Serie TV > Il paradiso delle signore
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Autore: arabesquessence    20/03/2021    0 recensioni
Capitolo VI.
Luciano trascorre la sua prima festa del papà insieme a Carlo e Clelia.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La nuova vita dei Cattegaris'
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“Sono a casa!”
Clelia si sfilò i tacchi all’ingresso depositando le chiavi nello svuota tasche di cristallo e si diresse in cucina con entrambe le braccia cariche di buste, sacchetti e soprabito.
“Ecco i miei due uomini di casa.”
“Mamma!” Carlo saltò giù dallo sgabello su cui era in piedi e le corse incontro abbracciandola. La donna depositò gli acquisti a terra, si chinò e lo strinse a sé scompigliandogli i ricciolini. Carlo le stampò un bacio sulla guancia.
“Cosa combinate voi due? C’è un profumino di cena sui fornelli che si sente quasi dal pianerottolo.”
“Stiamo facendo il ragù!”
“Ah questo lo vedo bene.” Carlo aveva un angolo della bocca impiastricciato di salsa al pomodoro e briciole di pane, le maniche della camicia rimboccate e indossava un grembiule più grande di lui. Sembrava un piccolo Luciano in miniatura.
E Luciano, che era intento a mescolare con un cucchiaio di legno il contenuto della pentola, si girò per mandarle un bacio volante.
“Amore, scusa ma non posso distrarmi.”
“Infatti vedo che è molto concentrato, ragioniere. Non vorrei essere proprio io la causa di una cena bruciata.” Alzò le mani in segno di resa per poi spostare lo sguardo sul manuale aperto sul ripiano in marmo. “È per caso il ricettario che ti ho regalato quello?”
“Non te l’ho detto che grazie a quel libro sto valutando la possibilità di cambiare lavoro e aprire un ristorante?”
“Le mie voglie a qualsiasi ora del giorno sarebbero grate di avere un cuoco in casa. Ma sono anche diffidenti nei confronti di chi ha bisogno di un ricettario per preparare il ragù.”
Carlo, che nel frattempo continuava a scrutare insistentemente i sacchetti, li interruppe per guadagnarsi tutta l’attenzione della madre. “C’è qualcosa per me lì dentro?”
Clelia gli sorrise con espressione vaga. “Dipende. Hai fatto i compiti?”
“Sì!” annuì deciso il bambino.
“Posso confermare. Mi ha ripetuto a memoria Trieste per tutto il pomeriggio. Trentasei volte. Nemmeno Umberto Saba saprebbe recitarla così bene.”
Clelia sfiorò il volto di Carlo con una carezza. “Allora prima di andare a dormire me la farai sentire. Sai che anche la mamma ha studiato quella poesia a scuola?”
“Nessuno vuole sentire La Ginestra di Leopardi?” intervenne Luciano. Una delle mie preferite. L’ho-”
“L’hai recitata per conquistare la tua compagna di banco. Sì me lo ricordo. Mi ricordo anche che ti ha bocciato.” Clelia si morse un labbro tentando di mascherare l’imminente risata.
“Però ho preso un bel voto. Evidentemente lei non sapeva apprezzare abbastanza la poesia.” Con espressione saccente, Luciano si portò il cucchiaio di legno alla bocca per assaggiare il ragù ustionandosi la lingua e urtando la mensola del mobile soprastante con la testa.
“Evidentemente.” Gli fece eco Clelia con una punta di ironia. Aprì uno dei sacchetti estraendo un fascicolo e lo porse a Carlo. “Te l’ho preso oggi a lavoro. È una raccolta di fiabe sonore in forma di 45 giri. Ho pensato che, dato che hai già divorato le Favole al telefono di Rodari e ora che abbiamo un giradischi in casa, potremmo ascoltarle insieme. O forse sei diventato troppo grande per questo?” Ma era consapevole che il bambino non avrebbe mai rinunciato al racconto della buonanotte nonostante nell’ultimo periodo, conscio del fatto che a breve sarebbe diventato un fratello maggiore, gli piacesse ribadire “Ormai sono grande” “Non sono più un bambino piccolo”.
Come previsto infatti Carlo sfilò il fascicolo con il disco dalle mani della madre pieno di entusiasmo.
“Grazie! Voglio ascoltarlo subito!”
“Tra poco è pronta la cena. Più tardi, va bene? E magari insieme a questi.” Clelia estrasse da una seconda borsa un sacchetto di gianduiotti.
Gli occhi di Carlo si illuminarono. Poi sembrò ricordarsi qualcosa di importante all’improvviso. Tirò la madre per una manica del vestito invitandola ad abbassarsi e mise una manina vicino al suo orecchio per parlarle.
“Adesso posso prendere il regalo per papà?” sussurrò.
Clelia gli sorrise intenerita. “Certo, amore. Ti ricordi dove l’abbiamo messo?”
“Certo!” esclamò Carlo. “Torno tra un po’…devo…devo fare una cosa.” Si slacciò in fretta il grembiule lanciandolo sul tavolo della cucina e sgattaiolò via misterioso lungo il corridoio, sparendo in qualunque delle stanze si fosse prestata a nascondiglio perfetto per il regalo.
“Sono tre giorni che non sta nella pelle, non vedeva l’ora che arrivasse la festa del papà.” Clelia posò i cioccolatini sul tavolo e la borsetta e il soprabito sullo schienale di una delle sedie e si avvicinò a Luciano appoggiandosi al bancone e osservandolo cucinare.
“Ho notato.” Luciano sorrise. “Oggi era talmente euforico che, pur avendo sostenuto almeno una decina di volte che non avrebbe aperto bocca perché era una sorpresa, sembrava quasi che mi stesse supplicando di chiedergli cosa fosse.”
Clelia scoppiò a ridere. “Tipico di Carlo durante le occasioni speciali che prevedono regali e sorprese. Però quest’anno ha un motivo in più per essere così felice ed entusiasta. Ha te. E non è una fortuna che capita tutti i giorni.”
Il ragioniere si pulì le mani sul grembiule e le si parò davanti cingendole la vita e baciandola. “Credimi. Quello fortunato sono io.”
Clelia gli sorrise ma il suo volto sembrò adombrarsi.
“Tutto bene?” Luciano le sollevò il mento con l’indice. “Te lo leggo negli occhi che qualcosa ti preoccupa.”
La donna sospirò. “A volte ho paura che Carlo sia cresciuto troppo in fretta. Ha vissuto situazioni pesanti per un bambino della sua età. Pesanti da digerire per chiunque, in realtà. E non passa giorno senza che io mi chieda se ha davvero elaborato il lutto del padre, se ne soffre. Se io come madre l’ho aiutato a superare questo, e tutto il resto, nel modo giusto. Lui non ne parla praticamente mai, solo i primi tempi mi faceva domande. Ma naturalmente non ho mai potuto raccontargli i dettagli.”
“Tu hai fatto un lavoro eccezionale.” Luciano le afferrò la mano stringendola. “Di questo non devi dubitare. Mai. E le decisioni che hai preso sono state ragionate prima di tutto per il suo bene, a volte rinunciando alla tua felicità. Forse è vero, forse assistere a determinate situazioni lo ha fatto crescere prima del tempo, ma è un bambino estremamente intelligente e pieno di risorse. Non sottovalutare la sua forza. E non sottovalutare la tua.”
“È vero, è capace di sorprendermi. Lui e Oscar non sono mai stati molto legati e l’assenza paterna la sentiva anche quando era vivo. Ho cercato di proteggerlo dall’ennesimo dolore ma qualche giorno dopo la sua morte, Carlo mi ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere sul fatto che in realtà lui aveva ben chiara la situazione e forse a dover elaborare ero io e non lui. Ma l’ha detto con una semplicità tale che è stato disarmante. Mi ha detto Mamma, papà è in cielo adesso così gli angeli potranno insegnargli ad essere buono e tu non piangerai più per colpa sua. E tu sei arrivato al momento giusto. Hai salvato me e hai colmato il vuoto di Carlo. Non riesco ad immaginare un esempio migliore di uomo per lui. Sono contenta che ti abbia nella sua vita.”
Luciano le asciugò delicatamente col pollice una lacrima che le rigava la guancia e le prese il volto tra le mani.
“Non posso cancellare il passato, non ne ho nemmeno la pretesa, ma tu sei una madre eccezionale e molto coraggiosa. E se quando torno dal lavoro so che troverò l’energia e il sorriso contagioso di Carlo ad aspettarmi pronti a alleviare la stanchezza o a raddrizzare una giornata storta è merito tuo che gli sei stata sempre stata accanto nel modo migliore.”
“Grazie.” Clelia tirò su col naso e si asciugò col dorso della mano gli occhi arrossati. “Non so come tu faccia, ma sai sempre trovare le parole giuste. E sei paziente. Avevo quasi dimenticato da quante emozioni potesse essere sopraffatta una donna incinta nel giro di pochi minuti.” Rise tra le lacrime.
Luciano le stampò un bacio sulla bocca e prese un pezzetto di pane dal ripiano della cucina intingendolo nella pentola. “Allora, donna incinta con gli ormoni impazziti, assaggia, anzi assaggiate, e dimmi cosa ne pensi.” La imboccò. “E se nemmeno il mio ragù riesce a tirarti su il morale, guarda cos’ha lasciato il postino stamattina.”
Clelia si ripulì gli angoli della bocca con il mignolo. “Niente male, ragioniere. Forse avrei aggiunto un pizzico di sale in più.” Passò la lingua sulle labbra. “Cosa dicevi del postino?”
Luciano le indicò un angolo del tavolo della cucina su cui era riposta una scatola bianca. “Ha avuto un gran da fare oggi. Ha lasciato un po’ di cose…compresi il telegramma di risposta di Vittorio e quel pacco per te.”
Il voltò di Clelia si illuminò non appena mise a fuoco il marchio inconfondibile del Paradiso delle Signore stampato sulla scatola.
“È già arrivato?! Che tempestività. Ho parlato con Federico solo un paio di giorni fa.” Si avvicinò euforica e la aprì scostando la carta velina che ne avvolgeva il contenuto e rivelando il tessuto lillà.
Sollevando l’abito per tirarlo fuori dalla scatola, si accorse del cartoncino accanto scritto a mano.
Grazie per il prezioso sostegno e per aver creduto in noi fin dal primo momento. Anche a distanza, continua a dimostrarsi sempre molto cara nei nostri confronti e tutte noi le siamo riconoscenti e la portiamo nel cuore ogni giorno ricordando i suoi insegnamenti. Ci manca molto, ma auguriamo a lei e al ragioniere di essere finalmente felici come meritate. Con affetto, le sue Veneri.
Clelia rilesse quelle parole sfiorando con l’indice le firme delle ragazze e della stilista finché la vista non si appannò nuovamente dalle lacrime.
“Le Veneri?”
Clelia annuì con un cenno della testa e passò a Luciano il cartoncino.
“Ti mancano molto, vero?”
“Non mi pento della nostra scelta, ma in circostanze diverse avrei voluto essere io a parlare loro di questa situazione, sapevo che avrebbero capito. Ma il tempismo non è stato a nostro favore purtroppo. Mi mancano, sì. Mi sento un po’ come una mamma per loro, le ho viste entrare al paradiso per la prima volta, piene di sogni e speranze, le ho consolate, le ho viste crescere, raggiungere traguardi… sono orgogliosa delle donne che sono diventate. E sono orgogliosa di vedere come lottano per difendere diritti e abbattere preconcetti che in una società in evoluzione non dovrebbero più esistere.”
“Una madre orgogliosa che conserva i ritagli di giornale nell’agenda insieme ai disegni di Carlo.” Precisò Luciano sorridendo.
“Sono pur sempre le mie ragazze.” Fece spallucce Clelia con fare di ovvietà. “Non posso essere lì con loro, ma è bello avere una testimonianza di come stanno cercando di rivoluzionare il mondo.”
“Sostenere il Paradiso dopo il primo articolo che è uscito e tutto ciò che ne è conseguito era il minimo.  Anche Vittorio ci ringrazia.”
“Non tutti sono aperti al cambiamento. O per lo meno, non sono ancora pronti.”
“E non tutti sono pazzi come noi due.” Rise Luciano.
“O follemente innamorati come noi due.” Gli fece eco la donna.
“Comunque voglio vedertelo addosso.” Luciano indicò il vestito che Clelia stringeva al petto.
“Acquistarlo era un modo per supportarle ma non credo si addica ad una donna nel mio stato. O della mia età.”
“Sciocchezze. Toglieresti il respiro con quell’abito. In effetti, pensandoci, potrei persino essere geloso. E comunque, puoi sempre indossarlo per me.”
“Vedremo…” gli rispose lei con aria furba ripiegando il vestito nella scatola.
“Vedremo.”
“Secondo te dovrei andare a controllare cosa sta combinando Carlo?”
Quasi rispondendo alla domanda della madre, Carlo rientrò in cucina correndo pochi secondi dopo. Si fece spazio prepotentemente tra loro posizionandosi davanti a Luciano.
“Per te da parte mia e della mamma.” Gli porse un regalo che aveva tutto l’aspetto di essere stato incartato dal bambino stesso e ritagli di cartoncino colorato assemblati che fungevano da biglietto. “Questo l’abbiamo fatto oggi a scuola. Ma ho dovuto incollarlo di nuovo perché mettendolo nella cartella si sono staccati dei pezzi.” Si giustificò.
Luciano posò momentaneamente il regalo sul tavolo e gli fece una carezza sulla testa. “Grazie Carlo. Hai avuto, anzi, avete avuto un pensiero bellissimo. Guardo il biglietto prima?”
“Sì!” rispose energicamente il bambino.
Luciano si sedette prendendolo in braccio sulle sue ginocchia e aprì il biglietto.
Al mio papà. Ma è bellissimo!” Luciano gli diede un bacino sulla guancia e sorrise intenerito e col cuore riscaldato.
“Questi siamo noi.” Carlo indicò le sagome ritagliate nel cartoncino. “Ti ho fatto anche gli occhiali.”
Luciano scoppiò a ridere. “Ho visto, grazie.”
Clelia si accomodò su una sedia accanto a loro e si sporse sbirciando. “E questo che vola cos’è, un dinosauro? Di quelli con le ali?”
“Ma no! È la cicogna che porta il fratellino!”
Clelia trattenne una risata scambiandosi uno sguardo con Luciano che sogghignava di nascosto coprendosi la bocca con una mano. “Scusa amore, hai ragione! Non so proprio come ho fatto a non pensarci.”
“Dai scarta il regalo ora!” Carlo era impaziente di vedere la reazione del ragioniere. “Così la puoi sostituire alla vecchia valigetta!”
“Carlo!”
Clelia sgranò gli occhi e il bambino si portò le manine alla bocca. “Ops.”
 
 
***
 
La serata trascorse piacevolmente. Carlo insistette per apparecchiare in sala da pranzo, come in ogni occasione speciale che si rispetti. A cena terminata, Luciano aiutò Clelia ad asciugare i piatti lavati e si accomodarono poi sul divano in soggiorno per ascoltare Carlo recitare la poesia e guardare uno sceneggiato in televisione, ma non prima di aver collaudato il giradischi con la raccolta di favole da aggiungere ad una selezione di dischi lasciati dai precedenti proprietari della casa.
 
Luciano, appoggiato alla testiera del letto e già in tenuta da notte sbuffò con la fronte corrugata mentre ricontrollava alcune carte di contabilità che si era portato dall’ufficio. Una rughetta gli si formò tra le sopracciglia, come ogni volta in cui era pensieroso o preoccupato.
Quasi non notò l’ingresso di Clelia nella stanza, ma il rumore della porta che le si richiudeva alle spalle lo risvegliò dal mondo dei numeri in cui era sprofondato.
Alzò lo sguardo e, non appena la vide, si sfilò gli occhiali con la mascella che era già irrimediabilmente caduta per terra. La squadrò da capo a piedi richiudendo la bocca solo per deglutire e rendersi conto che oltre al respiro non aveva più nemmeno saliva. La seguì con lo sguardo mentre lei si aggirava con falsa indifferenza per la stanza riponendo gli acquisti del pomeriggio.
Luciano allungò un braccio tastando con la mano il comodino per appoggiare i documenti che stava consultando, senza però staccare gli occhi da Clelia, ma prese male le misure e per poco non perse l’equilibrio ribaltandosi giù dal letto. Si aggrappò al comodino issandosi nuovamente sul letto e ricomponendosi.
“Se cercavi un modo per sbarazzarti di me che non prevedesse la banale cena avvelenata, beh ci sei quasi riuscita.”
Clelia si voltò a guardarlo. “Ah ti riferisci a questa?” noncurante richiuse l’anta dell’armadio e si sedette alla specchiera spazzolandosi i capelli. “Una sciocchezza che ho comprato oggi, oltre ad abiti prémaman. Lo sai che inizia ad andarmi stretto quasi tutto il guardaroba? Diventerò enorme, sei ancora in tempo per fuggire.”
Clelia si alzò, raggiunse il comò ed aprì uno dei cassetti estraendo il piccolo contenuto e nascondendolo dietro alla schiena.
Luciano rimase in silenzio ad ammirarla con gli occhi che luccicavano nella penombra della stanza, illuminata solo dalla luce fioca dell’abatjour. Clelia indossava una morbida sottoveste corta in strati di velo color crema con l’arriccio sotto al seno e la stoffa che ricadeva leggera sottolineando la pancia, inserti e bordature in pizzo che lasciavano intravedere la pelle chiara, spalline ricamate, scollo a v profondo e l’orlo che arrivava a metà coscia.
“Ho capito non ti piace. L’avevo detto alla commessa che non era adatta al mio stato e che mi ingrossa trop-” ma Luciano non la lasciò finire la frase e non appena fu abbastanza vicina la circondò con le braccia atterrandola sul letto insieme a lui.
“Carlo dorme?”
Clelia, stretta a lui, soffocò una risata contro la sua spalla, continuando a nascondere le mani dietro la schiena e dimenandosi mentre lui le faceva il solletico, ma sempre estremamente delicato e attento a non urtare la pancia e pronto a impedire a Clelia di fare movimenti bruschi.
“Non per molto se non la smetti!” le sue parole erano sconnesse e per quanto si sforzasse di mantenere un tono di voce basso per non svegliare l’intero palazzo, si lasciò sfuggire dei gridolini.
“La smetto solo se non lo fai mai più.”
“Cosa?”
“Dubitare di quanto sei bella.”
Con le mani di Luciano che la percorrevano ovunque, solleticandola e insinuandosi anche sotto la stoffa della sottoveste, Clelia era ormai paonazza in volto, i capelli le ricadevano disordinati sul letto e sul viso, rideva contro il collo di Luciano più che respirare e gli occhi le lacrimavano.
“Va bene, lo prometto! Basta, mi arrendo! Smettila!”
Luciano fermò quell’assalto e Clelia riuscì ad alzarsi mettendosi in ginocchio sul materasso.
Il ragioniere, incuriosito, la imitò cercando di raggiungerla e sbriciare dietro alla schiena.
“Cosa nascondi?” ma Clelia si scansò divertita invitandolo a sedersi di fronte a lei con un cenno della testa.
“Non sia così impaziente ragioniere, non è da lei. E mi faccia parlare.” Lo redarguì scherzosamente.
“Addirittura un discorso preparato? La questione si fa interessante.”
“Allora. Carlo ed io abbiamo pensato di regalarti la valigetta perché quella che hai è alquanto sgangherata. Però oggi, passando in merceria, ho trovato un secondo regalo.”
“Questo lo vedo.” Disse squadrandola e ammiccando.
“Oh cielo… va bene, allora diciamo un terzo regalo. Del resto questa è una festa del papà un po’ speciale.”
Per la gioia di Luciano si decise a tendere le braccia verso di lui rivelando sui palmi delle mani due scarpine bianche dal minuscolo punto all’uncinetto, con i bordini in pizzo sangallo e i nastrini giallo pastello.
Luciano rimase nuovamente senza parole nell’arco di pochi minuti e restò a fissarle prima di incrociare lo sguardo di Clelia e rendersi conto di non essere l’unico con gli occhi lucidi.
“Ti piacciono?” Clelia inclinò la testa guardandolo. “Mi sembrava il giorno giusto per iniziare a comprare qualcosa per lui, o lei.”
“Sono bellissime.” Luciano le rigirò tra le mani con la voce rotta. “Fa un certo effetto riprendere in mano articoli da neonati dopo tutto questo tempo. Però rende tutto più reale e non solo un meraviglioso sogno.”
Luciano restituì le scarpine a Clelia, che se le portò al viso socchiudendo gli occhi come ad accarezzarle le guance. “Tieni un attimo. Voglio farti vedere una cosa.”
Il ragioniere si alzò dal letto raggiungendo l’armadio. Aprì un’anta e da uno scaffale in alto prese una scatola rotonda color verde acqua con un fiocco sul coperchio. Tornò a sedersi a gambe incrociate sul letto e la posò tra lui e Clelia.
“Il postino ha lasciato anche questa oggi. Aprila.”
“Per me?”
“Per noi. Ma io non ho saputo resistere alla curiosità. Soprattutto perché è da parte di Federico.
“Federico?” Clelia sorpresa sciolse il nastro con le mani che le tremavano per l’emozione.
“Sì, c’è il biglietto in fondo. A quanto pare non ha spedito solo il vestito di Gabriella. Non lasciarti ingannare dal marchio del Paradiso sulla scatola, non arriva da lì.”
Clelia sollevò lentamente il coperchio scostando i lembi della carta velina che avvolgeva il contenuto e la sua bocca assunse la forma di una “o” di stupore e meraviglia nascosta poi dalle mani che portò al volto.
“Tu non li puoi riconoscere ma io sì.” Clelia non si azzardava a sfiorare il contenuto come per paura che fosse troppo prezioso e delicato, così Luciano pescò il biglietto in fondo alla scatola e glielo porse.
La donna lesse silenziosamente e mentre sorrideva una, due, tre lacrime caddero prontamente assorbite dalla filigrana del cartoncino.
 
Qualche giorno fa sono stato a cena a casa nostra dalla zia Ernesta. Cercavo un libro, ma in fondo al vecchio armadio di Nicoletta ho trovato alcune scatole in cui la mamma ha conservato vestitini di quando eravamo piccoli. Stefania mi ha aiutato a sceglierli e a incartare il regalo. Siccome non sappiamo se sarà un maschio o una femmina, abbiamo pensato di mettere insieme un po’ dei miei e un po’ di quelli di Nicoletta, nella speranza che vi faccia piacere riceverli. In fondo tra fratelli ci si presta le cose, giusto?
Vi abbraccio forte, a presto.
Federico.
 
“È un pensiero splendido.” Riuscì a dire infine sopraffatta dall’emozione. Tornò a rivolgere l’attenzione al contenuto della scatola rigirando tra le mani con delicatezza un abitino elegante bianco foderato in tulle con i bottoncini sul retro e il colletto ricamato da piccole roselline gialle. Lo accostò alle scarpine sul letto e incrociò lo sguardo di Luciano.
“Secondo me questo potrebbe tornarci utile.”
“Dici davvero?!” Luciano sgranò gli occhi.
“Ho ragione di crederlo. Non so…è come un sesto senso. Forse è solo una suggestione dovuta al fatto che noto differenze tra questa gravidanza e quando aspettavo Carlo.”
“Una bambina tutta nostra, ci pensi?” Si sporse ad abbracciarla stretta affondando le mani tra i capelli della donna e il volto contro il suo collo. La fece dondolare per poi scostarsi appena e rivolgere l’attenzione al vestitino che Clelia stringeva ancora tra le mani. “Sai che questo Nicoletta l’ha indossato per un matrimonio? Magari…è un segno.”
“Luciano tu corri troppo.” Ripose con cura l’abito insieme agli altri vestitini e spostò la scatola in un angolo del copriletto. “Però chissà…” gli sventolò davanti la viso la mano sinistra con la fede che Luciano le aveva regalato per San Valentino. “Magari in un futuro non troppo lontano a queste ne aggiungeremo due più ufficiali.”
Luciano rigirò la fede che aveva al dito sorridendo. Clelia si stese sopra le coperte sprofondando con la testa tra i cuscini e gli prese la mano invitandolo a coricarsi accanto a lei. Il ragioniere si accoccolò con il capo su di lei, tra il suo cuore il pancione.
“Pensavo di chiamare Federico domani. Per ringraziarlo.” Clelia gli passò una mano tra i capelli giocherellando con alcune ciuffi.
“Gli farà senz’altro piacere. Io l’ho sentito oggi, ha chiamato per farmi gli auguri e assicurarsi che fosse arrivato tutto a destinazione. A dire il vero è stata proprio una giornata ricca di telefonate.”
“Nicoletta?”
“Sì, e Margherita. E la zia Ernesta per mettermi al corrente che sabato torna a Lecco. Stefania rimarrà a Milano e si trasferirà nell'appartamento accanto agli Amato e Ernesta ha ritenuto opportuno elencarmi tutti i modi più consoni per ricavare soldi dalla casa." sbuffò. "Comunque, sai che Margherita parla anche francese ora? Le ho insegnato a dire cocco gloss.”
“Ma Luciano, cocco gloss non è francese…” Clelia si batté un palmo in fronte approfittando del fatto che non poteva vederla. “Nicoletta come sta?”
“Mi è sembrata più tranquilla dell’ultima volta che l’ho sentita. Nonostante Margherita col morbillo, la notizia di Federico… e nonostante casa loro si sia trasformata in un rifugio ultimamente.”
“Che vuoi dire?”
“Oltre a Silvia, c’è anche Marta là con loro. Non ha preso bene la notizia che le ha dato Umberto.”
“Mi dispiace. Spero che questo non guasti la serenità.”
“No, con Silvia e Nicoletta hanno parlato per un bel po’ in questi giorni ma il loro rapporto non è cambiato. Poi c’era Riccardo a confortarla. Federico stesso mi ha mi ha detto che Marta era contenta di saperlo suo fratello. Tra l'altro Nicoletta mi ha anche confessato che Riccardo al contrario ha reagito freddamente nei confronti del padre ma vorrebbe invitare Federico a Parigi per parlare con lui e assicurarsi che non ci siano divergenze irrisolte. È Umberto che Marta incolpa.”
“Immagino poverina, avrà sconvolto anche lei. Non è una notizia che si apprende con leggerezza. Ma sono convinta che con il tempo le cose si aggiusteranno. E tu hai due figli meravigliosi, chiunque sarebbe felice di averli accanto in famiglia.”
“È vero. Lo hanno dimostrato più volte anche con noi. Sono capaci di molta comprensione.”
“Chissà da chi hanno preso.” Clelia gli sfiorò lo zigomo col pollice. “I figli sorprendono in continuazione. E hanno sorpreso anche me, non mi aspettavo di ricevere così tanto affetto. Anche la telefonata di Nicoletta appena ha saputo i motivi della decisione di andare via da Milano…mi ha scaldato il cuore.”
“Ma Nicoletta ti è sempre stata molto affezionata, lei aveva capito la situazione ancor prima che le parlassi e l’ha accettata. E Federico nutre grande stima nei tuoi confronti. Ci ha messo un po’ di più ad abituarsi ma poi l’ha accettato e si è schiarato dalla nostra parte senza esitare quando avevamo bisogno. Del resto, chiunque sarebbe felice di averti in famiglia.” Le fece eco Luciano. “Forse, piano piano, persino Silvia. L’ho sentita decisamente più serena a Parigi.”
“Si è rivelata una donna buona e comprensiva in più occasioni. Non pretendo il perdono o che metta da parte ogni tipo di divergenza, ma mi piacerebbe che ci fosse un’atmosfera pacifica e non di freddezza tra noi durante future interazioni. Soprattutto ora che questa strana, grande famiglia sta per allargarsi.”
Luciano circondò il pancione di Clelia con un braccio depositandole un bacio e accostando la testa più vicino nella speranza di avvertire per la prima volta anche il più piccolo e leggero movimento.
“Ma non chiedermi di diventare amico di Guarnieri.”
“Luciano, non voglio che diventiate amici, si tratta solo di essere pragmatici. Probabilmente ti capiterà di incontrare ancora Umberto Guarnieri in futuro. E tu, con tutta la pacatezza che ti contraddistingue ti mostrerai con lui l’uomo razionale che sei. Come hai sempre fatto.”
“Potrei, molto razionalmente, prenderlo a pugni.”
“Non sarebbe da te. E non avresti bisogno di ingaggiare una lotta per la conquista dell’amore di Federico. È tuo figlio, l’hai cresciuto tu e sceglierà sempre te. E per quanto Umberto Guarnieri possa essere un abile manipolatore, Federico ha una sua testa con qui ragionare. Anche adesso che non ci sei tu a supervisionare. Guarnieri potrebbe avere tutto il campo libero che vuole, ma per sua sfortuna l’affetto dei figli non si compra con i soldi.”
“Allora sei veramente una santa.”
“Perché sopporto le tue paranoie? Avevi forse dei dubbi?” rise scompigliandogli i capelli.
“Perché fai passare le mie paranoie.”
Clelia sbadigliò.
“Hai sonno?”
“Un po’.”
Luciano si alzò infilandosi sotto le coperte imitato da Clelia.
“Vieni qua.” Le fece segno di sdraiarsi accanto a lui ma lei gli si accoccolò direttamente sopra e appoggiò la testa sul suo petto, lasciandosi cullare dal suo respiro, dal ritmo regolare del suo cuore e dalla mano di Luciano che le accarezzava i capelli sistemandole una ciocca dietro l’orecchio. Rimasero così per alcuni minuti.
Lui avrebbe voluto dirle che un secondo di più e col suo peso avrebbe perso la sensibilità del corpo, anche se non voleva rinunciare a quel contatto e al suo buon profumo. Era bello osservarla dormire, avere il privilegio di vederla così tenera e indifesa stretta a lui, e avere la sensazione di proteggerla, come se Clelia non si sentisse al sicuro in nessun altro posto come tra le braccia di Luciano.
“Clelia?”
“Mh?” mugulò con la voce impastata dal sonno in balia del dormiveglia.
“Niente. Buonanotte.” Le baciò la fronte, tirò meglio la coperta su entrambi coprendole le spalle nude e si addormentò abbracciato e lei e con una mano sul pancione.
   
 
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