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Autore: Leeuzzola    16/05/2005    3 recensioni
I nomi sono del tutto di fantasia... Vi prego commentate... E' la storia di una ragazza che ha perso un occasione davanti al suo primo amore, ma la vita beffardaha deciso di darle un'altra possibilità... Come? Leggete e scoprite!
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quattro anni d’università di studiare uno non ne ha proprio voglia, figuriamoci di tornare a scuola, ma avendo la passion

Dopo quattro anni d’università di studiare uno non ne ha proprio voglia, figuriamoci di tornare a scuola, ma avendo la passione per l’insegnamento, la scuola sarebbe stato  il mio ambiente per tutta la vita. Entrando da quel portone lo ricordai come l’ultima volta che l’avevo visto, quando andai a vedere i risultati della maturità. 30/30. Bel risultato. Con un po’ di dispiacere lasciai lì quel giorno quel portone e mai e poi  mai avrei pensato di attraversalo di nuovo non da studente ma da insegnante. Quella scuola, teatro di gioie e dolori, i primi amori e le vere amicizie.  Attraversato il portone, l’ingresso e un'altra porta arrivai nel bel mezzo della scuola e lì un lampo  mi attraversò la mente. Ricordai il mio primo lui, un’occasione mancata, rimpianta per tutta la vita. Bello, stupendo, come mai l’avevo visto, lo ricordai quel ultimo giorno di scuola, che mi guarda con quegli occhi bruni da angelo perso, e il suo viso da brivido che mi osserva triste e un po’ spaventato. Cosa ne avrebbe fatto di lui la vita? Io non lo sapevo, e neppure lui. Quel lui più grande e immaturo, lontano ormai da una vita. Erano passati otto lunghi anni da quel ultimo sguardo, troppo bello per dimenticarselo, e ora di nuovo qui. Mi risvegliai da quel ricordo profondo e pensai che non era il momento di perdersi tra i ricordi e quindi  mi diressi in classe. Mi era stato affidato il triennio A e quello B e avrei insegnato Storia e Filosofia, la mia laurea. Mi diressi verso la mia classe. Si sa, la prima impressione è quella che conta, quindi ero un po’ tesa.  La cosa più assurda era che io dovevo insegnare a ragazzi di diciassette anni e io ne avevo ventitre. Mi avrebbero ascoltato? Bhè, mi dissi, fatti coraggio…. Entrando  mi accolse un caloroso  “buongiorno”. Risposi con un “salve” piuttosto nervoso. Mi misi a sedere e firmai il registro, mentre la classe era pervasa da un religioso silenzio. Una volta terminato alzai gli occhi dalla cattedra. La classe era composta prevalentemente da ragazze e questo mi avrebbe aiutato. Decisi quindi di presentarmi:

-Salve, sono la professoressa Silvia Annunzi, e vi insegnerò Storia e Filosofia per i prossimi tre anni.-

Avevo rotto il ghiaccio, i ragazzi erano tranquilli, e si presentarono. Poi andando avanti con i giorni ebbi il piacere di conoscere le restanti classi a cui avrei dovuto insegnare. Lo scoglio più duro fu quello delle quinte, ma a parte qualche apprezzamento fatto da alcuni ragazzi “a bassa voce”, filò tutto per il verso giusto. Così un giorno, durante la lezione di Filosofia in quarta A finimmo per parlare d’amore. Essendo una persona aperta e socievole visti i miei ventitre anni, ci scapparono alcuni commenti sui ragazzi della scuola. Le ragazze erano molto prese, e io colsi l’occasione per fare un po’ di sano pettegolezzo, e una della mie alunne mi fa:

-Prof, non l’ha ancora  visto il più  figo della scuola?-

-No, ragazze… Tra l’altro non posso interessarmi a un studente, non è etico, no è professionale!- faccio io.

-Ma quale studente prof!- mi fanno le ragazze.

-In che senso?- domando io.

-E’ un docente, insegna Lettere a tutte le classi della nostra sezione!-

E le ragazze continuarono col guardarsi tra loro e sghignazzare. Io guardai i maschietti con sguardo interrogativo e loro mi risposero sbuffando, forse perché si sentivano un po’ messi da parte. Richiamai le ragazze e riprendemmo la lezione. Nel frattempo, in quinta A un docente stava entrando dalla porta e legge sulla lavagna “Annunzi sei BONA!”. Fa una faccia perplessa e dice ai suoi alunni:

-Annunzi? Questa mi è nuova! Che classe frequenta?-

-Ma quale classe prof! E la nuova insegnante di Storia e Filosofia!- gli dice uno dei ragazzi.-

-Sarà una delle solite vecchie bacucche.- fa il prof.

-Ma che! Ha ventitre anni ed è un pezzo di fic…-

-Allora! Un po’ di contegno!- lo interrompe il prof ridendo.

Entra, si mette a sedere e apre il “libro nero” borbottando:

-Oggi interroghiamo…-

Al termine della quarta ora stavo per andarmene quando mi ricordai che dovevo avvertire i ragazzi della quinta A che avrei cominciato a interrogare la settimana consecutiva. Suonò il termine della quarta ora e mi apprestai vero la mia quinta A. Il prof di turno non era ancora arrivato e urlo:

-Ragazzi un po’ d’attenzione!-

E loro si ammutoliscono:

-Dalla prossima settimana interrogo.-

La classe fu pervasa da una serie di “Oh no”, “Oh Dio”. Poi quando feci per andarmene accomparse un ragazzo sulla porta che mi fa:

-Forza tu, subito a sedere!-

-No, a sedere ci vai tu!- sbottai io risentita.

-Ai professori si porta rispetto!- urla lui.

-Ecco appunto, mettiti a sedere!- gli urlai ancora più forte.

-Chi sei? Dimmi il tuo nome che ti metto un rapporto!-

-No, chi sei tu? Mi prendi in giro! Rapporto a me? Sono la professoressa Silvia Annunzi, insegno Storia e Filosofia al triennio A e B.-

-Ma vai a cagare!- mi urla lui.

La classe si mette tutta a ridere e io me ne vado risentita sbattendo la porta. Sempre all’interno della classe uno studente fa al prof:

-Guardi che quella era davvero una professoressa!-

Il prof rimane sbigottito e si accorge di aver mancato di rispetto a un docente e premedita di scusarsi. Intraprende così la lezione. Naturalmente il giorno dopo tutti sapevano cosa era successo ma decisi di non far5ctrasparire il mio nervosismo alla classe e tutto andò per il meglio. Mi apprestai al corridoio durante il cambio di lezione quando mi si avvicina la professoressa Zucci,  la più acida e arguta docente di Latino dell’istituto e mi fa sottovoce:

-Ho saputo del suo disguido con il professor Calesi.-

-Già, che razza di insolente. Da quant’è che insegna qui?-

.Un paio d’anni… Purtroppo oramai è di ruolo e dobbiamo tenercelo.-

-Le ragazze me ne avevano parlato così bene, invece mi sembra solo un maleducato.-

-Non ci badi troppo… E’ una persona scostante e poco etica. Si dice abbia una relazione con una alunna delle quinte…-

Questo i lasciò ancora più perplessa di quanto non fossi stata fino ad allora. Terminai dicendo:

-Spero che tutto ciò non abbia risvolti e che il consiglio dei docenti non mi giudichi male.-

-Stia pur tranquilla, fosse per me, lei sarebbe già di ruolo qui.-

E se ne andò sorridendo. Per l’ennesima volta sbagliai porta e finì nel ripostiglio della scuola. Aveva due stanze buie e polverose e si intravedeva solo un filo di luce da una finestrella posta in alto. Quando ad un tratto sento due persone che sospirano e intanto si baciano. Mi sporgo e vedo due corpi avvinghiati nell’ombra mezzi nudi. Lei sospirando dice:

-Ma che cazzo hai combinato ieri con la prof nuova?-

E lui tutto preso dalla ragazza risponde breve:

-Un casino.- continuando a baciarla appassionatamente. Mi sporgo un altro po’ e riesco a riconoscere i due:

-Il Calesi e la Barbieri…l riesco a riconoscere i due:

risponde breve:onatamenteanto si baciano. llora. - bisbiglio.

Se non fossi che sono maldestra da morire e feci cadere tre o quattro scatoloni.

I due si interrompono bruscamente e io mi dileguo prima che i due si siano ricomposti. Il tutto in circa dieci minuti. Una volta giunta lontana dal luogo del misfatto mi appoggio al muro e tiro un sospiro di sollievo. Ma un lampo mi pervade la mente, la mia classe era scoperta!  Così corsi come una pazza tra i corridoi della scola e arrivai appena in tempo per ristabilire l’ordine, e da quanto ero sconvolta, con grande gioia dei miei alunni, non interrogai neppure.  Tre ore dopo circa giunsi al mio primo  consiglio dei docenti. La cosa più inquietante era che la Zucci mi guardava con la faccia di una che ha l’aria di sapere tutto. Le sorrisi e mi misi a sedere. Dopo circa una mezz’ora di incontro si spalanca la porta e accomparse ai nostri occhi il Bello  tutto sudato che urla:

-Scusate, scusate, scusate. Sono in ritardo, lo so ma ho accoppato una Citroen C3 color azzurro confetto e l’ho sfasciata!-

Un tuffo al cuore mi sgomenta:

-Targata alla fine 33?-

-Mi pare di sì.-

-Ma è la mia!- faccio stordita.

Perfetto, in pochi giorni era riuscito a sfasciarmi la reputazione e la macchina! Chiamai l’assicurazione e mi dissero che avrebbero pagato loro per la riparazione. Tornai a sedere e il Calesi si mise proprio accanto a me. Continuava a guardarmi e a sorridermi. Che cazzo c’era da ridere? Mi aveva sfasciato la macchina, mica aveva vinto alla lotteria!?!?

Terminato il consiglio mi avvicinai all’auto ormai ridotta ad un rottame. Come diavolo aveva fatto a ridurla in quella maniera? Mentre contemplavo la mia poveretta ridotta ad un rottame, sento:

-Sofia, aspetta!-

Mi giro e vedo alle mie spalle un uomo che corre nella penombra e che mi raggiunge e mi si ferma accanto. Respirava faticosamente piegato sulle ginocchia. Irata un po’ per l’auto un po’ perché mi aveva sbagliato il nome gli faccio:

-Non mi chiamo Sofia, cocco!-

-E io non mi chiamo cocco!-

-Per me è indifferente! Cosa vuoi? Ridurmi come la mia povera auto?-

-Per carità, non mi sognerei mai di metterti le mani addosso!-

Dopo questo breve dialogo cominciai a camminare a passo svelto. Lui mi veniva dietro dicendomi:

-Okey, senti mi dispiace di averi sfasciato l’auto e di averti fatto fare quella figuraccia in quinta A. Ma poi, scusa, io ti do un passaggio, io sto a quindici minuti da casa tua.-

-Menomale che non  ci siamo  mai incontrati!-

-E come ci arrivi a casa?-

-Bhè, chiamo un taxi!-

Cominciai a cercare il cellulare nella borsetta:

-Non c’è!- borbottai.

-Ce l’ho io!- disse lui ridacchiando.

-Come diavolo…? Avanti ridammelo, non ho tempo da perdere.-

-No. Se ti fai accompagnare a casa te lo do, se no me lo tengo io.-

Mi arresi e accettai con un “okey”.

Salimmo sull’auto, che per mio dispiacere, non era ridotta come la mia. Lui cercò di costruire un dialogo:

-Che maleducato…-

-Già, davvero….- lo interruppi stizzita.

-Volevo dire che non mi sono ancora presentato. Piacere, Alessandro Calesi.-

-Il piacere è tutto tuo, Silvia Annunzi.-

-Piacere di conoscerti Sofia!- mi disse lui a presa in giro.

-Oddio, sei insopportabile.-

-Invece tu sei bella come mi avevano detto i miei ragazzi della quinta…-

-Non dovreste parlare di queste cose….-

-Mi hanno detto che lo fai anche tu!-

-Sì, ma in modo più soft.-

-Sì, te la tiri anche. Ti hanno descritta molto bene.-

-Tu invece ti dai da fare… Ho saputo che hai dei “rapporti” con una delle ragazze delle quinte…-

Lui mi guarda un po’ sorpreso e mi fa:

-Chi te l’ha detto?-

-La professoressa Zucci.-

-Che impicciona. Ce l’ha ancora con me perché una volta sono andato con sua figlia….- fece sorridendo.

-Sei un uomo pieno di morale e rispetto verso li altri. E comunque queste cose non si fanno, non è etico, non è professionale!-

-Sono solo giochetti…-

-Ha diciottanni non è mai un gioco! Ci si innamora, si perde la testa, anche, e purtroppo, per tipi come te!-

-Come sei seria per la tua età…-

-Sì, e ne vado fiera. Comunque se farai soffrire quella ragazza te la vedrai con me!-

-Non vedo l’ora! Devo dedurre quindi che sai anche chi è?-

-Certo. A ogni modo io sono arrivata.-

-A domani!- concluse lui.

Aprii la portiera e la richiusi senza neanche ringraziare. Abitavo al decimo piano di un palazzo in pieno centro. Una volta salita in casa mi interrogai sul come arrivare a scuola la mattina seguente. Ne conclusi che avrei chiamato un taxi. Eppure avevo scordato qualcosa… Dannazione il cellulare in mano a quel idiota! Ma ero stanca e volevo andare a dormire… Ci avrei pensato la mattina successiva.

 

Alle sei della mattina seguente sento squillare il telefono…

-Pronto?-

-Ciao Sofia!-

-Oddio ancora tu!-

-Che diavolo vuoi?-

-Accompagnarti a scuola!-

-Scordatelo! Chiamerò un taxi!-

-Se vuoi uscire di casa è meglio che ti fai dare un passaggio da me perché sono davanti a casa tua, per precisare meglio, davanti alla tua porta, quindi se vuoi uscire…-

-Non ci credo!-

-Allora aprimi la porta!-

Mi misi la vestaglia e aprii la porta:

-Sei impossibile!-

-Grazie! Posso entrare?-

-Ormai…-

Lo feci accomodare e gli porsi una tazza di caffè. Non si dica mai che sono scortese con i miei ospiti. Lui accettò di buon grado:

-Tu sei pazzo!-

-Lo so! Me l’hanno già detto! Lo prenderò come un complimento.-

-Sei sempre così stucchevole e sdolcinato?-

-Praticamente sempre a parte quando interrogo!-

-Io devo lavarmi, vestirmi e truccarmi quindi…-

-Tranquilla, io non ho fretta…-

-Contento tu…-

Mi diressi verso la camera da letto e lui mi segui:

-Dove speri di andare?-

-A farmi una doccia!- rispose lui convinto.

-Guarda che i tuoi giochetti da diciottenne con me non funzionano.-

-A malincuore devo dire che questo ho avuto modo di accurarlo….-

-Aspettami in salotto.-

-Va bene!-

Avevo il bagno accanto alla camera da letto. Presi i vestiti e cominciai a farmi la doccia. Poi sentii dei rumori provenienti dalla camera:

-Alessandro, sei tu?-

-Sì, ti ho disubbidito mamma!-

-Che stai fugando?-

-Niente, ciacciavo….-

Preoccupata uscii dal bagno, vestita, e lui stava steso sul letto, mi fece:

-Ah, peccato!-

-Peccato cosa?-

-Speravo che uscissi dal bagno in accappatoio!-

Sdegnata girai la testa e tornai in bagno a truccarmi. Presi i trucchi e mi misi davanti allo specchio:

-Sei davvero bella.-

 Alessandro era appoggiato allo stipite della porta e mi guardava grazie allo specchio-

-Grazie…- mormorai.

-I miei alunni c’avevano preso in pieno..-

-Comunque a scuola insieme non ci possiamo andare… Perché la gente poi pensa male…-

Guardandolo attraverso lo specchio mi accorsi che era davvero bello. Un angelo. Un viso dolce che mascherava il suo carattere bastardo e doppiogiochista, gli occhi che facevano sognare e quel suo sorriso che bloccava il cuore. Cominciavo a capirle le ragazz.e. Non dimostrava certo l’età che aveva. Dei suoi ventisette anni, ne dimostrava ventitre o  al massimo ventiquattro.  Mi voltai per andare in camera da letto, ma lui si piazzò in mezzo alla porta e io:

-Dai Alessandro fammi passare…-

-E’ la prima volta che sento il mio nome pronunciato da te non seguito da un insulto…-

Io mi avvicinai per tentare di passare e le nostre facce erano talmente vicine che sentivo il suo respiro sulla pelle:

-Dai, che dobbiamo andare…-

Così mi fece passare, un po’ dispiaciuto che non fosse successo nulla… Arrivammo a scuola e fortunatamente nessuno ci vide. La prima ora fu di buco perché la mia classe era in gita. La seconda invece mi si aspettava con la quinta A.  Ma la scena che mi si parò davanti quando arrivai in classe mi fece capire che era successo qualcosa di grave e che la mattina non sarebbe stata tranquilla come al solito…

 

***Fine Chapter 1***

 

  
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