C’era una volta un
ragazzo.
Ma da solo non
serve a un cazzo, quindi c’era anche una ragazza con lui. Da copione, vi direte,
ma i diversi non sempre sono ammessi, e all’ora che è ora siamo in fascia
protetta dai pensieri; e poi a me non piacciono i ragazzi, e quando mi guardo
nel vetro della macchina mi sputo sulle scarpe, ma questa è un’altra
storia…
C’era una volta un
ragazzo e una ragazza, sotto un meraviglioso letto di stelle. E perché proprio
quelle? Perché fanno rima con belle; ma questa è un’altra
storia…
C’era una volta un
momento perfetto, fatto di carezze tenere e sussurri di ogni genere; da far
venire una carie, lo ammetto. Non si abbracciano per pudore e puntano lo sguardo
altrove, cercando coraggio o forse un cenno di approvazione da qualcuno che di
solito non risponde mai. Ma questa è un’altra
storia…
C’era una volta un
ragazzo di un’altra, e una ragazza di un altro, e quindi c’era anche il concetto
di proprietà. Ma io non sono capace di spiegarlo, perché non l’ho mai capito, e
poi, in fondo, è un’altra storia.
C’ero io con la
mia penna e i ragazzi qui, lontano, in un mondo di parole dove il mio cervello
s’ingozza costantemente e poi rigetta e defeca nel salotto buono di mia zia,
“descrivendo delle poesie”, dice mia madre allo stronzo che applaude. Ma a
vent’anni tutti le sanno scrivere, e io no! No, no, perché non voglio cantare
poesie, ma suonare semplici storie…
…ma forse, questa
è un’altra storia…
Ritornato dal paese, mi ributto in scena con una breve composizione
scritta di notte (ovviamente) sperando di non inciampare sulle assi del
palcoscenico. Le mie tante solite scontate inutili denunce sono tutte presenti
in questo testo come in un limbo, in attesa di spazi migliori, che non per forza
sarò io a dare.
Grazie, come al solito, a chi legge, ascolta, comprende, e magari
rilancia…