugi: disturbo della quiete pubblica, molestie a pubblico ufficiale, detenzione e uso di stupefacenti, terrorismo, suona lo Shamisen alle 4 del mattino;”
“Ahm, vicecapo… l’ultimo non è un crimine” tentò di dire Yamazaki, ma lo sguardo che gli rifilò Hijikata era così tagliente che poteva sentire il dolore di essere passato a fil di spada e si morse la lingua.
“Kotaro Katsura: disturbo della quiete pubblica, molestie a pubblico ufficiale, detenzione e uso di stupefacenti, terrorismo, da fatto parla con le piante;”
Yamazaki guardò di nuovo Hijikata, si chiese se dire o no qualcosa e poi decise che sarebbe stato meglio tacere se non voleva finire anche lui su quel cellulare. Il vicecapo spietato aveva qualcosa di folle nello sguardo, come un tic nervoso inespresso. Cosa gli era successo?
“Tatsuma Sakamoto: disturbo della quiete pubblica, molestie a pubblico ufficiale, detenzione e uso di stupefacenti, probabile spaccio, probabili atti di pirateria interplanetaria, usa gli occhiali da sole al chiuso di notte;”
Più andava avanti a fare l’elenco più Yamazaki iniziava ad averne paura. Anche la voce ferma e dura del suo vicecapo iniziava ad avere qualche nota più alta e isterica. Quando vide l’ultimo degli arrestati iniziò a darsi qualche risposta.
“Isao Kondo: atti osceni in luogo pubblico, molestie a pubblico ufficiale, associazione con dei terroristi, è un coglione”
A quest’ultima frase Kondo si voltò verso Hijikata, mostrandogli uno sguardo da cucciolo bastonato.
“Toshiiiiii” pianse nella sua direzione, ma Hijikata lo ignorò completamente.
Yamazaki non fece domande.
Chiuse il portellone e si mise al posto di guida.
Chiese al vicecapo se volesse andare anche lui con loro ma Hijikata rifiutò e quindi partì senza ulteriori indugi, prima di essere coinvolto in qualsiasi cosa fosse successa tra loro quella notte.
Hijikata guardò partire il cellulare pieno dei peggiori criminali di Edo con un sorriso a trentadue denti, si appoggiò con la schiena alla sua auto che era ancora lì dalla sera prima e aprì il nuovo pacchetto di sigarette che ‘Zaki gli aveva portato.
Inspirò profondamente assaporando la nicotina delle sue Mayoboro e guardò il cielo.
Ora si che era un bel capodanno.

  
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