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Autore: Aceaddicted_    08/03/2021    0 recensioni
«Ehi… una volta che avrò sistemato questa faccenda e avrò fatto di Barbabianca il Re dei Pirati…un giorno salperemo per mare, vivremo come vorremo più liberi di qualunque altro! Non perderò mai, hai capito Fanie?» disse con convinzione stringendola tra le proprie braccia, baciandole i capelli.
Una storia avvincente, in bilico tra il desiderio della ribalta e l'amore, che porterà Ace e Fanie a fare delle scelte difficili lungo il loro cammino. La Grande Era della Pirateria, sarà davvero giunta al capolinea?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marco, Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati quattro anni da quando Stefanie, lasciò il proprio nido entrando a far parte della nuova generazione di pirati alla ricerca dell’One Piece. Ormai conosciuta lungo la Red Line con il nome di Piratessa Forget Me Not, sbarcò con la propria ciurma sull’arcipelago Sabaody in vista di immergersi nel Nuovo Mondo.
 
Come tutte le nuove leve era ben a conoscenza di quello che avrebbe potuto aspettarsi una volta arrivata. Sabaody era un punto focale in cui i pirati si fermavano per prepararsi al pericoloso viaggio sottomarino verso l'isola degli uomini-pesce e verso il Nuovo Mondo, oltre al fatto che era l’unico luogo in cui avrebbero potuto far rivestire la propria nave e quindi poter intraprendere l’insidioso viaggio. Non era tutto però, in questo arcipelago era necessario mantenere un basso profilo. La libertà non era esattamente la stessa goduta lungo la rotta del mare, vista la vicinanza con Marijoa e Marineford, senza tralasciare la possibilità d’incontrare i Draghi Celesti.
 
La ciurma di Forget Me Not sbarcò presso il Grove 16, appartenente alla zona fuorilegge. Avevano esattamente tre giorni per ultimare i preparativi della nave, svagarsi e non farsi arrestare dalla Marina. Ce la potevano fare, ma nella pelle Stefanie sentiva aria di problemi. Su quell’isola avrebbero potuto incontrare i possessori delle taglie più alte della Red Line, oltre a un numero immane di fuori legge.
 
«Bene!» si stiracchiò volgendo lo sguardo verso la terraferma.
«Hina occupati tu di sentire i carpentieri, abbiamo tre giorni. Voglio un lavoro fatto bene e senza intoppi. Portati gli uomini che ti servono…» continuò rivolgendosi alla sua Vice prima di saltar giù dalla Bloody Mary. «E tu dove diavolo stai andando ora?!» esclamò Hina con tono di rimprovero sporgendosi dalla nave.
«A BERE!!! Raggiungimi quando hai finito, cercami nei bar!» urlò ridendo divertita, iniziando ad allontanarsi accompagnata da un paio di subordinati, salutando con la mano. Quando si trattava di divertimento, Stefanie era la regina indiscussa.
 
La giovane pirata si avventurò insieme a pochi uomini nel territorio che si estendeva dal Grove 1 al 29, pullulante di pirateria e sregolatezza, il brivido non mancava mai. Erano circa le sette di sera, ora di bere una buona scorta di Rum e mettere qualcosa sotto i denti, concludendo la serata in qualche alloggio mediocre della zona. Alta circa un metro e sessantacinque, sfoggiava un miniabito a corsetto color verde smeraldo enfatizzante le curve femminili, ed ai piedi un paio di stivali di cuoio nero più o meno alti al ginocchio. I lunghi capelli color rame erano raccolti in una treccia scomposta, di cui alcuni ciuffi le contornavano il viso svolazzando insieme al suo passo fiero. A concludere il look, un cappello texano nero e degli orecchini d’oro pendenti.
 
«Uomini, bevete tutto quello che volete! Stasera offro io!» esclamò il capitano spalancando le porte di uno dei bar più affollati del quartiere. Il concetto di basso profilo aveva già iniziato a sciamare, senza contare che, in quanto giovane bella donna, non passò di certo inosservata agli occhi di tutti gli uomini del saloon. Continuò la sua strada dritta davanti a sé, raggiungendo il bancone.
 
«Una bottiglia del miglior Rum di tutto il locale…» chiese garbatamente all’oste del bar, con un accenno di fare provocante, sedendosi su uno sgabello alto del banco. Ancora adesso tutti gli sguardi maschili erano rivolti su di lei e quel fondoschiena perfettamente tondeggiante.
 
«Una splendida donna come te non dovrebbe bere quella robaccia…» una pacata voce maschile accanto a lei la canzonò, mettendo in discussione la sua scelta alcolica e il suo comportamento poco raffinato. Quale oltraggio.
«Senti… faresti meglio a farti gli affari tuoi.» ruggì la giovane senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, ma anzi, versandosi il Rum nel bicchiere portandolo in seguito alle labbra.
«Altrimenti?» la voce accanto a lei non tardò a replicare, facendole increspare un sopracciglio ed iniziando ad innervosirla. «Altrimenti ti farò chiudere quella bocca a furia di calci…» lo incalzò con un raggiante sorriso su quelle seducenti labbra, voltandosi verso di lui pronta a ribaltarlo dalla seduta alla prossima parola fuori luogo.
 
Alla sua sinistra sedeva un giovane uomo, avrà avuto su per giù qualche anno in più di lei. Indossava un soprabito nero con delle fiamme sul fondo, i capelli corvini ed un cappello simile al suo color cuoio. Aveva un qualcosa di familiare che su due piedi non riuscì a spiegarsi, finché il ragazzo non voltò il viso guardandola negli occhi.
 
«ACE!» esclamò Stefanie, con un grido di gioia e stupore, rischiando di ribaltare lo sgabello sulla quale era seduta. Erano passati quattro anni dall’ultima volta che si erano visti, o meglio, in cui si erano salutati con un addio che in realtà suonava più un “a presto”.
«SHHHHH! Abbassa la voce… sono in incognito baka!» la rimproverò bisbigliando a bassa voce, cercando di far meno movimenti possibili, quasi ad ignorarla. Le voci correvano alla velocità della luce sull’arcipelago di Sabaody. La giovane piratessa lo squadrò silenziosa ricomponendosi al bancone, scrutandolo perplessa non capendo assolutamente in che modo potesse essere in incognito. Tutta la Grand Line conosceva il famigerato “Pugno di Fuoco”.
«In che senso? Il tuo cappello e quello di tuo fratello non passano di certo inosservati per mare…»
«Quelli sono dettagli inutili!». Stefanie scoppiò in una risata ovattata, alla risposta del corvino.
Ne era passato di tempo.
 
«Sono contento di rivederti… mi sei mancata...» aggiunse sottovoce Ace, abbassando lo sguardo sul bancone in leggero imbarazzo. Il viso del ragazzo si decorò di un sorriso impacciato, mentre posò con decisione la mano destra sulla coscia della giovane, la quale senza troppa esitazione lo assecondò accompagnandola lungo la pelle morbida sino a sfiorare l’estremità del proprio vestito.
Era passato decisamente troppo tempo.
«Non vuoi sapere di tuo padre?» cambiò completamente discorso Ace, facendo passare in secondo piano i caldi spiriti che lo stavano possedendo. Ironia della sorte, Mera Mera era sempre con lui.
«So che quel vecchio sta alla grande… come te a quanto vedo.»
«Avresti dovuto farti sentire in questi anni, era in pensiero. Ed anche io.» continuò Ace con tono amorevole nei suoi confronti, rivolgendole un dolce sguardo.
«Hai la mia Vivre Card, quindi non ha motivo di esserlo.» schioccò freddamente quelle parole, dando l’ennesimo sorso al bicchiere di Rum.
 
Non odiava suo padre, anzi, ma sentiva costantemente addosso il peso del suo nome. Come se fosse solo e sempre la “Figlia di Barbabianca” e di conseguenza tutto le fosse dovuto e i suoi sforzi fossero vani. Nessun merito.
 
«So che hai le ossa dure e la pelle ancor di più Fanie.» l’assecondò il corvino. Sapeva quanto la giovane accanto a lui fosse orgogliosa, come del resto sé stesso. La conosceva come le proprie tasche. «Anche il cuore.» aggiunse la ramata.
«No. Quello non l’è mai stato e nemmeno la tua voce...» aggiunse lui rivolgendole uno sguardo d’intesa accompagnato da un sorriso ammiccante. Stefanie rimase in silenzio, spiazzata da quel diretto riferimento alle notti passate insieme. Abbassò lo sguardo sulla mano del ragazzo, ancora immobile dove venne accompagnata, e per un istante si sentì inerme.
Ace era così. Aveva quella capacità innata di farla sentire vulnerabile, desiderata ed amata. Con lui tutti i muri che poneva attorno a sé crollavano con un solo sguardo. Che tallone d’Achille.
 
«Andiamo in posto tranquillo. Esco per primo, aspetta cinque minuti. Esci a destra, poi prosegui fino al secondo vicolo a sinistra. Ci vediamo lì.» disse Ace, posando una moneta sul tavolo ed alzandosi, senza lasciarle margine di scelta. Non che Stefanie avesse alcuna intenzione di dissentire.
Lo assecondò con uno cenno del capo, versando nuovamente del Rum nel bicchiere ed aspettò.
 
Quei cinque minuti di attesa le sembrarono ore.
 
Lasciò scorrere un paio di volte le lancette dell’orologio appeso sopra la testa dell’oste, fingendosi indaffarata con sé stessa e non una bambolina posata in attesa.
«Fai bere tutto ciò che vogliono al mio equipaggio. Siamo a posto e questa me la porto via.»
Posò sul bancone del bar una manciata di monete d’oro, scambiando uno sguardo d’intesa con il barista, che accennò un movimento del capo, osservandola prendere la bottiglia per il collo ed uscire dal locale sotto gli sguardi attenti della clientela maschile.
 
Seguì le indicazioni di Ace, “esci a destra e al secondo vicolo a sinistra”. Si sentì trascinare per il polso appena arrivata all’imbocco del vicolo buio, facendo cadere così la bottiglia a terra. Nemmeno il tempo di emettere un mugugno, che le proprie labbra si trovarono coinvolte in uno dei baci più sensuali, erotici ed intensi di sempre. Le loro lingue erano disperatamente alla ricerca l’una dell’altra, calde e bramose. Ace sovrastava la figura minuta di Stefanie, avvolgendola completamente al sicuro nelle proprie braccia possenti. La chiuse al suo corpo, le proprie mani saldamente ancorate ai glutei della giovane, mentre i loro corpi aderivano sempre più fagocitanti tra di loro. Gli occhi dei due complici si scambiavano continui sguardi carichi di brama e desiderio, le loro bocche facevano sfuggire mugugni d’eccitazione stretti tra i denti. «Ace…» mormorò flebilmente, appena le labbra fameliche di Pugno di Fuoco si spostarono sul suo collo. La lingua calda ed umida le incaponì la pelle.
 
«E’ il caso di andarcene da qui... Tieniti a me.» interruppe il tutto con una piccola risata, cogliendo lo stravolgimento della ragazza ancora con il fiato corto dall’eccitazione. La strinse maggiormente a sé, avvolgendole interamente la vita con l’avambraccio sinistro, mentre il destro si dimenò nell’aria infuocandosi. Essendo un Rogia, avvolse i propri corpi in un tornado di fiamme catapultandoli a chilometri dal luogo in cui si trovavano solo pochi secondi fa. Posati i piedi a terra Stefanie si guardò attorno, davanti a lei c’era solo una piccola casetta nel bosco.
«Dopo di lei…» la invitò Ace, aprendole la porta.
 
Era una piccola casa dispersa in chissà quale Grove, forse ancora nella zona fuori legge oppure nella periferia di quella residenziale, poco le importava a dire la verità. La porta alle proprie spalle si chiuse e le lanterne attorno a loro si accesero con uno schiocco di dita. Sapeva il fatto suo il ragazzo di fuoco. Nella stanza non c’era nulla oltre ad un grande letto, un armadio, una scrivania ed una porta che probabilmente nascondeva il bagno. Stefanie posò il cappello sulla scrivania, sciolse la trecca e si sfilò gli stivali di dosso, accomodandosi in seguito su quel letto enorme. Osservò il moro fare lo stesso con i propri possedimenti, mentre versava due bicchieri di Rum dandole la schiena. «Quando l’hai fatto?»
«Cosa?» domandò Ace raggiungendola nel letto e sedendosi accanto a lei, porgendole il bicchiere.
«Il Jolly Roger di mio padre…» rispose passando una mano sulla pelle tatuata del ragazzo.
Ace prese un momento di pausa dal risponderle, accoccolandosi meglio nel letto accanto a lei, dando un lungo sorso al bicchiere. «Uhm… credo qualche giorno dopo che hai lasciato la ciurma…» spiegò con una nota di amarezza in quelle parole. Non era stato semplice. Avevano dovuto prendere una decisione entrambi: vivere il loro sogno o stare insieme.
«Capisco…» rispose appena la ragazza, abbassando lo sguardo.
«Poco dopo che te ne andasti mi affidò un incarico importante e lì capii che volevo dargli la mia totale fiducia, quindi ecco il misfatto…» spiegò brevemente la vicenda, notando un po’ di tensione nell’aria.
 
Ace posò a terra il bicchiere, distendendosi su un fianco accanto a lei guardandola. I suoi occhi seguivano attentamente i lineamenti della giovane, su e giù lungo l’intera figura.
«Sarà che sono passati anni, ma non mi ricordavo tutte queste forme…» le bisbiglio, avvicinandosi ad una gamba nuda di Stefanie, percorrendone la pelle con le labbra calde, lasciandole una scia di baci.
«Ti ricordi ancora come si fa?» lo provocò lei con un sorriso beffardo e gli occhi supplicanti di averlo ancora una volta. «Credo di poter riprendere facilmente la mano…» le rispose continuando a salire con le labbra, mentre le proprie mani sollevavano sempre più il vestito della ragazza portandolo sopra i fianchi. Le diede un bacio fugace sulla sua intimità, ancora avvolta dall’intimo candido, sollevandosi con il corpo per sfilarle di dosso quell’adorabile vestito portando alla luce i seni nudi e tondeggianti. Erano proprio come piacevano lui, giusti da stare nelle proprie mani.
 
Le loro labbra ripresero a cercarsi disperatamente, avide più che mai, mordendosi e sfiorandosi con un desiderio famelico. Stefanie lo spinse indietro, spostandosi a cavalcioni sul corpo del corvino, contorcendosi l’un l’altro come due serpenti. I petti si strinsero tra di loro, le loro intimità urlavano di essere liberate da quegli inutili indumenti d’impiccio. Gli slacciò la cintura, tra un bacio ed un morso, ed Ace non perse un minuto dallo sfilarsi tutto di dosso. Un corpo statuario. Scolpito, fagocitante ed eccitato più che mai. Avevano trascorso notti solitarie sognando di possedersi ancora, ed ora il desiderio era più ardente che mai. La ramata si fece largo lungo l’addome dell’amante, la lingua calda e sensuale scendeva sempre più in basso sino a raggiungere l’intimità del comandante della seconda flotta. Lo baciò sensualmente, alternando i movimenti. Il corpo di Ace si irrigidì sussultando, lasciando trasparire un gemito tra i denti stretti quando lei proseguì portandosi l’erezione tra le accoglienti labbra. D’impulso le afferrò i capelli in una coda, assecondo con il bacino i suoi movimenti. Era quasi al limite, con un rapido gesto la fermò, voltandola e sovrastandola con il proprio corpo. Le sfilò con abili mosse l’intimo dai fianchi, lasciando scivolare in lei le intraprendenti dita, stimolandola da prima dolcemente sino a prendere un ritmo insano portandola in pochi minuti ad un caldo e sonoro gemito. Si ricordava bene quel suono. Si eccitò maggiormente. Il corvino non aveva alcuna intenzione di rallentare. Soffocò i suoi gemiti con dei lunghi baci, finché il corpo della giovane non tremò contorcendosi sotto al suo. Che soddisfazione.
 
Stefanie allungò le mani tra quegli indomabili capelli neri, stringendoli, lasciandogli un mugugno sulle labbra quando l’erezione di Ace la possedette. Il bacino rampante del pirata intraprese un’andatura sin da subito profonda, decisa e stremante. I loro gemiti riempievano il silenzio di quella stanza, che ora non sembrava più così spoglia. Baci, morsi e cambi di posizione li tennero impegnati tutta la notte. Le loro pelli luccicanti dal sudore si sfioravano e si allontanavano frequentemente. Sussurri, baci e carezze, quasi danzassero facendo l’amore, finché non raggiunsero l’apice del piacere con Ace sfilatosi all’ultimo dall’intimità della sua amata.
La nottata procedette intensamente, facendo l’amore più e più volte, fino a quando i loro corpi stremati non si arresero al volere dell’alba, avvolgendosi tra le calde lenzuola. I petti si muovevano frenetici, i respiri ancora affannati e spezzati.
 
La piratessa dei Foget Me Not si strinse al corpo del moro, accarezzandogli la pelle tatuata ancora umida con gli esili polpastrelli. «Ace… cosa ci fai a Sabaody?» ebbe finalmente il reale coraggio di chiederglielo. Non era un caso. Lo conosceva bene e sapeva che ogni sua azione comportava una conseguenza. «Sto cercando una persona…» fu vago, fingendo una totale indifferenza alla cosa.
«La verità.» ribatté la giovane.
 
Ace aprì gli occhi sotto le continue carezze. Stava indubbiamente nascondendo qualcosa e sapeva benissimo che davanti a lui non aveva una stolta. Allungò l’indice della mano destra verso il corpo dell’amata, accarezzandole il costato laterale all’altezza del cuore.
«Ricordi quando te la incisi?» domandò Ace passando con l’indice su quella “A” ormai cicatrizzata. Stefanie si fermò dal coccolarlo. Gli portò una mano sul viso magro, percorrendogli lo zigomo sino alle labbra.
 
«Sì…» bisbigliò.
 
«Ti promisi una vita insieme. Forse ci siamo vicini…» continuò Pugno di Fuoco, sdraiandosi sulla schiena portando le mani dietro alla testa fissando il soffitto. La giovane pirata ebbe un brivido, ne stava combinando una delle sue. Ne era certa.
 
«Sto cercando Teach.» spiegò.
«Perché?»
«Ha commesso un grave crimine ed oltraggio alla ciurma ed io, come comandante della 2ª flotta ho il dovere di vendicare ciò che ha fatto.» continuò Ace senza avere il coraggio di guardarla in viso.
«E’ un ordine di mio padre? Cos’ha fatto Teach per meritare la tua vendetta?» lo riempì di domande, non capendo tutto questo mistero e iniziando ad essere seriamente preoccupata. Poche volte Ace ammetteva i suoi sentimenti, soprattutto così palesemente e ciò non era un buon segno.
 
Ci fu una pausa. Lunga, eterna. Finalmente i loro occhi si incrociarono.
 
«Ha ucciso Satch per impossessarsi del suo Rogia. E no, non è volere del Babbo. Sto andando contro la sua volontà, ma ne va del mio orgoglio. Era un mio uomo…» confessò tutt’un fiato facendo trasparire il rancore che serbava nel profondo del cuore. Non lo tollerava.
Stefanie gli si gettò al collo abbracciandolo, posando il viso sul suo petto. L’ultima cosa che voleva era che si cacciasse nei guai e già andare contro il volere di Barbabianca lo era.
 
«Ehi… una volta che avrò sistemato questa faccenda e avrò fatto di Barbabianca il Re dei Pirati…un giorno salperemo per mare, vivremo come vorremo più liberi di qualunque altro! Non perderò mai, hai capito Fanie?» disse con convinzione stringendola tra le proprie braccia, baciandole i capelli.
 
«Ti amo, Stefanie...»
«Anche io… Ace.»
  
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