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Autore: Kagome    18/03/2021    8 recensioni
Questo, signore e signori, è il motivo per cui non si dovrebbe MAI e poi mai parlare ai bambini delle proprie vicende d'amore. In lacrime per via dell'ultima trovata di suo padre per attentare alla sua libertà, Adrien chiama per puro caso il numero di Marinette. Ma non gli risponde Marinette. Gli risponde Manon! Godetevi il risultato! (Adrienette)
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Manon, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie, Manon! 

scritto da: JuliaFC

Beta: genxha e Sherry. Grazie mille! E grazie anche a Elisabetta Bonfà per aver letto la storia in anteprima.

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. "Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir" (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d'autore.

Scritto per la mia amica Etoile-Lead-Sama, che aveva bisogno di un abbraccio e di qualcosa che la tirasse su di morale. 

Tradotto per il gruppo Facebook h/c "Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction", Easter Advent Calendar prompt 168: Telefono. Se vi piace il genere, raggiungeteci quì: Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO | Groups | Facebook

oOoOoOoOoOo

"Ho detto di no, e questo è quanto, Adrien!" La voce di Gabriel rimbombò nella grande sala da pranzo. Si alzò dalla sedia, la schiena dritta, lo sguardo freddo puntato sul viso di Adrien. Il ragazzo respirava affannosamente e stringeva i pugni sui lati del piatto. 

"Ma padre, è per un progetto di gruppo! Non posso abbandonare i miei compagni!" Adrien deglutì, ma il suo sguardo si spostò dal pollo nel piatto e incontrò e sostenne i gelidi occhi grigi di suo padre. "Mlle. Bustier ci ha messi in gruppo. Non è giusto per loro che io non partecipi! E se lo faccio da solo potrebbe ripercuotersi sui miei voti!"

Gabriel si avvicinò ad Adrien e batté la mano sul legno del tavolo proprio vicino alla mano di suo figlio. "Allora è meglio che ci lavori ancora più duramente per assicurarti che non si ripercuota sui tuoi voti. È la mia ultima parola." Spostò il viso a pochi centimetri da quello di Adrien mentre continuava: "Non tornerai a scuola finché non avrai finito. Mi sono spiegato bene, Adrien? Ti concentrerai su questo importante progetto e sulle lezioni di pianoforte e scherma. Nathalie farà in modo che non resti indietro con i tuoi studi, finché non sarai pronto a tornare a scuola." Detto questo, Gabriel uscì dalla stanza. 

Lacrime di frustrazione e rabbia riempirono gli occhi di Adrien. Nathalie, che era in piedi vicino al muro con il tablet saldamente in mano, si aggiustò gli occhiali. "Vi consiglio di finire di cenare e poi di tornare in camera vostra. Organizzeremo le vostre lezioni domani mattina."

"Non ho fame", disse Adrien con voce soffocata. Si alzò e andò verso la porta. Camminò con apparente calma fino alla grande scalinata di marmo, poi su per le scale e fino alla porta della sua stanza. Soffocò un singhiozzo mentre metteva la mano sulla maniglia, il labbro inferiore tremolante, gli occhi pieni di lacrime che riusciva a malapena a trattenere. Entrò nella sua stanza, si chiuse la porta alle spalle e corse sul letto, gettandovisi a faccia in giù e iniziando a battere i pugni sulle lenzuola. Sentì un ping del telefono; lo tirò fuori con rabbia dalla tasca dei jeans e lo sbatté sul letto assieme alla mano, mentre le lacrime gli cadevano copiose dagli occhi, bagnando le sue lenzuola. Solo i suoi singhiozzi risuonavano nel silenzio del camera.

"Non posso crederci! Non ci riesco, davvero! Come osa trattarti in questo modo? E perché glielo permetti, Adrien?" disse Plagg apparendo da dietro la schiena del suo portatore. "Un padre non dovrebbe trattare il figlio in questo modo." Plagg volò nel suo armadietto e ne uscì con una forma di Camembert, che cominciò immediatamente a masticare. 

Adrien non lo ascoltava nemmeno. Continuava a battere i pugni sulle lenzuola e a piangere tutte le sue lacrime. Era stufo di questa vita. Era una vera e propria ingiustizia, questa volta. Ora doveva mandare un messaggio a Marinette e Nino e far loro sapere che non avrebbe potuto prendere parte al loro progetto di gruppo. Ma non solo: gli avrebbe dovuto dire anche che non sarebbe stato in grado di tornare a scuola finché non l'avesse finito da solo. Odiava questa situazione. La odiava con tutte le sue forze. Prese il telefono e lo gettò verso il cuscino e continuò a piangere nelle lenzuola, finché non sentì qualcosa che gli gelò il sangue nelle vene.

"Pronto?" disse una voce metallica proveniente da un po' più sopra della sua testa. Adrien spalancò gli occhi, tirò su col naso e si guardò intorno. Non sembrava la voce di Plagg. 

Cosa diavolo...

E fu allora che si rese conto di che cosa fosse successo. Il suo telefono era appoggiato al cuscino, pochi centimetri sopra la sua testa. Era in chiamata e lo schermo mostrava la foto e il numero di Marinette.

Maledizione! Ma che, aveva chiamato Marinette? Oh no... vero, doveva chiamarla, ma non ora, non mentre stava ancora piangendo e aveva ancora la voce roca e il naso che gli colava. Diede un'occhiataccia a Plagg in lontananza, perché il kwami nero stava ridendo a crepapelle (e ringraziò tutti i santi del Paradiso che la voce di Plagg non potesse essere registrata dalla tecnologia, perché la piccola palla di pelo non sembrava riuscire a fermarsi). Poi afferrò il telefono e si schiarì la gola prima di metterlo vicino all’orecchio e rispondere. 

"Uh, pronto? Marinette, mi dispiace tanto, non intendevo chiamarti," mormorò, per niente contento di quanto fosse roca la sua voce. 

"Non sono Marinette, sono Manon", disse la vocetta dall'altra parte del telefono. "Marinette è di sotto a prendere i biscotti."

"Uh, Manon?" Gli occhi di Adrien si spalancarono e li asciugò con il dorso della mano libera, tirando un po' su col naso. 

Manon? Oh sì, Manon. Quella bimba che Giuseppe aveva usato una volta per uno dei suoi servizi fotografici e che era venuta anche con loro al museo delle cere qualche mese prima. Marinette le faceva da babysitter di tanto in tanto, ricordò. Era la figlia di Nadja Chamack. 

"Sì, sono Manon. Perché sei triste?"

Adrien rimase a bocca aperta. "Non sono triste", ribatté senza pensarci due volte.

"La mia mamma dice che non bisogna dire le bugie. Non te l'ha detto, la tua mamma?" disse la voce cristallina di Manon. 

Adrien sussultò di nuovo. Sapeva che Manon non intendesse farlo, ma il fatto che la bambina avesse menzionato sua madre lo aveva ferito nel profondo. La fitta dolorosa gli riempì il cuore così all'improvviso che non poté impedire alle lacrime di uscirgli di nuovo dagli occhi. Allontanò il telefono dal viso e si asciugò di nuovo gli occhi con il dorso della mano, che poi si pulì sui jeans. 

"Hai ragione, Manon, scusa. Sono davvero triste", disse alla fine. "E... la mia... mamma ... non c'è più."

"Oh," disse la voce di Manon dal telefono. "Che brutto. Stavo per dire che quando sono triste mamma mi abbraccia, ma tu non lo puoi fare".

"No." Tirò di nuovo su col naso e si strinse le braccia. Non avrebbe dovuto lasciare che il commento di Manon gli facesse così male. Era passato più di un anno da quando sua madre era scomparsa e quella bambina non aveva intenzione di ferirlo, lo sapeva bene. Ma... non ce la faceva. Non riusciva fermare le lacrime e i singhiozzi. 

"Dai non piangere", continuò Manon, "quando la mamma non c'è, un'altra persona che mi vuole bene mi abbraccia, tipo papà, o Marinette."

Adrien soffocò un sospiro. "Con la mia sfortuna, nessuno mi vuole bene", mormorò, senza aspettarsi (o volere) che Manon lo sentisse.

"Ma che dici?", disse Manon con tono allegro. Evidentemente l'aveva sentito benissimo. "Vieni qui e chiedi a Marinette di farti le coccole." 

Il cuore di Adrien si fermò, le sue guance divennero cremisi e gli si spalancarono gli occhi. E la bocca. Per poco non fece cadere il telefono. "Uh, Manon, io... non p-posso f-fare una cosa del g-genere..."

"Perché no?" chiese Manon candidamente. "Marinette ti ama."

Adrien fece cadere il telefono e si dimenticò come si respirasse. Il suo viso raggiunse in un secondo la stessa tonalità della tuta di Ladybug e strabuzzò gli occhi. Poi si ricordò con chi stesse parlando al telefono. Manon aveva cinque anni. Ovviamente diceva che Marinette lo amava. Prese il telefono con dita fredde e tremanti e lo mise sul viva voce perché non sopportava di metterlo vicino all'orecchio. Poi disse con voce tremolante: 

"Uh, sì, certo Manon. Marinette mi a-ama. Come un amico."

Plagg stava letteralmente morendo dalle risate vicino all'armadietto del suo Camembert. Adrien gli lanciò un'occhiataccia che avrebbe potuto ucciderlo sul colpo.

"Eh? Ma che dici? No! Non come amico. Lei ti ama tanto taaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanto!" Manon allungò l'ultimo "tanto" per diversi secondi. "È quello che ha detto quando le ho chiesto per chi sono tutti i regali che nasconde. Ha detto che i regali sono per te, perché ti ama tanto tanto!"

"R-regali? Che nasconde?" ripeté Adrien in pieno shock. 

Di cosa stava parlando Manon? Il cuore gli batteva così forte che pensò potesse uscirgli dal petto. Aspetta un attimo. Magari Manon non sapeva chi fosse. Forse pensava che fosse Luka o qualcun altro? 

"Manon, ma sai chi sono?" si informò.

"Sì, certo che lo so. Sei il ragazzo che si vede su tutte le foto che Marinette ha sul muro. Siamo andati insieme al museo delle cere, no?"

"Oh. Sì. Sono io, sì." Adrien non sapeva dove guardare. Di certo non voleva guardare Plagg, che stava ancora ridendo a crepapelle. Si mise a sedere e appoggiò il gomito libero sulla coscia. Poi si alzò e iniziò a camminare su e giù per la sua stanza. Poi si sedette di nuovo e iniziò a guardarsi con grande interesse le scarpe.

"Quindi vedi, io lo so chi sei. E so che Marinette ti ama taaaanto!", gongolò Manon orgogliosa, come se la maestra le avesse fatto una domanda complicata e lei avesse dato la risposta giusta.

Adrien aveva il cuore letteralmente nelle orecchie. Doveva ricordarsi di proposito di respirare perché sentiva che avrebbe avuto le vertigini e si sarebbe sentito male se non avesse ispirato un po' d'aria, tipo, proprio adesso. Quando alzò lo sguardo dalle sue scarpe, vide Plagg fluttuargli proprio davanti al naso, appoggiato comodamente sulla schiena, le braccia incrociate dietro la testa, gli occhi verde elettrico a fissarlo beffardamente. 

"I bambini dicono sempre la verità, sai…?" disse sornione, per poi ridacchiare di nuovo alla vista di quella che doveva essere stata l'espressione più perplessa che fosse mai apparsa sul viso di Adrien. 

"Oh," riuscì a dire lui. 

"Posso dirti un segreto?" disse Manon con tono cospiratorio. 

Adrien si sentì una strana secchezza in gola mentre rispondeva: "Dimmi." Stava respirando così affannosamente che temette di andare in iperventilazione. Non che gli importasse. No davvero.

"Marinette ha centinaia di regali per te!" sussurrò la bimba nel microfono del telefono. 

La mente di Adrien si riempì all'istante di immagini di Marinette. La sua meravigliosa, coraggiosa, fantastica e bellissima amica. Aveva sempre pensato di non piacerle. O almeno, che lo tollerasse solo per far piacere ad Alya e Nino. E forse perché era il figlio di Gabriel Agreste... "M-ma Marinette mi ha detto che aveva le mie foto perché amava la moda e il lavoro di mio padre", pensò tra sé, non rendendosi conto che in realtà lo stesse dicendo a voce alta.

"Nah. Dà il bacio della buonanotte a ogni tua foto tutte le sere, prima di andare a dormire. L'ho vista una volta quando la mamma mi ha fatto dormire qui e lei pensava mi fossi già addormentata". 

Eh? Che faceva Marinette con le sue foto?

"E ha un grande diario nella sua stanza dove scrive tutto quello che fai durante il giorno. Lo aggiorna sempre."

Più Manon parlava, più Adrien diventava rosso in faccia e sentiva una sensazione di calore riscaldargli il petto. "D-davvero?" chiese, ancora non credendo alle sue orecchie. "Io... mi piacerebbe vederlo, questo diario."

"Sì!" disse Manon tutta contenta. "Ha detto che ti vuole sposare un giorno e avere tre bambini, Emma, ​​Hugo e Louis."

Adrien pensò che le sue guance avessero ormai raggiunto una tonalità di rosso sconosciuta al genere umano. Almeno per quanto potesse capire dal calore che sentiva sul volto. Non poteva credere che Marinette gli volesse così tanto bene. Il solo pensiero che si fosse immaginata un futuro insieme, di sposarlo, di avere, uh, figli… gli scaldava il cuore. 

Ma non era solo quello. Era soprattutto il fatto che non si fosse mai aspettata niente da lui. A differenza di tutte le altre persone con cui Adrien aveva interagito, e tra di esse Adrien non poté fare a meno di elencare anche Katami, e perfino Ladybug (verso il suo alter ego, ovviamente), Marinette era stata quella che non gli aveva mai chiesto niente. Se l'aveva amato così tanto (e lui ancora non riusciva a capacitarsene!) l'aveva fatto in silenzio, senza pretese, perfino negando l'evidenza a volte e lasciando che lui facesse le sue scelte. 

Marinette era la persona più generosa che avesse mai conosciuto e anche questa volta non era stata da meno. Più ci pensava più il vuoto che opprimeva il suo animo da quando era scomparsa la mamma sembrava riempirsi. Riempirsi di calore, e di affetto, per quella ragazza meravigliosa che sedeva dietro di lui a scuola.

"Poi vuole un criceto", continuò Manon, inconsapevole della miriade di emozioni che aveva appena risvegliato nel cuore del ragazzo. "Già già. Ha detto che vuole un criceto. Non un gatto, perché i gatti sono troppo scigenti."

Questo fece fare una bella risata ad Adrien, perché il commento non piacque per niente a Plagg e il kwami sbuffò infastidito. 

Gli occhi di Adrien si fissarono su quelli elettrici di Plagg mentre sussurrava: "Ah, ma davvero? Non dirmi mai..."

Manon continuò con entusiasmo, senza accorgersi dell'ironia nelle parole di Adrien. "Sì, dice che il suo gatto è molto, molto scigente. Ma non so cosa vuol dire perché Marinette non ha il gatto..."

Adrien soffocò una risatina. ora voleva chiedere a Marinette di questo gatto così esigente. Aveva un'idea di chi fosse, ma prendere in giro la ragazza in questo momento suonava la cosa più divertente del mondo. "Quindi... vuole un criceto?"

"Già," dichiarò la voce allegra di Manon dal telefono. "Un criceto di nome..."

Ma non riuscì a finire, perché Adrien sentì un forte rumore in lontananza e la voce di Marinette gridare: "MANON! Che ci fai col mio telefono?"

Manon non sembrava sorpresa o spaventata. "Stavo parlando col tuo ragazzo, Marinette."

Il sussulto di Marinette echeggiò anche nella stanza di Adrien per quanto era forte. 

"Il mio... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHH" E con quell'urlo, terminò la telefonata. Adrien rimase a fissare incredulo la foto di Marinette sul suo telefono, contornata dalle strisce rosse che segnalavano la fine della conversazione. 

Le fragorose risate di Plagg erano l'unico suono nella stanza. Adrien non riusciva a respirare. Crollò di schiena sul letto, le braccia spalancate e guardò a lungo il soffitto della sua stanza.

Molto, MOLTO a lungo.

Dopo un bel po' di tempo, Adrien vide gli occhi preoccupati di Plagg apparire alla sua destra seguiti (o forse preceduti?) dall'odore disgustoso del Camembert. "Tutto bene, gattino?"

Adrien sussultò quando il fetore del formaggio gli raggiunse le narici. "Sì. Toglimi quella roba puzzolente da sotto il naso, Plagg. Per favore. Mi viene da vomitare…"

Plagg gli lanciò un'occhiataccia, aprì la bocca e vi infilò l'intera forma di Camembert che teneva tra le zampe, masticando con gusto. "Meglio?" chiese dopo averla fatta sparire in un istante. Adrien annuì e si mise a sedere. Ma continuava a fissare il vuoto in silenzio. Plagg gli si mise davanti alla faccia e iniziò a sventolargli le zampe davanti agli occhi.

"Mi ama, Plagg," riuscì infine a dire il ragazzo. "Pensavo di non piacerle, e invece mi ama."

Plagg sogghignò. "Sì, dimmi qualcosa che non sapevo", strascicò beffardo. 

"Eh? Tu lo sapevi?" Lo sguardo di Adrien si spostò istantaneamente verso il musetto di Plagg. Il ghigno di Plagg si allargò. 

"Io e praticamente chiunque altro, eccetto te naturalmente. Perfino miss 'Non Esito Mai' lo sapeva; ci metto la zampa sul fuoco."

Gli occhi di Adrien si spalancarono. "Ka-katami lo sapeva?"

"Aha," disse Plagg, il sorrisetto ancora saldamente sulle sue labbra. "E sapeva anche la parte che ti riguarda."

Adrien arrossì intensamente e distolse lo sguardo dagli occhi scrutatori di Plagg. "Q-quale parte che mi riguarda?"

Plagg si mosse per incontrare di nuovo lo sguardo di Adrien e alzò un sopracciglio in maniera beffarda. Adrien spostò di nuovo lo sguardo, quindi il piccolo Dio della Distruzione continuò: "Devo proprio dirtelo? A dire dal colore della tua faccia non penso tu ne abbia bisogno..."

"Non so di cosa tu stia parlando." Adrien si guardò di nuovo le scarpe e rimase in silenzio per un po'. Poi si portò le mani al viso e mormorò: "P-pensi davvero che lei lo sapesse?"

"Ci scommetterei tutta la mia scorta di Camembert, gattino. Quando le hai detto che non eri pronto per una relazione seria con lei, Katami non ha nemmeno ribattuto niente. Ha accettato le tue parole e se n'è andata. Per essere il comportamento di una che fosse innamorata di te come diceva di essere, mi è sembrato un po’ strano. Specialmente se avesse pensato davvero che tu ne ricambiassi i sentimenti".

"M-ma ... che mi dici di Ladybug?" chiese Adrien alle sue scarpe. Non poteva alzare lo sguardo per guardare Plagg. Non ci riusciva.

"Che c'entra lei?" disse Plagg. "Non ti ha respinto abbastanza?"

Adrien sospirò. "Lo so. Ma io la amo." Guardò Plagg che ricambiò lo sguardo inarcando un sopracciglio. "La amo davvero, lo sai. Se per caso tu avessi ragione, io mi sarei innamorato di due ragazze. Non è possibile!"

Plagg gli lanciò un'occhiataccia. Si fiondò nel suo armadietto e ne uscì con due piccole forme di Camembert, una per zampa. "So che sei una persona disgustosamente etica, Adrien, e che davvero non ce la fai a capacitarti di una cosa del genere. Ma uomini e donne hanno amato due, o a volte addirittura più di due, persone dell'altro sesso (e a volte anche del loro sesso) per millenni!" 

Guardò con affetto la forma di Camembert nella sua zampa destra. 

"Per esempio, questa deliziosa cremosità", continuò il kwami, "è del lotto che abbiamo comprato a New York. E' squisita e meravigliosamente puzzolente, al punto giusto. L'adoro e non vedo l'ora di mangiarla. Ma vedi quest'altra forma?" Adrien annuì. "È la mia forma stagionata preferita. L'ho lasciata stagionare per quasi sei mesi. Amo anche questa così tanto, e non vedo l'ora di mangiarla. Amo più l'una o l'altra? Non ne ho idea, mi piacciono entrambe allo stesso modo."

Adrien sbatté le palpebre e osservò il suo piccolo amico volare di nuovo nel suo armadietto ed emergerne nuovamente senza le sue preziose forme di Camembert. Il paragone di Plagg gli era sembrato sorprendentemente appropriato. "Potrei rimpiangere quello che sto per dire, ma il tuo discorso ha senso."

Plagg sorrise. "Certo che ce l'ha." Si mosse e iniziò a fluttuare proprio davanti ad Adrien, i suoi occhi verdi elettrici fissi fermamente in quelli del ragazzo, come se gli stesse scrutando l'anima. "Allora, cosa vuoi fare?"

"Riguardo a che?" 

Lo sguardo negli occhi di Plagg si fece più severo e Adrien non poté fare a meno di arrossire un pochino e stringersi le spalle.

"Riguardo alle informazioni che ti sono appena state fornite. Scommetto tutta la mia scorta di Camembert che ora Codini stia avendo un attacco di panico, dopo che ha scoperto che cosa ti ha detto quella bambina, e a cosa ti ha aperto gli occhi".

Adrien sbuffò. "Parli come se finora fossi stato cieco."

Plagg inarcò un sopracciglio. "Togli il 'come se'. Sei stato cieco finora, gattino."

Adrien si mise le mani nei capelli. Il cuore gli batteva follemente in petto. Cosa poteva fare? Aveva bisogno di tempo per digerire tutto il sovraccarico di informazioni che gli era stato dato. Ma allo stesso tempo non voleva aspettare. Una parte di lui voleva correre a casa di Marinette e stringerla tra le braccia. Ma l'altra parte era lì, a sussurrargli nell'orecchio che non fosse giusto, che il suo cuore non sarebbe mai stato tutto per Marinette, che la ragazza non si meritava un ragazzo che non poteva amarla completamente. L'altra parte di lui, tuttavia, stava ribattendo che magari a Marinette questo non importava. Dopotutto aveva già scelto il nome dei loro figli e aveva deciso che avrebbero avuto un criceto.

Come faceva a sapere che anche lui volesse un criceto?

"Non è giusto per Marinette. Non potrò mai amarla completamente, il mio cuore batterà sempre anche per Ladybug", dichiarò infine, più a se stesso che a Plagg.

Plagg sbuffò. "Perché non vai a dirglielo e lasci decidere a lei se le importa o no? Magari non le dispiace di fare a metà…" ribatté Plagg. Poi, distolse lo sguardo e aggiunse a voce bassissima, "soprattutto perché non c'è nessuno con cui fare a metà!"

"Che cosa?" disse Adrien, spalancando gli occhi per ciò che Plagg aveva appena detto.

Il viso di Plagg assunse un tono grigiastro. "Uh, non avresti dovuto sentirlo." Poi mormorò tra sé e sé. "Il tuo udito è di gran lunga migliore della tua vista."

"Ehi, ti ho sentito!", sbottò Adrien. Incrociò le braccia al petto e sorrise beffardo per l'evidente disagio di Plagg. "Cosa intendevi dire, che non c'è nessuno con cui fare a metà?"

Plagg gli lanciò uno sguardo così colpevole che Adrien non poté fare a meno di insospettirsi. Sollevò un sopracciglio e andò al computer. "Se me lo dici, Plagg, ti ordino quella costosa forma di Camembert che mi hai implorato di prendere da tre mesi a questa parte."

Plagg deglutì. "Non puoi farmi questo, Adrien, sai che non posso dirti niente!"

"Camembert stagionato da tre aaaaaaaaaanniiiiiiiiiii ..." Adrien girò lo schermo verso Plagg e gli mostrò un'immagine che raffigurava il formaggio di cui stava parlando, e sogghignò quando Plagg iniziò a sbavare sul pavimento. 

"Sei crudele, Adrien, chiederò alla Guardiana di cambiarmi portatore, tu sei troppo cattivo!"

"Click click cliiiick ..." Adrien si stava divertendo un sacco nel angariare Plagg, ma quello che il kwami ​​aveva detto aveva stuzzicato la sua curiosità e ora voleva sapere che cosa gli nascondesse. Aveva il presentimento che fosse un dettaglio importantissimo.

"Adrieeeeeen ... non essere così crudele, per favore! Vai da Codini e dille tutto. Dico solo che magari non le dispiacerebbe, ecco..." Plagg fece il broncio e guardò Adrien con occhi imploranti. Oh no, Adrien non sapeva resistere a quegli occhietti da gattino bastonato... 

"Questa volta ti salvi, Plagg, solo perché voglio seguire il tuo consiglio e andare da Marinette. Ma ne parliamo più tardi. Non mi arrendo questa volta." Adrien si avvicinò all'armadietto di Plagg e trattenne il respiro per aprirlo e prendere un paio di fette di Camembert da mettere nella tasca della camicia. Non si sa mai. Poi si voltò verso il suo amico peloso e disse: "Plagg, trasformami!" 

Per una volta, Adrien sentì il piccolo kwami nero sospirare di sollievo mentre veniva risucchiato dall'anello.

oOoOoOoOoOoOoOo

Adrien raggiunse quasi subito la boulangerie della famiglia di Marinette. Saltò giù dal tetto in un vicolo il più vicino possibile e rilasciò la sua trasformazione, tirando immediatamente fuori una fetta di Camembert dalla tasca della sua camicia per zittire Plagg.

Controllò a destra e a sinistra che non ci fosse nessuno in vista e, non appena Plagg ebbe finito di mangiare, si avviò verso la porta del negozio.

"Oh ciao, Adrien", lo salutò Sabine non appena entrò nel negozio. Il meraviglioso odore del pane appena sfornato gli arrivò alle narici, e ad Adrien sfuggì un piccolo sospiro mentre chiudeva gli occhi e respirava quel dolcissimo profumo.

"Buonasera, Madame Cheng," disse poi, con un piccolo sorriso. "Posso vedere Marinette per favore?"

Sabine alzò lo sguardo. "È di sopra con Alya, stanno tenendo la piccola Manon per la mia amica Nadja. Puoi raggiungerle se vuoi, sono sicura che Marinette sarà felice di vederti."

Adrien le sorrise, raggiante. "Grazie Madame!"

Sabine aprì il cancelletto che separava il lato clienti del negozio dalla cucina e gli fece cenno di passare. "Credo tu conosca la strada."

"Sì, grazie." 

Attraversò la cucina e fece un cenno al padre di Marinette che stava sfornando quello che sembrava un vassoio pieno di meravigliosi croissant appena sfornati (e l'odore era anche migliore dell'aspetto a dire il vero!)

"Oh ciao figliolo, è tanto tempo che non ci vediamo", lo salutò l'uomo.

"Buonasera, Monsieur Dupain; sì, è passato un po' di tempo!" Adrien non poté fare a meno di lanciare un'occhiata languida a quei croissant dal profumo divino. Tom dovette aver visto dove Adrien aveva buttato l'occhio, perché sorrise con orgoglio e prese alcune di quelle deliziose opere d'arte e le mise su un piccolo vassoietto di plastica, che piazzò diritto nelle sue mani.

"Ecco, portane qualcuno di sopra per le ragazze e Manon. E per te, ovviamente!" Poi Tom sollevò un sopracciglio vedendo che Adrien stava prendendo il portafogli dalla tasca dei jeans. "Non pensarci nemmeno, ragazzo mio. Offre la casa."

"Grazie, Monsieur Dupain!" Il sorriso genuino di Adrien fu come un dono. Tom ricambiò il sorriso e gli diede una pacca sulla spalla. 

"Adesso vai, figliolo. Sono sicuro che Marinette sarà felice di vederti."

Non ne sono troppo sicuro, pensò Adrien con un lieve sorriso mentre si lasciava la cucina alle spalle e raggiungeva l'atrio sul retro della boulangerie, iniziando a salire le scale per raggiungere l'appartamento dove viveva la famiglia di Marinette. 

"Quando arrivi su, apri direttamente la porta, è accostata," disse Tom dal piano di sotto. "Non credo che le ragazze ti sentirebbero se suonassi il campanello. Fai come se fossi a casa tua, figliolo, e vai direttamente da Marinette."

Adrien fece come gli era stato detto, e già dopo aver varcato la soglia dell'appartamento iniziò a sentire un enorme trambusto proveniente dal piano di sopra, dove sapeva che si trovasse la stanza di Marinette. Era la voce di Alya, e sembrava in preda al panico. 

"Respira, Marinette. Inspira. Espira. Inspira. Espira!"

"E' un DISASTRO, Alya! UN DISASTRO! La mia vita è rovinata!" Quella era Marinette. Adrien si chiese cosa potesse aver causato un tale disastro da rovinarle la vita. Bussò educatamente alla botola per accedere alla camera della ragazza prima di tirarla su. 

"Ciao, Marinette. Posso salire? Dovrei parlarti se non ti dispiace." Quando Marinette lo vide fare capolino dalla botola, emise un urlo straziante e svenne sulla sua chaise-longue. "Ho dei croissant da parte di tuo padre." Raggiante, mostrò il vassoio che aveva in mano ad Alya e Manon. La bimba strillò di gioia, ma non Alya, troppo occupata a sventolare Marinette.

"Dammi, dammi, dammi!" disse Manon, e Adrien entrò, si sedette a gambe incrociate sul pavimento e posò il vassoio, lasciando a Manon la scelta del primo cornetto da mangiare. Poi guardò Alya e Marinette.

"Come sta Marinette?" chiese ad Alya che gli lanciò un'occhiataccia. Uh oh… Adrien deglutì.

"Oh, non preoccuparti, si riprenderà presto. Che ci fai quì, Splendore?" Alya inarcò un sopracciglio quando Adrien si portò la mano libera alla nuca e sorrise nervosamente.

"Beh, ho fatto una chiacchierata al telefono poco fa con una 'signorina' che mi ha dato delle notizie molto interessanti", disse mentre il suo sguardo si fissava su Manon che stava finendo di mangiare il suo croissant. La bimba gli sorrise e lui le sorrise di rimando. 

"Non sei più triste", disse lei. "Forse puoi farle tu un po' di coccole a Marinette, allora. Era molto triste poco fa e ora sta dormendo."

Adrien arrossì peggio della tuta di Ladybug alle parole di Manon, ma Alya fece un sorrisetto trionfante mentre commentava: "Oh, sì, ma che bella idea, Manon." Lanciò ad Adrien uno sguardo furbo. "Vieni qui, Splendore." Gli fece cenno di avvicinarsi, ma sembrò un po' sorpresa quando Adrien si alzò e fece come gli era stato detto.

"Posso aiutare?" chiese educatamente mettendosi seduto sulla chaise accanto a Marinette. La ragazza era sdraiata a faccia in giù, e Adrien non capiva se fosse davvero svenuta o se stesse fingendo.

Alya si portò una mano al mento. "Beh, dipende", disse, gli occhi fissi al soffitto.

"Da che?" incalzò lui. 

Alya si portò di nuovo una mano al mento e impiegò un po' di tempo prima di rispondere. "Diciamo che dipende da se le cose che ha detto la 'signorina' fossero interessanti in senso positivo o in senso negativo..." Lanciò una rapida occhiata a Manon quando accennò alla "signorina" e poi il suo sguardo si fissò su quello di lui; e il suo cuore perse un battito. 

Ma grazie Alya. Gli aveva puntato contro i riflettori. Cavolo. Sentì una vampata di calore corrergli sul viso e si grattò di nuovo la nuca per il nervoso. Si piegò sulle gambe e puntellò i gomiti sulle cosce.

"Allora?" insistette Alya. 

Adrien non riusciva più a guardarla. Diede un'occhiata veloce a Marinette, che non si era proprio mossa, e poi a Manon che lo guardava con gli occhi spalancati in innocente curiosità. 

Sentì un'altra vampata di calore salirgli al viso.

"Sai che ti dico?" disse infine Alya, battendosi le mani sulle cosce. "Manon, perché non scendiamo a riportare il vassoio in cucina? Possiamo guardare i cartoni in TV e aspettare tua mamma."

"Ma ..." protestò Manon, ma Alya le lanciò uno sguardo deciso e sorrise.

"Dai che ci divertiamo. Ti racconto una storia se non c'è niente in TV." Manon non sembrava molto convinta, quindi Alya aggiunse in maniera sorniona, "una storia sugli unicorni!"

A questo, il viso di Manon si illuminò e un grande sorriso si diffuse sulle sue labbra. "Gli unicorni di Lala Land?" le chiese, tutta eccitata.

Alya le prese la mano e iniziò a scendere i gradini verso il soggiorno. Si fermò per un attimo e fece il segno del pollice in su ad Adrien, che si sentì diventare ancora più rosso.

"Wow, non avevo mai visto la tua faccia di quel colore, Splendore!" Alya fece una risatina nel notare il suo evidente imbarazzo, gli fece l'occhiolino e scomparve sotto la botola.

Adrien fissò la botola chiusa per un bel po'; il cuore gli batteva così follemente nel petto da sentire quasi un dolore fisico alla gabbia toracica. Poi il suo sguardo si spostò su Marinette sulla chaise-longue accanto a lui. Continuò a fissare i suoi codini, incerto su cosa fare. 

Ormai sapeva che la ragazza provava dei sentimenti nei suoi confronti. Sapeva che non stava più con Luka, perché glielo aveva detto Luka stesso, qualche tempo dopo il loro ritorno da New York. Adrien aveva ottenuto il permesso di partecipare a una prova con Kitty section e aveva chiesto a Luka come stesse andando con Marinette, curioso di sapere se fossero felici assieme. Luka gli aveva detto che non stava con Marinette, perché lei non lo amava e aveva rivolto ad Adrien un lungo sguardo pensieroso; Adrien non aveva capito perché in quel momento. Ma adesso era tutto chiaro. 

Deglutì e batté nervosamente le dita sul morbido tessuto della chaise-longue. 

"Marinette? Sei sveglia?" chiese con cautela. Quando non ottenne risposta, sospirò, le si avvicinò un di più e le prese la mano. Era la sua immaginazione o l'aveva vista sobbalzare leggermente? Adrien inarcò un sopracciglio e iniziò a giocherellare con la mano della ragazza, accarezzandone affettuosamente il dorso e portandola alle labbra. Poi la posò di nuovo, appoggiandola sulla sua coscia. 

"Quello che Manon mi ha detto prima mi ha sorpreso, sai?", iniziò a dire, non sapendo davvero come continuare. "Pensavo di non piacerti finché non ho parlato con lei. Credevo addirittura che ti avessi fatto qualcosa per metterti a disagio, e che tu mi tollerassi solo per far contenti Alya e Nino. Io…" le strinse la mano più saldamente "sono contento di essermi sbagliato."

Fece un grande sospiro e la guardò con decisione. Aprì la bocca e... il cuore gli entrò nelle orecchie. No. Non poteva dirglielo. Non ce la faceva. Lei era lì, sdraiata sulla chaise-longue, priva di sensi, ma lui non riusciva a dirglielo. Perché nel dirlo, anche solo a se stesso, anche solo a lei quando non poteva udirlo, lo avrebbe reso reale. Reale per lui. Sospirò di nuovo quando sentì il viso avvampare di nuovo. Le prese la mano e gliela strinse. Le lanciò un'altra occhiata preoccupata, ma lei non si era nemmeno mossa. 

"Marinette?" Cercò di scuoterle la spalla e così facendo la spostò e guardò il suo viso addormentato. Stava sorridendo. Il cuore di Adrien iniziò a fare acrobazie strane nel suo petto mentre continuava ad osservarla. Era così dolorosamente bella. Nel cercare di scuoterla per svegliarla l'aveva mossa leggermente e ora gli risultava più facile tenerle la mano e portarsela alle labbra, tenendo le sue mani a coppa su di essa. "Sei fantastica Marinette. Sei la persona più coraggiosa che conosco oltre a Ladybug. Mi sento così privilegiato di conoscerti e sono davvero lusingato che tu provi qualcosa di più dell'amicizia per me. Sei una vera amica, la mia Ladybug di tutti i giorni. Io…"

"Ma basta eh?" disse la voce di Plagg dalla tasca interna della sua camicia. Marinette sembrò di nuovo muoversi leggermente. Il piccolo kwami ​​nero uscì dal suo nascondiglio e iniziò a fluttuare davanti al naso del suo portatore, costringendolo a spostare lo sguardo dalla ragazza priva di sensi a lui. "Che aspetti a dirlo, che si faccia Natale?"

"Plagg!" sibilò Adrien guardandosi attorno con fare circospetto. "Ma che fai, torna nella mia tasca!"

Plagg guardò a destra e a sinistra, e poi la ragazza priva di sensi sulla chaise-longue. "Non vedo nessuna ragione per nascondermi, gattino. Sul serio, Adrien, chi credi di prendere in giro? Non sei capace di dirlo nemmeno quando è svenuta?"

"Plagg, se ti vede qualcuno, giuro che disdico l'ordine di Camembert che ho fatto ieri! E che cosa dovrei dire esattamente?" 

Lo sguardo beffardo negli occhi verde elettrico del suo kwami ​​era inconfondibile. "La. Verità. Non riesci a dire la verità, nemmeno a te stesso? A chi stai mentendo, Adrien? Certamente non a me, ti conosco troppo bene per darmela a bere!"

Il viso di Adrien diventò cremisi alle parole di Plagg. Deglutì e lanciò un'occhiataccia al suo piccolo kwami. "Cosa vuoi che dica? Di che verità parli?"

Plagg sorrise. "Parla Monsieur peperone. Dovresti guardarti in faccia, Adrien. Sei così rosso che non potresti diventare più rosso. Color aragosta!" Poi si zittì e incrociò le zampe sul petto minuscolo. "Oh scusa, mi sono sbagliato. Puoi diventare più rosso. Ma che stai cercando di rivaleggiare con Tikki?"

"Chiudi il becco," mormorò Adrien sottovoce. Lanciò un'occhiataccia al kwami e gli puntò contro un dito. "La amo, okay? Sono innamorato di lei. Con tutto il — voglio dire, con quasi tutto il cuore. Una parte del mio cuore batterà sempre per Ladybug. Mi sento proprio stupido in questo momento ma… l'ho detto okay? Amo Marinette. E non come un'amica, l'amo sul serio. Sei contento? L'ho detto! Io, Adrien Agreste, sono innamorato di Marinette Dupain-Cheng." 

Abbassò lo sguardo, sentendo ancora più sangue salirgli in viso, "Sono davvero stupido eh? L'ho respinta il giorno in cui mi confessò i suoi sentimenti come Chat Noir e mi sono sentito orribile. Ma da bravo cretino non ho capito perché. La amo, ok? Lasciami in pace!" 

Si mise le mani tra i capelli e si strinse su se stesso, mettendosi a fissare le proprie scarpe, mentre alcune lacrime ribelli gli uscivano dagli occhi, annebbiandogli la vista e facendo contorcere tutto quello che lo circondava quasi in una danza. Ma il cuore gli si fermò quando sentì una mano posarsi sulla sua schiena. Una mano che era decisamente molto più grande di quella di Plagg. 

Alzò la testa di scatto e sbatté le palpebre, guardandosi intorno stordito finché i suoi occhi verdi non incontrarono quelli blu della ragazza accanto a lui. Adrien impallidì, smise di respirare e spalancò la bocca. Plagg stava ancora fluttuando sopra la sua testa.

Plagg. Stava ancora. Fluttuando. Sopra la sua testa. Marinette era sveglia

Cacchio!

Plagg però non sembrava spaventato. Incrociò le zampe sul petto e lanciò un'occhiataccia a Marinette. "Quindi non eri svenuta", le disse. Marinette scosse la testa, quindi Plagg continuò: "Sei mai stata priva di coscienza da quando siamo arrivati?" Marinette scosse di nuovo la testa. Adrien deglutì; si sentiva la gola estremamente secca. 

"No. Ho pensato che se avessi fatto finta di essere svenuta, te ne saresti andato. Scusa." La ragazza arrossì e si nascose il viso tra le mani. "Non mi aspettavo che rimanessi o che iniziassi a parlarmi, e di certo non mi aspettavo che tu uscissi allo scoperto, Plagg..."

Alzò lo sguardo e lanciò a Plagg uno sguardo interrogativo. Le orecchie del piccolo kwami ​​nero si appiattirono sulla sua testa. "Il mio gattino è nei guai?" chiese con aria colpevole. Marinette arrossì e scosse la testa. Plagg si rilassò visibilmente. 

Ma che stava succedendo? Marinette si comportava come se conoscesse Plagg. Certo, Marinette aveva già conosciuto i kwami, vista la sua esperienza come Multimouse, ma non avrebbe dovuto conoscere Plagg così bene.

O forse sì? Quando Madame Mendeleiev si era akumizzata in Acchiappakwami lei aveva unificato Mullo e Plagg, no? Forse l'aveva conosciuto allora! Decise di agire con cautela. 

"Scusa, Marinette. Non volevo che lo scoprissi." Dopo aver parlato, si rese conto che Plagg non era l'unica cosa che Marinette aveva appena scoperto. Sentì di nuovo una vampata di calore salirgli al viso.

"Oh, ecco di nuovo l'aragosta!" Plagg sogghignò; Marinette e Adrien gli lanciarono un'occhiataccia.

"Plagg!" bofonchiò Adrien. Osò dare un'occhiata a Marinette, ma avrebbe preferito non averlo fatto perché lei lo stava guardando così dolcemente che lo fece quasi sciogliere in un brodo di giuggiole. Distolse subito lo sguardo. 

Marinette ridacchiò. "Cos'è che non volevi che scoprissi, micetto?"

Adrien impallidì e si portò una mano alla nuca, sorridendo nervosamente. "E-ecco, p-proprio quello. Beh, in realtà, neanche l'altra cosa."

"A proposito… non stavi scherzando prima? Dicevi sul serio?" gli chiese Marinette. 

Adrien si chiese quanto sarebbe stato difficile parlare con il cuore letteralmente in bocca. Deglutì un paio di volte e la sua gola era così secca che sentì quasi un click risuonarci dentro ogni volta. Non si fidava della sua voce per esprimere ciò che voleva, quindi si limitò ad annuire. 

"Davvero?" mormorò lei. Gli portò una mano vicino al mento e iniziò ad accarezzargli teneramente la guancia fino all'orecchio. Lui si ritrovò a sporgersi in avanti al suo tocco, attratto quasi come una calamita dal gesto affettuoso della ragazza, e si tirò istintivamente indietro, spaventato dalla propria reazione.

Gli ci volle un attimo, ma alla fine annuì. "Sì." La sua voce era roca e tremolante. "Pensavo non ti piacessi, quindi non ci ho mai provato, m-ma per me sei da tempo più che un'amica. È che non volevo essere respinto anche da te, e rovinare la nostra amicizia." Sentì la mano della ragazza premere con più forza sulla sua guancia. "E poi, come ho detto, c'è Ladybug. Mi... mi dispiace. Marinette. Anche se lei continua a respingermi, io continuo ad amarla. Non riesco a scegliere." 

Fece un respiro profondo e iniziò a parlare a raffica, per riempire il silenzio e nascondere il suo imbarazzo. "Ladybug avrà sempre una parte del mio cuore. Ma io amo anche te e non so come sia possibile amare due ragazze allo stesso modo. Plagg dice che è normale p—mmph!" non poté continuare però, perché Marinette gli afferrò con decisione il mento e premette le labbra sulle sue. Era solo un bacetto, le labbra si erano appena sfiorate, ma bastò perché un intero stormo di farfalle prendesse dimora nel suo stomaco e per fargli attraversare il corpo da 10 mila kilowatt di elettricità. 

"Beh, allora mi sa che stai iniziando a condividere la fortuna di Ladybug, micetto," disse lei. Adrien aggrottò le sopracciglia confuso. Ma la sua confusione svanì completamente quando Marinette disse a bassa voce, senza perdere contatto visivo nemmeno un secondo, "Tikki, trasformami." Un lampo di luce rosa, e la sua Lady era di fronte a lui. La ragazza gli sorrise ancora più calorosamente quando vide quanto si fosse spalancata la sua bocca. 

"Te l'avevo detto che non c'era nessuno con cui fare a metà, gattino," disse Plagg beffardo mentre Adrien stringeva Ladybug in un grande abbraccio. 

"Sei tu! Sei sempre stata tu, fin dall'inizio!" Continuò a stringerla a lungo, finché Ladybug — o per meglio dire Marinette — si districò dall'abbraccio e gli lanciò uno sguardo affettuoso. 

"Ti amo, micetto. Sei sempre stato tu." Abbassò lo sguardo e si passò le dita tra i capelli, sorridendo dolcemente. "Continuavo a respingerti per ... beh, per te. Poi anche Luka è entrato nell'equazione e ho cercato di amarlo, perché mi amava così tanto ma... dopo averti quasi perso a New York, ho dovuto rompere con lui perché..." Si fermò per respirare e si portò una mano al cuore mentre lo guardava timidamente. "Perché ho capito che non era solo una seconda scelta, ma una terza." Gli occhi di Adrien si spalancarono. "Non era giusto nei suoi confronti. Io... amavo te, Adrien, ma amavo anche Chat Noir e sapevo che se Adrien non ci fosse mai stato, avrei dato una possibilità al mio micetto. Ma non avrei mai potuto immaginare un mondo senza Adrien. Sarebbe stato un mondo senza il sole." 

Smise di parlare perché lui le portò una mano alla guancia. Lei lo guardò, con il volto un po' arrossato.  

"Milady? Potresti restituirmi Marinette, per favore?" chiese sorridendole teneramente. Lei arrossì ancora di più, ma rilasciò la trasformazione. 

"Perché hai chiesto di lei?" disse così piano che la sua voce era appena udibile.

"So che è stupido, che siete la stessa persona, ma… volevo dire a Marinette che la amo. La amo con tutto il cuore. E ... non vedo l'ora di vivere la vita che ha pianificato per noi." Ridacchiò e le diede un paio di gomitate ben piazzate, guardandola con aria furba. "A quanto pare avrei centinaia di regali che mi aspettano, in un... baule? E poi ... tre figli? Mi piace! Ho sempre voluto avere una famiglia numerosa. Adoro i nomi, tra l'altro. Emma, ​​Hugo e Louis. Ottima scelta, Milady. E un criceto. Ho sempre desiderato un criceto. Un criceto di nome... "

Ma non riuscì a finire, perché Marinette si chinò verso di lui e lo zittì con un bacio. La sua felicità era completa... finché Adrien non sentì un piccolo clac e gli si ghiacciò il sangue nelle vene.

"Ewwwwwwww ... zia Alya, avevi ragione, si stanno baciando!" disse la vocina di Manon con tono disgustato. "Zia Sabine? Le devi cinque euro. E lo zio Tom gliene deve dieci!"

Adrien e Marinette si separarono più velocemente di quanto Ladybug potesse dire "Lucky Charm" e arrossirono come peperoni.

"Manon! Che ci fai qui?" chiese Marinette mentre Adrien si portava una mano alla nuca. Manon finì di entrare dalla botola e dietro di lei spuntarono le facce di Alya e Sabine. 

"Sta arrivando la mia mamma, Marinette. Dovevo prendere la cartella", disse la bimba. Poi guardò Adrien, che si sentiva ancora il sangue al viso, e gli sorrise. "E tu non mi hai ancora detto perché eri triste."

"Manon!" la rimproverò Marinette. "Non sono affari tuoi!"

Manon guardò Marinette innocentemente. "Ma lui aveva chiamato il tuo numero e stava piangendo, Marinette."

"Uh. Davvero?" disse Marinette con fare meravigliato e lo guardò preoccupata. La mano di Adrien tornò di nuovo sulla nuca.  

"Cos'è successo, Splendore? Di solito non chiami Marinette in lacrime", chiese Alya. 

Adrien distolse lo sguardo dagli occhi preoccupati di Marinette e incontrò altre due paia di occhi preoccupati, quelli di Alya e Sabine. Erano entrambe sedute sulla chaise-longue, Alya accanto a Marinette e Sabine accanto a lui. Manon stava raccogliendo lo zaino, poi si mosse verso di lui e gli si mise di fronte, guardandolo con gli occhi sgranati. 

 "Ecco, vedi… penso che per puro caso sia successo che io abbia chiamato il tuo numero senza volerlo. Piangevo perché mio ​​padre mi ha di nuovo barricato in casa quando ho chiesto di prendere parte al progetto di gruppo; ha detto che devo sbrigarmela da solo." La mano di Adrien era ancora nervosamente appoggiata sulla sua nuca mentre lo sguardo del ragazzo sprofondò e arrossì in volto. 

"CHE COSA?" dissero Marinette e Alya all'unisono.

"Non dovrei nemmeno essere qui." Alzò lo sguardo. "M-ma sono sgattaiolato fuori dopo aver parlato con Manon, perché non potevo aspettare di tornare a scuola. Mio padre ha detto che non posso tornare finché non avrò finito il progetto." 

Abbassò la testa e afflosciò le spalle, ma non ebbe troppo tempo per commiserarsi, perché Marinette lo abbracciò forte, il che lo fece sentire un po' meglio. Ma fu quando guardò Alya che Adrien si spaventò. Se gli sguardi avessero potuto uccidere a distanza, suo padre sarebbe un uomo morto, perché Alya non era solo arrabbiata. Era livida. Non aveva mai visto Alya più fuori di sé. E Adrien apprese in quel momento che una Alya arrabbiata era uno spettacolo davvero spaventoso.

"MA CHE ST… impatico!" ruggì Alya, correggendosi forzatamente dando un'occhiata a Manon. Allo stesso tempo, Marinette si districò dall'abbraccio e sbottò: "Non glielo lasceremo fare, Adrien!" 

Perfino Sabine aveva i pugni che tremavano per la rabbia. 

"Ma poverino!" disse, accarezzandogli delicatamente i capelli. Adrien si spostò un pochino per avvicinarsi inconsciamente alla donna più anziana, grato per il suo gesto materno che gli aveva dato una piacevole sensazione di calore. "Sei sicuro che tuo padre non l'abbia detto nella foga del momento, ma non dicesse sul serio?" 

"Ne sono sicuro, Madame Cheng. Mio padre era serissimo," disse lui, e sospirò.

"Chiamami Sabine, ragazzo mio."

All'improvviso, la voce di Tom rimbombò dal piano di sotto. "Manon! E' arrivata la tua mamma!" Sabine si asciugò le mani sul grembiule e si alzò con un sorriso.

"Penso che Marinette e Alya possano aiutarti a trovare una soluzione, caro. Io nel frattempo porto giù Manon." Sabine iniziò a scendere le scale verso l'appartamento, facendo cenno a Manon di seguirla. "Andiamo, Manon. Non facciamo aspettare la mamma!"

Manon guardò Adrien e lo abbracciò forte forte. "Dai che Marinette ti aiuta con tuo papà, non preoccuparti." 

Le lacrime riempirono di nuovo gli occhi di Adrien mentre ricambiava l'abbraccio della bambina. "Grazie, Manon. Per tutto quello che hai fatto!" le sussurrò all'orecchio. 

Lei lo guardò sgranando gli occhi. "Ma io non ho fatto niente!"

"Hai fatto più di quanto pensi", disse lui, guardando Marinette con tenerezza. Marinette arrossì fino alla radice dei capelli. Quindi Adrien si girò verso Manon e le sorrise, raggiante. "Sai che ti dico? Dimmi cosa vuoi e te lo faccio avere."

"DAVVERO?" Manon gridò di gioia nel vedere che Adrien annuiva. "Posso avere Chat Noir?"

Gli occhi di Adrien si spalancarono e un sorriso nervoso gli apparve sulle labbra. "Uh, Chat Noir?"

"Una bambola. Una bambola di Chat Noir, Adrien. Non il vero Chat Noir!" disse Marinette con un sorriso forzato, dandogli una gomitata. Adrien spalancò gli occhi quando capì cosa intendesse Manon. 

"Aaaah. Capito. Va bene, Manon, vedrò cosa posso fare."

 La bimba lanciò un gridolino di gioia, gli diede un altro abbraccio e un bacino sulla guancia e corse al piano di sotto.

"Hai appena reso Manon molto felice, Splendore", commentò Alya con un sorriso.

Adrien ricambiò il sorriso. "Non così felice come lei ha reso me," ammise arrossendo, mentre con il braccio cingeva la vita di Marinette e se la attirava più vicino. Anche Marinette arrossì come un pomodoro. 

"Troveremo una soluzione, vero?" chiese infine lui.

"Allora," iniziò Marinette e si portò un dito al mento, guardando attentamente lo spazio vuoto di fronte a sé. Poi allungò la mano e iniziò a contare sulle dita. "C'è il telefono, le e-mail, tu hai uno scanner... e poi..." Lo guardò e gli prese la mano destra, iniziando a giocherellare con il suo Miraculous all'anulare. Spostò lo sguardo in modo molto eloquente verso il suo lucernario, e poi di nuovo verso di lui. "Sì, la soluzione la troviamo. Non farai il progetto da solo, te lo prometto." Poi lo abbracciò e aggiunse, sussurrandogli nell'orecchio: "Ho sentito dire che i gatti possono uscire dalle finestre e… un certo gatto nero sarà sempre il benvenuto in questa stanza, non importa che ore sono." Gli fece l'occhiolino.

Lui rise e la strinse in un abbraccio ancora più forte. "Ecco perché ti amo, Marinette!" 

Sentì le labbra della ragazza incurvarsi in un sorriso sul suo collo. "Spero non sia l'unica ragione", disse scherzosamente, e lui le toccò la fronte con la sua, le mise le mani sulle guance e la baciò. 

In sottofondo, Alya fece un gridolino e scattò una foto. Anche più di una. 

E un video. 

Per il servizio del matrimonio, ovviamente.

Fine

 


 

Nota dell'autore:

Questa storia è dedicata alla mia amica e beta francese, Etoile-Lead-Sama su FFN. L'altro giorno si sentiva un po' giù e aveva bisogno di un abbraccio e di una risata. Il mio bimbo di 5 anni mi ha vista scrivere sul cellulare e mi ha domandato con chi stessi parlando. Gli ho detto che la mia amica era molto triste, e lui ha iniziato a mandarle messaggi vocali per cercare di tirarla sù di morale. Il che mi ha dato l'idea di questa storia! Poi ho letto il prompt “telefono” sul gruppo h/c e ho pensato… perfetto! Spero vi sia piaciuta ^^ Se vi è piaciuta, potete ringraziare il mio bimbo :D

Fatemi sapere nei commenti cosa vi ha fatto ridere di più (perché ovviamente c'è parecchio di cui ridere in questa storia, anche se si tratta in senso lato di hurt/comfort emozionale). Alla prossima!

   
 
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