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Autore: BlackSwan13    24/01/2021    1 recensioni
La storia di Theodore Nott non ha nulla di avvincente o di sensazionale, ma non per questo non merita di essere raccontata.
Ci sono solo rimpianti e amarezze nella vita di un figlio di un Mangiamorte?
Theodore/Charlie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charlie Weasley, Theodore Nott
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Theodore Nott era nato il primo settembre 1980 e aveva iniziato il suo settimo anno ad Hogwarts a 18 anni appena compiuti…per ovvi motivi l’anno precedente non aveva frequentato la scuola di magia.
Del suo aspetto non c’era niente che risaltava più di tanto: viso magro e lungo, occhi neri e capelli neri come l’ebano, alto e molto molto magro.
Ogni volta che camminava in mezzo agli altri sentiva come se un masso lo stesse opprimendo all’altezza dello stomaco: una sensazione davvero spiacevole a suo parere.
Deglutì cercando di farsi forza e, solo come sempre, attraversò il binario 9 ¾. Si guardò in giro per vedere se qualcuno lo stesse osservando e, come volevasi dimostrare, occhiate severe e accusatorie lo colpirono da ogni direzione.
Se avesse avuto una pala si sarebbe volentieri sotterrato.
 
Suo padre il sesto anno era stato spedito ad Azkaban dal ministero della Magia, ma quando Voldemort aveva assunto il potere era stato prontamente scagionato, in quanto suo fedelissimo Mangiamorte.
Theodore, come a scuola, non aveva la minima intenzione di far parte di quella cricca di svitati: non si era fatto marchiare e suo padre era morto durante la battaglia con la consapevolezza di avere un figlio “traditore della causa purosangue”, come gli ripeteva fin da quando ne aveva memoria.
Theodore non faceva parte né dei buoni né dei cattivi: lui se ne stava per conto suo, studiava e leggeva giornate intere senza dire una parola a nessuno. Non c’è da stupirsi che per la sua scelta avesse perso tutte le amicizie che aveva in Serpeverde (Draco Malfoy in primis, anche se poi il biondo e la sua famiglia si erano tirati indietro con qualche sporco stratagemma e non erano stati condannati al bacio dei Dissennatori… “Patetici” pensava Theodore).
Certamente le arti oscure provocavano in lui un certo interesse, essendo, a parere suo, di indubbio fascino; ma la cosa si fermava a pura accademia: non avrebbe torto un capello a nessuno e lui non era così sprovveduto da rischiare la pelle per qualche pazzo invasato come il Signore Oscuro.
 
Decise che se voleva un futuro doveva andare avanti: spinse il carrello cercando di ignorare gli sguardi che, come lame affilate, gli si conficcavano lungo tutta la schiena. Sospirò e mise le sue valigie al loro posto e, con il suo lungo soprabito nero salì nell’espresso per cercare un posto libero (possibilmente a debita distanza da tutto il mondo). Appena lo trovò, silenzioso, entrò in un vagone e chiuse la porta alle sue spalle.
Si sedette e aprì un libro di arti oscure, opportunamente rilegato per dissimulare il suo vero contenuto, che gli avrebbe tenuto compagnia per tutto il lungo viaggio.
-No, non qui, guarda chi c’è- Theodore si voltò di scatto e incenerì con lo sguardo le due sciocche ragazzine corvonero del quarto anno che stavano bisbigliando sul suo conto.
-è il figlio del mangiamorte…è proprio inquietante, ma che coraggio a tornare a scuola!  - sentì dire mentre si allontanavano terrorizzate.
Sospirò e riprese la lettura silenziosamente.
Il suo viaggio iniziò e terminò solitario.
 
Scese dalla carrozza e vide i Thestral che trainavano le carrozze che avrebbero condotto i ragazzi alla scuola ricostruita. Theodore era felice, per quanto poco conosceva quella sensazione, di tornare ad Hogwarts, che per lui era la unica vera casa e l’unico posto in cui si sentisse realmente al sicuro.
Scrutò quelli che gli passavano affianco di sottecchi e cercò di mantenersi con la schiena dritta, per dimostrare che non temeva i loro giudizi, anche se dentro si sentiva morire.
Non credeva che sarebbe stato così difficile apprendere che non ci sarebbe stato nessuno dei Serpeverde con cui poteva dire di avere un qualche tipo di rapporto di conoscenza: non c’era Pansy, Draco, Goyle (Tiger era morto durante la battaglia, scegliendo bene la sua fazione)…forse c’era Blaise, ma non l’aveva visto e il sesto anno i rapporti con il ragazzo si erano raffreddati. Blaise non aveva scelto una fazione, proprio come lui, ma non gli parlava perché diceva che il suo atteggiamento stava diventando troppo inquietante: sarà stato forse perché Theodore aveva espresso i suoi sentimenti al moro quell’estate?
Theodore si ritrovò a sorridere amaramente mentre riponeva il suo prezioso libro proibito nella borsa nera di pelle di drago. Nella sua carrozza non si sedette nessuno, così come nella tavolata serpeverde tutti gli stettero a due posti di distanza: Blaise c’era per terminare l’anno mai concluso l’anno precedente, ma oltre ad un cenno di saluto con la testa, non gli disse altro e preferì scherzare con le ragazze che lo attorniavano come le api attorno al miele.
Era ovvio che Blaise era etero e lui era così tanto accecato dai suoi sentimenti e dai molteplici film mentali che si era fatto sull’amico che aveva fatto un’orribile figura: oltre al danno pure la beffa, perché oltre al rifiuto aveva anche perso l’amicizia dell’altro ragazzo.
Non mangiò quella sera e non andò al dormitorio dei Serpeverde con tutta la sua casata. Preferì strisciare silenziosamente lungo le pareti buie del castello e ammirare il lago nero dall’esterno del parco di Hogwarts e non dall’interno della sua casata verde-argento: non l’avrebbe mai ammesso, ma quella sala comune gli procurava claustrofobia.
Camminò tranquillo lungo il prato illuminato solo dalla luce della luna, che si rifletteva argentea sulle acque torbide del lago nero.
Si sedette e rimirò l’orizzonte per un tempo indeterminato e aspirò quell’aria frizzante che sapeva di casa.
 
-Forse lo sai già, ma non si può uscire di notte dal castello. – un uomo sulla trentina gli stava parlando: era alto e muscoloso, gli occhi azzurri, dei tremendamente familiari capelli rosso fuoco e delle profonde cicatrici; portava un pesante cappotto di pelle di drago marrone e dei pantaloni di velluto viola abbinati a dei pesanti scarponi da montagna marroni.
Theodore non rispose e continuò ad osservare l’orizzonte, con lo sguardo fisso a pensare chissà che cosa. Non è che era poco sveglio, semplicemente non aveva la voglia di rispondere a quello scocciatore.
-Sto parlando con te eh! – gli disse quell’altro abbastanza infastidito dall’atteggiamento straffottente del Serpeverde.
-Puoi togliermi quanti punti vuoi, sempre che tu sia qualcuno qui dentro, ma io ho voglia di restare qui. – sibilò Theodore in tutta risposta. Perché quello scocciatore non se ne andava e non lo lasciava in pace?!
Sentì sbuffare il rosso prima di tornarsene al castello.
 
Charlie Weasley era stato chiamato provvisoriamente come insegnante di Cura delle Creature Magiche: prima di tornarsene in Romania era meglio che stesse un po’ con la sua famiglia, poiché il lutto per Fred non era facile da affrontare, c’era quantomai bisogno che la famiglia Weasley stesse unita.
Non amava quel lavoro che gli era stato affidato e non amava i ragazzini urlanti che si aggiravano per la scuola: aveva ventotto anni e un ben avviato lavoro con quelle creature magnifiche quali erano i draghi in Romania.
Oltre al fatto che era docente di cura delle creature magiche, adesso doveva anche fare la ronda notturna e già uno studente mancava all’appello: ovviamente un Serpeverde. Sbuffò e seguì l’ombra che si avviava al Lago Nero per tutto il parco.
Trovò un ragazzo ossuto fissare con occhi vitrei l’orizzonte illuminato dalla luna. I suoi occhi erano tristi, le profonde occhiate e il suo aspetto mostravano quanto fosse stanco e malaticcio.
Provò a parlargli, ma questo non rispose e quando lo rifece una risposta sussurrata ma ricca di veleno lo fece infuriare e lasciò lì il ragazzo cretino, così pensava, per tornarsene al castello: lui aveva fatto di peggio al suo settimo anno e non aveva intenzione di fare da balia a nessuno. Se ne tornò al castello e a mezzanotte finì la ronda, se ne andò nelle sue stanze nell’ala ovest dove si trovava il suo ufficio e si riempì un bicchiere di firewhiskey pensando al ragazzino ossuto e ai suoi occhi tristi. Si diede mentalmente dello stupido pensando alla rispostaccia che poi gli aveva rifilato e finì in un sorso il bicchiere.
 
Theodore guardò l’orologio e vide che si erano già fatte le 3 di notte. Decise che si sarebbe fatto un bagno nel lago nero: si tolse tutti i vestiti restando in mutande e si immerse nell’acqua gelata che gli impedì di respirare per un momento. Amava il dolore di tutto quel freddo nella pelle. Si mise a pancia in su e fissò il cielo stellato pensando che avrebbe voluto rimanere così per sempre.
 
Charlie non aveva pace: si era bevuto quattro bicchieri di firewhiskey e sentiva tutta la testa girare; ora gli venivano i sensi di colpa per la guerra, per i morti, per la sua famiglia…che il ragazzo dagli occhi tristi fosse ancora lì al lago?
Fissò l’orologio di mogano nella parete di pietra e si disse che alle 3:15 di notte il ragazzino inquietante probabilmente se n’era già andato sotto le coperte verdi-argento, ma pensò che forse una passeggiatina nella brezza frizzantina della notte gli avrebbe fatto passare la sbornia.
 
 
Disteso a pancia in su nelle gelide acque del Lago Nero Theodore sentiva il cuore battere sempre più lentamente: due mani grandi e calde lo afferrarono e quando venne trascinato fuori dall’acqua si sentì sempre più debole e svenne.
 
Theodore aprì gli occhi lentamente e si trovò in una strana stanza: dei grandi mobili di legno di mogano lo attorniavano, il letto su cui era disteso era a baldacchino, ma non c’erano le tende, le coperte che lo coprivano per metà erano fatte a mano e con dei colori che lui giudicò davvero di cattivo gusto.
-Credevo che non ti svegliassi più…si può sapere perché ti stavi suicidando su quell’orribile pozzanghera che è il Lago Nero?! – disse Charlie sghignazzando e offrendo al Serpeverde un bicchiere di quello che poteva essere o thè o firewhiskey…Theodore lo accettò senza pensarci troppo. Appena buttò giù la bevanda il bruciore che sentì alla gola gli fece capire che la seconda opzione era la più plausibile. Tossicchiò un po’.
-Ti pare normale dare da bere a uno che è appena svenuto del firewhiskey?! – disse Theodore perplesso. Ma chi era e che ruolo aveva ad Hogwarts uno che dava alcolici ad uno studente appena svenuto?!
-Comunque non volevo suicidarmi e il Lago Nero è uno dei posti più belli che io conosca. – proseguì il Serpeverde adombrandosi.
-Allora tu sei stato in posti davvero schifosi! – ridacchiò il rosso sedendosi pesantemente sul letto.
-Se ti senti bene posso anche accompagnarti al tuo dormitorio. – propose osservando il moro.
-Sto bene e non serve che mi accompagni, me la cavo benissimo da solo. – disse Theodore alzandosi e improvvisamente si accorse che addosso aveva solo un paio di mutande…bianche e bagnate.
Arrossì improvvisamente e si guardò in giro freneticamente in cerca dei suoi vestiti che, appena individuati, indossò velocemente.
Intanto il rosso lo guardava ridendo: ma che reazione esagerata per uno che era solo in mutande!
-Buonanotte. – disse il moro andando verso la prima porta che trovò.
-Guarda che quello è il bagno. – rise Charlie e l’altro arrossì ancora di più.
-Comunque tu sei? – chiese interessato indicandogli la porta corretta per uscire.
-Theodore Nott. – disse l’altro guardandolo dritto negli occhi e a Charlie parse quasi una sfida come se avesse voluto dirgli: “Se avessi saputo il mio nome mi avresti comunque recuperato nel Lago Nero?”
Il rosso divenne serio e Theodore lo percepì, così uscì dalla porta senza dire una parola.


Theodore si svegliò e si sentiva uno straccio quel mattino: le occhiate di tutti i suoi compagni di casa lo trafiggevano continuamente, nessuno gli parlava, preferivano farlo alle sue spalle.
In Sala Grande c’era chi gli dava i peggio nomignoli per motivi inesistenti: lui non era un Mangiamorte e non si era fatto marchiare, non aveva colpa se era nato in una famiglia purosangue e invasata per quel pazzo omicida.
Mangiò poco quella mattina e con l’animo pesante si avviò solitario per seguire la lezione di Cura delle Creature Magiche in compresenza con Grifondoro.
Si vedevano benissimo i vincitori di quella guerra: il Magico Trio era circondato da persone in ammirazione e stava parlando con qualcuno di alto con i capelli rossi: quindi Charlie Weasley era il nuovo insegnante di Cura delle Creature Magiche?
Theodore sbuffò: non solo aveva fatto una brutta figura in presenza di un uomo affascinante, ma con un suo professore che era un Weasley…avrebbe dovuto capirlo dai capelli rossi e dalla coperta orribile.
Si mise una mano davanti alla faccia e rise istericamente…qualcuno davanti di lui si girò, lo guardò in modo strano, chiedendosi se fosse impazzito e si allontanò di qualche passo.
La lezione procedette tranquilla, ma Theodore non ascoltò molto, si era perso ad osservare Charlie Weasley: era davvero un bell’uomo e lui si sentiva terribilmente in imbarazzo per quello che era successo, ma anche molto incuriosito dal nuovo docente…era da tanto che non sentiva questo tipo di interesse verso qualcuno, da quando Blaise l’aveva rifiutato; se ci ripensava ancora si sentiva morire.
 
Si sedette su un grosso masso in riva al Lago Nero e aprì il suo libro di arti oscure, opportunamente occultato da una copertina innocua.
-Cosa leggi? – chiese una voce profonda alle sue spalle.
Theodore chiuse con uno scatto il librò e deglutì: - Niente. –
Charlie Weasley si sedette accanto a lui a fissare l’orizzonte.
-Forse non avevi torto, il Lago Nero al tramonto è affascinante…ma per il resto del tempo mette i brividi… - ridacchiò osservando il moro.
Theodore sapeva di mettere i brividi anche lui e forse era proprio per questo che quello era il suo posto preferito.
-Ti ho visto distratto a lezione. – Theodore lo guardò di sottecchi e non seppe cosa rispondere: era vero.
-Se ti preoccupa sappi che non dirò niente a nessuno di quello che stavi facendo ieri sera. –
Le guance di Theodore si tinsero di rosso: lui non voleva suicidarsi eppure lo stava facendo inconsciamente.
-Sei uno di poche parole eh? – disse il rosso incrociando le braccia e guardandolo.
Theodore alzò gli occhi e gli sguardi si incatenarono. Fu Theodore il primo a distogliere lo sguardo, riabbassandolo.
-Io…non volevo fare quello che tu pensi. – disse il serpeverde sottovoce.
-Spero, perché non ne vale proprio la pena, la guerra è finita e chi non lo capisce è un coglione. – disse Charlie alzandosi.
-Buon pomeriggio Theodore. – il moro non rispose e abbassò le spalle. Riaprì il libro e continuò la lettura mentre una strana sensazione di calore iniziava a farsi spazio nel suo petto.
 
-Te lo dico io! Nott ce l’ha il marchio nero. – sentì bisbigliare una ragazza Corvonero dall’altra parte del corridoio.
Nott velocemente la oltrepassò lanciandole uno sguardo assassino. Lei abbassò lo sguardo impaurita.
Se c’era una cosa che Theodore davvero non sopportava era sentirsi dire che era marchiato. Lui non era un mangiamorte, lui voleva vivere una vita tranquilla, tutto qui.
 
   
 
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