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Autore: Doux_Ange    23/01/2021    0 recensioni
Gli eventi possono spesso essere fuorvianti.
I sentimenti anche.
Perché a volte si è convinti di poter possedere ciò che in realtà non si è avuto mai.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MISLEADING NIGHT
 
“Mai come adesso aveva tanto onestamente sentito che avrebbe potuto amarlo, mai come adesso che tutto il suo amore era vano.”
- Jane Austen
 
Rientrare a casa dovrebbe essere un bel momento.
Rappresentare quegli attimi, alla fine di una lunga giornata di lavoro, in cui tutto finisce e puoi finalmente smettere di indossare i panni impettiti ed essere te stessa. Rilassarti.
Sono sempre stata brava a chiudere l’ufficio fuori dalla porta, è sempre stato il miglior modo per non coinvolgere due mondi e non farmi influenzare dalle circostanze degli altri.
Chi si fa coinvolgere in genere è debole di polso, non sa essere obiettivo, e il lavoro che svolgo richiede massima lucidità e distanza dai fatti. Per poter giudicare al meglio.
Sono la Procuratrice Capo, non ho raggiunto il mio posto per caso. Me lo sono guadagnata negli anni, e semmai la mia vita privata disastrosa ha contribuito al successo professionale, rafforzando la mia convinzione che meno ti leghi agli altri, meglio è. E i colleghi devono restare tali, perché se ti lasci prendere è la fine.
Il più delle volte ci si riduce a un bivio: tu o l’altro. E l’amicizia, in quei casi, non deve intralciare la possibilità di sbocco. Né l’amore, o un legame qualunque. Non ne vale la pena.
 
Perlomeno, ne ero convinta fino a qualche tempo fa.
La certezza ha iniziato però a vacillare fino a creparsi e crollare quando mi sono resa conto che non tutti i legami finiscono davvero, e non sono sempre d’intralcio.
Che non esistono bianco e nero, ecco. Tra l’uno e l’altro c’è un universo di sfumature diverse che bisogna saper cogliere.
Io non ho saputo farlo.
Quando, dopo tutti i tentativi, ho scoperto di essere sterile, ho visto il mio mondo sbiadire in un attimo.
I miei sogni di ragazza di avere una famiglia con l’uomo di cui mi ero follemente innamorata e che avevo sposato in fretta si erano infranti davanti a quella notizia.
Per non pensarci, ci eravamo buttati ognuno nel proprio lavoro, fino a ritornare gli estranei che forse eravamo sempre stati io e Massimo.
Perché non avevamo avuto il tempo di conoscerci veramente, capire se volessimo entrambi le stesse cose, se il nostro amore avrebbe retto agli scossoni.
I fatti hanno dimostrato che le fondamenta non le avevamo mai costruite, e tutto si era sfasciato. Giù, come fosse polvere.
Certo, una botta come l’impossibilità di avere figli avrebbe messo a dura prova anche lo coppie più solide, ma noi non abbiamo mai provato davvero a trovare una strada alternativa. Una riconciliazione. Ci siamo allontanati, e basta.
Massimo ha ben pensato di addossarmi tutta la colpa per la fine del nostro matrimonio, mentre nel frattempo lui si creava una famiglia con un’altra donna.
Tradendomi per quello che non avevo potuto dargli.
 
Da allora, mi sono detta che me ne sarei fregata. Avrei preso la vita e le occasioni al momento, senza pensarci troppo.
Avevo dato tutto, al mio ex marito, ed era andata peggio di qualsiasi incubo, tanto valeva godermi ciò che avrei trovato.
Mi sarei limitata ad avventure senza seguito, così non avrei sofferto. Tanto, di uomini interessati non si fa fatica a beccarne, e io so come convincerli.
 
Per questo, quella sera mi trovavo in quel bar di Spoleto. Ero appena arrivata in paese, non conoscevo nessuno, e avevo voglia di distrarmi prima di prendere servizio presso la Procura.
Solo che quando mi ero avvicinata al bancone per ordinare da bere, ho colto il monologo ubriaco di un uomo evidentemente disperato, intento a raccontare al barman la sua disavventura amorosa. Di come ormai detenesse il ‘record mondiale di abbandoni sull’altare’, e del fatto che se la ex l’aveva tradito col suo migliore amico, l’attuale fidanzata aveva preferito il lavoro a lui. Una certa Anna.
Ammetto di aver pensato solo che lei doveva essere veramente una stronza per ridurre il suo uomo in quello stato, e che lui si meritava di essere... consolato.
Non mi sono fermata neanche quando mi ha detto, in risposta alla mia domanda fintamente innocente posta allo scopo di approcciarmi, che fosse stata la giornata più brutta della sua vita.
Se fosse stato appena appena più sobrio, non mi avrebbe neanche dato retta, poco ma sicuro, ma quando mi ha offerto da bere - per intrinseca gentilezza, evidente anche se non era lucido - ho deciso che avrei concluso la serata come volevo.
Perché lui era evidente amasse quella misteriosa Anna, ma lei lo aveva ferito, e si meritava di soffrire esattamente come stava facendo lui.
Lo aveva rifiutato, no? Aveva scelto il lavoro anche lei, quindi non aveva diritto di chiedere ancora amore.
 
Eh, amore.
Gran bella nottata, lo ammetto, ma sarebbe stato meglio se avessi scelto un altro. L’ho pensato anche allora, visto che suppongo lui fosse convinto di star facendo l’amore con la sua fidanzata. ‘Amore mio’ non era di certo riferito a me. Ma mi era importato poco, pochissimo. Ero soddisfatta, e tanto mi bastava.
Quello che non mi aspettavo, era di non trovarlo al risveglio. Aveva calcato la mano molto più di me, con gli alcolici, ed ero convinta sarebbe rimasto KO molto più a lungo.
Invece, quando avevo aperto gli occhi, era sparito.
Beh, pentito o meno, il danno ormai era fatto, e comunque lei lo aveva lasciato. Non si poteva parlare esattamente di tradimento, visto che non stavano più insieme.
E, in ogni caso, era lei a perderci.
 
Tutto avrei pensato, tranne che lui fosse un collega. Con cui avrei lavorato molto spesso, tra l’altro. E non avrei mai immaginato che Anna fosse Anna Olivieri, il Capitano della caserma di Spoleto!
Figuriamoci sapere che non solo avessero fatto pace, ma che si sarebbero perfino sposati la domenica successiva...
Dire che ci fossi rimasta male è poco. Lui mi piaceva, era un uomo decisamente affascinante, e scoprire che le mie speranze fossero state vanificate in un secondo mi aveva innervosita. Nonostante Nardi avesse ribadito che quella notte non avesse significato nulla, non voleva dire che non avrebbe potuto acquisire importanza col tempo.
Ho provato una soddisfazione sadica a dirgli che tanto il problema era suo, non mio, quando è sceso di corsa a ringraziarmi che non avessi detto nulla ad Anna.
Così lui avrebbe passato la vita a fare lo zerbino per una bugia che non sarebbe mai riuscito a confessare, mi dicevo, ma se la stava cercando, dopotutto.
E invece mi aveva stupita, scegliendo l’onestà, totalmente.
La sua sposa mancata ha saputo quando e con chi l’avesse tradita, e perché fosse successo. Almeno, quello che ricordava lui.
Mi sono guardata bene dallo specificare che io avessi dovuto faticare a convincerlo, che lo avevo fatto bere di più perché non era intenzionato a seguirmi.
Che avesse immaginato lei per tutto il tempo.
 
Mi sono detta che Anna se lo meritasse, in fondo. Lo aveva trascurato, lo aveva gettato via e poi se lo era ripreso a suo piacimento, quindi non poteva pretendere che lui le stesse dietro ad aspettare i suoi comodi.
Me la sono goduta, la disfatta, anche se un po’ mi dispiaceva. Era evidente che lei, con me, il problema lo avesse eccome, al contrario di quanto aveva affermato in ufficio, ma cercasse in tutti i modi di mascherarlo.
A dire la verità, non ci è riuscita neanche una volta. La sua ostilità nei miei confronti è sempre stata palese.
Avevo preso il suo posto, dopotutto.
La stavano vivendo entrambi come un tradimento a tutti gli effetti, perché il fatto che in quel momento non stessero più insieme era irrilevante. Si amavano, ed era l’unica cosa che contava.
 
Ho osservato entrambi molto attentamente, nei mesi successivi, senza riuscire a farmi un’idea definitiva dello stato della loro relazione.
Marco ci stava ancora terribilmente sotto, e non aveva smesso un attimo di tentare di ottenere una seconda possibilità. Di farsi perdonare. Non mi faceva piacere vederlo struggersi in quel modo per una donna che non capivo.
Sono seria, non riuscivo a capirla. Faceva di tutto per mantenersi distante, impassibile, trattandolo veramente male il più delle volte.
Mi sono sempre chiesta quale fosse il tassello mancante in quella storia, perché di certo c’era qualcosa di cui io non ero a conoscenza, che la portava a comportarsi così.
Una cosa, però, l’ho riconosciuta: la sua determinazione a trovare una distrazione, un diversivo che le permettesse di concentrare i pensieri altrove.
È stato il caso a fornirle tutto ciò che le serviva, con l’arrivo di Sergio La Cava.
Inizialmente Anna si è fatta avanti per aiutarlo - cosa che io non avrei mai fatto, non è nella mia indole.
Qualche conversazione saltuaria con Marco, però, mi aveva permesso di sapere qualcosa in più su di lei. Mi aveva confessato che il Capitano prendesse molto a cuore i casi che si trovava a dover gestire, tentando di provocare il minor numero di danni possibile nel processo.
Una paladina della buonafede, insomma. Una che si lascia coinvolgere.
Niente di più sbagliato, mi dicevo. Le persone sono inaffidabili, soprattutto se ci sono di mezzo gelosie o soldi.
E non mi sarei di certo fatta fare la morale da una ragazzina che predicava di avere fiducia negli altri quando lei per prima non ne aveva nell’uomo che avrebbe dovuto sposare.
Certo, lui l’aveva tradita con me, vero, ma non nelle intenzioni. Quelle erano sempre state pure. Avevo perso il conto di quante volte Marco avesse tentato di farglielo recepire.
 
A me sembrava che Anna, per certi versi, volesse semplicemente fargliela pagare. Essere sicura che lui fosse veramente pentito, prima di accettare di riaverlo con sé.
Sono rimasta sconvolta quando ho scoperto che avesse iniziato a frequentare Sergio. E non per una questione di pregiudizio.
Quel ragazzo, tecnicamente, si era fatto il carcere per evitarlo alla sorella, nonostante altri piccoli reati minori che avrebbe potuto scontare con i servizi sociali.
Mi sono detta che evidentemente mi ero sbagliata, nel giudicarla.
Anna non voleva perdonare Marco, voleva stancarlo.
Il matrimonio, probabilmente anche nel loro caso, era stato una scelta affrettata.
Il problema non era il lavoro, ma la mancanza d’amore da un lato.
Perché non poteva essere altrimenti: lei non lo amava. Non abbastanza da poter garantire solidità alla loro storia.
Marco, invece, la amava troppo. E avrebbe finito per fare qualche cavolata.
 
Proprio per questa mia convinzione, mi ero detta che avrei fatto dimenticare il Capitano a Nardi. Gli avrei fatto capire che tentare di ingabbiare Anna non sarebbe servito a nulla, se non allontanarla di più, e che il matrimonio saltato fosse un segno del destino.
Non erano fatti per stare insieme, loro due, e il fato aveva voluto dar loro una nuova possibilità, con altre persone.
Insomma, non era un caso che noi ci fossimo incontrati.
Mi stavo innamorando di lui, lo ammetto, perché mi sembrava di aver finalmente trovato un uomo che mi capiva. Che non pensava io fossi sbagliata, o rotta. Era riuscito ad avere più lui, di me, di quanto forse aveva mai fatto il mio ex marito. Non aveva esitato a schierarsi dalla mia parte, in ufficio, difendendo la mia innocenza, e a starmi vicino quando gli avevo raccontato tutto.
L’avrei voluto con me sempre.
L’allusione mia era chiara, infatti, quando mi ero presentata a casa Cecchini, dove Marco soggiornava temporaneamente, ma lui non aveva reagito come avevo sperato. Aveva capito il sottotesto, ma non aveva risposto.
Anche al ballo del comune, mi sono fatta avanti io.
Senza ottenere nulla se non qualche chiacchiera distratta.
Perché Anna era arrivata e non lo aveva neanche salutato, furiosa perché lui si era intromesso tra lei e Sergio, a quanto mi risultava, e aveva finito per farli litigare.
Eppure la tensione nell’aria, durata appena pochi istanti, era stata palpabile.
Come succedeva ogni volta che si trovavano nella stessa stanza.
Lei sembrava aver chiuso definitivamente con il capitolo ‘Marco’, quella sera, andando via nel bel mezzo della festa, con una destinazione chiarissima.
Peccato l’altalena fosse ricominciata quando, qualche giorno dopo, sono passata da casa Cecchini per informarmi sulle condizioni di Patatino.
Era una scusa per poter vedere Nardi, ovviamente, ma non mi aspettavo che alla porta avrebbe potuto rispondere Anna.
Il Maresciallo aveva avuto un problema d’udito, e lei era rimasta per fargli compagnia in attesa che Marco rientrasse.
Il suo saluto sdegnoso mi aveva messa sull’attenti un’altra volta, ed era evidente non le fosse andato giù che io sapessi della presunta malattia del cane. Marco non le aveva detto nulla, e lei c’era rimasta male.
Non sa mentire, le si leggeva chiaro in volto quanto fosse gelosa.
E io avevo incassato la soddisfazione di averla scavalcata, nella gerarchia.
Marco a me lo aveva detto, della sua preoccupazione, ma non a lei.
Qualcosa voleva pur dire, no?
Quello che non mi spiegavo, in realtà, era il comportamento di Anna.
Non amava Marco, visto che stava con un altro uomo, quindi quella scenata di gelosia da parte sua non aveva ragione di esistere.
Non poteva certo pretendere che lui pagasse per sempre l’errore di una sera! Che non si rifacesse una vita sua che non la comprendesse.
C’era solo un modo per giustificare quella reazione, ma era impossibile.
Lo aveva messo in chiaro lei stessa.
Si era ricostruita l’esistenza al fianco di La Cava, con la sua bambina. La direzione che intendeva prendere era lampante. Marco si sarebbe dovuto arrendere, e prima lo avrebbe fatto, meglio sarebbe stato per lui.
 
La notizia della rapina è arrivata come un fulmine a ciel sereno.
Il prezzo da pagare è stato altissimo: Anna è stata ferita da un colpo di pistola, nonostante i giubbotti antiproiettile, ed è finita in coma.
La sua vita adesso è appesa a un filo.
La caserma, in quelle ore, si è come congelata. Ho capito che Anna per i suoi sottoposti non è soltanto il Capitano, ma un’amica. Il rispetto dei suoi uomini se lo è guadagnato con la sua gentilezza, il suo modo di fare rigido ma dolce all’occorrenza.
Erano state poche le occasioni in cui avevo avuto modo di notarlo di persona, ma stando ai racconti di tutti, non aveva mai mancato di assicurarsi il benessere dei suoi carabinieri. Senza risparmiarsi mai.
Il Maresciallo è disperato, non lo avevo mai visto in quello stato, il volto funereo con cui si è presentato in caserma. Ho avuto l’impressione che la sua sofferenza fosse assimilabile a quella per una figlia, non un superiore.
Credo di aver sottovalutato molte cose.
Non c’è bisogno che descriva Marco, immagino.
Un automa. Distrutto, straziato.
Mi sono ritrovata a doverlo escludere dalle indagini, perché avrebbe arrestato chiunque fosse stato minimamente sospettabile. È troppo coinvolto da questa storia. Anna c’è andata di mezzo, e lui non avrebbe retto a lungo.
Non avrei potuto comunque prevedere che si sarebbe preso la responsabilità di tutto.
Quando abbiamo trovato la scheda pirata nel computer di Anna, è diventato evidente chi ci fosse dietro. Solo una persona avrebbe potuto avere avuto accesso a quel pc, indisturbato, oltre ai carabinieri.
Sergio La Cava.
E il Capitano, che fosse coinvolta o meno, glielo aveva permesso. Aveva lasciato che lui restasse solo abbastanza da poter collegare il processore. Aveva commesso una leggerezza imperdonabile, era stata incauta, ingenua, e ne avrebbe pagato le conseguenze. Ho dovuto dirlo, preparare i due uomini a quanto sarebbe successo, nonostante avrei preferito non dover dare loro anche quel dispiacere in un momento del genere.
Sentire Marco pronunciare quelle parole mi ha lasciata di stucco.
Si stava assumendo l’intera responsabilità dell’accaduto, affermando che fosse stato lui a impedire ad Anna di denunciare, per cogliere i rapinatori sul fatto. Che entrambi fossero a conoscenza delle intenzioni di Sergio, e volessero incastrarlo insieme ai suoi complici.
Non ha esitato neanche un attimo, la sua voce non ha vacillato mai.
È un magistrato competente, sapeva benissimo a cosa stesse andando incontro, con quelle frasi. Eppure le ha dette comunque.
 
Non riuscivo a capacitarmene. Ci ho pensato per tutto il giorno, senza trovare una risposta.
Marco stava rischiando tutto, tutto, per una donna che non lo amava.
Senza contare il fatto che fosse in coma e, stando ai medici, non era così scontato che si sarebbe risvegliata.
Aveva perso molto sangue, l’intervento era stato delicatissimo, la situazione restava instabile.
Mi sono sentita invadere dal senso di colpa: tutti, in caserma, avevano chiesto come stesse e chi aveva potuto era andato a trovarla, anche solo un attimo. Mancavo solo io all’appello.
Così mi sono recata in ospedale, senza sorprendermi di trovare lì Marco. Sapevo benissimo che avesse passato lì la maggior parte delle ore precedenti.
Non mi aveva sentito arrivare: se ne stava in piedi, davanti alla stanza della terapia intensiva, a osservare oltre il vetro.
Ho dovuto trattenere lo sgomento.
Sapevo la situazione fosse grave, ma vedere con i miei occhi è stata un’altra cosa.
Avevo sempre visto Anna come una donna instancabile. Un fuoco continuo.
Trovarla distesa in quel letto d’ospedale, immobile e pallida, con tutti quei macchinari a tenerla in vita, è stato un colpo che non mi aspettavo di ricevere.
Però volevo che Marco fosse consapevole di cosa avesse fatto, e dirgli che poteva ancora tornare indietro su quello che aveva detto.
Dopotutto, lo avevamo sentito solo io e Cecchini.
“Perché ti stai prendendo la colpa al suo posto?” avevo mormorato infine, avvicinandomi a lui, che non ha staccato gli occhi dal vetro nemmeno al sentire la mia voce.
“No no, non mi sto prendendo proprio la colpa di nessuno,” era stata la sua replica, immobile.
Quel suo ragionamento non aveva senso.
“Ti rovinerai la vita e la carriera per lei... e lei non ti ama.”
Lui non aveva nemmeno risposto, lo sguardo sempre fisso sul letto, su Anna.
“Stai facendo un grande errore.”
Qualcuno doveva dirglielo.
Anche se lei si fosse svegliata, sarebbe stato tutto inutile. Avrebbe sprecato una vita di sacrifici per una che se ne sarebbe fregata. Non avevo dubbi.
Quando si era girato finalmente verso di me, ho letto nei suoi occhi tutta la sua disperazione. L’amore infinito per Anna, nonostante tutto.
Ho capito che non gliene importava niente, di quello che stavo dicendo.
“No no, l’errore grande grande l’ho già fatto,” ha sussurrato. “Sto solo cercando di ripararlo.”
Qualunque parola volessi ancora dirgli era rimasta impigliata in gola.
Non mi stava accusando, si stava solo limitando a dirmi che l’unica cosa che in quel momento contava era... lei.
E l’errore non era solo quella notte sbagliata, per lui.
Si sentiva responsabile di non averla saputa proteggere meglio, probabilmente.
Di non averle potuto donare quella felicità che aveva sperato potesse vivere, anche senza di lui.
Era tornato a guardarla, senza aggiungere altro.
E lì mi sono resa conto di essermi intromessa in un momento privato, che non avevo il diritto di condividere né interrompere.
“Spero che si salvi,” gli ho detto soltanto, stringendogli la mano e lasciandogli un bacio sulla guancia in segno di amicizia.
Perché in quegli istanti più che mai era diventato evidente come io non sarei mai riuscita a prendere il posto di Anna, nel suo cuore.
Nemmeno se lei se ne fosse andata.
 
E adesso sono a casa, stremata dalla scena appena vissuta.
Mi ero sbagliata su Anna.
Anche se lei in questo momento non può parlare, e Dio solo sa se potrà mai tornare a farlo, non ho dubbi sul fatto che anche lei ami Marco.
Perché lei, il loro amore, non lo ha mai davvero buttato via.
Quella spiegazione che cercavo è tutta qui: non ha smesso di amarlo, ha smesso di fidarsi, che è ben diverso.
Se non lo avesse più amato come mi ero convinta, avrebbe tagliato ogni ponte. Si sarebbe buttata anima e corpo in quella storia nuova, tutta da scoprire, invece lei per prima aveva troppi dubbi per poter nutrire un sentimento sincero per un altro uomo. Io stessa ero stata testimone di quell’incertezza, il suo voler nascondere quella storia, a prescindere dalle conseguenze sulla carriera.
Troppo indecisa, troppo esitante, troppo leggera.
La conoscevo poco, ma non assomigliava affatto alla donna che Marco aveva descritto, quella famosa sera al pub e nelle altre occasioni.
Diventa lampante come lei avesse cercato di difendersi dal dolore mettendo su una versione di se stessa che non aveva niente dell’originale.
E lo si notava negli attacchi di gelosia improvvisa, negli sguardi malinconici, nelle frasi che rendevano chiaro cosa pensasse davvero.
I suoi stessi consigli che lei per prima aveva paura di seguire.
 
Per amare ci vuole coraggio.
Significa donare le proprie fragilità a chi abbiamo davanti, lasciando all’altro la possibilità di ferirci senza indossare alcuna protezione.
E il dolore può farci diventare chi non siamo.
Lei ha cercato di non somigliarsi più, lui si è abbandonato a un sentimento che lo ha divorato.
Il cuore, però, non smette mai di parlare alla sua metà.
Ed è per questo che Anna non è mai riuscita a lasciar andare davvero Marco. Per questo, che ha continuato a tenerlo legato a sé, e lui glielo ha permesso.
Per questo, che Marco non se ne andrà da lì finché lei non aprirà gli occhi. Perché lo farà.
E lui sarà al suo fianco ad accoglierla.
So che avranno ancora bisogno di tempo e di riflettere, ma il destino non li ha mai allontanati, anzi, li ha resi sempre più vicini, anche quando sembravano non volerlo.
Smettere di amarsi non è mai stato tra i loro piani.
E anche se quel ragazzo dovesse tornare e lei dovesse commettere qualche altra sciocchezza, durerà poco.
Non c’è modo di spezzare quel filo rosso.
Certi legami vanno perfino oltre la morte.
E non c’è vita che tenga.
 
 
Salve a tutti!
Beh, era da un sacco di tempo che non pubblicavo qualcosa ‘da sola’. Tutte le ultime storie le ho scritte in collaborazione con la mia Socia, Martina, e come promesso continueremo a elaborare nuove cose per voi da poter leggere.
Questa idea, però, mi frullava in testa da un po’, e ho colto un momento per metterla giù.
Sara è un personaggio che nella fiction si è visto poco, e solo per far danno, ma se ci pensiamo un attimo non ha avuto un ruolo veramente attivo. La sua infatuazione per Marco non va da nessuna parte, vi si allude due volte e poi... niente.
Nei libri, viene scritto più chiaramente di come abbia iniziato invece a provare un sentimento più serio per lui, e che sia veramente molto, molto gelosa di Anna.
Perché l’amore di Marco per lei non vacilla mai, la sceglie sempre.
È lei la cosa più importante della sua vita. La parte migliore.
E Sara sa bene che non potrà mai sostituirla.
Ho provato ad elaborare un po’ i suoi pensieri, ma mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensiate voi, di questo personaggio secondario.
A presto,
 
Mari
   
 
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