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Autore: Severa Crouch    22/01/2021    4 recensioni
I pensieri e le emozioni di Rodolphus Lestrange verso la sua seconda moglie, Alexandra Turner (OC). La storia ripercorre, dal punto di vista di Rodolphus, le vicende narrate in Kintsugi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Quando fuori tira vento

 
 
Vuoi fare l'amore o vuoi solo godere?
La linea è sottile, la posso intuire
Dal modo in cui mi mordi il labbro superiore
Dalla tua bocca che stringe e non mi lascia scappare
E chissenefrega se è sesso o se è amore
Conosco la tua pelle, tu conosci il mio odore
 
 
Rodolphus amava il momento in cui Orion si addormentava e Alexandra arrivava sorridente nel soggiorno di casa Crouch. Se un tempo gli avessero predetto che avrebbe trovato la felicità nel soggiorno del temibile cacciatore di maghi oscuri, sarebbe scoppiato a ridere.
Eppure, la guerra faceva di questi scherzi e il vecchio Bartemius era stato fatto fuori dal figlio e adesso la casa era abitata dalla vedova di Barty con il loro bambino.
Alexandra si sedeva sulle sue ginocchia, mentre lui finiva il bicchiere di Firewhisky e, tra un sorso e l’altro, si scambiavano baci. Lei gli accarezzava la barba, come Bellatrix non aveva mai fatto, e infilava le dita tra i capelli fino a raggiungere la nuca, la sentiva bramare un contatto con la pelle. Non avrebbe finito il Firewhisky, l’ultimo sorso sarebbe rimasto nel bicchiere, accadeva tutte le sere. Lei gli mordeva le labbra e poi scendeva a baciarlo sul collo e le dita cercavano di liberare nuovi centimetri di pelle sbottonando la camicia, allentando le chiusure della veste da mago fino a raggiungere il pomo d’Adamo e le clavicole. A volte si divertiva a torturargli il lobo dell’orecchio, a morderlo, leccarlo fino a farlo rabbrividire di piacere.
Le sue dita iniziavano a bramare il caldo della pelle di Alexandra, invece del bicchiere freddo, la morbidezza dei suoi fianchi o dei suoi seni, invece della durezza del cristallo. Rodolphus tentava di resistere, iniziando a cedere con la sinistra, ma poi anche la destra reclamava quelle sensazioni, non ci pensava su nemmeno un attimo ad abbandonare quell’ultimo sorso sul tavolino accanto il divano, sotto il lume che rendeva la luce del soggiorno ovattata e intima. Finiva che le mani correvano sotto la gonna di quei completi da ministeriale, accarezzavano le calze di seta e, più in alto il reggicalze e lì, finalmente, riusciva a toccare la pelle. Le scioglieva il fiocco della blusa di seta e c’era sempre un fiocco, o una specie di cravatta, in quella che era diventata l’evoluzione della divisa di Hogwarts. La sua bocca si avventava sul collo di lei, reclamando spazi di pelle da strappare alla stoffa che separava i loro corpi. Alexandra chinava il capo di lato offrendosi, lasciando che lui imprimesse le tracce della sua brama. La sentiva rabbrividire sotto le labbra e poi tornare in sé e chiedergli di continuare in camera.
Le prime volte, in preda alla passione, Rodolphus le aveva risposto di no, che non voleva andare in camera, che voleva averla lì, sul divano, immediatamente. Lei aveva annuito divertita e gli aveva lasciato scoprire quanto alla loro età il divano fosse una soluzione scomoda se c’era un letto disponibile al piano di sopra. Le volte successive era stato Rodolphus stesso a prenderla in braccio e portarla in camera da letto dove si sarebbe divertito a toglierle quel sorrisetto trionfante che le spuntava.
Non appena la stendeva sul letto e i vestiti volavano via, Rodolphus si soffermava a guardarla, ancora incredulo del tempo che aveva passato a immaginare di vivere quei momenti.
Da quando Bellatrix aveva iniziato ad allontanarsi da lui, ossessionata dall’Oscuro Signore, le sue fantasie si erano riempite dei ricordi che aveva sbirciato nella mente di Barty durante le lezioni di Occlumanzia. A quel tempo, aveva invidiato la possibilità di Barty di potersi beare di quei baci, di godere di quello sguardo, luminoso e innamorato, e di quell’accoglienza totale e senza riserve che Alexandra gli riservava e che – per riflesso – gli rivelava la condizione di solitudine in cui Rodolphus si trovava.
In quegli anni era riuscito solo a farsi sfiorare la mano, con la scusa di farsi leggere il futuro, e quando lei aveva preso la mano sinistra (il futuro, il potenziale), le sue dita ne avevano seguito le pieghe alla ricerca di indizi sulla sua sorte, Rodolphus si era lasciato sfuggire un brivido e si era sorpreso che anche lei fosse rabbrividita al tocco delle loro mani.
Il ricordo di tutti gli anni in cui si era imposto un rigido autocontrollo, seguiti dalla prigionia ad Azkaban, e il rischio di morire in guerra erano tra i motivi per cui adesso non voleva più rinunciare a stringerla e perdersi in lei ogni volta che ne aveva l’occasione.
C’erano stati giorni in cui l’aveva cercata per non pensare a quanto fosse arrabbiato con Bellatrix, ma poi qualcosa era cambiato, e aveva iniziato a cercarla perché non riusciva più a fare a meno di quella sensazione di benessere. Nemmeno ricordava quando l’aveva provata una felicità così intensa e totalizzante.
Alexandra aveva iniziato a rivolgergli gli sguardi luminosi e innamorati che un tempo riservava a Barty, e questa volta non era la fantasia sbirciata nella mente di un altro. Rodolphus sentiva il cuore di lei battere forte contro il suo, i loro corpi a contatto, il suo odore, i capelli che gli solleticavano il petto quando lei gli posava baci lungo il corpo e lui assaporava, sempre incredulo, le sensazioni che gli suscitava la venerazione che gli riservava.
Nel corso degli anni, erano state molte le streghe che avevano provato a consolarlo della solitudine che Bellatrix gli aveva imposto e Rodolphus aveva imparato a distinguere nelle sue amanti l’ambizione di diventare l’amante di un Lestrange, l’invidia verso Bellatrix, la superbia nel pensare di riuscire dove Bellatrix aveva fallito, e persino il desiderio di vendetta nei confronti del proprio marito. Ciò a cui non era pronto, tuttavia, era la dedizione incondizionata, il bisogno di sentire lui – e lui solo – contro di sé, l’impegno e la determinazione che Alexandra metteva per renderlo felice e riparare ogni ferita del suo corpo e del suo animo, come se persino lui, che si sentiva smarrito nell’Oscurità, avesse il diritto e la possibilità di essere felice.

 
Vuoi fare un bambino o lo faccio io?
Se ti fa piacere, so farlo da Dio
Oppure vorresti che fossi tuo padre
Per stringerti al petto e cantarti le fiabe

C’erano giorni in cui Rodolphus si sentiva fuori tempo massimo.
Il peso dei suoi quarantotto anni gli piombava tutto addosso, insieme alle incertezze della guerra e le incognite della figlia inaspettata di Bellatrix, che considerava l’ennesimo (il più grave) tradimento che sua moglie gli avesse inflitto.
Erano i giorni in cui temeva che il dolore e la rabbia potessero annientare tutto quello che era nato con Alexandra, a dispetto della paziente determinazione con cui lei si sforzava di alleviargli quei pensieri. All’inizio di quel 1998 che si annunciava come un anno complicato, era stata l’innocenza di Orion a fargli capire quanto l’amore potesse essere talmente semplice e forte che anche uno come Rodolphus lo avrebbe meritato.
Orion gli aveva detto che, anche se non era il suo papà, voleva lo stesso che gli leggesse le favole e lo aveva detto con gli stessi occhi marroni e luminosi di Alexandra e il medesimo istinto a cercarlo, come se Rodolphus potesse essere adatto a fare quello che gli sembrava precluso. Si era sorpreso per la determinazione con cui Orion lo aveva preso per mano, sempre la sinistra (il potenziale, il futuro), e lo aveva condotto nella sua stanzetta. Alexandra gli aveva passato il libro, lo aveva fatto sedere sulla sua poltrona e lui aveva sentito la voce tremare prima di iniziare a leggere.
C’era qualcosa di magico nel sentire il respiro di un bambino farsi pesante, intravedere gli occhi che si chiudono e lui che si abbandona cullato dal suono della propria voce. Era uscito da quella stanza commosso, incredulo di riuscire a provare tutte quelle emozioni.
Alexandra aveva visto i figli che sarebbero arrivati tra le pieghe della sua mano sinistra, nel lontano 1980, ma era stato Orion, diciotto anni dopo, quando la guerra era appena finita e lo aveva lasciato vedovo e ricercato dagli Auror, a dirgli che avrebbe potuto sposare la mamma solo se gli avesse dato almeno un fratello con cui giocare. Era stato sempre lui a credere che avesse il potenziale per essere padre, a dispetto di quello che gran parte del mondo magico mormorava sottovoce.
Rodolphus aveva guardato, di nuovo, le linee della sua mano sinistra e scorto i segni sulla linea del destino, subito dopo le interruzioni, e aveva capito che era arrivato il momento giusto. Senza pensarci ulteriormente, aveva sfilato la fede di Bellatrix pensando a quello che gli aveva detto zio Cyrille: “Il secondo matrimonio va sempre meglio del primo.”
Dopo nove mesi di matrimonio, quando aveva preso in braccio il suo primogenito, Roland Lestrange, e il suo cuore sembrava non riuscire a contenere tutta quella gioia, Rodolphus aveva imparato che era proprio vero che l’amore si moltiplica e non si divide, come gli aveva detto sua mamma quando lui le aveva chiesto se volesse più bene a lui o a Rabastan.
Orion si era avvicinato e gli aveva detto che era felice di avere un fratellino e che non vedeva l’ora che crescesse per giocare con lui. Rodolphus avrebbe voluto far sapere a sua madre che si potevano avere due primogeniti, non gemelli, e amarli ugualmente perché era stato Orion il primo a credere in lui, a volerlo come papà e gli aveva sussurrato: “La mamma non vuole, ma facciamo finta che sei anche il mio papà?”

 
Ma non confondere
L'amore e l'innamoramento
Che oramai non è più tempo
E senza perdere
Il senso dell'orientamento
Quando fuori tira vento
 
Non c’erano stati gesti eclatanti nella loro storia, dichiarazioni d’amore plateali, incontri con le famiglie e tutto quello che un tempo aveva vissuto con Bellatrix. Era stato un sollievo non essere costretto a ripetere tutta quell’esperienza.
Rodolphus le aveva sussurrato di amarla sotto il vischio, con la voce che gli tremava, e il senso di colpa di chi è scomparso per tre mesi per smaltire la rabbia della gravidanza di Bellatrix. Le aveva portato un regalo per farsi perdonare e sperava che acconsentisse ad aiutarlo a non perdersi più.
Alexandra aveva risposto al bacio, felice di vederlo vivo, e gli aveva confessato che anche lei lo amava. Lei e Orion avevano accolto lui e Rabastan nella loro vita e si erano divertiti a sovvertire le regole, a usare porcellane francesi in un salotto inglese e fare un pranzo di Natale a base di dessert francesi e tè inglesi.
Il loro amore, però, era cresciuto in Cornovaglia, durante la convalescenza dopo la presa del Ministero della Magia, quando Alexandra lo reggeva e lo aiutava a riprendere a camminare, gli insegnava a impugnare di nuovo la bacchetta e aveva incollato le sue ossa come i frammenti delle tazze giapponesi che tanto l’affascinavano.
Era un amore fatto di gesti silenziosi, sorrisi discreti e sguardi complici. Non c’erano promesse solenni o frasi ad effetto, bastavano le mani che si sfioravano, gli orecchini che lei continuava a indossare, quelli che lui le aveva regalato, identici a quelli che portava sua madre, e che indicavano che lei sarebbe stata sempre dalla sua parte, anche quando l’Oscuro Signore le aveva chiesto di assistere Bellatrix nel parto.
Alexandra gli avrebbe confessato che aveva indossato i suoi orecchini il giorno di Imbolc, quando Delphini Riddle era venuta al mondo e questa volta era stato perché era lei ad aver bisogno di sentirlo vicino, per non perdersi. Ancora una volta, si era sentito in colpa per aver pensato solo al proprio dolore dimenticando quanto quella situazione fosse difficile anche per lei.
Si erano semplicemente ritrovati nel salotto di casa Crouch, come se nulla fosse successo, impegnati ad amarsi e incastrare i loro corpi, con la discrezione che Bellatrix non aveva mai conosciuto nel corso della sua vita.
Alexandra gli avrebbe confessato che, nel rivederlo mentre sorseggiava il Firewhisky sul divano, aveva desiderato avere un altro figlio, con lui. Glielo avrebbe confessato in Francia, dopo la guerra, quando aspettava Roland, e Bellatrix, l’Oscuro Signore e la guerra erano il motivo del loro esilio, mentre la bambina era stata spedita lontana, per tenerla al sicuro e adempiere – fino alla fine – a un giuramento prestato.
Adesso che erano tornati in Cornovaglia con un Crouch e tre Lestrange, Rodolphus pensava che il vociare allegro dei suoi figli fosse uno dei suoni più belli che potessero riempire le mura del castello. Era il suono che amava, subito dopo i gemiti di piacere che ancora riusciva a strappare ad Alexandra, nonostante la presenza di quattro figli che reclamavano costantemente le attenzioni della madre.
La trovava adorabile quando si arrabbiava perché i figli si distraevano durante le lezioni di etichetta o quando sbagliavano a riconoscere una posata. Li osservava dalla porta della sala da pranzo e vedeva il modo in cui Orion alzava gli occhi al cielo e Roland sbuffava, mentre Rab si divertiva a invertire le posate a Roddie mandandolo in confusione.
Quando i ragazzi erano partiti per Hogwarts e il castello era tornato troppo silenzioso, Alexandra decise di rinchiudersi nel laboratorio in cui un tempo preparava i filtri per curare i Mangiamorte feriti. Rodolphus non riusciva a capire cosa stesse architettando e – cosa più incredibile – nemmeno Rabastan sembrava averci capito molto. Rodolphus sospettava che Rabastan sapesse qualcosa e si era persino ingelosito al pensiero che il fratello avesse scelto di stare dalla parte della cognata e non dalla sua. Lo aveva capito dal sorrisino divertito e dal tono con cui gli chiedeva – ogni volta che si vedevano – se avesse scoperto cosa avesse in mente la moglie. Non era riuscito a scoprirlo nemmeno con la Legilimanzia ed era la prima volta che Alexandra gli nascondeva qualcosa. Aveva provato persino a mandare avanti i figli, soprattutto Orion, il più insospettabile degli alleati che avesse mai avuto, ma nessuno di loro era stato in grado di scoprire a cosa stesse lavorando.
Fu solo agli inizi di giugno, dopo nove mesi di attesa, che Alexandra guidò Rodolphus sul retro del castello, in un angolo in cui nessuno di loro metteva piede da secoli. Lei lo teneva per mano e camminava sorridente senza staccare lo sguardo dal suo viso. Rodolphus comprese che doveva trattarsi di una sorpresa, si domandava se lei fosse riuscita ad avere l’Ippogrifo che lui sognava di possedere fin da bambino. Quando arrivò sul retro, tuttavia, rimase senza parole.
Alexandra si voltò verso di lui e gli disse: “È da settembre scorso che lavoro a un filtro per far crescere le rose in questo posto. Non sono mai stata molto ferrata in Erbologia e solo dopo moltissimi tentativi e un’infinità di lavoro nelle serre, sono riuscita a regalarti un roseto come quello in cui ci siamo baciati. Rabastan pensava che avrei fallito.”
Rodolphus chiuse gli occhi e sentì il profumo dei fiori che lo riportò con la mente a quella sera di diciassette anni prima, nel giardino di Villa Malfoy, quando lui e Alexandra si erano scambiati un bacio al chiaro di luna. La strinse tra le sue braccia, i loro nasi si sfiorarono e lui le posò un bacio. Sentì di nuovo le labbra di lei rispondere con passione e cercarlo nuovamente.
Sorrise mentre rientravano in casa, le dita di Alexandra erano intrecciate alla sua mano destra, mentre lui guardava le linee della sinistra e si disse che era valsa la pena attraversare due guerre magiche per arrivare a vivere quel momento.

 
Per due che come noi non si son persi mai
E che se guardi indietro non ci crederai
Perché ci vuole passione
Dopo vent'anni a dirsi ancora di sì
E stai tranquilla, sono sempre qui
A stringerti la mano
Ti amo, andiamo
 
 

 
Lo so che questa storia è oltremodo smielata, ma io le sono affezionata moltissimo ed è il modo in cui Rodolphus ha vissuto la storia con Alexandra, quindi ripercorre quanto narrato in Kintsugi.
Le strofe sono di “Per due che come noi” di Brunorisas che adoro (la potete ascoltare qua: https://youtu.be/N2xnrRgE6l4 )
Questa storia nasce da “Scrivimi” una delle attività del gruppo Facebook Caffè e Calderotti di Rosmary, il prompt “mano sinistra”, genere romantico, coppia “quella su cui scrivi” è stato gentilmente offerto da Fuuma.
Avevo appena finito di scrivere Kintsugi e volevo solo annegare nel fluff e nel romanticismo e Fuuma nemmeno sapeva che la mano sinistra aveva una tale rilevanza in Kintsugi, visto che è quella che Alex legge a Rodolphus ed è anche la mano dove si porta la fede ed era un prompt perfetto per loro due le cui strade si incontrano dopo la fine (o verso la fine) dei rispettivi matrimoni, quando si sentono sconfitti dalla vita e trovano l’uno nell’altra la forza per andare avanti. Inutile dire che quel pasticcino di Orion è il futuro che ricorda loro che la vita va avanti e che se entrambi si lasciano il passato alle spalle possono costruire insieme.
La smetto, io mi emoziono sempre moltissimo quando scrivo di loro due. Probabilmente sarete stufi di leggere di Rodolphus e Alexandra, ma ho passato mesi convinta che questa storia fosse andata smarrita e ora la pubblico perché così so dove trovarla in futuro.
Un abbraccio,
Sev
   
 
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