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Autore: musa07    08/03/2021    2 recensioni
"Come si fosse fatto convincere, o meglio: fregare in quel modo barbino da sua sorella maggiore, era e restava un mistero della fede per Koutarou.
Comunque, indipendentemente dal fatto che si fosse fatto fregare o meno, ormai aveva dato la sua parola d’onore, con tanto di pugno solenne sul cuore e croce sul petto a riprova del suo impegno [...]
Ecco perché quel mercoledì mattina di inizio aprile, caracollando sui suoi stessi piedi, mentre sbadigliava copiosamente roteando le chiavi della porta di ingresso del tea shop sull’indice, Koutarou si stava dirigendo verso il piccolo locale che la sorella gestiva con una amica. Era una apertura straordinaria. Solitamente apriva alle dieci della mattina, con quella che sua sorella definiva “la seconda colazione” di tolkeniana memoria, ma lei e la sua socia volevano vedere se aprire anche per la “prima colazione” sarebbe stata una mossa vincente o meno [...]
Mai avrebbe pensato che la sua vita sarebbe cambiata così tanto dopo quella mattina. Perché un incontro gli avrebbe letteralmente sconvolto la vita [...]"
Minilong BokuAka perché del sano fluff ci vuole sempre et comunque.
Di come Bokuto incontrò per la prima volta Akaashi
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E alla fine son ben riuscita a partorire una mini-long.
Dico “mini” ma poi, conoscendomi, chissà quante e quali
diavolerie la mia mente partorirà.
Così come dico che i capitoli saranno brevi
ma vedi su.
L’idea c’è già tutta nella mia testa
(a posto siamo allora!)
però veramente bisogna poi vedere cosa decidono i personaggi.

Avevo bisogno di fluff quindi, stranamente guarda,
mi è venuta fuori una BokuAka.
Così come molto stranamente
sarà presente Kuroo a far da contorno.
Non capisco proprio come mai questo gattaccio *ç*
appaia sempre nelle mie ff in qualche modo...
Sopratutto quelle R72

(Queste note introduttive stanno diventando
più lunghe del prologo ma dettagli)

 

 

Ciò che non hai mai visto lo trovi dove non sei mai stato


 

Prologo

 

Come si fosse fatto convincere, o meglio: fregare in quel modo barbino da sua sorella maggiore, era e restava un mistero della fede per Koutarou.
Comunque, indipendetemente dal fatto che si fosse fatto fregare o meno, ormai aveva dato la sua parola d’onore, con tanto di pugno solenne sul cuore e croce sul petto a riprova del suo impegno.

- Mi basta un’ora, Kou, massimo una e mezza così riesco ad avere il tempo di allattare Mia. Haruki (la sua socia) si è ammalata però per fortuna tu sei a casa in questi giorni. Ti prego ti prego ti prego! – lo aveva scongiurato lei a mani giunte.

Come avrebbe potuto dire di no a sua sorella? E, indirettamente, alla sua prima nipotina?
Il problema era che quell’oretta al pomeriggio si era tramutata in un bel po' di orette e, soprattutto, non gli risultava proprio che le sette della mattina corrispondessero al momento della giornata subito dopo pranzo.

Era la settimana di sospensione scolastica prima dell’inizio del nuovo anno e in quei sette giorni gli allenamenti dei vari club sportivi si sarebbero tenuti al pomeriggio, non essendoci le lezioni mattutine. Ecco perché quel mercoledì mattina di inizio aprile, caracollando sui suoi stessi piedi, mentre sbadigliava copiosamente roteando le chiavi della porta di ingresso del tea shop sull’indice, Koutarou si stava dirigendo verso il locale che la sorella gestiva con una amica. Era una apertura straordinaria. Solitamente apriva alle dieci della mattina, con quella che sua sorella definiva “la seconda colazione” di tolkeniana memoria, ma lei e la sua socia volevano vedere se aprire anche per la “prima colazione” sarebbe stata una mossa vincente o meno.

Cosa strana in lui, stava percorrendo la distanza che lo separava da casa al locale con tutta calma, senza la solita esagitazione che lo contraddistingueva praticamente sempre. Neanche ci pensava al fatto che a breve avrebbe iniziato il suo secondo anno di liceo. Non in quel momento poi, con tutto il sonno che aveva. Mai avrebbe pensato che la sua vita sarebbe cambiata così tanto dopo quella mattina. Perché un incontro gli avrebbe letteralmente sconvolto la vita...
Si stava assaporando ogni singolo dettaglio, soprattutto quelli verso i quali non si era mai soffermato. Sarà stato lo sbocciare della primavera, chissà, ma se ne stava facendo tutto il tragitto naso all’insù ad ammirare il solito spettacolo che i fiori di ciliegio donava loro ogni anno. Una vera e propria esplosione di nuvole rosa delicato e bianco. Nonostante, fino all'anno prima, con tutta la sua famiglia aveva fatto il tradizionale hanami, non ci aveva mai posto così tanta attenzione. 

Mentre proseguiva nel suo cammino valutò che quell’anno sarebbe stata una cosa carina magari organizzarlo con i ragazzi della squadra. O forse sarebbe stato meglio con il suo Bro del cuore. O forse, ancora meglio parte seconda, andarci con qualcun… nonono, frena frena! Cos’erano queste idee romantich, ehm: bislacche che gli stavano venendo in mente? Di sicuro colpa del fatto di esser cresciuto con tre sorelle più grandi di lui. Lo sapeva, Kou, che alla fine quel momento sarebbe arrivato. Ossia che i semi del romanticismo sospirante dal quale era stato attorniato da tipo sempre si sarebbe vendicato su di lui.
Ma dai! Che idea assurda era? Immaginare di andare a fare hanami con qualcuno di speciale! Scoppiò a ridere di gusto, scrollando vigorosamente le spalle, poco convinto in realtà. Era davvero un’idea così malsana?, si stava chiedendo.
“Beh, sì… forse perché non ho ancora conosciuto nessuna persona speciale… speciale in quel senso...” si rispose.
Ahh, ma cosa gli stava succedendo? Non aveva proprio tempo e voglia di pensare a quelle cose ma fatto sta che si era nuovamente fermato, naso all’aria, nel preciso instante in cui una leggera brezza primaverile si era levata ed ora, oltre a scompigliargli le ciocche di capelli che per quella mattina aveva deciso di non torturare con la solita capigliatura che sfidava la forza di gravità, stava facendo ondeggiare docilmente le fronde degli alberi sopra di lui. Osservò rapito la danza di alcuni petali mentre scendevano soavi, fino a posarsi sul palmo della mano che aveva aperto. Gli tornarono alla mente una delle storie/leggende che aveva più volte sentito dalle sue sorelle. Qualcosa relativo al fatto di dichiararsi alla persona della quale ci si era innamorati… scosse nuovamente la testa, brontolando qualcosa di non meglio precisato e proseguendo a passo deciso, salutando le persone del vicinato che conosceva perfettamente e che ricambiavano allegri il suo buongiorno squillante. Era indubbiamente ben voluto da tutti, sempre prodigo a dare una mano in caso di necessità – che fosse una borsa della spesa troppo pesante o portar fuori il cane di uno dei vicini a fare una passeggiatina.
Fermo davanti al passaggio al livello che lo separava dal locale di sua sorella, ecco che velocemente scrisse un messaggio al suo bestie.

A Bro:

Non sarebbe bello andare a fare hanami con qualcuno di speciale?

La risposta non si fece attendere molto. Kuroo, a dispetto del suo essere gattone, si svegliava presto alla mattina indipendentemente dal fatto ci fossero lezioni, allenamenti o meno. Poi magari se ne stava tutta la mattina a rotolarsi nel letto, ma dettagli. (Marooo! Kuroo ma rotolati nel letto con Tooru, ti prego, fammi una carità, che needo cose porn ehm: cose belle. ndC)

Da Bro:

Sei stato posseduto?

Scoppiò a ridere di gusto per la solita lapiderietà sarcastica del suo Bro.

A Bro:

Sono serio

Da Bro:

Ci stai provando, e neanche in modo così velato né tanto meno romantico, con me?

A Bro:

No, ovviamente

Da Bro:

Così mi spezzi il cuore, lo sai?

A Bro:

Seh, mi immagino…

Ridacchiò tra sé e sé, risvegliandosi allo scampanellio di una bicicletta che gli arrivò alle spalle. Il passaggio a livello si era alzato.
Già da quella distanza poteva vedere la La Tana dei Gufetti. Nome per niente originale ma che sua sorella aveva trovato così carino e di impatto, a modo suo, e lui le aveva dato manforte.
Adorava i gufi, li trovava così teneri, da spupazzare. Da piccolo avrebbe tanto voluto poterne averne uno di suo, aveva implorato con gli occhi i suoi genitori una infinità di volte, cercato di impietosire in qualche modo le sue sorelle perché lo aiutassero a convincerli a fargli tenere nella sua cameretta quella coppia di gufetti che puntualmente ogni sera si andavano a posare sull’enorme abete che si stagliava fiero nel giardino di casa loro.

- Kou, i gufi sono animali che amano stare liberi. - gli aveva detto sua madre una fresca sera d’estate, quando lo aveva trovato fuori in giardino mentre si arrampicava sull’albero tentando di raggiungerli. Rimediando numerose cadute.
- Loro sentiranno il bene che provi nei loro confronti e, vedrai, torneranno qui ogni sera. - aveva continuato suo padre, sedendosi sull’erba al suo fianco dopo che aveva rinunciato alla scalata. E allora il piccolo Koutarou aveva sollevato il naso all’insù, poggiando il peso del corpo sulle mani che aveva posato a terra dietro alla schiena, sentendo come gli steli bagnati dall’umidità della sera gli facessero il solletico tra le dita. Li aveva osservati in silenzio e altrettanto avevano fatto i due rapaci, che se ne stavano sempre l’uno appollaiato a ridosso dell’altro, quasi a scambiarsi quella tacita promessa.
E così era stato. I due gufetti erano ritornati ogni sera e lui si sentiva esplodere dalla felicità quando li vedeva arrivare. Passava le ore con la schiena appoggiata al tronco dell’abete, le ginocchia al petto, a raccontare ai due volatili come era andata la sua giornata, i suoi sogni da bambino. E alla mattina, alle prime luci dell’alba, correva immediatamente fuori per salutarli e quanto gli piaceva quando li vedeva come se ne stavano con la testolina appoggiata l’una sull’altra. Così come adorava i loro colori: uno dal fiero piumaggio grigio striato, l’altro con le piume di un candore assurdo. Dovevano essere così morbidi…
Erano passati tanti anni da allora ma ancora ne conservava preziosamente nel cuore il ricordo.

E chissà perché gli era tornato alla mente proprio in quell’istante, mentre riportava lo sguardo davanti a sé ad osservare nuovamente La Tana.
Il locale si trovava proprio sul crocevia tra due stradine graziose e ben tenute. Incastonato tra due edifici stupendamente colorati di viola e arancione i quali facevano risaltare ancora di più la piccola vetrina dove sua sorella Ayane – che aveva un vero e proprio talento – vi aveva dipinto due gufetti. Aveva fatto un lavoro egregio di sfumature con quelle bombolette spray e i due rapaci, testina contro testina, spiccavano in maniera delicata, attirando inevitabilmente l’attenzione dei passanti.

Si piantò davanti alla vetrina, mani poggiate sui fianchi, pensando che doveva ben decidersi a trovare un nome a quei due volatili stilizzati. E ci stava ancora pensando mentre trafficava con le chiavi per aprire la serratura, forzandola senza nessuna delicatezza, come al suo solito, e nel momento in cui riuscì nell’impresa epica di aprire la porta d’ingresso ecco che immediatamente fu pervaso dal profumo della cannella che ormai permeava quel posto.
Koutarou amava la cannella. Gli ricordava un sacco il Natale e il periodo delle festività natalizie. Nonostante in Giappone non fosse una festa prettamente famigliare, la famiglia Bokuto aveva fatto propria quella tradizione tipicamente occidentale a causa di uno dei viaggi di affari del capofamiglia che l’aveva portato a soggiornare in Europa per tre mesi, che erano coincisi con il periodo natalizio e il Bokuto senior si era letteralmente innamorato di quella tradizione, di quel modo di festeggiare il Natale in famiglia con deliziosi pranzi e cene. E quindi Kou associava il profumo della cannella alle colazioni, alle merende festose con le sue sorelle, alla preparazione di deliziosi manicaretti tutti insieme. Alle tavole imbandite e festose, dove il chiacchiero non si faceva mai sommesso.

Una volta entrato la seconda cosa che lo invase fu il solito senso di tranquillità assurda che lo avvolgeva ogni volta. Era pazzesco come un luogo - con i suoi profumi, i suoi colori, le sue luci – fosse in grado di influire così sull’umore di una persona. Perfino uno come lui, che era un fermento continuo e perpetuo, lì dentro rallentava. E non era una sensazione sola sua. Aveva sentito più di qualche cliente affermare con assoluta certezza quella cosa.
Quando rientrava da scuola passava sempre a salutare sua sorella, fosse solo anche mettere semplicemente la testa dentro e fare “ciao-ciao” con la manina. Molte volte, in quell’anno in cui era aperto, si era fermato anche con Kuroo per fare una pausa rigenerante. O meglio: il suo miglior amico che tentava in qualche modo di ficcargli in testa i concetti basilari di chimica. Rischiando ogni volta l’internamento in qualche clinica psichiatrica, ma poco male: Testurou ne aveva di pazienza.
- Fratellino, posso rapirtelo? - gli chiedeva ogni volta sua sorella, tra il serio e il faceto. Perché sosteneva che le ragazze, passando davanti alla vetrina e vedendo Kuroo seduto al bancone, puntualmente si catapultavano dentro con un triplo carpiato.

Una volta che si richiuse la porta alle spalle attese che gli occhi si abituassero alla leggera penombra e con lo sguardo abbracciò tutto l’ambiente.
Il locale era piccolo, contava solamente sei tavolini da due e il bancone davanti alla vetrina, ma proprio questo suo essere piccolo era uno dei punti forti poiché questo permetteva che non ci fosse mai troppa confusione, che il chiacchiericcio fosse sempre deliziosamente soffuso, quasi una piacevole melodia di fondo. Per questo sua sorella teneva sempre la musica – rigorosamente jazz – a volume molto basso, perché fosse un piacevole sottofondo, non doveva sovrastare la voce delle persone né tanto meno – anzi: soprattutto – i pensieri della gente.
Il posto preferito di Koutarou era quella piccola poltroncina vintage verde acido che si trovava posizionata di fronte al pianoforte a muro, che dava le spalle al resto del locale, un posto di raccoglimento perfetto. E sarebbe stato lì che
lui si sarebbe seduto.

Stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente si diresse verso la parte sul retro, nella piccola cucina dove venivano sfornati quei deliziosi biscotti allo zenzero e cannella, prese uno dei grembiuli il quale, manco a dirlo, aveva disegnato nell’angolo in alto a sinistra gli onnipresenti gufetti, accese la luce soffusa sopra allo scaffale dove erano posizionati tutti i barattoli di latta con i vari tea disponibili dai deliziosi e fantasiosi nomi - Sere di Giugno Fuoco davanti al caminetto Dolci Sogni tanto per citarene alcuni.
Mandò un ultimo messaggio a Kuroo chiedendogli se avrebbe fatto un salto a trovarlo mentre si accucciava per accender la musica quando…

...din-don...

… il dolce tintinnare del campanellino posto sopra alla porta vibrò e la sua delicata melodia aleggiò nell’aria facendolo alzare di scatto, colto impreparato dal fatto che davvero qualcuno fosse lì presente alla sette della mattina.
Dentro di sé prego di non fare troppi danni, altrimenti le avrebbe di sicuro prese da sua sorella, e diresse la propria attenzione al nuovo arrivato cercando di sfoggiare il suo migliore sorriso di benvenuto, cosa che gli veniva così naturale d’altronde.

E fu allora che lo vide.
Per la prima volta.
Non sapendo ancora che sarebbe stato per sempre…
 

Continua…

 

E niente, tale prologo avrebbe dovuto veder la luce ancora la settimana scorsa ma poi le montagne di compiti da correggere mi hanno sommersa.
Io non capisco... molto probabilmente, senza rendermene conto, correggo anche quelli dei miei colleghi, non si spiega altrimenti. La correzione delle verifiche scritte è diventato il mio mood giornaliero della vita.

Spero davvero di essere sufficientemente puntuale con l’aggiornamento dei capitoli ma non faccio nessuna stima. È da parecchio che non scrivo long proprio per questo motivo, perché puntualmente mi colpiva l’ansia da aggiornamento (rido ma non c’è una cippa lippa di niente da ridere).

Ah, già! Io avrei una IwaOi che attende da settimane di esser corretta e sistemata tipo...

 

 

   
 
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