Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: Westpack    10/01/2021    0 recensioni
Louis si sente ad un punto morto nella sua vita e con la sua carriera da calciatore, sente di non avere più prospettive per il futuro. Ma un incontro inaspettato con uno studente di letteratura gli cambierà la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La giornata era estremamente fredda, aveva piovuto per tutta la notte e al mattino l’aria era carica di umidità e il vento sferzava in modo lento ma impietoso. Louis si strinse nel giubbotto e tirò su la zip fino al mento e si strinse nelle spalle, rimpianse di non aver preso anche il berretto quella mattina.
La strada dal campetto di calcio a casa sua non era troppo lunga, ma camminava in modo svogliato, mani nelle tasche e sguardo fisso sul marciapiede. L’allenamento di oggi era stato deprimente, non provava nessun senso di soddisfazione per il lavoro compiuto. Nel corso del tempo aveva progressivamente perso interesse per il calcio, che prima sembrava essere tutta la sua vita. Un tempo non vedeva l’ora di andare a giocare, di correre nonostante il freddo e il dolore, di buttarsi su ogni pallone rischiando di farsi male. Ma erano altri tempi, quando andava al liceo, quando era il più popolare della scuola, quando sperava ancora di essere preso da una importante squadra di calcio, di essere scoperto magari per caso da un talent scout e di finire a giocare in uno stadio gremito di gente che urla il tuo nome e indossa la tua maglietta. Quel momento non era mai arrivato e nonostante tutti i suoi allenatori gli avessero teso continue lodi e prospettato per lui un futuro di successo ai vertici del calcio era finito a giocare nella piccola squadra della sua città in un piccolo campionato. Mentre tutti i suoi ex compagni del liceo erano andati avanti con la loro vita e si erano riusciti a staccare dalla provincia, lui era rimasto incastrato a Doncaster, viveva ancora con la sua famiglia, nessun talent scout, nessuna grande squadra, nessuna prospettiva.
Perso com’era nei suoi pensieri non si accorse neanche di essere arrivato di fronte a casa sua, e non si accorse nemmeno che seduta sul primo scalino c’era Eleanor con in mano due bicchieri da portar via del bar lì vicino. Eleanor era stata la sua migliore amica fin da quando aveva ricordi, erano praticamente cresciuti insieme, vicini di casa e poi compagni per tutte le scuole. Si erano divisi solo alla fine del liceo, quando lei era andata a Manchester a studiare sociologia all’università, mentre lui era rimasto a Doncaster. La distanza non troppo elevata le permetteva di tornare a casa quasi tutti i weekend, che passavano insieme principalmente a guardare qualche programma stupido alla televisione sul divano del suo soggiorno.
“Ce ne hai messo di tempo” esordì la ragazza allungandogli una delle due tazze.
“Scusa, l’allenamento di oggi è stato un disastro” rispose Louis, mentre prendeva dalle sue mani quello che sembrava essere tè. Prese distrattamente un sorso mentre si accomodava sullo scalino accanto a lei. “Come mai sei tornata prima stavolta?”.
“Non avevo lezione questo venerdì e ho pensato di farti una sorpresa” rispose sorridendo. Eleanor non era cambiata affatto in questi anni, aveva sempre la stessa espressione che aveva da bambina, con i suoi grandi occhi marroni e le fossette agli angoli della bocca quando sorrideva. “Comunque anche io sono felice di vederti”.
“Ah sì scusami. Ci riprovo: sono così contento di vederti El, anzi molto di più che contento sono contentissimo, anzi, extra super contentissimo, sei il raggio di luce di questa orribile orribile giornata” rispose Louis esagerando ogni parola, poi le buttò il braccio destro dietro il collo e la trascinò a sé per lasciarle una serie di baci appiccicosi sulla guancia. La ragazza rise e si divincolò dalla stretta.
Eleanor si alzò dallo scalino e si sistemò i capelli “dovresti pensare seriamente a farti la barba, è irritante”.
“Pensavo che alle ragazze piacesse la barba” rispose lisciandosi enfaticamente il mento ricoperto da una rada peluria bionda.
“Sì quando è una barba vera, così sembri solo troppo pigro per raderti ogni giorno. E poi cosa ne sai tu di quello che piace alle ragazze” disse lei scherzando e abbassando il tono di voce. Eleanor era una delle poche persone a cui aveva confidato di non essere eterosessuale, e che aveva religiosamente mantenuto il segreto durante gli anni del liceo, anzi avevano anche fatto credere di essere una coppia per non destare sospetti.
“Oh stai zitta” disse lui chiudendo il discorso, “piuttosto, vuoi entrare in casa? In questo momento non dovrebbe esserci nessuno, potresti farmi compagnia per il pranzo”. “Certo, ma a patto che non cucini io” rispose Eleanor salendo con una falcata gli ultimi gradini fino al portone.
“Ovviamente, non vogliamo finire avvelenati” disse infilando le chiavi nella toppa e girando verso destra con uno scatto del polso. Lei le tirò scherzosamente un pugno sul braccio ridendo ed entrò in casa. Louis chiuse la porta dietro di sé sorridendo, finalmente provò una sensazione di felicità in quel giorno.
La giornata era estremamente fredda, aveva piovuto per tutta la notte e al mattino l’aria era carica di umidità e il vento sferzava in modo lento ma impietoso. Louis si strinse nel giubbotto e tirò su la zip fino al mento e si strinse nelle spalle, rimpianse di non aver preso anche il berretto quella mattina.
La strada dal campetto di calcio a casa sua non era troppo lunga, ma camminava in modo svogliato, mani nelle tasche e sguardo fisso sul marciapiede. L’allenamento di oggi era stato deprimente, non provava nessun senso di soddisfazione per il lavoro compiuto. Nel corso del tempo aveva progressivamente perso interesse per il calcio, che prima sembrava essere tutta la sua vita. Un tempo non vedeva l’ora di andare a giocare, di correre nonostante il freddo e il dolore, di buttarsi su ogni pallone rischiando di farsi male. Ma erano altri tempi, quando andava al liceo, quando era il più popolare della scuola, quando sperava ancora di essere preso da una importante squadra di calcio, di essere scoperto magari per caso da un talent scout e di finire a giocare in uno stadio gremito di gente che urla il tuo nome e indossa la tua maglietta. Quel momento non era mai arrivato e nonostante tutti i suoi allenatori gli avessero teso continue lodi e prospettato per lui un futuro di successo ai vertici del calcio era finito a giocare nella piccola squadra della sua città in un piccolo campionato. Mentre tutti i suoi ex compagni del liceo erano andati avanti con la loro vita e si erano riusciti a staccare dalla provincia, lui era rimasto incastrato a Doncaster, viveva ancora con la sua famiglia, nessun talent scout, nessuna grande squadra, nessuna prospettiva.
Perso com’era nei suoi pensieri non si accorse neanche di essere arrivato di fronte a casa sua, e non si accorse nemmeno che seduta sul primo scalino c’era Eleanor con in mano due bicchieri da portar via del bar lì vicino. Eleanor era stata la sua migliore amica fin da quando aveva ricordi, erano praticamente cresciuti insieme, vicini di casa e poi compagni per tutte le scuole. Si erano divisi solo alla fine del liceo, quando lei era andata a Manchester a studiare sociologia all’università, mentre lui era rimasto a Doncaster. La distanza non troppo elevata le permetteva di tornare a casa quasi tutti i weekend, che passavano insieme principalmente a guardare qualche programma stupido alla televisione sul divano del suo soggiorno.
“Ce ne hai messo di tempo” esordì la ragazza allungandogli una delle due tazze.
“Scusa, l’allenamento di oggi è stato un disastro” rispose Louis, mentre prendeva dalle sue mani quello che sembrava essere tè. Prese distrattamente un sorso mentre si accomodava sullo scalino accanto a lei. “Come mai sei tornata prima stavolta?”.
“Non avevo lezione questo venerdì e ho pensato di farti una sorpresa” rispose sorridendo. Eleanor non era cambiata affatto in questi anni, aveva sempre la stessa espressione che aveva da bambina, con i suoi grandi occhi marroni e le fossette agli angoli della bocca quando sorrideva. “Comunque anche io sono felice di vederti”.
“Ah sì scusami. Ci riprovo: sono così contento di vederti El, anzi molto di più che contento sono contentissimo, anzi, extra super contentissimo, sei il raggio di luce di questa orribile orribile giornata” rispose Louis esagerando ogni parola, poi le buttò il braccio destro dietro il collo e la trascinò a sé per lasciarle una serie di baci appiccicosi sulla guancia. La ragazza rise e si divincolò dalla stretta.
Eleanor si alzò dallo scalino e si sistemò i capelli “dovresti pensare seriamente a farti la barba, è irritante”.
“Pensavo che alle ragazze piacesse la barba” rispose lisciandosi enfaticamente il mento ricoperto da una rada peluria bionda.
“Sì quando è una barba vera, così sembri solo troppo pigro per raderti ogni giorno. E poi cosa ne sai tu di quello che piace alle ragazze” disse lei scherzando e abbassando il tono di voce. Eleanor era una delle poche persone a cui aveva confidato di non essere eterosessuale, e che aveva religiosamente mantenuto il segreto durante gli anni del liceo, anzi avevano anche fatto credere di essere una coppia per non destare sospetti.
“Oh stai zitta” disse lui chiudendo il discorso, “piuttosto, vuoi entrare in casa? In questo momento non dovrebbe esserci nessuno, potresti farmi compagnia per il pranzo”. “Certo, ma a patto che non cucini io” rispose Eleanor salendo con una falcata gli ultimi gradini fino al portone.
“Ovviamente, non vogliamo finire avvelenati” disse infilando le chiavi nella toppa e girando verso destra con uno scatto del polso. Lei le tirò scherzosamente un pugno sul braccio ridendo ed entrò in casa. Louis chiuse la porta dietro di sé sorridendo, finalmente provò una sensazione di felicità in quel giorno.

---

Harry era ancora inchiodato al suo letto, nonostante fosse mattina inoltrata. La tapparella chiusa, la coperta tirata su fino al mento e un braccio steso sugli occhi. Il mal di testa lungi dal migliorare era diventato sempre più opprimente e martellante, era risalito dalle tempie fin dietro gli occhi lasciandolo come paralizzato sul materasso. “Non berrò mai più, non berrò mai più, non berrò mai più” continuava a ripetersi tra sé stesso come una cantilena.
Doveva alzarsi al più presto, doveva farsi una doccia e rimettersi in sesto, aveva ormai perso la sua lezione, era chiaro, ma doveva prendere un treno per tornare a casa, a Holmes Chapel, per il compleanno di sua sorella e si sarebbe odiato per tutta la vita se fosse arrivato in ritardo al binario. Era su di giri per questa storia, aveva organizzato con estrema meticolosità la festa a sorpresa con lunghissime chiamate alla madre, le aveva comprato il migliore dei regali e scelto accuratamente ogni aspetto dalle decorazioni al menù. Non vedeva l’ora di vedere la faccia che avrebbe fatto Gemma, voleva regalarle il più bel compleanno della sua vita.
Si alzò faticosamente dal letto e si diresse alla cieca verso il bagno che condivideva con il suo coinquilino. Niall probabilmente era già a casa sua in questo momento, ogni volta doveva organizzare tortuosi itinerari che coinvolgevano almeno cinque cambi diversi di mezzi di trasporto per tornare in Irlanda e spendere il meno possibile. Era letteralmente sull’orlo di piangere per la contentezza quando ha saputo che la lezione del venerdì mattina era saltata e che poteva anticipare il viaggio. Anche lui era estremamente legato alla sua famiglia, era una delle cose che più apprezzava del suo coinquilino, lo faceva sentire capito e compreso.
La luce bianca del bagno era accecante e l’aspetto di Harry allo specchio era impietoso, occhiaie marcate e pallido come una statua. Era stata una idea assolutamente irresponsabile bere per tutta la notte, odiava il sé stesso di ieri che aveva preso quella decisione con così tanta leggerezza ignorando le conseguenze. Il sé stesso di ieri era un imbecille, il sé stesso di oggi voleva picchiare molto forte il sé stesso di ieri.
Fece una lunga doccia probabilmente consumando l’acqua calda dell’intera palazzina e poi avvolto in un enorme asciugamano bianco e soffice si recò in cucina per farsi una enorme tazza di caffè bollente e mettere qualcosa nello stomaco. La doccia calda lo aveva veramente rimesso al mondo, ma la felicità si dissipò di colpo quando si rese conto che le uniche cose da mangiare nella sua vuota dispensa erano una scatola mezza consumata di Kellogg’s e una banana eccessivamente matura. Con estrema rassegnazione buttò la banana nel secchio dell’immondizia e prese la scatola di cereali.
Odiava la vita da studente, odiava non aver i soldi sufficienti da potersi permettere almeno una scatola di cereali intera da non dover condividere con il suo coinquilino, odiava che nonostante lavorasse per quasi tutto il tempo fuori dalle lezioni non riuscisse comunque a guadagnare abbastanza.
Aveva preso sin da subito la decisione netta di non pesare sul bilancio familiare in modo eccessivo, sua madre pagava già la sua retta universitaria e quella di sua sorella, sapeva benissimo che la situazione finanziaria si sarebbe complicata. Quindi oltre alle lezioni di letteratura che seguiva all’Università di Manchester, Harry lavorava part-time nel pub di fronte al campus e a volte si esibiva anche come cantante nello stesso locale, quando organizzavano qualche serata particolare che richiedeva musica dal vivo, o quando ad esempio qualche altra band dava buca all’ultimo momento. Non aveva una vera e propria band, erano piuttosto solo lui e Niall, che cantavano in acustico accompagnandosi con la chitarra, ma erano pezzi originali e Harry era estremamente orgoglioso della sua musica e soprattutto dei suoi testi.
Pensò con un moto d’orgoglio alla loro ultima esibizione, erano stati assolutamente grandiosi, le loro voci erano perfettamente armonizzate e il pubblico era entusiasta. Una ragazza le aveva persino lasciato il suo numero e il suo recapito al bancone. Al ritorno da Holmes Chapel avrebbe deciso se chiamarla o meno, non ricordava bene il suo volto, solo i capelli castani e gli occhi azzurri, abbastanza da fargli soppesare la possibilità di darle una chance. L’avrebbe portata fuori a prendere qualcosa da bere o magari al cinema, le avrebbe mostrato che bella era la città illuminata solo dalle luci dei lampioni, pensava oziosamente mentre masticava in modo meccanico i suoi cereali resi incommestibili dall’umidità dell’appartamento e mentre sorseggiava il suo caffè bollente.
Ma ci avrebbe pensato un altro giorno, ora doveva vestirsi di corsa, prendere il suo borsone e correre verso la stazione di Manchester.
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Westpack