Era una notte d'estate stellata. Una leggera brezza accarezzava ogni cosa con il suo tocco morbido e fresco. Le chiome degli alberi, nel giardino della villa Nightray, frusciando tra loro; suonavano come se stessero canticchiando una ninna nanna.
Tutto era tranquillo e lo erano anche loro, seduti vicini.
Non avrebbero dovuto essere fuori così tardi, soprattutto Vincent. Gilbert gli aveva detto più volte di non seguirlo a quell’ora tarda, temeva che il più piccolo si beccasse qualche malanno, dimenticando che tra i due era lui quello che si ammalava più spesso. Nonostante l’avvertimento, Vincent lo aveva seguito comunque e a Gilbert fece piacere, anche se non lo disse.
Quindi sembrava giusto se le sue dita sfiorassero delicatamente quelle dell'altro, non senza che il cuore di Vincent saltasse costantemente i battiti, ovviamente. 
Cercò di parlare, ma la sua bocca si era aperta inutilmente; non ne usciva nessuna parola e non riusciva a pensare a niente da dire.
Non quando c'era così tanto da discutere.
Alla fine prese coraggio e chiamò il suo nome. Contemporaneamente Gilbert fece lo stesso e il suo cuore si fermò. Non poteva fare a meno di arrossire e guardare nella sua direzione, senza preoccuparsi di nascondere quanto fosse imbarazzato.
“Scusa. Dimmi, cosa c’è?”
Aggiunse il maggiore dandogli la possibilità di porgere la domanda che aveva sulla punta della lingua da molto tempo. Esitò, mordendosi il labbro.
“Gil…tu odi questa casa, vero? Mi dici sempre quanto è pesante vivere qui”
Gilbert non si aspettava affatto quell'argomento, ma i suoi occhi andarono lentamente da Vincent alla villa. Fece una smorfia. 
“Già…hai ragione, non mi piace molto. Non credo che dovrebbe essere cosi una casa-" 
"Allora lasciami essere la tua casa" 
Esclamò Vincent senza lasciargli il tempo di terminare la frase. Le sue mani erano su di lui, cullando delicatamente il suo viso sorpreso. I loro occhi si incontrarono e quelli di Gilbert erano così dannatamente belli. Era come guardare la luna quando la debole luce li colpiva.
Gli ha rubato il respiro. 
“Mi sento proprio come te. Ti capisco, perciò…possiamo essere l’uno la casa dell’altro, perché io-” 
E lì si fermò, guardando a terra con un leggero rossore sulle guance.
Era il più diretto tra loro, ma era ancora così facilmente imbarazzato dalle cose che diceva, soprattutto se erano rivolte a Gilbert. Quest’ultimo lo trovava carino. Tirandolo a se, così da farlo appoggiare contro il suo corpo, sorrise, immaginando il viso del più piccolo arrossarsi ulteriormente.
“Perché mi sento a mio agio solo quando sono con te. È così che volevi andare avanti, vero? Sono d’accordo. Anche io mi sento bene se sto in tua compagnia, Vince”
Disse staccandolo di poco per poterlo guardare in viso. Vincent lo guardava con gli occhi che gli brillavano e si mosse leggermente in avanti, baciandogli dolcemente la guancia, spingendoli più vicino. 
Entrambi sapeva che, finché sarebbero stati insieme, "casa" non sarebbe più stata una parola triste per loro.