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Autore: Ciuscream    17/01/2021    8 recensioni
Quei sorrisi che esplodevano sui loro visi erano una lama che si conficcava, direttamente, nell’atrio destro del cuore, con precisione quasi chirurgica. Ne estrasse una. Fred salutava, ancora con la divisa fulgente addosso. In una mano teneva la Coppa, nell’altra la mazza da battitore. Lee, accanto a lui, urlava qualcosa dentro al megafono che la McGonagall tentava di strappargli di mano.
[Storia nata dall'iniziativa Scrivimi del gruppo Fb "Caffè e calderotti"]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, Lee Jordan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Scatole
“Perché le case in fondo sono solo scatole
dove la gente si rifugia quando fuori piove.”
 
 
La sveglia sul comodino non aveva numeri ma faceva scintillare ad ogni ora velate minacce e (molto meno) velati insulti – Dormi, cretino! Resta ancora sveglio e domani potrai travasare mandragole nei solchi delle occhiaie! Smettila di abbuffarti o con la divisa sembrerai una mongolfiera!
Al centro del quadrante scarlatto portava il logo dei Tiri Vispi Weasley.

Quello che comparve quando, quella sera, le sette e mezzo scoccarono, recitava più o meno così: Tagliati quei capelli, Lee!  
Sorrise, lanciandole un’occhiata e si mise a finire di impacchettare una grande scatola di cartone, di cui aveva premuto con forza il contenuto perché riuscisse a chiudersi. Dovette combattere ancora un po’ perché gli oggetti accettassero di essere schiacciati uno sopra l’altro con poca premura ma, dopo una strenua resistenza, alla fine si arresero.

Sigillò, con più passate, l’estremità con il magic scotch e le batté sopra un paio di pacche amichevoli e malinconiche.
Era l’attrezzatura con cui avevano portato avanti Radio Potter e, fortunatamente, per il momento poteva essere riposta in un angolo lontano – dell’armadio e dei ricordi. Si vergognò appena del sorriso gli comparve in viso a pensare alla clandestinità, alle rapide fughe, alla continua ricerca di basi nuove in cui trasmettere, alla trepidazione, a quel viso che lo accompagnava sempre.

La guerra aveva fatto paura.
Ma questa pace – e questa solitudine – lo facevano ancora di più.

Sparpagliati sul letto, c’erano un po’ di cimeli che aveva bisogno di accantonare, chiudere ed etichettare, per non sentire più quel peso che arrivava a mozzargli il respiro, di tanto in tanto.
Alzò gli occhi alla finestra picchiettata da gocce piuttosto insistenti; pioveva ma era una di quelle giornate in cui il cielo è spaccato a metà.
Sopra le montagne e la casa, branchi di nuvole scure si riversavano da ore, scrosciando senza sosta dal mattino.
Ma, in lontananza, verso il mare, il nero si era diradato e dalla finestra socchiusa di quella fine di settembre, un raggio di luce rossastra – tanto simile al colore di quei capelli – andava ad allagargli il viso e la cascata di rasta che teneva sulle spalle, screziandoli di una luce che si dipanava con geometrie particolari fra le insenature di quelle trecce.

«Vedessi come sono ridotto, vecchio mio.» Una specie di sbuffo divertito gli sfuggì dalle labbra, flebile ed amaro.

Immaginò il viso di Fred alzare un sopracciglio scettico, scuotendo il capo, il sorriso aperto in un ghignetto divertito. Gli avrebbe detto che era per quello che era sempre stato il meno affascinante dei tre. Perché alternava, a momenti di felicità convulsa, attimi di profondo sconforto come quello che stava pateticamente mettendo su. Così noioso, avrebbe detto.

Si alzò per andare a rovistare fra le cose che ancora gli occupavano il letto.
C’erano delle spille “Potter fai schifo!” che non erano riusciti a trasformare in niente di migliore; c’erano varie riviste sul Quidditch, un ramoscello spezzato di entrambe le Tornado; c’era una piccola statuetta dorata di un gatto che si leccava una zampa – souvenir che lo Snaso gli aveva lasciato dall’ufficio della Umbridge; c’era una crostatina canarina schiacciata ed ammuffita, il tappo di una bottiglia di idromele incrostato di zucchero e una sciarpa di Grifondoro piuttosto lacera.

C’erano anche una manciata di foto sgualcite, in cui condivideva parecchi momenti con due facce totalmente identiche.
Quei sorrisi che esplodevano sui loro visi erano una lama che si conficcava, direttamente, nell’atrio destro del cuore, con precisione quasi chirurgica.

Ne estrasse una. Fred salutava, ancora con la divisa fulgente addosso. In una mano teneva la Coppa, nell’altra la mazza da battitore. Lee, accanto a lui, urlava qualcosa dentro al megafono che la McGonagall tentava di strappargli di mano.
Dietro, c’era una piccola dedica e quello che aveva tutta l’aria di essere un autografo:

 
A Lee.
Non ho ancora usato la tua testa come bolide solo perché la mazza non sarebbe abbastanza resistente.

 
La fissò per un secondo e un senso di vuoto lo inghiottì all’ombelico, come se stesse implodendo o stesse per accartocciarsi su sé stesso, a fare il paio con le foglie giallastre del giardino sotto casa.
Fissò quel sorriso impenitente, la felicità che lo invadeva mentre scuoteva la Coppa per un manico. Le lentiggini smaliziate erano diventate un unico scudo sul viso, visto che i connotati erano piegati da tanta contentezza. Quella di cui lui, adesso, non riusciva a ricordare il tepore, nelle mani gelide che stringevano quella fotografia e non più il megafono.

Così noioso, avrebbe detto. Così noioso, recitava la sveglia sul suo cassettone.

La prima, vera, risata gli salì alle labbra e le animò di un sorriso. Lo rivolse all’innocenza impressa in quella foto, a quella felicità ignara.
Si allungò e la piazzò vicina alla sveglia, su cui si leggeva ancora uno sbiadito “noioso”.
Riprese ad impacchettare, questa volta con più cura, quei ricordi che sembravano davvero colpirlo in testa con la potenza di una mazza da battitore.

«Senza di te, sono finito a parlare con le scatole.»




 

Nda: La storia nasce all’interno dell’iniziativa Scrivimi, indetta dal gruppo Fb “Caffè e calderotti”.
Il prompt che mi è stato assegnato da Helmvige è il seguente:
“Fandom: quello che vuoi
Tema: un'amicizia finita (in modo permanente o temporaneo)
Prompt: "you never realize how lonely you are until it's the end of the day and you got a bunch of things to talk about and no one to talk to"
Genere: introspettivo / malinconico”.
Ho scelto di declinarlo con la fine permanente dell’amicizia tra Lee e Fred, dovuta alla sua morte. La frase iniziale è tratta da “Scatole” dei Pinguini Tattici Nucleari.
   
 
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