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Autore: Soul Mancini    25/02/2021    2 recensioni
[College!AU (more or less) in cui i protagonisti sono dei normali ventenni.]
Perché trovarsi in mezzo a quel sentimento così incasinato, che ti fa sorridere e disperare allo stesso tempo, è così tremendamente complicato. Bisogna essere forti abbastanza per essere fragili.
Due one shot, due coppie, intrecci di anime e sguardi sfuggenti.
1. Nobody ever taught me how to love
«Era proprio quello il problema, in fondo. Non si era mai interessato seriamente a nessuna prima di allora, non sapeva cosa si facesse in questi casi ed era certo che prima o poi l’avrebbe ferita. E teneva talmente a lei che ci avrebbe rinunciato pur di non farla soffrire.»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aelita, Jeremy, Odd, Ulrich, Yumi
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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1
Nobody ever taught me how to love
 
 
 
 
Sdraiata sul copriletto azzurro e con la guancia sprofondata nel cuscino, Aelita ascoltava il frenetico ticchettio dei tasti del pc, unico suono che riempiva la stanza.
Gettò un’occhiata a Jeremy, che stazionava davanti alla scrivania con un’espressione concentrata dipinta in volto, poi spostò lo sguardo verso la finestra; oltre le tende tirate filtravano i raggi di un sole acceccante, ma a cui non era concesso il privilegio di entrare in quella camera.
“Jeremy?”
“Sì?”
“Ti manca tanto per finire?”
“Mmh… un po’. Perché?” Il ragazzo le rivolse un’occhiata, distogliendo per un attimo lo sguardo dal computer.
“Io vorrei uscire…”
Lui si passò una mano tra i capelli biondi e si morse appena il labbro. “Beh, se vuoi… non sei costretta ad aspettarmi.”
Aelita si mise seduta sul materasso, alcune ciocche rosa le piovvero sul viso. Se le scostò con un gesto brusco e fissò il suo amico dritto negli occhi. “Io volevo uscire con te.”
Lui fece spallucce e abbassò lo sguardo, in difficoltà. “Le scadenze universitarie hanno la priorità, lo sai.”
Aelita avrebbe voluto rispondergli in tanti modi. Avrebbe voluto ricordargli che lui era in anticipo rispetto a tutti gli altri studenti, poi avrebbe voluto fargli notare che erano passate settimane dall’ultima volta che era uscito a divertirsi e che lei non solo si sentiva trascurata, ma era in pensiero per lui.
“D’accordo.” Aelita si alzò e si diresse a piccoli passi verso l’uscita. “Vado a vedere che combinano gli altri.”
“Ehi.” Jeremy si voltò completamente nella sua direzione e la scrutò attentamente. “Sei arrabbiata con me?”
“No.” Sorrise forzatamente nel tentativo di rassicurarlo – magari se fosse stata abbastanza brava a fingere, avrebbe convinto anche se stessa che andava tutto bene.
Lasciò la stanza e un sospiro rassegnato spaccò in due quello che, più che un sorriso, aveva l’aspetto di un ghigno falso.
Non era arrabbiata, questo era vero. Era soltanto delusa e confusa: a volte il rapporto speciale che condivideva con Jeremy la faceva sentire in colpa per essere una ventenne desiderosa di uscire, scoprire il mondo e divertirsi. Da una parte le sarebbe piaciuto trascorrere tanto tempo con il suo migliore amico, ma quella vita monotona e sedentaria le stava stretta.
Si ritrovava a formulare quei pensieri e non sapeva se sentirsi un mostro o meno.
 
 
 
“Ehi, tutto bene?”
Aelita sollevò per un istante lo sguardo, poi tornò a fissare le punte dei suoi pattini. “Sì, certo.”
“Non è vero. E non ti lascerò in pace finché non mi dirai cos’hai.” Odd si appoggiò alla balaustra del bordo pista, accanto a lei; indossava un cappellino di Babbo Natale troppo grande per lui, leggermente sbilenco sulla testa.
La ragazza si lasciò sfuggire un sorrisetto: era sempre così, Odd non mollava mai la presa se si rendeva conto che qualcuno era di malumore. Sapeva che avrebbe mantenuto la parola.
Finalmente Aelita sollevò il capo, si voltò verso il suo amico e sospirò. “Si tratta di Jeremy, io non so più che fare con lui. Sta sempre chiuso nella sua camera, incollato al suo computer, e tutto il resto sembra essere un contorno per lui.”
“E qual è la novità? Sappiamo tutti che Einstein si prenderà la terza laurea quando noi saremo ancora alla prima” ribatté il ragazzo con un’alzata di spalle.
“Ma, vedi, il punto è che non si sta godendo la vita come dovrebbe fare un qualsiasi ventenne e la cosa mi preoccupa. Anche oggi ho provato a spronarlo e convincerlo a uscire, l’ho supplicato di venire alla pista di pattinaggio con me, ma non mi ha voluto ascoltare. Dice che non sa pattinare e non vuole rischiare di rompersi l’osso del collo. E fosse la prima volta!” raccontò Aelita, a ogni frase sempre più alterata.
Odd si accigliò. “Ci proviamo tutti, ma non possiamo prendere decisioni per lui, deve scegliere da solo. E in ogni caso non possiamo mettere il broncio e deprimerci anche noi solo perché lui non vede la luce del sole da due anni, non credi?”
Aelita sbuffò. “Non puoi capire. Jeremy è il mio migliore amico, io…”
Odd si fece serio di colpo, come raramente gli capitava, e fissò gli occhi in quelli di lei. “Tutti noi vogliamo bene a Jeremy, tutti noi siamo suoi amici e tutti noi proviamo a farlo staccare da quel fottuto schermo. Ma non puoi essere sempre triste e di malumore a causa sua, certe volte dovresti lasciar perdere e goderti la vita con chi vuole godersela con te… perché, così come siamo preoccupati per Jeremy, siamo preoccupati anche per te e sinceramente mi basta avere un solo amico di malumore, due sono troppi!” Terminò il discorso con un sorrisetto, come a voler annunciare di aver concluso la sua dose di serietà e saggezza per quel giorno.
Aelita ricambiò quel gesto; improvvisamente si sentiva più leggera, rincuorata e tranquilla. “Grazie.”
“Bene, ora ci possiamo dedicare alle cose serie” affermò il ragazzo con ritrovata allegria, poi avanzò di circa un metro e afferrò la mano dell’amica, sollevandola in aria. “Il re e la regina del ghiaccio entrano in pista!”
Detto ciò, trascinò Aelita con sé in mezzo alla lastra gelata, schivando abilmente alcuni ragazzi che vi pattinavano.
Lei scoppiò a ridere e lo affiancò, senza però lasciar andare la sua mano. Le loro voci calde e allegre fendevano il ghiaccio al ritmo delle lame dei loro pattini.
 
 
 
“Io certe volte non capisco perché cazzo si comporta così, e soprattutto non capisco perché lei ci stia ancora appresso.”
Ulrich, sdraiato e con le braccia intrecciate dietro la nuca, gli lanciò un’occhiata interrogativa.
“Insomma” proseguì il biondo, sedendosi sul suo letto e tentando di districare il filo dei suoi auricolari. “Aelita non merita un amico così. possibile che Jeremy sia talmente rincoglionito da non accorgersi che a lei serve qualcos’altro? Possibile che sia davvero così egoista?”
Ulrich restava in silenzio, si limitava a osservarlo e ascoltarlo.
Così Odd si sentì autorizzato a proseguire. “A volte è proprio una testa di cazzo. Io gli voglio bene, però bisogna ammetterlo. E la cosa che mi fa incazzare di più è che Aelita ci sta male!”
“Beh, l’ha scelto lei” commentò il moro.
“Perché lei è talmente buona che non riesce nemmeno ad arrabbiarsi. E proprio per questo meriterebbe di meglio! Avrebbe bisogno di qualcuno che abbia voglia di vivere le stesse avventure che vuole vivere lei, che sia suo complice e la faccia ridere, che la ascolti per davvero e che non la trascuri. Insomma, ci vuole tanto?” Mentre parlava, Odd si era sempre più infervorato e aveva addirittura scaraventato gli auricolari sul materasso accanto a lui.
Ulrich lo scrutava perplesso. In effetti non era da Odd prendersi così a cuore una questione; quella volta però aveva parlato come se la cosa lo toccasse in prima persona.
Quando si rese conto dell’espressione stranita del suo amico, il biondo realizzò di aver appena messo su una scenata forse fuori luogo e sentì l’esigenza di giustificarsi. “Mi dispiace vederla così, tutto qui. Anch’io sono suo amico, no?”
“Amico, hai fatto tutto da solo” ribatté Ulrich in tono piatto, per poi sbadigliare sonoramente.
Odd sospirò, si tuffò supino sul letto e infilò le cuffie alle orecchie.
 
 
 
Aelita stazionava accanto al bancone in attesa del suo turno: scintillava come una stella quella sera, le luci fluorescenti e colorate si riflettevano sulla sua gonna argentata, facevano brillare i glitter del suo rossetto e si schiantavano sul rosa acceso dei suoi capelli. Era quasi un paradosso: così timida e riservata, eppure sembrava conoscere bene i trucchi per non passare inosservata.
Era quasi felice: di tanto in tanto il suo pensiero correva a Jeremy, che come al solito non era voluto uscire, ma quella volta non si sentiva in colpa per averlo lasciato da solo. Non appena avevano scoperto che si sarebbe tenuta una serata a tema anni Ottanta, lei e Odd erano esplosi di gioia e si erano detti che per nulla al mondo se la sarebbero persa.
Quella era una delle tante cose che avevano in comune, dopotutto.
“Ehi ehi ehi, come mai la star della serata non è ancora in pista?” Proprio in quel momento Odd si materializzò al suo fianco, battendole una pacca sul braccio e scoccandole un sorriso radioso.
Lei sobbalzò. “Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Ma tu non hai risposto alla mia domanda!” ribatté lui, facendo ondeggiare appena il capo a ritmo del brano che riempiva il locale – The Look dei Roxette.
“Io e Yumi volevamo ordinare da bere.” Aelita si guardò attorno spaesata. “Ehm… dov’è finita Yumi?”
Lui si strinse nelle spalle. “Però un drink non è una cattiva idea.” Detto ciò, si accostò al bancone e attirò l’attenzione del barista. “Due vodka alla fragola qui, per favore!” strillò, sovrastando ogni rumore di fondo.
Aelita gli diede di gomito e rise. “Ehi! Prendi decisioni al posto mio?”
“Capelli rosa, drink rosa” replicò lui, strizzandole l’occhio.
“Magari sono astemia” gli fece notare lei, ostentando un’espressione seria.
“E magari io sono alto un metro e novanta e ho una villa a Beverly Hills.”
I due si stavano ancora punzecchiando e stavano finendo di sorseggiare i loro superalcolici quando nell’aria si diffusero le prime note di Beat It.
“Michael Jackson! Ma questa non me la perdo!” strepitò Odd, lasciando il suo bicchierino ormai vuoto sul bancone. Era sul punto di lanciarsi in pista, ma poi si voltò verso Aelita e le afferrò delicatamente un polso, gli occhi gli brillavano. “E tu ovviamente vieni con me!”
Lei mandò giù l’ultimo sorso e si aprì in un enorme sorriso. Certo che avrebbe ballato: non aveva atteso altro per tutta la giornata.
“Solo se il tuo moon walk è all’altezza della situazione” disse, sfidando Odd con lo sguardo.
“Senti, dolcezza: se non fosse esistito Michael Jackson, il moon walk l’avrei inventato io!” si pavoneggiò lui.
Tra le risate, i due si spostarono al centro del locale per dare sfogo all’energia che vibrava nei loro corpi. Si scambiavano sguardi complici e divertiti, sorridevano di sorrisi in grado di illuminare la stanza più delle luci stroboscopiche in cui erano immersi.
Perché quando Aelita e Odd erano assieme, era impossibile non accorgersi della loro presenza.
 
 
 
“Io non so come sia potuto succedere, non ricordo niente! Eravamo entrambi ubriachi ieri sera, ballavamo in pista e poi… stamattina mi sono svegliata e io e lui eravamo…”
“Okay, un momento, prendi un respiro profondo” la interruppe Yumi in tono calmo. La afferrò per un braccio e la condusse delicatamente in soggiorno, dove la fece accomodare sul divano.
“Hai una brutta cera, Aelita. Ora ti preparo un tè e mi racconti tutto ciò che è successo, d’accordo?”
Aelita annuì appena e un capogiro la colse di sorpresa. Mentre la sua amica si dirigeva in cucina per mettere a scaldare l’acqua, lei si premette i polpastrelli sulle tempie: le capitava raramente di alzare il gomito come aveva fatto la sera precedente, non era abituata a quel pressante mal di testa e a quel senso di spossatezza.
“Sarà pronto a minuti.” Yumi tornò nel piccolo soggiorno e prese posto sul divano accanto ad Aelita, poi le rivolse un’occhiata interrogativa.
“Yumi…”
“Allora, ricominciamo da capo. Ieri tu e Odd vi stavate divertendo sulla pista da ballo, e poi?”
Aelita frugò nella sua mente in cerca di qualche frammento della sera precedente, ma ne ripescò solo qualche fotogramma sfocato.
“Yumi, io non ricordo quasi niente… ed era la mia prima volta!” piagnucolò disperata, coprendosi il volto con le mani. Si vergognava tantissimo, sia per ciò che era accaduto, sia perché lo stava ammettendo ad alta voce e si trovava sempre in profondo imbarazzo a parlare di certi argomenti.
“Ehi, tranquilla, io non ti giudico di certo! E poi la memoria tornerà pian piano, ora hai ancora la mente annebbiata dall’alcol.” Yumi le afferrò un polso e le allontanò una mano dal volto, per poi stringerla nella sua. Le sorrise rassicurante. “Ora dimmi tutto ciò che ti ricordi, magari ci aiuterà a ricomporre l’ordine degli eventi.”
Aelita arrossì vistosamente: detestava la situazione in cui si era cacciata. “Allora… io e Odd stavamo ballando ed eravamo molto vicini, lui… mi ha offerto da bere varie volte, non so dire quante, ma a un certo punto ho sentito…” Scosse il capo, le lacrime premevano per riversarsi sulle sue guance.
“Cos’hai sentito? Non ti starai mica vergognando di raccontarlo a me!” la spronò ancora Yumi, attenta però a non esagerare. Sapeva quanto Aelita fosse sensibile e insicura, non voleva certo turbarla e portarla a chiudersi nuovamente in sé.
“Il suo… il suo respiro sapeva di vodka ed era dolce… oddio Yumi, come farò con Jeremy?”
La corvina inarcò un sopracciglio, ma si astenne dal commentare. Aelita si preoccupava sempre per Jeremy, anche se tra loro non c’era mai stato nulla di concreto, anche se a lui sembrava non importare niente di lei; forse non era mai riuscita a comprendere lo strano rapporto che li legava.
“Ma tu e lui non state insieme” si lasciò sfuggire infine in tono piatto.
“No, però… siamo sempre stati uniiti, ci siamo detti che apparterremo sempre l’uno all’altra e lui potrebbe non prenderla bene. Ho così tanta paura di ferirlo e rovinare tutto…” mormorò la ragazza dai capelli rosa, mordendosi appena il labbro inferiore.
“Adesso la priorità sei tu e ciò che è successo tra te e Odd, a Jeremy penseremo dopo. Quando sarai riuscita a fare chiarezza nella tua mente.” Yumi si alzò e le rivolse un’ultima occhiata prima di dirigersi in cucina. “Vado a controllare il tè.”
Aelita si lasciò sfuggire un pesante sospiro.
Proprio in quel momento l’avviso di una nuova notifica ruppe il silenzio, facendola sobbalzare. Recuperò il cellulare dalla tasca della sua giacca e il suo cuore perse un battito quando si accorse che si trattava di un messagio di Odd.
 
Aelita… dimmi che quelli che mi stanno tornando in mente riguardo a ieri sera sono soltanto sogni e non ricordi…
 
La ragazza mugolò sconsolata; ci mancava solo questa.
 
 
 
“Tu e Aelita… a letto insieme?”
“Esatto.”
Ulrich osservò per un istante l’espressione seria del suo amico, poi scoppiò a ridere di gusto, come non gli capitava da tempo; rovesciò la testa all’indietro e fu costretto ad accomodarsi meglio sul suo letto per evitare di perdere l’equilibrio.
“Me ne hai raccontate tante, Odd, ma questa le supera tutte!” esclamò tra le risate. Non aveva mai sentito niente di così esilarante.
Ma quando posò nuovamente lo sguardo sul biondo, lo trovò ancora mortalmente serio e accigliato, nulla nel suo viso lasciava intuire che si trattasse di uno scherzo.
Strano. Troppo strano. Odd non prolungava mai i suoi scherzi di pessimo gusto per così tanto tempo.
Ulrich allora si arrestò di botto e raddrizzò nuovamente la schiena, poggiò gli avambracci sulle ginocchia e fissò l’altro negli occhi.
“Non è uno scherzo, Ulrich.”
Il moro si portò una mano sulla fronte. “Oh cazzo…”
 
 
 
I chicchi di grandine tamburellavano nervosi sul vetro, riempiendo il silenzio di un ritmo sbilenco e incalzante.
La stanza era immersa nella penombra e non si udiva nessun altro suono a parte l’incessante rimbalzare di quei piccoli frammenti di ghiaccio.
Aelita stava in ascolto, rilassata, col capo posato contro il petto di Jeremy e il corpo avvolto in un soffice plaid. Il cuore del ragazzo batteva calmo e rassicurante, in contrasto con la tempesta che imperversava fuori; le sue dita si intrecciavano alle ciocche mosse della ragazza, scompigliandole e carezzandole con movimenti lenti.
E lei, sdraiata su quel letto, accoccolata contro Jeremy e cullata dalle sue braccia, si sentiva così protetta e serena. Era una sensazione morbida, tiepida, ma in grado di penetrarle fin nelle ossa.
Forse non aveva bisogno di nient’altro.
Forse il suo posto nel mondo era esattamente quello.
 
Aelita sbuffò e si rigirò ancora una volta tra le coperte, preda dei ricordi e dei sensi di colpa.
Quella notte era calma e silenziosa, non c’era la grandine e nemmeno un filo di vento che ululava fuori dalla finestra. Paradossale: ora la tempesta ce l’aveva dentro.
Lei e Jeremy si erano sempre considerati migliori amici, quindi non avrebbe dovuto sentirsi in colpa per ciò che era successo con Odd, giusto?
Però c’erano stati quegli attimi di dolcezza, quei momenti in cui lei si era sentita così amata e aveva davvero creduto che quello le sarebbe bastato. Che Jeremy le sarebbe bastato.
E probabilmente anche Jeremy aveva finito per crederci.
E presto avrebbe visto ogni sua convinzione crollare inesorabilmente.
L’aveva tradito.
Lo tradiva ogni volta in cui, frammento dopo frammento, il ricordo di quella serata andava a ricomporsi nella sua memoria. E ciò che vi scorgeva non le dispiaceva affatto: Odd era stato capace di una delicatezza che mai si sarebbe aspettata da lui.
Lo tradiva ogni volta in cui pensava ai gesti premurosi che Odd le aveva sempre dedicato e si domandava come sarebbe stato se tra loro fosse nato qualcosa di più.
Non poteva lasciarsi andare a certe fantasie solo perché erano andati a letto insieme. Era stato un incidente, uno sbaglio, ma non doveva significare niente di più.
O almeno, questo era ciò che le suggeriva la sua parte più razionale.
Aelita seppellì il viso nel cuscino per soffocare un gemito di frustrazione: perché doveva essere tutto così tremendamente difficile?
 
 
 
Odd scorse il nome di Yumi sul display del suo cellulare e rispose. “Dimmi tutto!”
“E così salta fuori che sei stato pure dolce con lei…”
Il ragazzo non ebbe bisogno di altro per capire che la sua amica stava parlando di quella famosa notte con Aelita. Del resto da un po’ di tempo a quella parte ruotava tutto attorno a quell’evento.
“È una mia amica, cosa dovevo fare? Stuprarla?”
“Ti spiego una cosa semplice e lineare che, data la tua alta frequentazione del genere femminile, dovresti già sapere: se fai il tenero con una ragazza anche solo per un istante, lei cadrà subito ai tuoi piedi.”
Odd sbuffò irritato. “Ma stiamo veramente facendo questo discorso? Era la sua prima volta, era in ansia e sono stato il più delicato possibile. Non credo di dovermi giustificare.”
“D’accordo, sarò diretta: Aelita ha recuperato del tutto la memoria per quanto riguarda quella sera ed è al settimo cielo.”
Lui ammutolì per qualche istante. In effetti non aveva preso in considerazione che quell’avventura di una notte si potesse evolvere, o forse non aveva avuto il coraggio di pensare a quell’eventualità.
Era un bel casino.
“Non mi pento di niente. Aelita è una mia amica e l’ultima cosa che vorrei è farle del male” sibilò.
“Forse non è successo quel giorno, ma prima o poi succederà, lo sai anche tu.” E Yumi interruppe la chiamata.
Odd rimase per qualche istante basito e immobile a fissare la schermata iniziale del suo cellulare, poi abbandonò le braccia lungo i fianchi e sbuffò.
Perché sì, lo sapeva fin troppo bene.
 E Yumi, come sempre, aveva ragione.
 
 
 
“Tu sei una ragazza così… così dolce, tranquilla, buona, con la testa sulle spalle. Insomma, lo sai: sei una sognatrice che merita un lieto fine, ma con me…” Odd sospirò e si passò una mano tra i capelli, che tuttavia non si scomposero, complice l’abbondante dose di gel che vi aveva applicato. “Io non sono un bravo ragazzo, non sono serio e non riuscirei a essere fedele. Ti farei stare male e non deve succedere.”
Aelita era ammutolita, ogni frase che le saltava in mente le moriva in gola. Avrebbe voluto dirgli che poteva tentare, che in un modo o nell’altro se la sarebbero cavata, che lei avrebbe sopportato e accettato i suoi difetti e i suoi sbagli; voleva tentare di salvare quel piccolo germoglio che era nato all’improvviso e ora strepitava per crescere e rafforzarsi.
Ma non lo fece, perché sapeva che in fondo Odd aveva ragione. Si limitò a fissarlo con chissà quale espressione – forse smarrita, forse implorante.
“Io e te siamo due amici formidabili, possiamo fare qualsiasi cosa insieme e siamo sempre d’accordo, come se ci leggessimo nel pensiero. E forse sarebbe meglio se le cose restassero in questo modo.” Odd sorrise mestamente mentre le sistemava con un gesto delicato una ciocca dietro l’orecchio. “Non innamorarti di me, Aelita.”
Alla ragazza venne da ridere.
Troppo tardi.
 
 
 
Un auricolare all’orecchio e una pila di libri tra le braccia, camminava per i corridoi dell’università quando incrociò lo sguardo di Jeremy. Era una cosa che capitava spesso – loro due erano amici da tanto tempo e solitamente trascorrevano insieme le pause tra una lezione e l’altra – ma Odd capì subito che stavolta era diverso.
Stavolta Jeremy sapeva.
Aveva temuto davvero tanto il momento in cui il migliore amico di Aelita – lo si poteva considerare tale o rappresentava qualcosa di più? – sarebbe venuto a conoscenza dell’accaduto. Non voleva litigare con lui, non voleva rovinare tutto, non voleva essere la causa di un conflitto tra Jeremy e Aelita.
Non sapeva nemmeno lui cosa volesse, in realtà.
Ma nessuno degli scenari apocalittici che si era figurato si concretizzò: Jeremy si limitò a fissarlo con sguardo consapevole e rassegnato, poi si sistemò meglio gli occhiali sul naso e abbassò il capo, proseguendo per il corridoio.
Forse era ancora peggio di come se l’era immaginato. Forse Odd aveva spezzato due cuori, non uno.
“Ehi, Jeremy!” Gli si accostò prima che potesse scomparire oltre l’angolo e gli sfiorò una spalla per attirare la sua attenzione.
Lui si voltò e gli rivolse un’occhiata mesta, ma priva di risentimento. “Non è colpa tua se l’ho persa. È solo colpa mia.”
Forse per la prima volta nella sua vita, Odd si ritrovò a corto di parole.
 
 
 
Si detestava.
Non tanto per ciò che aveva fatto – in fondo Aelita non era la prima ragazza con cui andava a letto senza impegno – ma per quel che era.
Rifiutarla, sbatterle in faccia la verità e chiederle di restare soltanto amici era stata più dura del previsto. Perché, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, mentre lui pronunciava quelle parole così misurate il suo cuore gridava tutt’altro. Aveva allontanato da sé quella ragazza che gli stava di fronte con occhi sgranati e pieni di aspettative, mentre invece avrebbe voluto soltanto stringerla a sé e riempirla di una dolcezza che non era sicuro di possedere.
Era proprio quello il problema, in fondo. Non si era mai interessato seriamente a nessuna prima di allora, non sapeva cosa si facesse in questi casi ed era certo che prima o poi l’avrebbe ferita. E teneva talmente a lei che ci avrebbe rinunciato pur di non farla soffrire.
Quel pomeriggio aveva imbracciato la chitarra e si era seduto sulla scalinata in prossimità dei dormitori, sperando che suonare l’avrebbe aiutato a distrarsi. Eppure, così come le dita vagavano libere sulle corde, i pensieri si rincorrevano nella sua testa in un estenuante loop.
Era talmente preso e concentrato – dalla musica o dai suoi interrogativi – che non si accorse subito di una presenza che gli era giunta accanto.
“Non me ne importa niente, Odd.”
Il ragazzo sobbalzò e per poco non mollò la presa sul suo strumento; si voltò e rimase stupito nel trovarsi faccia a faccia con Aelita. Non parlavano da quella dolorosa conversazione risalente a qualche giorno prima; lui aveva provato a comportarsi come al solito e tenere incollati i resti della loro amicizia, ma lei non aveva fatto che evitarlo.
Era quello che si meritava, dopotutto.
“Che ci fai qui? Sai che per sentire un artista del mio calibro bisogna quantomeno pagare un biglietto?” tentò di sdrammatizzare lui, ma il suo solito tono ironico non venne fuori tanto bene.
Lei abbozzò un sorriso, ma i suoi occhi erano seri. “Sono qui perché… ci ho pensato tanto.”
“A cosa? Pensavo fosse già tutto chiarito.” Odd ostentava sicurezza, ma sfogava il suo nervosismo giocherellando col suo plettro.
Lei sospirò e fissò lo sguardo davanti a sé, evitando di incrociare il suo. “Se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi mesi è che nella vita bisogna buttarsi, lasciarsi andare. Le possibilità sono due: vivere come Jeremy, che sta chiuso in una camera e non corre rischi, o a modo mio, ovvero uscendo allo scoperto e dando sfogo alla curiosità. E io… sono talmente pazza da volerci provare.”
Odd soffocò un sospiro. Quel preambolo non era per niente rassicurante.
Lei si voltò lentamente, fino a immergere i suoi occhi in quelli di lui. “Mi hai messo in guardia, mi hai spiegato che questa non è una favola, che potrei prendere tante batoste e farmi male. Ma a stare lontani, Odd, ci facciamo male in due.”
Ecco, era esattamente ciò che temeva.
Scansò la chitarra di lato, poggiandola sul gradino accanto a lui, e scosse il capo. “No, ti prego…”
“Perché hai così tanta paura?” mormorò Aelita, e i suoi occhi divennero ancora più liquidi.
“Perché sono uno stronzo e tu non meriti questo.” Odd si prese la testa tra le mani. “Mi costa fatica ammetterlo, ma non sono perfetto. Non so come si fa a…”
“Ad amare qualcuno?” continuò lei al suo posto.
“Che conversazione idiota e che situazione di merda…” In tutta la sua vita, non si era mai sentito così inadeguato e in difficoltà.
Fare l’amico era molto più semplice.
“Io voglio sapere soltanto una cosa” riprese la parola Aelita, scendendo di un gradino e accovacciandosi davanti a lui in modo da poterlo guardare in viso. “Ma voglio che tu sia del tutto sincero, anche se la risposta dovesse farmi male. Per te… è stata soltanto l’avventura di una notte o…?” Era arrossita, l’imbarazzo trapelava da ogni fibra del suo corpo, ma si sforzò comunque di sostenere lo sguardo di Odd.
“No, cazzo! No che non lo è stata!” esplose lui, incapace di trattenersi. Aveva tenuto quelle emozioni dentro sé per così tanto tempo – forse da ancor prima di esserne consapevole – che ora non potevano che venir fuori con impeto. Era fatto così. “E sarebbe stato più facile se invece ci fossimo dimenticati subito di quella fottuta sera, sarebbe più facile se riuscissi a essere spavaldo come al solito anche in questo caso, ma soprattutto sarebbe più semplice se…” Si dovette interrompere, incapace di dar voce al pensiero che gli ronzava in testa.
“Se…?” lo incitò a continuare Aelita.
Lui la guardò: una ciocca mossa e rosa depositata sulla guancia, le labbra appena schiuse e adornate da un semplice lucidalabbra, e quegli occhioni enormi e innocenti in cui aveva imparato a perdersi. Come poteva lui rendere felice una creatura tanto bella e delicata?
“Se non mi piacessi così tanto, cazzo” si lasciò sfuggire in un sibilo quasi rabbioso.
Aelita sorrise e si sedette accanto a lui, poi prese la sua mano destra tra le sue. “Sai una cosa? Nemmeno io so come si ama. Però possiamo provarci assieme.”
“Ma io sono…”
“Uno stronzo, sì. L’hai già detto, lo so già. Anzi, lo sapevo già da prima: ti conosco come le mie tasche, Odd. Eppure sono qui lo stesso.”
Lui la scrutò, ma nelle sue iridi non cercava risposte su di lei; cercava risposte su se stesso. Risposte per domande che non era ancora riuscito a formulare.
Forse Aelita non era un essere così fragile e indifeso, forse per una volta quello fragile era lui e aveva tanto da imparare.
Decise di seguire l’istinto, come sempre, perché non riusciva a fare altro: le circondò le spalle con un braccio, la attirò a sé e posò le labbra sulle sue, prendendosi quel bacio che aveva tanto desiderato e tanto temuto.
Aelita approfondì subito quel contatto, regalandosi a lui in una maniera così naturale e spontanea che non gli saltò in testa neanche per un istante che stessero sbagliando.
Le divorò le labbra, ma con una delicatezza tutta nuova. Immerse le dita tra le sue ciocche corte e mosse, ma senza mai tirarle troppo. E si rese conto che, anche se avesse voluto, non sarebbe mai stato capace di farle del male.
Erano finiti in un bel casino, questo era certo. Un casino dal sapore buonissimo.
 
 
 
Ascoltava il suo respiro e si rese conto che il proprio andava allo stesso passo.
Odd la teneva stretta al suo fianco, in silenzio – ma non era uno di quei silenzi imbarazzati, di chi non sapeva cosa dirsi. Era il silenzio di chi sapeva dirsi tutto in un altro modo.
Con la testa contro la spalla ossuta del ragazzo, ad Aelita parve di vivere un deja-vu. Erano esattamente in quella stessa posa quando si era risvegliata a seguito della loro notte di passione: era allora, poco prima di fuggire via in preda al panico, che si era resa conto della stupenda fragilità di quel ragazzo biondo.
L’aveva osservato per qualche istante mentre lui ancora dormiva: i capelli sfatti, la pelle diafana, il corpo troppo minuto e troppo magro, il viso dai tratti delicati e al contempo affilati. Quando la veglia lasciava il posto al sonno e la sua esplosività scompariva, Odd sembrava sul punto di spezzarsi.
Lui la abbracciava e la cullava in quel modo un po’ goffo e un po’ tenero perché non sapeva fare altrimenti, perché forse nessuno gliel’aveva mai insegnato.
Lei non glielo sapeva insegnare, ma l’avrebbero imparato insieme.
 
 
 
 
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Ragazzi, io non so assolutamente spiegarvi quello che avete appena letto AHAHAHAHAHAH XD
Io li shippo ALLA FOLLIA!!!! Da quando ho fatto il rewatch di Code Lyoko, ormai quasi un anno fa, questo pensiero non mi ha mai abbandonato: volevo scrivere assolutamente qualcosa su questa coppia che AAAAAHHHH riguarderei tutto il cartone da capo solo per vederli interagire *____________*
Ebbene, come motivare questa cosa confusionaria a cui ho dato vita? Mettiamola così: più o meno a metà 2020, in preda all’entusiasmo per questo cartone e a un epocale blocco dello scrittore, ho buttato giù alcuni appunti di scene e dialoghi che mi frullavano in testa a riguardo di questi personaggi nel tentativo di sbloccarmi un po’; questa sorta di college!AU ha preso vita quasi per caso, così come le dinamiche di cui avete letto.
Sta di fatto che questo documento è rimasto a marcire nel mio pc per mesi e mesi (quasi un anno) e più volte ho pensato di cancellarlo… poi in questi giorni ho avuto il coraggio di riaprirlo e rileggerlo ed è scattata in me un’ispirazione improvvisa.
Vi prego, abbiate pietà di me, avevo il blocco dello scrittore!
Parte delle schifezze idee che avevo buttato giù le troverete nel secondo capitolo che, vi preannuncio, non è strettamente legato a questo ma ha solo la stessa ambientazione/AU.
Per chi non conosce il fandom e ha avuto la pazienza di leggere… credo sia tutto abbastanza chiaro, quindi non appesantisco oltre queste NdA con spiegoni noiosissimi. Ho preso qua e là riferimenti dal canon, ma li ho riadattati per quest’AU ^^
Lascio solo, per completezza, i link delle canzoni che ho citato durante la scena del party anni Ottanta:
Roxette - The Look
Michael Jackson - Beat It
(Quanto li invidio per questo party, mamma mia!)
Spero di non aver combinato un disastro completo! Ringrazio chiunque sia giunto fin qui e, se vi va di seguirmi, vi do appuntamento al secondo capitolo! :3
A prestissimo!!! ♥
 
 
   
 
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