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Autore: Little Firestar84    06/01/2021    9 recensioni
Serendipity, in it. serendipità: il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un'altra... o mentre non si stava cercando affatto.
Una ragazzina col cuore spezzato che si promette di non innamorarsi mai, perchè un cuore spezzato, dalla morte dell'amato padre, le è bastato.
Un giovane uomo che arriva in un paese sconosciuto e dopo mesi assapora la libertà ed il piacere di dormire sotto le stelle.
Un uomo e una donna che più diversi non potrebbero essere, e che no, non sono proprio fatti per stare insieme.
Una coppia, che monta la culla del loro bambino in arrivo.
E tra passato, presente e futuro, un unico filo conduttore: un messaggio in bottiglia, portato dal mare...
Genere: Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ciao a tutti! oggi vi presento una mia vecchia fanfiction del 2015, che scrissi in Inglese per The Mentalist, con protagonisti Patrick e Teresa, ispirata ad una scena di Practical Magic, vecchio film con Sandra Bullock che interpreta la sorella maggiore di Nicole Kidman... Dopo aver scritto il capitolo di “Shake it up” ambientato sulla spiaggia (Moonlight Shadow, il quarto) mi è tornata in mente (e anche Ryo VS l’IKEA, in realtà, trova spazio in questa shottina), e mi è sembrata perfetta per il nostro duo di adorabili sweeper, ed ho deciso di adattarla a City Hunter, seppur mi sia presa un po’ di libertà per quello che concerne la cronologia degli eventi, dato che, secondo la cronologia di City Hunter, Kaori avrebbe dovuto avere circa nove anni quando Ryo arrivò in Giappone, ma permettetemi questa libertà narrativa ;)

Buona lettura, buona epifania… e prometto che vi risponderò nei prossimi giorni! Giurin Giurello!

 

   

 

L’estate dei suoi dodici anni fu quella che Kaori Makimura odiò di più nella sua vita; fu quella infatti l’estate dove scoprì l’amara verità sulle sue origini, quell’adozione di cui nessuno le aveva mai parlato, limitandosi a sussurri alle sue spalle, ma soprattutto, fu l’anno in cui, non ancora adulta ma nemmeno più bambina, si vide costretta a crescere e divenire indipendente quando, alla morte del padre, desiderò non essere d’intralcio all’amato fratello.

Mancavano un paio di settimane all’inizio dell’anno scolastico quando Hide le propose di passare qualche giorno da zia Hime, che gestiva una piccola pensione in un centro termale vicino al mare. 

La zia, sorella minore del padre, le aveva sempre voluto bene, e aveva tentato di convincere il fratello più e più volte a rifarsi una famiglia e dare una figura femminile alla ragazza, ma lui non le aveva mai dato retta, così lei ad un certo punto aveva smesso di insistere, smesso di chiedergli di portarle Kaori per qualche settimana, ed ognuno era tornato alla sua vita, pazienza se lei si sentiva sola ed incompresa.

Hime non disse nulla nemmeno alla morte del fratello; non chiese mai a Hide, che era lui stesso solo un ragazzino e che, all'inizio della sua carriera nelle forze dell’ordine, aveva uno stipendio da fame, se volesse affidargliela per un po’: quel paio di settimane era il massimo che volesse fare- o, Kaori si sarebbe chiesta un giorno, divenuta più adulta, forse quello era il massimo che potesse fare, considerato che forse gli affari non andavano così bene come lei aveva immaginato da ragazzina. 

Kaori accettò di andare dalla zia, non per chissà quale motivo ma perchè lei faceva sempre quello che le veniva detto, voleva essere una brava ragazza e non dare problemi, tuttavia, il suo risentimento verso i parenti era forte: a quella tavola aveva cibi gourmet, un letto caldo in una camera tutta sua, un giardino in cui, avesse voluto, sarebbe potuta andare a giocare… nel minuscolo appartamento che divideva col fratello lei dormiva in un futon per terra perchè era più bassa di lui, il riscaldamento era centellinato, la spesa la facevano al discount e se voleva giocare all’aperto doveva andare al parco e sperare di non incontrare dei bulli. 

Ma soprattutto, Kaori odiava suo padre, perchè era colpa sua se loro erano in quella situazione; e si odiava perché lo odiava e lo amava allo stesso tempo perché le aveva dato tanto, le aveva voluto bene, nonostante lei non fosse sua figlia. 

Non avrebbe mai più voluto bene a nessuno- salvo Hide, perchè lui era già nella sua vita, ma, si ripromise, non si sarebbe mai innamorata. Per nessun motivo al mondo. Aveva solo dodici anni ed era già stufa marcia di uomini che le spezzavano il cuore.

Era la sua ultima notte a casa della zia, e la passò sulla spiaggia, davanti ad un fuocherello fatto con legna di fortuna che il mare aveva portato a riva, e su di un pezzetto di carta ingiallito dal tempo, con una penna stilografica, scrisse con la sua delicata calligrafia il suo desiderio- un sogno impossibile. 

 

Kamakura, Agosto 1977

L’amore della mia vita saprà sempre quando sono in pericolo, senza bisogno che io lo chiami, e comunicheremo con un semplice sguardo, senza bisogno di parole. Sarà affascinante e seducente, ma saprà farmi ridere, e mi darà un bacio sulla fronte per ringraziarmi o per farmi stare meglio. Avrà un animo gentile nascosto sotto un’apparente freddezza, aiuterà i deboli e saprà sempre fare centro con la sua pistola. I suoi occhi saranno scuri e profondi, ed i capelli una criniera nera…

Lui sarà il mio grande, unico amore. 

Kaori

 

Chiuse la preghiera in una vecchia bottiglia di alcolici e la gettò in mare, e sperò che le vecchie leggende, che dicevano che ogni donna nascondeva in sé un pizzico di magia, fossero vere, e che il suo desiderio potesse avverarsi. 

Perché lei aveva descritto un uomo perfetto, che non poteva esistere… e quindi, non si sarebbe mai innamorata, e non avrebbe sofferto. Mai più.

---

Solamente il giorno prima era arrivato in quella terra sconosciuta da cui suo padre era certo che lui provenisse, e dove viveva l’uomo che lo aveva salvato. Ryo aveva passato mesi nascosto nella stiva di una nave cargo, con un marinaio a cui aveva pagato il passaggio caro e salato che gli portava metà del suo magro pasto. Era sceso al porto a notte fonda, nascondendosi nel retro di un camion da cui era fuggito non appena questi aveva rallentato in prossimità di una curva. Era saltato giù, trovandosi su una spiaggetta isolata, nascosta a tutto e tutti. 

Pace e tranquillità, una meraviglia. Erano mesi che sentiva sulle labbra solo il sapore di ruggine dei container, adesso invece inspirò a pieni polmoni, col sorriso sulle labbra, il sapore di mare, e di libertà, di aria, sotto a quel delizioso cielo stellato… da quanto tempo non aveva più visto le stelle? Troppo tempo, decisamente. 

Si coricò sul bagnasciuga con le braccia dietro alla testa per dormicchiare, fregandosene bellamente che si sarebbe bagnato, anzi, grato per quella frescura che stava lavando via giorni e giorni di polvere e sudore, quando avvertì qualcosa che lo colpiva alla gamba. 

Una bottiglia- le onde avevano portato a riva una bottiglia di alcolici, whisky, apparentemente. 

La raccolse, alzando gli occhi al cielo, stupito dalla stupidità umana, dal poco rispetto che l’umanità aveva per l’ambiente circostante- il padre gli aveva insegnato a considerare la giungla un'alleata preziosa, non un avversario debole da soggiogare. 

E poi, notò cosa nascondesse la bottiglia: un foglio di carta.

Svitò il tappo e prelevò la pergamena, ingiallita dal tempo, e quando notò che era scritta in giapponese, sbuffò, rassegnato a non comprendere cosa nascondesse quella misteriosa missiva che l’aveva così tanto incuriosito, su cui si era fatto tante domande in giusto un attimo… Chi l’aveva scritta? Perchè? Quando? Dove?

Non lo poteva sapere- ma chissà, quando avesse trovato il professore- e non se- magari gli avrebbe chiesto di tradurre la missiva per lui. 

Però…

Però, guardando i kanji, delicati, eleganti, quasi raffinati, si immaginò una giovane donna con un kimono tradizionale, intenta a scrivere quella missiva al chiaro di luna, con le gote arrossate per l’emozione… per lui, era una lettera d’amore, indirizzata all’amato che non vedeva da tempo- o forse disperso in mare, chissà. 

Nonostante sapesse che era impossibile, nella speranza che il sogno della sua mente fosse lì, accanto a lui, Ryo prese a guardarsi intorno, desiderando ardentemente che la donna del mistero avesse appena gettato dalla stessa spiaggia quella bottiglia. 

Era impossibile, lo sapeva, eppure si guardò comunque intorno, desiderando di portarle calore, anche solo per un attimo, di stringerla tra le braccia ed amarla. 

E poi, colpito da quanto stupido, ridicolo e sdolcinato tutto quanto suonasse, Ryo eruppe in una fragorosa risata, e si grattò il capo, alzando gli occhi al cielo. 

Come poteva infatuarsi di una donna che forse nemmeno esisteva? E soprattutto… amare? Da dove gli era uscito quel folle pensiero assurdo? Lui era un dongiovanni, gli piaceva fare il cascamorto e non andava più di una volta con la stessa donna- Mary era stata l'eccezione, e difatti, lei si era subito fatta delle strane idee, e aveva immaginato, dietro al loro rapporto di colleghi e amici di letto, una relazione amorosa, romantica. 

Era stupido, davvero, insensato, e lui non era così. 

Eppure…

Eppure, non ebbe a cuore di gettare via quell’oggetto, e richiuse la lettera nella bottiglia, mettendola nel borsone nero, l’unico bagaglio che si fosse portato dietro con giusto uno o due cambi e un po’ di munizioni per la sua Python, e, molti anni dopo, finì in uno scatolone prima, e dentro un armadio poi, con il pezzo di carta sempre dentro alla bottiglia senza che lui si ricordasse più di averla, senza che lui provasse mai a tradurre quel testo su cui tanto aveva fantasticato. 

---

Una sera, alcuni mesi dopo che Ryo era rientrato nella sua vita alla morte di Hide,  Kaori era seduta sul divano, intenta a bere un thè caldo con una coperta sulle ginocchia; fuori faceva freddo, stava scendendo la neve sulle strade di Shinjuku, e lo sguardo le era caduto su Ryo, seduto al tavolo della cucina intento a pulire la sua preziosa e amata arma con un sorriso d’amore sul volto. 

Avvampò, quando rammentò improvvisamente ciò che aveva scritto in quella missiva di cui a lungo si era scordata, troppo presa dal tirare avanti….

Osservò l’uomo con le labbra dischiuse ed il cuore a mille: era lui, l’uomo dei sogni di cui aveva scritto in quella notte stellata davanti ad un fuoco di fortuna?

Beh… più o meno. Fisicamente coincideva, e sì, Ryo era un tiratore infallibile- quanti potevano vantarsi di riuscire nello one shot hole, dopotutto? - ma… ma Ryo non l’amava, non l’aveva mai baciata, nè l’avrebbe mai fatto perchè ai suoi occhi lei doveva essere un uomo, e soprattutto.. Ryo Saeba e profondità non potevano esistere nella stessa frase. Era semplicemente impossibile. 

Sospirò alla sua stessa stupidità, chiedendosi perché avesse fatto un simile pensiero- da oca, nella sua mente. La magia non esisteva, non esistevano le anime gemelle o gli amori predestinati ma soprattutto…

Soprattutto, lei, non si sarebbe mai innamorata di un tipo come Ryo. Mai e poi mai.

(Poco importava che avesse capelli neri ribelli, occhi scuri come la notte, che facesse sempre centro sul bersaglio  e che, tutto sommato, la conoscesse abbastanza bene da non avere bisogno che lei parlasse per sapere cosa non andasse…)

---

“Accidenti, mi manca un cacciavite!” Nella stanza che presto avrebbe accolto il loro bambino- un maschio, avevano scoperto pochi giorni prima, Hideyuki Ichigo Saeba- Ryo era accovacciato a terra, circondato da scatoloni, intento a montare i mobili per la cameretta in maglietta e jeans, a piedi nudi. Aveva sbuffato tutta la mattina come un matto, urlato, tirato oggetti… e tutto perchè erano in ritardo pazzesco. Ormai mancavano solo più pochi giorni al parto, ed in poche parole avevano ancora tutta la stanza da montare, salvo una cassettiera che però l’uomo temette di dover smontare perchè, a dirla tutta, gli sembrava leggermente pendente.  “Kaori, puoi prendere la valigetta degli attrezzi  che c’è nell’armadietto nella nostra stanza? Piccola, gialla e di tela, non puoi sbagliarti!” Urlò alla compagna mentre continuava a spulciare quelle istruzioni che, per quello che contava, potevano pure essere scritte in arabo, non ci capiva nulla, non ci aveva capito nulla mesi prima, e non ci avrebbe mai capito nulla: forse era il caso di rassegnarsi e chiedere aiuto, anche se Falcon lo avrebbe preso in giro vita natural durante. 

Stava ancora cercando di capire se fosse possibile che un pezzo che sembrasse a stella potesse incastrarsi in uno tondo quando Kaori lo raggiunse, porgendogli la valigetta. 

“Non ti sei stancata, vero?” le chiese, quando lei si chinò leggermente per arruffargli (di più) i capelli e lasciargli un delicato e veloce bacio sulle labbra, che, come tutte le volte, emoziona Ryo in una maniera che egli trovava incredibile, facendolo arrossire e sentire come un ragazzino alle prese con il primo amore (cosa che, tecnicamente, era esatta). 

Fu mentre la baciava, e si chiedeva quanto in là potesse andare con le coccole a due settimane dal parto, che alzò un sopracciglio vedendo il curioso oggetto che la sua compagna aveva in mano: una bottiglia di liquore. 

“E quella da dove viene fuori?” Le chiese, alzando un sopracciglio, curioso, mentre lei gliela passava, sedutasi al suo fianco. 

“Era nel tuo armadio, mi è caduta in testa mentre cercavo la valigetta. Dovresti davvero fare un po’ di spoglio, Ryo, quel mobile sembra un immondezzaio e a me non lo fai mai mettere a posto!” Sbuffò lei, mentre Ryo le spettinava i ricci rossi e le lasciava un dolce bacio sulla fronte, un gesto semplice ed innocente che tuttavia la emozionava ogni volta, perchè la riportava alla mente quando aveva iniziato a sospettare di non essere così indifferente al fascinoso sweeper- o che comunque, in un modo tutto suo, Ryo le voleva bene. 

Ryo prese la vecchia bottiglia in mano, ed iniziò ad osservare l’oggetto per bene, poi, finalmente, la sua mente lo riportò al giorno in cui era arrivato nel Paese del Sol Levante, quando aveva trovato quel messaggio in bottiglia che si era sempre portato dietro ma che, ora si rendeva conto, non aveva mai letto.

“Ti ricordi la spiaggetta dove ti ho portato quando ci siamo messi insieme?” Le domandò, e dal rossore di Kaori, capì che sì, la sua mente, ed anche il suo corpo, ricordavano molto bene quella tanto surreale quanto peccaminosa esperienza. “La prima notte che arrivai in Giappone, mentre ero lì, il mare mi portò questa bottiglia. C’era una lettera dentro, o una poesia, non so, non conoscevo la lingua perché fino ad allora avevo sempre parlato solo spagnolo o inglese… ma sai che me l’ero proprio scordata?”

“Dì un po’, cos’è quel sorrisetto?” Kaori gli chiese, appoggiandosi alla sua spalla mentre Ryo svitava il tappo prima di tirare fuori quel vecchio foglietto ingiallito dal tempo, che maneggiò con cura. “Fammi indovinare… centra una donna? Così giovane, ed eri già un pervertito… eh, di che razza di troglodita che sono andata ad innamorarmi...Mi meraviglio che i miei antenati non ci abbiano ancora inceneriti!”

Ridendo, lei gli diede un leggero bacio sulla guancia, e Ryo arrossì, mentre teneva la fragile pergamena tra le mani. “Ma che dici, ero solo un ragazzo, ero giovane, e poi non sapevo chi l’avesse scritta, ma mi ero fatto tutto un film, mi ero pure guardato intorno pensando che fosse stata lanciata da una bellissima ragazza e che ci saremmo innamorati alla follia nonostante io non capissi un’acca della lingua, e che avremmo vissuto un amore alla Romeo e Giulietta…”

“Meraviglioso. Quindi è quando mi hai conosciuta che hai smesso di essere romantico…” lei sospirò, guardandolo che si metteva a leggere il testo mentalmente. Era la prima volta che lo faceva, non lo aveva mai fatto prima di allora, quasi si era scordato di avere quella bottiglia…

Osservò il foglio, strizzando gli occhi, guardando prima l’uno, poi Kaori, quasi sospettoso.  Che avesse cambiato il foglio? No, impossibile, quella carta era vecchia di oltre un decennio, si capiva, ed era stata chiusa nella bottiglia, l’odore di stantio e quasi ammuffito era lampante…

“Certo che sei strano forte, Ryo… ma si può sapere cosa ti prende?” Lo guardò, sospettosa lei stessa. 

“Kaori…” Ryo face una lunga pausa, e la guardò, ancora sospettoso. Certo, non poteva aver sostituito il foglio ma, allora… forse che… no, si disse: non era possibile. Per quante cose strane accadessero nel loro mondo, tra fantasmi, ladri trasformisti, sensitivi, telepati e chi più ne aveva più ne metteva, quello… quello era impossibile. L’amore predestinato, quello scritto nelle stelle, le anime gemelle… non esistevano, non funzionava così, le persone si incrociano per il caso e poi la vita faceva il suo corso, punto. “Nel 1977 tu avevi, quanto, dodici anni?”

“Eh?” Kaori sbattè gli occhioni da cerbiatta, non capendo dove Ryo volesse andare a parare, nonostante, comunque, non fosse esattamente entusiasta che lui le avesse ricordato la sua età. “Beh, sì…”

“E… cos’è che hai fatto di bello quell’anno, durante le vacanze estive?” Le domandò, stringendo il foglio con tale forza che le sue nocche divennero bianche. Era assurdo farle quella domanda, non aveva senso che continuasse con quello strano interrogatorio, avrebbe fatto meglio a tornare a montare la culla e che si dimenticasse di quel cavolo di messaggio in bottiglia, perchè, davvero, anche solo pensare che la sua Kaori fosse quella Kaori era… era da pazzi! 

“L’estate del 1977, quando avevo dodici anni….” Kaori alzò il viso verso l’alto, meditabonda, portandosi un dito sul mento, ed improvvisamente ricordò, e sul suo viso scese un velo di malinconia. “Era l’anno della morte di mio padre. Sua sorella mi ospitò per le vacanze nel suo Onsen… non l’ho più rivista, Hide lavorava tutto il giorno e io non volevo che dovesse anche occuparsi della casa… perché?” Era onestamente curiosa di sapere la ragione dietro quella così specifica domanda.

“Non è che per caso il suo onsen era a Kamakura, vero?” Ryo ingoiò a vuoto, e le mani presero a tremare. Non era possibile. Oppure… sì?

“Uh? Beh, sì, ma tu come lo sai? Te lo avevo già detto?” Ci rifletté su. Sua zia era mancata alcuni anni dopo, prima di Hide, e non le sembrava di aver mai affrontato l'argomento con Ryo, e se lo avesse fatto, se avesse parlato di un argomento così importante, intimo, se ne sarebbe ricordata, giusto?

Forse che avesse confidato qualcosa a Miki o Falcon, e loro lo avessero ripetuto a Ryo? No, impossibile, loro non l'avrebbero mai fatto, erano onesti e sinceri, ma allora… come lo sapeva?

Cercò lo sguardo del compagno e lo vide arrossire; Ryo si schiarì, quasi in modo teatrale, la voce; poi, in tono baritonale, lesse ad alta voce il testo, parola per parola, inclusa il luogo, la data in cui era stato scritto, e la firma della fanciulla- il suo istinto di stallone aveva visto giusto- che aveva vergato quella curiosa… cos’era, una preghiera, un incantesimo? Eppure… era lui. Quella missiva, quel sogno, parlava di lui, prima ancora che lei l’avesse incontrato, che sapesse che, nel mondo, esisteva un Ryo Saeba.

Ed era firmata Kaori... proprio come lei.

Proprio lei.

Quando ebbe finito, si voltò verso la compagna, che era arrossita come un pomodoro maturo e cercava, nonostante il pancione di otto mesi e mezzo, di guardarsi la punta dei piedi ed evitare lo sguardo stralunato di lui; aveva gli occhi lucidi, e sembrava che stesse per piangere.

“Kaori… la chiamò, prendendole la mano, con voce preoccupata. “Tutto bene?” Lei si limitò a fare sì col capo, ed accennare che tutta quella storia aveva un nonsochè di dolce e romantico. 

Con una mano sul pancione- Hide stava scalciando alla grande, desideroso di unirsi alla sua pazza ed allegra famiglia- Ryo le diede un dolce e casto bacio sulle labbra, dimenticando per un attimo la lettera, che però la sua Kaori guardava, distrattamente, con un sorriso sveglio stampato sul volto. 

Era lei. Era sempre stata lei, la ragazza di cui si era innamorato senza averla mai vista, che aveva posseduto i suoi sogni di giovane uomo- non quelli spinti, erotici, che sì, erano poi arrivati anche quelli quando avevano iniziato a lavorare insieme, ma quelli dolci e romantici.

E lui… beh, lui era l’uomo dei sogni della sua Kaori, l’unico uomo che lei avrebbe mai amato per tutta la sua vita. 

Mentre stavano abbracciati, con le mani giunte sul pancione, Kaori gli diede un bacio sul mento…

“Sai, Ryo, ti ho mai detto che quando ero ragazzina non volevo innamorarmi? Si tratta di una storia molto buffa..”

   
 
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