Quando arriverà la morte, avrà i tuoi
occhi
Li sente marciare
imperterriti, portando morte. Ne percepisce già l’odore acre e pungente
invaderle le narici. Ode il trambusto che fa tremare la terra di un esercito
che carica, sovrastato dall’inconfondibile ruggito dei draghi, creature mitiche
considerate estinte da anni.
Non avrebbe mai pensato
di vederne un esemplare vivo in tutta la sua vita e ora addirittura tre di essi
planano decisi, puntando ad Approdo del Re, pronti a seminare fuoco e fiamme.
Non avevano mai
stuzzicato la sua curiosità – da quello che aveva sentito è sempre stato quel
nano di suo fratello a essere attratto dal loro alone di magia e mistero – per
lei andava bene che fossero morti e sepolti, dimenticati; un problema in meno
di cui preoccuparsi.
Nonostante le dicerie
che le sono giunte alle orecchie, Cersei non
riesce a credere ai propri occhi.
Li vede, dalle finestre
del palazzo, tre ombre scure aleggiare minacciose all’orizzonte.
La giovane e
esotica Targaryen, infine, li ha portati per
davvero a Westeros.
Non può non constatare
che in groppa a quell’enorme bestione nero come la pece, Daenerys appaia regale, oltre a incutere il giusto
timore. E Cersei si chiede se il popolo
acclami gioioso il ritorno della regina dimenticata.
In un angolo della mente
risuona la voce rugosa della vecchia megera: sarai regina, fino a
quando non verrà un’altra regina, più giovane e più bella di te, a distruggerti
e a portarti via ciò che avrai di più caro.
Lo sa, Cersei, quella è la fine. A testa alta, combatterà fino
all’ultimo respiro, perché così le ha insegnato suo padre, così come le impone
il nome che porta. Fiera come una leonessa.
Forse ha sottostimato le
capacità e le motivazioni di quello scherzo della natura che si ritrova come
fratello, considera. E ora Tyrion a cavallo
di un drago si trova all’esterno delle mura della città con un esercito di
selvaggi, che appoggiano la conclamata rivendicazione della madre dei draghi.
Ha sempre temuto
l’arrivo di questo giorno, ma non ha mai pensato sarebbe arrivato così presto.
Forse, in fondo in fondo, ha sempre mantenuta accesa una piccola speranza di
potergli sfuggire.
Si guarda intorno per
l’ultima volta, come per memorizzare quel luogo che per molti anni è stata la
sua casa – ma si è mai sentita davvero protetta? – i suoi
occhi si posano sul lusso sfrenato dei mobili, della tappezzeria che da sempre
l’ha accompagnata, che ha sempre ricercato e adorato, mentre fuori il rombo
della fine si fa sempre più assordante.
Oro e rosso la
circondano, la avvolgono, quasi la soffocano.
Un rumore di passi
decisi squarcia per un’istante soltanto la tensione di quel momento,
sospendendolo nel tempo.
A fiato sospeso,
lentamente si volta e i suoi occhi verdi si rispecchiano in un paio gemelli,
conosciuti e molto amati.
«Jaime…» sussurra,
sorpresa.
Per un momento, crede a
un finale diverso per lei. Per loro.
Jaime è tornato. Per
me, questo è quello che si dice per convincersi.
«Cersei,
mia adorata sorella!» la saluta lo sterminatore di re.
Il suo tono è lievemente
velenoso a discapito delle sue dolci parole.
Cersei lo guarda, stupefatta. Non
capisce. Perché sei qui?, vorrebbe domandargli, ma non le
esce la voce. E, forse, nel suo cuore conosce la risposta.
«Non sei felice di
vedermi?» le chiede, sprezzante, lui avvicinandosi. Di riflesso, lei fa un
passo indietro.
È confusa, qualcosa non
torna.
«Che ci fai qui?»
gli chiede imperiosa. È pur sempre la sua Regina, dopotutto.
«Ma come! Credevo
attendessi con trepidazione il mio ritorno. È questo il tuo bentornato?»
commenta, arrogante, il cavaliere.
È inutile negare che
sì, Cersei ha sperato fino all’ultimo che
il suo amato fratello tornasse da lei, ma oggi guardandolo
negli occhi sa che non significa quello che si era immaginata, quello che si attendeva
da lui. Perché Jaime torna sempre da lei, no?
Invece questa volta è
diverso. L’ha perso per sempre, Cersei lo
comprende alfine. Ed è sicura che la colpa è tutta di quella specie di donna
che gioca a fare il guerriero.
«Ti sei forse stufato di
fare il cagnolino di quella racchia di Tarth?»
sputa, con veleno, la regina.
Per un breve istante,
negli occhi di Jaime scorge fastidio, ma Cersei non
sa dire se per l’allusione della sua subordinazione a una donna o per l’epiteto
che ha utilizzato per Brienne di Tarth.
Non sa nemmeno se
sentirsi soddisfatta per averlo ferito o rammaricarsene, perché sa che il
gemello non è più dalla sua parte, come se fosse svanito tutto quello che c’è
stato fra loro, come se per lui non ha contato nulla.
Ed è questo, quello che
più la ferisce.
I volti dei loro figli
le passano davanti agli occhi, ma trattiene le lacrime. Lei è più forte di
così.
In un battito di ciglia,
l’uomo torna impassibile, assottiglia gli occhi e le lancia uno sguardo
cattivo. O forse è la sua immaginazione che le gioca brutti scherzi. Jaime le
ha sempre dedicato occhiate amorevoli e ammirate, come se lei fosse la creatura
più bella al mondo, l’unica che conoscesse la verità.
Che cosa ci è successo?
Non registra pienamente
l’ulteriore avvicinamento dell’uomo, che di fronte a lei la scruta
attentamente, cercando cosa Cersei non ne
ha idea. Ma intuisce che qualsiasi cosa sia, non lo ha trovato.
«Sai, vero, perché sono
qui?» le domanda con voce grave.
Qualche idea se l’è
fatta, Cersei, ma non ci vuole credere. Forse ha
bisogno di sentirlo dalle sue labbra.
«Speravo ci fosse ancora
una speranza…» le rivela con sentito dolore.
Forse la ama ancora, ma
è una magra consolazione.
Anche lei lo ha sempre
desiderato, che potesse eludere la propria disfatta, ma non è quello che
intende Jaime.
«Per te è troppo tardi»
annuncia laconico. Definitivo, come una sentenza di morte.
«Sai di aver
oltrepassato il limite.»
Tutto quello che ha
fatto, è stato per la sua famiglia, per i suoi figli, la sua eredità, il suo
futuro. E che ne è stato?
Non è questo quello cha fa una madre?
Che ne sa Jaime di quel
dolore struggente che ha provato a ogni perdita di un figlio, di come le
mancasse sempre il respiro, lacrime roventi lungo le guance, notti insonni…
Sei ingiusta, le ingiunge una voce da qualche parte
nella sua mente. In fondo sono anche suoi figli. Ma io sono la madre.
«Perché tu?» indaga poi.
«Tyrion…»
«Cosa?» Jaime alza un
sopracciglio biondo.
«Ha ucciso nostra madre,
nostro padre, Joffrey…» ricorda lei. E ogni volta le sale la bile in gola.
«No, Joffrey no.
E lo sai anche tu.»
Cersei lo guarda storta, non le è mai
piaciuto essere contradetta.
Perché dovrebbe
credergli? Quel nano malefico è venuto al mondo solo per rovinarle la vita. Le
ha portato via tutto, persino Jaime non è stato completamente suo,
perché da sempre ha avuto un debole per il folletto, disprezzato e incompreso
dalla sua stessa famiglia, come se Jaime non fosse in grado di vedere Tyrion per quello che è in realtà.
E, prima di darle il
colpo di grazia, le vuole soffiare il trono per donarlo alla figlia mentecatta
del re folle.
Che idea geniale, proprio! Le è ancora incomprensibile questa
sua decisione, cosa lo ha spinto a schierarsi al suo fianco.
«Mi ha portato via Myrcella…» quasi singhiozza.
Dell’adorata figlia non
ha più notizie, non ha idea se è ancora viva o meno, ma sa, Cersei, di averla persa quel lontano giorno, quando piccola
e indifesa ha lasciato Approdo del Re alla volta di Dorne.
Non ha più nulla, Cersei. Si sente sola, persa, sconfitta. Richiama a
raccolta quel poco di dignità rimasta, ricaccia indietro le lacrime, indossa
quella maschera di compostezza come una cara e vecchia armatura e così guarda
in faccia il suo destino.
Vede quella mano che
tante volte l’ha accarezzata dolcemente, che le ha stretto con passione alcune
ciocche di capelli, che l’ha confortata, che l’ha trascinata sull’orlo del
piacere, che l’ha cinta con tenerezza, la vede alzarsi per l’ultima volta e con
un tocco soffice dall’orecchio scendere più in basso e posizionarsi intorno al
suo candido collo.
È consapevole del suo
peso sulla pelle, ma inizialmente non compie nessuna pressione.
Occhi negli occhi, si
dicono l’ultimo addio.
Poi, piano piano, sente
che le sue dita diventano sempre più pesanti, soffocanti e se abbassasse gli
occhi è sicura di scoprire dei segni rossi. Il suo sguardo, però, rimane fisso
nei suoi occhi, perché vuole vedere quello che Jaime non dice,
vuole scoprire quanto può resistere, se ha davvero il coraggio di arrivare fino
in fondo alla sua missione.
Non è certa se provare
delusione, perché Jaime non ha nessun ripensamento, è deciso a compiere il suo
dovere. Le sembra addirittura che il fratello non compia nessuna fatica; ha
davanti a sé un uomo dal sangue freddo che non si fa nessuno scrupolo, come se
fosse il suo lavoro, quello di uccidere una persona a mani nude, brutalmente,
come un volgare e fottuto mercenario.
Non è così che doveva andare, riesce a pensare Cersei prima che la pesante mano d’oro di Jaime si
aggiunga all’altra rubandole i suoi ultimi respiri, occhi sbarrati, rivolti per
sempre sul volto dell’amato traditore.
Buonsalve a tutti!
È la prima volta che
scrivo in questo fandom, perché è da poco che ho scoperto Game of Thrones. Ho visto la serie, ma non ho ancora avuto il
piacere di leggere i libri. Spero di recuperare quanto prima! ;)
So che può sembrare
strano, ma la prima fic che pubblico
riguarda un personaggio che detesto (e io che volevo provare a scrivere
qualcosa su Sansa e Tyrion, la mia otp♥ Come si fa a non shipparli?
*^*) e tra l’altro sulla profezia del Valonqar,
che nella serie non è nemmeno citata. Ma credo che sarebbe stato importante
inserirla, così si spiega meglio l’odio di Cersei per Tyrion.
Ad ogni modo ho scoperto
che ci sono un sacco di teorie sulla saga delle Cronache del Ghiaccio e del
Fuoco.
Alcune mi ispirano, come
questa in cui la figura del Valonqar è
rappresentata da Jaime. E questo scritto parte proprio da qui, dalla reazione
di Cersei a tale scoperta. Lei così
convinta che sarà Tyrion ad ucciderla. Che
faccia farà, quando scoprirà che invece è proprio il suo amato Jaime? Ah, non
vedo l’ora di scoprirlo… e mi auguro che la morte che Cersei avrà
nei libri sarà più soddisfacente di quella della serie. u.u.
Comunque non mi
dispiacerebbe nemmeno se fosse Arya… basta però
che non mi uccida nessun Re delle Notte. Quella scelta proprio non riesco a
digerirla.
E niente, credo di
essermi dilungata troppo. Non sono più abituata a scrivere le note autore. In
realtà è da anni che non scrivo nulla…
Che dire? Consigli, suggerimenti
e critiche costruttive sono sempre ben accetti.
Grazie per
l’attenzione. ♥
Alla prossima! C:
Selly