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Autore: pilafchan    09/02/2021    1 recensioni
“Questo ti dà diritto a un incontro privato con un prodotto top, uno di quelli d'Accademia. Cosa vuoi? Maschio o femmina?”
“Maschio!” rispose Luke di primo acchito. Non era mai stato con una donna, non avrebbe neanche saputo come … un attimo prima di prendere la scheda magnetica però, ci ripensò. “Femmina. Voglio una femmina.”
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Risorgere dalle ceneri di Herbay'
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Racconto scritto per l'evento "2021 AnK Valentine challenge" con personaggi assegnati dalla sorte.

Questo One Shot è un dopo Dana Burn. Per quelli di voi che non avessero letto i romanzi, Mimea era l'animale domestico di Raoul Am, poi bandita da Eos in seguito alla sua scappatella con Riki che aveva provocato grande scandalo tra le file degli Elite.
Luke era uno dei Bison, la banda capeggiata da Riki a Ceres.
Questo One Shot può essere letto anche come un extra della mia long "Risorgere dalle ceneri di Herbay".
Vi ricordo che tutti gli altri extra potrete trovarli elencati e descritti in questa pagina.

***

La grande esplosione che aveva distrutto buona parte delle aree Sette e Nove aveva cambiato la vita di molti, e non solo a Ceres.

Quattro mesi orsono più della metà del ghetto era stata spazzata via. Ciò che era rimasto in piedi lo doveva soprattutto agli scudi protettivi di Guardian, che si erano alzati in tempo salvaguardando anche il territorio retrostante.

Luke e i suoi amici erano stati fortunati. Si trovavano nell'officina di Maxi quando la tremenda onda d'urto proveniente da Dana Burn li aveva buttati gambe all'aria fracassando i loro timpani. Ma si erano rialzati in piedi, cosa che non sarebbe successa se quella mattina avessero scelto di andare a strafarsi di Stout da qualche altra parte un po' più a nord.

Era difficile trovare una nota positiva a tutto ciò, ma qualcuna ce n'era. Per esempio, ora era molto più facile eludere la sicurezza e superare i confini dei bassifondi per raggiungere Midas, dal momento che gran parte delle mura perimetrali era stata ridotta a un mucchio di macerie traballanti e non ancora ricostruita.

E Luke, quel giorno, era diretto proprio a Midas. Non per svuotare le tasche di qualche ignaro turista o frugare nella spazzatura dei ricchi e opulenti locali del quartiere del piacere, stava andando a riscuotere una vincita. Il biglietto dorato della fortuna giaceva ben stretto tra le pieghe del suo pantalone jeans.

Luke strinse le cosce intorno al sellino della moto, ruotò il polso per accelerare e girò a destra, inclinando contemporaneamente il corpo leggermente a sinistra per mantenere l'equilibrio del veicolo. Dietro di lui, una scia luminosa proiettava luci irregolari sulla superficie impolverata di una Ceres serale estiva.

Doveva raggiungere Love-Inn. Una meta pericolosa per un impuro privo di P.A.M., frequentata da Elite e da pezzi grossi della borghesia e costantemente pattugliata da Dark Men, ma Luke aveva abbastanza esperienza da sapere come muoversi senza attirare l'attenzione. Parcheggiò la moto in uno dei vicoli considerati sicuri, pagò il pizzo al custode – un vecchio Kariniano che controllava il giro di criminalità della zona – per essere sicuro di ritrovarla lì al suo ritorno, e proseguì a piedi.

Raggiunse un edificio dagli sgargianti toni del fucsia con la vernice leggermente scrostata agli angoli. L’insegna luminosa lampeggiante era ben visibile dalla strada principale e sbandierava il nome 'Afrodite', chiaro riferimento all'antica divinità greca dell'amore terrestre, ma la 'O' era stata sostituita da uno squallido cuore stilizzato. Luke non si definiva un tipo raffinato e attento ai dettagli ma quel cuore lo infastidì. Non poté fare a meno di pensare che, senza di esso, quel posto avrebbe attirato clientela di rango più alto e con portafogli più gonfi, e non avrebbe avuto bisogno di stupidi stratagemmi pubblicitari come il biglietto dorato che si trovava ora nella sua tasca.

 

L'ingresso era scarsamente illuminato, l'uomo di mezz'età seduto dietro al bancone rivolse a Luke uno sguardo annoiato. “Avvicina l'orecchio allo scanner!” gridò.

“Come?” Luke si guardò intorno allarmato.

“Il P.A.M., Devi avvicinarlo allo scanner di fianco alla porta per l'identificazione. Non dirmi che è la prima volta che entri in una casa di piacere!”

Il meticcio sfilò il biglietto dalla tasca e lo stirò un po' con le mani prima di appoggiarlo sul piano di legno lucido.

“Ho questo. Dovrebbe essere una specie di lasciapassare VIP, o sbaglio?”

Il dipendente controllò la filigrana del biglietto. Era autentico. “Dove l'hai trovato? L'hai fregato a qualcuno?”

“Non l'ho fregato, l'ho vinto onestamente,” ‘durante una gara a braccio di ferro con un vecchio Midasiano ubriaco.’ L'ultima frase la tenne per sé.

“Sarà come dici. Questo ti dà diritto a un incontro privato con un prodotto top, uno di quelli d'Accademia. Cosa vuoi? Maschio o femmina?”

“Maschio!” rispose Luke di primo acchito. Non era mai stato con una donna, non avrebbe neanche saputo come … un attimo prima di prendere la scheda magnetica però, ci ripensò. “Femmina. Voglio una femmina.”

L'uomo sbuffò. Riportò indietro la chiave d'accesso della camera di Enif e ne prese un'altra circondata da un bordo dorato.

“Quinto piano, stanza 7,” spiegò consegnandola. “Hai un’ora inclusa nel biglietto premio, ogni minuto in più ti sarà addebitato a parte.”

“Un'ora sarà sufficiente,” confermò Luke.

Entrò in ascensore e pigiò il bottone numero cinque. Le porte si aprirono su un corridoio dello stesso colore della facciata esterna dall'aspetto vintage e decadente, con poltroncine tappezzate di seta addossate alla pareti e numerosi quadri olografici rappresentanti posizioni erotiche in movimento.

La stanza numero 7 si trovava in fondo. In mezzo alla porta, in un corsivo elaborato e ricco di infiorettature, era inciso il nome Mimea.

Luke avvicinò la scheda magnetica al lettore. La porta si aprì automaticamente scorrendo da sinistra verso destra e si richiuse subito dopo il suo passaggio. Un timer, ben visibile sulla parete opposta, si attivò e passò da 01:00:00 a 00:59:59, 00:59:58 ...

La stanza era elegante: un grande letto, un tavolino, due sedie, un divanetto, un ampio tappeto color rosso acceso e una finestra che occupava quasi l'intero lato destro e si affacciava sul balcone. Una lampada a piantana proiettava una soffusa luce violacea. Oltre alla porta da cui Luke era entrato, ce n'erano altre due lasciate chiuse.

La ragazza adagiata al centro del letto, proprio sotto il timer, scostò appena la vestaglia di seta per mettere in mostra uno dei suoi abbondanti seni, il cui capezzolo rosato spiccava sulla pelle altrimenti chiarissima. Luke indugiò sulla soglia.

“Vieni avanti,” lo invitò la cortigiana.

Luke obbedì. La luce delle lune gemelle filtrava appena dalle tende, rivelando un corpo femminile come il meticcio non ne aveva mai visti prima.

Mimea era non troppo alta, aveva una vita sottile, dei fianchi dalle curve delicate e un seno prosperoso. I suoi capelli, lunghi e dorati, cadevano sulle spalle in boccoli ordinati. Le ciglia chiare sfarfallavano su grandi e espressivi occhi color magenta. Le labbra carnose ma delicate erano dello stesso colore dei capezzoli e ricoperte da un leggero strato di trucco luccicante.

Luke iniziò a sentirsi a disagio, in piedi di fianco a quel grande letto su cui chissà quanti uomini avevano goduto di quella creatura eterea prima di lui, ma Mimea sapeva come mettere i clienti timidi a proprio agio.

“È la tua prima volta con una donna?” domandò.

Luke annuì. “È così chiaro?”

“Abbastanza.” Mimea non poté trattenere un sorriso. Non era di burla, bensì di tenerezza. “Non preoccuparti, non sei l'unico. Ricevo spesso clienti non abituati al genere femminile.”

Allentò il tessuto sulle spalle facendo cadere le maniche, cosicché entrambi i suoi seni restassero scoperti.

“Vieni, toccali.”

Luke respirò profondamente. ‘È un’animale domestico,’ si disse, ‘non è come se mi stessi approfittando di una donna vera. Non è come le mie sorelle di Guardian. È solo una bambola sessuale creata in laboratorio. Esiste per questo.’ Eppure, nel protendere le mani a coppa verso quelle due sfere tonde e sode dalle punte rosate, Luke si sentì tremendamente in colpa. Sporco. Non dissimile da quelli che, a Ceres, con la scusa della sopravvivenza non esitavano ad approfittarsi dei più deboli e inesperti. Atteggiamento che Luke disprezzava e motivo principale per cui, anni prima, lui e i suoi compagni avevano deciso di riunirsi in una banda diversa da tutte le altre.

Dato che esitava, fu la stessa Mimea a prendergli le mani, tirarle e appoggiarle sul suo petto, obbligando il meticcio a salire con le ginocchia sul letto. “Ti piace?”

“S … sì.” Luke deglutì. I seni di Mimea erano sodi e caldi. I suoi capezzoli eretti e turgidi.

La ragazza, semidistesa su un mucchio di cuscini, sciolse il nodo della striscia di tessuto che fungeva da cintura e la veste si aprì, mettendo in mostra l’ombelico e l'avvallamento tra le gambe. “Ora toccami più in basso!”

Luke, con mani vacillanti, serpeggiò le dita sulla pelle, superò la pancia ma, prima di raggiungere il monte di Venere, si fermò.

“Scusami. Io non dovrei essere qui. Credo di aver commesso un errore,” disse, prima di allontanarsi e rialzarsi in piedi.

Mimea lo guardò con curiosità, forse mista a un po' di preoccupazione. “Hai pagato per stare con me. Perché ti tiri indietro? Non sono come ti aspettavi?”

“No!” Si affrettò a rispondere il giovane uomo. “Tu … sei pazzesca, ma io non posso … prenderti così. Non sarebbe giusto.”

Mimea dapprima si sedette e poi si stese a pancia in giù, con il gomito puntato sul materasso e il mento appoggiato sulla mano. “Questo è un bordello,” gli fece notare. “Cosa ti aspettavi? Non posso farti andare via in bianco. Se il magnaccia dovrà restituirti i soldi, se la prenderà con me.”

“No io … non ho pagato, avevo vinto un'ora con te. E non dirò nulla al magnaccia.”

Le lunghe ciglia di Mimea svolazzarono sui suoi ammalianti occhi color magenta.

“In questo caso devo chiederti di rimanere fino allo scadere del tempo, non saprei come spiegare una tua uscita anticipata.”

Luke annuì, era una richiesta comprensibile. Si sedette su una delle sedie e Mimea, dopo essersi richiusa la vestaglia addosso e aver infilato i piedi in un paio di morbide pantofole di peluche, camminò fino al tavolo e servì dalla brocca un liquido rosato sul bicchiere. “Tieni. Visto che non mi hai permesso di darti il mio corpo, concedimi almeno di offrirti da bere.”

Luke lo prese. L'odore era dolciastro e il sapore non da meno. Aveva una leggera nota alcolica. “Grazie.”

Mentre il timer avanzava, i due giovani rimasero semplicemente seduti l'uno di fianco all'altro in silenzio. Mimea ogni tanto si accomodava un ciuffo di capelli dietro all'orecchio o tamburellava con le dita sulla superficie del tavolo. Luke teneva per lo più lo sguardo basso ma ogni tanto si faceva coraggio e la guardava, resistendo al forte impulso di toccarla. Appena il bicchiere si fu svuotato, Mimea lo riempì. E poi lo riempì di nuovo.

A due minuti dallo scadere dell'ora, Luke si alzò.

“Credo sia giunto il momento di andare. Grazie Mimea. Scusa se …” la frase rimase sospesa.

La ragazza dai capelli dorati gli accarezzò dolcemente il viso. “È stato un piacere. Sei un bravo ragazzo, sono rari gli uomini come te.” Per la prima volta, mise a fuoco gli occhi di lui, che avevano un brillo un po' selvaggio. Il suo odore aveva un che di familiare. “Sai, mi ricordi un po' qualcuno. Una persona che ha avuto un grande significato nella mia vita.”

***

Pochi minuti dopo che Luke se ne fu andato, Mimea udì un gran tonfo provenire dalla cameretta, quella che - date le sue condizioni speciali quando era arrivata - le avevano concesso. Si affrettò ad aprire la porta.

“Riki cosa stai facendo? Perché non sei a dormire?”

Il bambino, che aveva da poco superato i tre anni, guardò la mamma con aria colpevole. La torre di giocattoli che aveva costruito per spiare dal buco della serratura aveva purtroppo ceduto rivelando le sue malefatte.

“Signore cattivo andato via?” domandò.

“Non era un signore cattivo e ti ho già spiegato che quando la mamma è impegnata con i clienti devi rimanere in silenzio. È molto importante, Riki, altrimenti non mi permetteranno più di tenerti. Lo capisci vero?”

Il bambino annuì. Era mortificato per aver disobbedito ed essere stato rimproverato ma strinse gli occhi e trattenne le lacrime. Mimea si inginocchiò di fronte a lui e gli stropicciò con tenerezza i capelli corvini.

“Non importa amore, non è successo niente. Oggi non verranno più clienti. Che ne dici di andare a dormire insieme sul lettone? Oggi la mamma non ha bisogno di andare a farsi una doccia.”

Riki aprì le palpebre, che nascondevano grandi, selvaggi e espressivi occhi scuri striati di magenta, e sorrise.

“Nanna sul lettone! Nanna sul lettone!” Gridò contento saltellando per la stanza prima di correre verso il grande materasso morbido. Mimea si stese accanto a lui e gli baciò la fronte.

“Mamma, mi racconti una favola?” Chiese il bambino sbadigliando.

Mimea sorrise. “C'era una volta, una grande torre scintillante …”

   
 
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