Con un colpo di tosse, Tomura sputò un nuovo fiore bluastro - un altro ancora, il
primo di molti altri. Ormai, il covo era un giardino in decadenza, con petali
strappati e boccioli secchi che giacevano ovunque.
Nel frattempo, Kurogiri
osservava l’ennesimo frutto di quella malattia infame: alcuni ricaddero sul
bancone; altri erano nel bicchiere stesso di Shigaraki,
a galleggiare nel gin; alcuni erano sui vesti del giovane stesso. Anche quest’ultimo
si soffermò, per un attimo, a guardare quello spettacolo bluastro, che, tutto
sommato, garantiva a quel luogo un nuovo colore.
"Hai bisogno
dell'operazione", offrì Kurogiri, pur sapendo la
risposta che ne avrebbe ricavato.
Infatti, Tomura
scosse la testa, "Non lo so," biascicò, e altri frammenti blu
scivolarono fuori dalle sue labbra a scandire ognuna di quelle parole.
L'altro sbuffò. Davvero, non capiva
perché quel ragazzo fosse così testardo: perché era così attaccato ai suoi
sentimenti per quel futuro eroe? Perché stava rischiando la propria vita invece
di sbarazzarsene una volta per tutte? Tomura era
leale e AFO si fidava di lui, ma Kurogiri non aveva
alcuna idea di come interpretare quel gesto testardo.
Non aveva alcun senso.
Affatto.
"Se tutto va secondo i
piani", improvvisamente, il ragazzo riprese, facendolo sussultare, "me
ne sbarazzerò uccidendolo con le mie stesse mani".
A quel punto, Kurogiri
voleva protestare, davvero – quando tutto sarebbe andato secondo i piani,
sarebbe stato già troppo tardi per fare una cosa del genere, sempre che la
malattia non lo uccidesse prima. Shigaraki stava
facendo troppo affidamento su un tempo che, ormai, non stava più giocando dalla
sua parte.
Quanti giorni sarebbe stato disposto
ad aspettare prima di cedere alle suppliche di Kurogiri
o, peggio, ad un ordine diretto di AFO?
Quanti mesi, al massimo?
Anni? Ah – così tanto sarebbe stato
ridicolo.
Chiaramente, Tomura
stava sottovalutando la situazione. La malattia di Hanahaki
era peggiore di quanto si potesse immaginare, Kurogiri
lo sapeva anche meglio di lui.
Anche lui era stato innamorato, molti
anni prima, ma non appena AFO gli aveva dato una possibilità, i fiori erano
spariti. Se ne era liberato – in fondo, quei fiori non servivano a nulla.
Ecco perché, in quel preciso momento,
Kurogiri non riusciva a capire perché Tomura pensava che fosse una buona idea lasciare quelle
piante nei suoi polmoni. Per Kurogiri, che non era
stato capace di prendere l’iniziativa quando ancora ne aveva avuta un’occasione,
la situazione del giovano appariva estremamente stupida.
Al contrario di Kurogiri,
Tomura non aveva nemmeno la più piccola occasione.
Si stava comportando come un suicida.
Stava
mettendo a rischio tutti gli anni di pianificazione impiegati da AFO.
Purtroppo, I fiori sarebbero
cresciuti fino al giorno in cui Tomura sarebbe morto
o l'eroe lo avrebbe ricambiato. L'ultima sembrava essere abbastanza
impossibile, onestamente.
La parte peggiore era che Tomura ne era ben consapevole. Sapeva, ma continuava a
raccogliere ogni singolo petalo - tutti i fiori, i semi impregnati del suo
stesso sangue. Li stava nascondendo ovunque: nella sua cassettiera; sotto il
suo letto; nelle scatole dei suoi videogiochi.
Tutto era farcito con fiordalisi.
Che cosa stupida…
Quegli stessi fiori di cui si stava
occupando lo avrebbero soffocato senza alcun preavviso, un giorno.
Quegli stessi petali che amava così
tanto, durante la notte, sarebbero sbocciati dal suo corpo inerte, sfruttandolo
come un vaso di carne e sangue.
Ciò che stava cercando di proteggere
gli avrebbe spezzato il cuore in un milione di pezzi.
Kurogiri, quindi, si domandava se il fiore, o
meglio, il significato dietro quel fiore, non fosse un segno di ciò che
realmente si celava nel cuore del giocane.
"E se lui provasse lo stesso per
te? Cosa pensi di fare?" Tuttavia, quando Kurogiri
si accorse di aver appena fatto quella domanda ad alta voce, rimase immobile,
sperando che Tomura non avrebbe deciso di distruggere
il loto piccolo locale.
Eppure, lui non fece nulla,
semplicemente, sollevò lo sguardo, di scatto, con gli occhi che iniziarono a
brillare, come se la sola possibilità lo avesse rallegrato all’stante.
"Fiordaliso significa speranza,
dopotutto", riprese Kurogiri, cercando di capire
se Tomura fosse a conoscenza di tutto ciò o se stesse
solo reagendo inconsciamente, "ho fatto le mie ricerche".
Forse senza accorgersene, Tomura prese uno di detti fiori tra due dita e lo sfiorò
con il pollice, "E cosa significa?"
"I fiori che crescono nei tuoi
polmoni rappresentano i tuoi sentimenti", spiegò l'uomo, "forse, speri
che un giorno ti capirà".
Di conseguenza, Tomura
fece una smorfia, smorzando, di forza, un misero sorriso, ma tenne il fiore lì,
sano e salvo tra l'indice e il pollice, "Non ho bisogno di un moccioso."
"Ma tu lo ami," disse Kurogiri, sentendosi audace e ricordandosi che il suo quirk lo rendeva impalpabile e che, quindi, Tomura non avrebbe potuto attaccarlo in caso di un attacco
di rabbia.
La malattia di Hanahaki
non era una semplice cotta, qualcosa che un umano avrebbe potuto dimenticare
dall'oggi al domani. Era qualcosa di serio e mortale.
Tomura amava quell'eroe.
Lo amava e, nel bene e nel male, non
voleva liberarsene, questo era un dato di fatto. Le prove della sua
infatuazione erano ovunque.
Tomura rimase in silenzio, respingendo un
altro colpo di tosse, finché la sua bocca non si riempì completamente di nuovi
fiori.
"Scegli saggiamente. La speranza
è il peggior nemico di un cattivo, dopotutto. "