Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: RunOnGasoline    12/01/2021    0 recensioni
Nelle fanfiction le storie d'amore vengono narrate dai protagonisti di queste, ma cosa ne pensano gli altri personaggi?
Uno zio deve assicurarsi che il futuro marito del proprio nipote ne sia all'altezza, dunque meglio tenerlo d'occhio.
"Kuchel spinse via il fratello, mentre questi sogghignava soddisfatto ed Eren affondava nella propria vergogna. Si divertiva a tormentare continuamente quell’ingenuo ragazzino."
EreRi/RiRen
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Kenny Ackerman, Kuchel Ackerman, Levi Ackerman
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Point of View

 

Bevve un altro sorso di birra, posando poi la bottiglia sul tavolino di fianco la poltrona per poter girare la pagina del giornale. Ricominciò a leggere, accavallando le gambe e riappropriandosi della sua Heineken. Un raro momento di pace e tranquillità, che non aveva mai potuto assaporare prima che il nipote partisse per l'Università. 

Sfortunatamente, però, era tornato. Con un anello al dito. E si era portato dietro il suo fidanzato, per farlo conoscere alla famiglia.

Kenny sapeva che non avrebbe mai dovuto mandare Levi alla facoltà di Lettere. Avrebbe dovuto fare Legge, come tutti gli Ackerman. 

 

— Kenny! — ed ecco come la splendida bolla in cui si era rinchiuso veniva bruscamente rotta.

— Cosa vuoi, Kuchel? Sono impegnato, non vedi?

— Alzati e vieni a vedere, su. Però fai piano!

 

Kenny eseguì svogliatamente il comando della sorella minore, lanciando un'ultima occhiata sofferente alla sua amata poltrona, promettendole mentalmente che si sarebbe presto ricongiunto con lei.

Seguì Kuchel lungo il corridoio, fino al terrazzo.

— Guardali! Non sono carini?

 

Kenny scrutò le due figure addormentate sulla panchina. Il nipote riposava placidamente sul petto del suo ragazzo, avvinghiato a lui. Stavano ascoltando la musica prima di crollare informi in quel modo, infatti avevano entrambi una cuffia ancora all'orecchio. 

Osservò la sorella. I suoi occhi brillavano, e batteva le mani allegramente. 

Posò nuovamente lo sguardo su quei due. Il fidanzato aveva una mano posata sui capelli dell'altro, forse prima li stava accarezzando. L'altra invece ne circondava il busto. Notò che le sue gambe erano incrociate sul bracciolo della panchina.

Con un gesto fulmineo, le spostò di lato facendole cadere a terra.

 

— Kenny! — in risposta al lamento di Kuchel, si aggiustò il cappello compiaciuto.

La sua vittima si svegliò di colpo, mantenendosi alla panchina con una mano e proteggendo l'amato dalla caduta con l'altra, grazie ai suoi riflessi. In seguito all'aver riacquistato stabilità, si guardò intorno per cercare di capire in quale momento dello spazio-tempo si trovava e soprattutto cos'era appena successo. Poi, lo vide. Mentre lo guardava con cipiglio.

 

— Speravo cadeste entrambi. — la sorella gli diede una gomitata.

— Scherza sempre! Scusa se ti abbiamo svegliato, Eren. Oh, pensa, Levi dorme ancora!

 

Il ragazzo, ancora assonnato, rivolse il suo sguardo confuso al fidanzato.

— Strano, ha il sonno più leggero del mio. 

— Come fai a saperlo? — Lo stuzzicò Kenny.

— ...Me l'ha detto lui.

— Hai la faccia rossa.

— Ecco... fa caldo. C'è il sole, ho dormito al sole.

— È sera, e il cielo questo pomeriggio era pieno di nuvole.

— ...I raggi del sole filtravano attraverso.

— Davvero?

— Io… Di cosa stavamo parlando?

— Del fatto che scopi con mio nipote.

Kenny! Eren, sveglia Levi. È pronta la cena. Noi andiamo a preparare la tavola.

 

Kuchel spinse via il fratello, mentre questi sogghignava soddisfatto ed Eren affondava nella propria vergogna. Si divertiva a tormentare continuamente quell’ingenuo ragazzino. 

Credeva sul serio che non sapesse cosa facevano quand'erano soli? Oltre al fatto che Levi avesse venticinque anni e portasse avanti quella relazione da sei, e che si stessero per sposare, Kenny era a conoscenza di ogni cosa riguardante Eren e il suo rapporto col nipote. Levi stesso gli aveva fornito quelle informazioni, legato com'era allo zio.

 

I due oggetti dei suoi pensieri varcarono assieme la soglia della cucina. Levi col suo solito volto inespressivo, Eren ancora imbarazzato dalla situazione di prima.

Da quand'era arrivato, aveva sempre cercato di evitare qualsiasi contatto visivo con Kenny. O la sua vicinanza.

Come Kenny prese posto a capotavola, Eren infatti si sedette al lato esattamente opposto, pur di non stargli troppo vicino. Kenny, ovviamente, ne approffitò.

 

— Cosa fai? — Il ragazzo bloccò ogni suo movimento, spaventato.

— Prendo… L'acqua. Per bere.

— Dove sei seduto? — Kuchel lo guardava severa, ma a Kenny non interessava.

— Io…

— Sei seduto a capotavola. Chi ti ha dato tutta questa confidenza? Siediti al posto di Levi, qui accanto a me. — Levi lo fulminò con lo sguardo, e Kenny capì che ne avrebbero riparlato in privato. Ma ora voleva solo gustarsi i modi impacciati di Eren, che si stava scambiando di posto col nipote, mentre mormorava parole di scuse.

 

Erano arrivati soltanto da meno di sei ore, e già Kenny incuteva sul ragazzo terrore puro. Erano bastate poche occhiate, qualche parola, un paio di gesti, ed era passato sotto il suo controllo, proprio come voleva. I metodi appresi in strada funzionavano sempre.

 

— Moccioso. — Ma non aveva ancora finito con lui.

Eren smise di mangiare gli spaghetti e guardò Kenny in attesa di comandi, sapendo già che quel termine era rivolto a lui.

— Dopo devi accompagnarmi in paese.

— Come mai?

— Ha importanza?

— N-no.

— Ecco, bravo.

— Perché lui e non io, zio? 

— Non eri stanco per il viaggio? Eren sta bene. Oppure vuole far stancare ancora di più il suo ragazzo?

— No, no!

— Visto? Eren si è offerto volontario. Appena finisco di mangiare, vieni con me.

 

Suo nipote lo incenerì nuovamente con gli occhi. Era sempre così protettivo, non lo faceva mai giocare. 

 

===

 

Dopo avergli fatto portare insieme tutte e tre le scatole di cartone ricolme di libri, gli avevo chiesto di depositarle sul bancone. L'aveva poi congedato in attesa di nuovi ordini, mentre si occupava di controllare che i romanzi che aveva ordinato fossero giunti tutti a destinazione.

 

Kenny possedeva una libreria, l'unica di quel piccolo paese. Teneva molto alla sua attività: l'aveva aperta dopo aver lasciato l'Università grazie all'aiuto del suo vecchio “amico” Uri, e Levi ci era praticamente cresciuto. Si ricordava di come passasse i pomeriggi a leggere nel retro del negozio qualche libro che aveva sottratto dagli scaffali, e che Kenny puntualmente gli regalava a fine giornata.

 

Lanciò un'occhiata ad Eren. Stava osservando attentamente i vari titoli che gli si presentavano sugli scaffali, fin quando non notò un piccolo libro bianco seminascosto da altri.

Tutti i figli di Dio danzano, di Murakami Hanuki.

Levi era recentemente entrato in fissa con quello scrittore, Kenny lo sapeva. Aveva tenuto da parte una seconda copia di quella raccolta di racconti per potergliela regalare.

Eren sorrise assorto nei suoi pensieri, prendendo il libro dallo scaffale. Poi gli si avvicinò cautamente.

 

— Scusi, Kenny… Posso prenderlo? Lo pagherei.

— Perché?

— Volevo… A Levi piace Murakami.

— Non eri tu a piacergli? — Forse sarebbe finito all'Inferno, ma l'avrebbe fatto senza rimpianti.

Eren fece una risatina nervosa.

— Vorrei… regalarglielo. Se per lei va bene.

— No, non mi va bene. Era un mio regalo.

— Oh… Lo metto a posto.

 

A Kenny fece quasi tenerezza la sua espressione delusa. Ricordò come il giovane avesse istantaneamente pensato al fidanzato, sia quando prima Kenny aveva tentato di destarlo delicatamente con uno spintone che in quel momento. Sospirò.

In fondo gli dava del lei, era educato. E sembrava pulito e composto.

 

— Fanno dieci euro. — il sorriso che il ragazzo gli dedicò gli riscaldò il gelido cuore.

 

===

 

— Zio, zio!

— Che vuoi? — un bambino di cinque anni gli corse incontro con un foglio stretto tra le mani. Si arrampicò sulla poltrona, facendosi spazio sul suo grembo.

— Auguri! — gli consegnò il foglio entusiasta, allargando poi le braccia. Kenny dapprima non capì, poi osservò il disegno. Due omini che avrebbero dovuto rappresentare lui e Levi. Lesse la scritta posta in cima: “Buona festa del papà!”. Calligrafia della maestra, affianco una di quelle stupide poesie.

Il bambino iniziò a recitarla goffamente, confondendo qualche parola. Poi gli rivolse un grande sorriso.

Il cuore di Kenny accelerò il battito.

 

===

 

— Ci sono altre scatole nel retro. Prendile e portale qui.

— Subito. — Eren interruppe la lettura e corse via, sparendo oltre la grande porta di legno. 

Kenny, invece, si sedette comodamente sulla sedia dietro il bancone, felice di star evitando di farsi venire un'ernia. Quando Eren ebbe finito di trasportare scatole, si accasciò sul bancone, esausto.

— Tre... cinque… sette… dieci… dodici. Ci sono tutte. Bene, adesso aiutami a sistemare i libri. 


— Hai un problema al braccio?

— No, perché?

— Allora perché sei così lento? — Non punzecchiarlo, aveva detto Kuchel poco prima del loro arrivo. Continuava a non vedere cosa ci fosse di sbagliato nel farlo.

— S-scusi. — Eren affrettò i suoi movimenti. Continuarono a disporre i libri sugli scaffali per autore, sistemando anche quelli che i clienti avevano spostato nelle ore precedenti. 

Ritornò il silenzio, quel silenzio carico di disagio che Kenny tanto odiava. 

— Senti un po’. Come vi siete conosciuti tu e Levi? — Lo sapeva perfettamente, ma voleva sentirselo raccontare da lui.

— Ci siamo incontrati all’Università, avevamo un corso in comune. Ma ci siamo conosciuti meglio quando ha iniziato a uscire col nostro gruppo. Sono un amico di Isabel. — La migliore amica di Levi. Dopo devo chiamarla.

— Sarà stata una noia essere costretti a frequentare quel musone. Hai avuto coraggio. 

— No, no. È solo un po’ introverso, deve prendere confidenza. Mi è stato subito simpatico. — Si aspettava una risata come risposta, non il tono serio di Eren, quasi volesse difenderlo da chissà quale accusa.

— Come vuoi. Avevate già parlato di matrimonio? — Eren provò a reprimere un sorriso, girando la testa mentre prendeva un romanzo fantasy da una scatola, ma a Kenny non sfuggì.

— Un po’, ma nulla di serio. Battute, più che altro. Infatti Lee… Levi, non si aspettava la mia proposta. L'ho invitato fuori a cena e gliel’ho chiesto all'improvviso, dopo averlo accompagnato a casa. — Lee

— E dimmi, quando l'hai detto ai tuoi? — Spero di non doverli incontrare prima del matrimonio, aggiunse poi Kenny nella sua testa. 

— Ho chiamato mia madre la mattina dopo la proposta. Con mio fratello avevo già parlato tempo prima: l'ho chiamato dopo aver comprato l'anello. Siamo molto uniti. 

— Tuo padre, invece? – La mano del giovane si fermò a mezz'aria per qualche secondo, poi posò il thriller sulla mensola.

— Non ci parlo molto. Penso glielo abbia detto mamma. O magari lo scoprirà tramite invito, sempre ammesso che apra la busta dopo aver visto che a scrivergli sono stato io.

 

Kenny indugiò, osservando il drastico cambiamento nell'espressione dell'altro. Arrabbiato, assente e… deluso?

Ritornò quel silenzio, così assordante per  Kenny. 

 

— Se ti va di parlarne, noi dobbiamo stare qua ancora per un po’. 

— Non c'è molto da dire. Non ha mai accettato il fatto che non fosse la mia migliore amica a piacermi, ma il mio migliore amico. Tutto qui. 

— Capisco. Bè, e col migliore amico com'è andata? — Eren sorrise a quel tentativo goffo di comunicargli appoggio, a modo suo.

— Non è mai andata, era solo una cotta. Per fortuna, aggiungerei. — Rise, e quella risata Kenny si sentì più leggero.

 

===

 

— Mamma!

— Dimmi, amore. — Kuchel stava preparando il pranzo, armeggiando con qualche pentola. 

— Marlo oggi mi ha preso in giro!

— Come mai?

— Perché non posso andare sulle montagne russe, come lui.

— Perché non ci potresti andare? 

— Perché lui ci è andato col suo papà. Non posso salirci senza papà. — La sua voce si incrinò sull'ultima frase, tradendolo. Voleva far credere che il vero problema fossero le montagne russe, ma non era dispiaciuto per quello. Kenny notava il modo in cui guardava gli altri bambini. Loro camminavano con entrambi i propri genitori, avevano un padre che giocava con loro, che li veniva a prendere a scuola, di cui parlavano in continuazione definendolo un “supereroe”.

 

Kuchel smise di girare il cucchiaio nella pentola, pensierosa. 

— Non puoi salirci senza adulto. Ti ci accompagnerò io, non serve il papà. — Kenny si intromise nella conversazione, finendo di sistemare la tovaglia e le posate.

— Evviva! — Adorava il modo in cui quel moccioso lo guardava.

— Chi è che ti avrebbe preso in giro? 

— Marlo. — Kenny lo scrutò attentamente.

— Marlo? Quello che ha mangiato una foglia?

— Sì, lui.

— Si riconferma un mostro di intelligenza.

— Davvero?

— No, Levi. Stavo scherzando.

— Kenny, non usare quel tuo sarcasmo con il bambino. Diventerà acido come te. — Lo rimbeccò la sorella, che sembrava aver riacquistato serenità. 

Aveva la costante paura che il figlio potesse crescere male senza la figura paterna, che si sarebbe potuto sentire incompleto, arrabbiato col mondo. Sapeva che non avrebbe mai potuto sostituirlo. Il fatto che il fratello fosse così importante per il suo piccolo la rendeva estremamente felice.

 

— Cos'è il “sarcasmo”?

— Quello che usi quando dici a tua madre che cucina bene. — A Kenny arrivò uno scappellotto appena finita la frase, che fece ridere il bambino di sette anni fino alle lacrime. Era felice che quel broncio si fosse tramutato in un sorriso.

 

===

 

La libreria fungeva anche da edicola (l'unica del paese, dunque priva di concorrenza). Kenny chiese quindi ad Eren di aiutarlo a cercare i numeri vecchi di giornali e riviste, che aveva messo in ordine su dei fogli. Divise la lista a metà, promettendogli che l'avrebbe presto liberato. 

— Cosa vorresti fare dopo l'Università? — L'interrogatorio non era ancora finito, d'altronde.

— Ho sempre sognato di fare lo scrittore, ma credo sia meglio mirare a qualcosa di più concreto, almeno all'inizio. Ho pensato di cominciare insegnando, hanno accettato una mia richiesta. Per ora comunque mi concentro sul Master che sto per prendere. 

— Avresti la pazienza necessaria per insegnare?

— Pazienza non ne ho, ma è un buon modo per vendicarsi dei torti subiti. — Kenny si concesse di ridere mentalmente.

 

Proseguirono nel loro lavoro. Intanto aveva iniziato a piovere, e l'acqua colpiva forte l'asfalto della strada, guidata dal vento. Trasmetteva un'insolita calma il suono che produceva, così come ammirare le gocce che si poggiavano sui vetri delle finestre, e proseguivano il loro cammino creando splendidi disegni.

— Per quanto ancora fisserai quella finestra? — Eren si arrestò di colpo.

 

— Fin quando non avrà trovato anche lei la sua metà di giornali.  Ci sta mettendo parecchio, mi sono solo annoiato. — Rispose sfidandolo con lo sguardo. Kenny fu sorpreso da tale intraprendenza. 

— Razza di impertinente. Ti faccio tornare a casa a piedi, così guardi la pioggia più da vicino. — In risposta ricevette la solita risata cristallina. 

Continuò nella sua ricerca, ed a un certo punto Eren gli si affiancò, prendendo uno dei due fogli che teneva in mano.

— Così faremo più in fretta.


— Sapete… — Il ragazzo posò un vecchio numero di una rivista di cucina sul bancone.

— …Il fatto che a mio padre non andassero bene i miei “gusti” per molto tempo mi ha bloccato. Ho detto ai miei amici che sono gay solo una volta finito il liceo, per paura che anche loro non mi avrebbero accettato. Ho mentito per anni, nascondendo la verità sulle mie “fidanzate” e raccontando bugie su bugie. — Si era appoggiato al bancone, guardando dritto davanti a sé. Kenny ascoltava in silenzio quello sfogo.

— Sono felice che la maggior parte di loro mi abbia perdonato e capito, dicendomi che non sarebbe cambiato niente tra noi. — Kenny lo scrutò aggrontando le sopracciglia.

— Chi non l'ha fatto? 

— Un mio ex-amico. Si è divertito per un periodo con qualche bulletto, ma in fondo me lo aspettavo. Floch è sempre stato un tipo particolare. — Floch. Segnato. Il mondo è piccolo, potrei sempre incontrarlo.

 

— Dovresti parlare con tuo padre. — Eren gli rivolse uno sguardo incredulo.

— Non penso proprio sia interessato a risolvere la questione. E, comunque, non abbiamo niente da dirci.

— Telefonagli. Digli del matrimonio. Se non verrà, sarà lui a perderci. — Il ragazzo ci pensò su.

 

— Metti in dubbio la mia parola?

— Non oserei mai.

— Allora, sai cosa fare. Promesso? — Kenny mise a posto l'ultima rivista.

— Promesso. — Eren chiuse la scatola con lo scotch. 

— Grazie per avermi ascoltato.

— Non sono così cattivo. 

 

E poi successe una cosa che Kenny non si aspettava minimamente: Eren lo abbracciò.

Ma la cosa più sorprendente fu che ricambiò quell’abbraccio.

 

===

 

Sembrava che qualcuno stesse buttando giù dal cielo secchiate di acqua. Kenny era zuppo, pregno di pioggia dalla testa ai piedi. 

Ma continuava a suonare quel campanello. Avrebbero aperto, a costo di restare lì tutta la notte. 

Finalmente, l'uscio venne spalancato.

— Sei ancora qua? Vattene, voglio dormire. 

— Prima voglio vederlo. — Lo sguardo di profondo disgusto rivoltogli lo trapassò, impietoso.

— Sta lontano da mio figlio, schifoso. — Stava per richiudere la porta, ma Kenny la fermò con un piede.

— Almeno un'ultima volta. — Il signor Reiss sembrò pensarci.

— La prego. — Alla fine si convinse, e lo lasciò entrare.

— Resta qui, o bagnerai dappertutto. Vado a chiamarlo, ma sarà l'ultima volta che lo vedrai. 


— Ken, che ci fai qui? Ti avevo chiesto di non venire.

— Non puoi chiedermi una cosa simile. 

— Senti, io…

— No, ascoltami tu. Ci penserò io, va bene? Troverò una soluzione. — Uri sospirò, guardandolo con affetto. Gli accarezzò un braccio. Sapevano entrambi che non era possibile.

— Sei tutto bagnato. Non dovevi restare qui. Potevi ammalarti.

— Ne sarebbe valsa la pena. Non potevo lasciarti da solo. 

 

Il padre di Uri li aveva sorpresi insieme. Aveva cacciato Kenny con la forza, nonostante le richieste imploranti del figlio di non fargli del male. Poi, si era concentrato proprio su Uri. 

Il signor Reiss voleva che Kenny sparisse dalla vita di suo figlio, e avrebbe ottenuto ciò che voleva.

— Non lo farò. Ci sarò sempre se avrai bisogno di me. Anche se saremo costretti a nasconderci, ricordati che ti amo e lo farò sempre.

— Anch'io, Ken.

 

Uri lo abbracciò,  stringendo l'altro più che poteva. Kenny lo avvolse tra le sue braccia, cercando di imprimere ogni ricordo con lui nella sua memoria.


Col tempo ognuno andò per la propria strada, ma non si dimenticarono degli attimi trascorsi insieme. Kenny tornò in quel piccolo paese abbandonando gli studi solo per potergli restare accanto e vegliare su di lui da lontano, ma questo non glielo svelò mai. 

Ogni volta che lo incontrava in mezzo alla strada, era costretto a tacere, per proteggerlo dagli insulti e non farlo soffrire ancora. 

E li avvolgeva quel silenzio, Kenny lo odiava. Un silenzio carico di parole non dette, di sguardi discreti, movimenti calcolati. Kenny urlava, ma nessuno, nemmeno Uri, poteva udire quel suo grido silenzioso. 

 

Però erano sempre rimasti lì, al fianco l'uno dell'altro. Come si erano promessi.

E quando Kenny vide per la prima volta Levi, e lo tenne per la prima volta tra le sue braccia, gli promise che avrebbe fatto lo stesso per lui. E si augurò potesse trovare l'amore che meritava. Qualcuno che lo amasse più di se stesso, come lui aveva amato Uri, che fosse disposto a lottare per lui, che lo mettesse sempre al primo posto, per cui fosse il centro di ogni pensiero.

 

Lo stesso amore incondizionato ed eterno che aveva trovato lui. Magari, con un esito migliore del suo.

 

===

 

Kenny chiuse a chiave la porta del negozio e raggiunse con Eren l'auto abbandonata lì vicino, mettendola in moto per tornare a casa. La strada era deserta a quell'ora, in paese. Si sentivano solo la musica dello stereo e la voce di Eren.

Ogni tanto Kenny gli gettava qualche occhiata. Lo guardava scrutare il paesaggio fuori dal finestrino, rispondere ai messaggi  sul cellulare che gli mandava un numero salvato come “Lee” con affianco la stupida emoticon di un cuore, mentre i suoi occhi brillavano, e cambiare le stazioni alla radio, cercando argomenti sempre nuovi di conversazione.

— Grazie per avermi aiutato al negozio. 

— Si figuri, nel caso le servisse altro, mi dica pure.

 

Lungo il tragitto, ascoltò Eren parlare. Raccontava dei suoi amici, del fratello, della madre, dell'Università. Finì a parlare di Levi. A descriverlo secondo quello che i suoi occhi vedevano in lui, accecato com'era da quell'amore.

— Gli devo molto, sa? 

— Sul serio?

— Prima di incontrarlo non avrei mai detto che avrei potuto essere così felice. Levi è… Davvero fantastico. — Kenny sorrise.

— Stiamo parlando della stessa persona?

— Direi di sì. Vi somigliate abbastanza. Col modo di parlare e di fare.

— Oh, quindi sono fantastico anch'io? — L'altro rise.

— Abbastanza.

 

===

 

— Pronto.

— Ciao, Levi. Sono zio. Come va? — Ci fu un attimo di silenzio. Pochi secondi, ma Kenny se ne accorse. Un'esitazione fatale, per Levi.

— Bene. A voi? Mamma come sta?

— Noi stiamo bene. A te che succede?

— Niente. Solito studio. Sto sveglio fino all'una, nei giorni buoni.

— E…?

— E… Cosa?

— C'entra quel ragazzo? — Levi perse un battito al solo sentir alludere ad Eren. Kenny si accorse di quest'altra breve esitazione del nipote.

— Forse. — Levi si arrese all'evidenza. Lo zio sorrise, dall'altro lato della cornetta. Era la prima volta che il nipote si emozionava così, parlando di qualcuno.

 

— Come va con lui? Guai in Paradiso?

— No, anzi. È tutto così bello che fatico a crederci.

— Ti ha già deflorato?

— Zio!

— Kenny! — Kuchel intervenne dal corridoio, avendo sentito per caso le parole del fratello mentre si dirigeva verso la lavatrice. 

— La mia era una domanda seria.

— Sì, lo ha già fatto. Qualche settimana fa.

— E non mi hai avvisato?

— Scusami, la prossima volta ti mando anche la registrazione, se ci tieni tanto.

— Quella puoi anche risparmiartela. Vorrei conservare un'immagine quantomeno pudica e innocente di mio nipote. — Dopo qualche secondo di riflessione, proseguì.

 

— Ti piace molto, questo Eren.

— Sì, è così.

— La mia infatti era una constatazione.

— E la mia una conferma. 

— Kenny, non litigare con Levi! Vorrei tornasse, qualche volta! 

— Kuchel, non urlare! — Kenny chiuse la porta.

— E cos'ha di tanto speciale questo tizio? — Seguì un altro breve silenzio, come se l'altro stesse raccogliendo i pensieri.

— Non lo so. È difficile da spiegare. È intelligente, altruista, bellissimo, presente. Ma non è per questo. È un qualcosa che non so spiegare. Non so se riesci a capire… — Lo capiva eccome. Sospirò, ripensando a quella pioggia incessante e crudele.

— Sono felice per te, piccolo. 

— Ve lo farò conoscere, un giorno.

— Non vedo l'ora di fargli capire chi comanda e cosa rischierebbe se ti facesse soffrire.

— Non ti azzardare! — Rise. 

— Buonanotte, zio.

— Buonanotte, Levi. 

 

===

 

Nell'abitacolo c'era silenzio. Non uno di quelli pesanti, uno rilassante. Uno di quelli che Kenny era solito condividere con la sorella o il nipote. Uno tranquillo, che lo faceva abbandonare ai propri pensieri, ed ai propri ricordi. 

— Moccioso.

— Ditemi, Kenny.

— Dammi del tu. — Ad Eren si illuminarono gli occhi.

— D'accordo, come vuoi.


A casa, nel frattempo, Levi aspettava lo zio per poterlo sgridare: non tollerava il suo comportamento verso Eren.

Finalmente, li sentì rientrare, e si voltò. Eren lo stava cercando con lo sguardo, trovandolo appoggiato alla finestra che dava sul terrazzo. Il ragazzo si voltò verso Kenny, in attesa. Egli gli rivolse un sorriso, e con un cenno della testa lo incoraggiò a raggiungerlo. Poi guardò Levi, e questi lo ringraziò con lo sguardo.

 

Kuchel osservava la scena. Appena Eren ebbe raggiunto suo figlio, si affiancò a Kenny.

— Com'è andata?

 

Kenny guardò i ragazzi. Eren aveva baciato delicatamente il capo del nipote, per poi avvolgerlo fra le sue braccia, in un abbraccio a cui l'altro si era abbandonato. Quelle sensazioni a Kenny sembravano così familiari, eppure lontane.

— Passabile. — Rispose infine. 

 

Finalmente aveva trovato quel qualcuno.

 
   
 
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