Stanco, il giovane si sedette e appoggiò la testa del defunto compagno sulle sue ginocchia. La sua mano, distratta, posò la sua mano sul viso, freddo di morte, di Yonosuke. Tremò. Di nuovo, riviveva gli estremi momenti di vita del suo compagno. Risentiva quel corpo agonizzante, mentre si spegneva tra le sue braccia. – Mi dispiace di non averti salvato. – mormorò, apatico. A cosa erano serviti i poteri che gli erano stati donati? In quel momento, tutto gli pareva privo di senso. Un uomo come Yonosuke, capace di redimere se stesso dalle sue colpe, non meritava quella fine atroce. Sospirò e la sua mano, leggera, sfiorò i capelli del caduto compagno. Non era il primo fallimento da lui sofferto. Tanti erano morti, a causa di Gorsun e lui non era riuscito a salvarli. E quell’essere ancora minacciava la serenità dell’umanità. – Non posso ridarti la vita. Ma ti prometto che distruggerò Gorsun. Lo farò anche per te. – sussurrò, il tono deciso. Ormai, solo lui poteva distruggere il Signore del Male. Il suo cuore era pesante, ma non poteva recedere dal suo compito di combattente. Accennò ad un sorriso melanconico. In quel momento, aveva percepito una dolente sensazione di serenità. Non tutto era perduto, nonostante le apparenze. Qualcosa di concreto si poteva portare a compimento, per stornare l’ombra di una catastrofe.
Qualche minuto dopo, Saori e Kosuke tornarono. La ragazza teneva con sé tronchi e rami secchi, mentre Kosuke stringeva dei fiori di loto bianco. – Grazie, ragazzi. – mormorò il giovane, tranquillo. Si alzò e si avvicinò ai suoi compagni e li aiutò a erigere una pira alta circa un metro. Su di essa, Shishimaru posò il corpo di Yonosuke, gli incrociò le braccia sul petto, mentre Kosuke collocò i fiori di loto tra le sue dita, immote e gelide, e sulle sue gambe. Si allontanarono di alcuni metri e Shishimaru, dopo alcuni minuti, accese una torcia. Con un rapido moto del braccio, simile a quello di un lanciatore del peso, la gettò verso la pira. Con un tonfo, cadde e le fiamme, cominciarono a divorare i ramoscelli della pira, che si contorsero e si spezzarono, con secchi scricchiolii. Poco dopo, il fuoco si levò alto e circondò il corpo del samurai, illuminandolo d’un riflesso sanguigno. I tre giovani, fermi, seri, silenziosi, osservarono la pira, i cuori grevi di rimpianto. Troppo poco era stato il tempo trascorso insieme, ma non riuscivano a non provare amarezza. Lui, malgrado il suo carattere aspro e schivo, si era mostrato onorevole e aveva saputo andare oltre il suo orgoglio. Sarebbe stato meraviglioso approfondire la conoscenza reciproca in ulteriori battaglie. Ma era un sogno vano e tormentoso. Una possibilità di conoscenza era stata distrutta dalla crudeltà del male.