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Autore: Little Firestar84    21/03/2021    7 recensioni
Dopo essere sparito dalla circolazione per oltre dieci anni, l'Occhio di Ebe, un gioiello dedicato alla dea della Giovinezza, oggetto che potrebbe rivelare alle sorelle Kisugi il luogo dell'eterno riposo del padre scomparso, ricompare sulla piazza per essere esposto a Tokyo, sotto la supervisione dell'Ispettrice Nogami... e quando Occhi di gatto avverte la polizia del suo intento, a chi rivolgersi per assicurarsi che le misure di sicurezza siano effettive? Ma a City Hunter, ovviamente!
Peccato che L'occhio non sia il semplice oggetto che tutti pensano, e nasconda un potere ben più particolare, che riporterà Kaori indietro, nel corpo e nella mente, al momento in cui la sua vista ha preso una svolta decisiva...
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: De-Aging | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Kaori si svegliò quando il sole iniziò a baciarle la pelle chiara. Aveva caldo, e avvertiva un peso contro il proprio corpo, ed un braccio, protettivo, la tratteneva per la vita.

All’improvviso, gli avvenimenti della notte precedente le tornarono alla mente con una forza prorompente, e col volto arrossato, la ragazza sollevò il viso, timida, e incontrò il viso maturo. 

Ryo. 

Lo sweeper stava dormendo, in pace, e Kaori fu tentata di sollevarsi leggermente e sfiorarlo; i capelli ribelli lasciavano trasparire sul cuoio capelluto una profonda cicatrice: come se l’era fatta? Aveva sofferto? Lei gli era stata accanto? Lo aveva medicato?

Gli occhi scivolarono lungo i lineamenti del viso virile: leggere occhiaie – da quello che aveva capito dalle chiacchierate con gli altri membri del loro “gruppo di amici” (faceva fatica ad accettare di avere degli amici, ma ancora poi così tanti, e così particolari!) aveva capito che era uno abituato a fare le ore piccole, sia per lavoro che per divertimento. 

Sottili Rughe d’espressione, che non facevano altro che far aumentare il suo fascino di “uomo maturo”, per quanto fosse ancora abbastanza giovane. 

Pelle naturalmente olivastra, chissà, forse non era un Giapponese puro sangue, ma soprattutto, la bocca.

Kaori si morse le labbra e sospirò, fissando quella bocca succulenta, carnosa. Quelle mezzelune la tentavano, e lei era come stregata, calamitata verso quel frutto proibito. 

Non aveva mai baciato un ragazzo. 

Non sapeva come si facesse- anche se immaginava che l’istinto avrebbe sopperito a quella mancanza – ma soprattutto non sapeva cosa avrebbe provato. 

O, se non avesse resistito alla tentazione, cosa Ryo avrebbe detto se si fosse svegliato. Come avrebbe fatto a guardarlo ancora negli occhi se non lo avesse fatto. 

Sospirò di nuovo, coprendosi meglio, e fissando il soffitto. Non per la prima volta si chiese cosa ci facesse lei con Ryo: perché vivere insieme? Certo, lui diceva che erano soci, ma da quello che aveva capito lo era stato anche con Hide, e non avevano certo vissuto insieme. La cosa la turbava…no,  turbata non era la parola giusta. Era… curiosa? Nemmeno. Semplicemente, non la comprendeva. Come si giustificava quando portava a casa uno spasimante? E Ryo, cosa diceva alle donne che frequentava? Accettavano così facilmente la presenza di una ragazza con cui lui non aveva legami di sangue?

Aveva il vago sospetto che lui le stesse nascondendo qualcosa, un qualche dato fondamentale, ma temeva il modo in cui avrebbe potuto incanalare il discorso, e come lui avrebbe potuto svicolare. 

Nel sonno, Ryo borbottò qualcosa, e la strinse ancora più forte. Kaori, invece, rifuggiva il riposo, incapace di capire cosa volesse e se lo potesse avere o meno. 

E soprattutto, se volesse tentare di averlo….

 

Nella settimana successiva presero una routine a cui, tuttavia, erano già parzialmente abituati, nonostante Kaori non lo ricordasse; dopo la storia della tinta ai capelli (nonostante non fosse esattamente quello il motivo per cui si era arrabbiato con lei), la ragazza aveva dato segno di essere abbastanza matura da sapersi gestire da sola. Ryo aveva perciò accettato un paio di casi, nonostante il senso di preoccupazione che lo attanagliava comunque, continuando ad andare col pensiero a quella ragazzina che a casa cucinava e puliva esattamente come la vecchia Kaori: aveva lavorato anche con un uomo, aveva lasciato che i clienti dormissero da Mick, e non aveva fatto il donnaiolo con nessuna. Non ci riusciva, era troppo perso nel suo mondo interiore.

Parte di lui era sollevata: ormai mancavano solo pochi giorni a quando, se Rui non si fosse sbagliata, sarebbe tornato tutto come prima, e già lui avvertiva un senso, una parvenza della loro vecchia vita insieme. 

Eppure, c’era qualcosa che lo opprimeva, una sensazione al cuore, come una stretta che avvertiva ogni volta che lei lo guardava di sfuggita, sperando… in che cosa? Non lo sapeva nemmeno lui. E Ryo non era nemmeno certo di volerlo sapere  se doveva essere sincero. 

Aveva continuato a guardarla dormire di notte, un paio di volte si era anche coricato sopra le coperte abbracciandola, mentre lei, nel sonno, piangeva, o era preda degli incubi, E Ryo viveva quei momenti con sentimenti contrastanti: se da un lato  Kaori- la sua Kaori, la donna adulta- gli mancava, dall’altro si chiedeva se lei gli avrebbe mai permesso tanta familiarità; negli anni era sempre stata lei a consolare lui, a raggiungerlo quando il suo cuore era tormentato da qualcosa. A parole lui non era mai stato troppo bravo, nessuno gli aveva nemmeno mai insegnato come si dimostrasse di tenere a qualcuno, e col carattere che aveva non era mai stato chissà che a consolare. 

Quello era sempre stato il ruolo di Kaori. 

E adesso si stavano invertendo le parti. 

E per di più, lui non sapeva davvero come comportarsi con lei. Gli era diventato dolorosamente chiaro che, al pari della Sugar di tanti anni prima, anche questa si fosse presa una sbandata – anzi, forse stavolta era anche peggio. Tanti anni prima Kaori aveva solo visto attimi, spruzzi del brav’uomo che Ryo si era sempre rifiutato di essere, ma diversamente, si era comportando facendo battutacce, il cascamorto con tutte, sfottendola… adesso, forse per l’amore che aveva coltivato per lei negli anni, o forse perché sentiva quanto lei avesse bisogno, nonostante lo negasse apertamente, Ryo era stato un cavaliere dalla lucente armatura, uomo disponibile, a tratti forse anche romantico.

Kaori si stava nuovamente innamorando di lui. E lui non sapeva come gestire la cosa- non lo aveva mai capito con la versione adulta, lo sapeva ancora meno con quella adolescenziale. 

Grattandosi il capo, Ryo, a tarda notte, finalmente aprì la porta di casa.  Difendere, su incarico di Saeko, quell’inventore da strapazzo lo aveva aiutato a distarsi per un po’, ma adesso che tornava a casa la battaglia interiore iniziava nuovamente da capo. E cosa peggiore di tutte: la luce che filtrava da sotto la porta ed il mormorio del televisore indicavano che lei fosse ancora sveglia. 

Pregò con tutto sé stesso che non volesse parlare, che non volesse intavolare una discussione. 

Pregò che fosse magicamente tornata sé stessa, nonostante sapesse che fosse troppo presto, perché Kaori gli mancava, gli mancava tutto di lei, anche e perfino le martellate che si beccava in testa, quel sintomo di quella gelosia un po’ malata, che mai avrebbe ammesso di provare. 

Alzò gli occhi al cielo, borbottando tra sé e sé, lamentando la sua vita ingrata, e percorse la distanza che lo divideva dal divano dove lei era seduta, avvolta in un plaid morbido, a guardare un film; sullo schermo, due protagonisti, giovani, pistole in pugno, sul tavolino, candele, bibite e popcorn.

“Che guardi?” le chiese, spaparanzandosi accanto a lei sul divano, ma a debita distanza onde evitare tentazioni – quel profumo di vaniglia lo stava soffocando, gli ottenebrava la ragione, era come se esistesse lei e lei sola - e afferrando una manciata di pop-corn. Senza farsi problemi, Ryo parlò con la bocca piena. La vecchia Kaori ci era abituata, quella giovane, doveva capire che lui non era quell’emblema di perfezione romantica che si stava immaginando. 

“La spia che mi amava,” ammise lei, mettendosi in bocca una manciata di pop-corn. Ryo alzò un sopracciglio, guardandola bene: aveva una casacca bianca addosso. Lieto che fosse un thriller, o comunque un film di azione, e poi James Bond era accettabile, Ryo, braccia incrociate, si mise a seguire il film con lei. 

A circa metà del film, però, iniziò ad intuire che qualcosa non stava andando esattamente come pensava: le loro mani si erano più volte casualmente sfiorate nella ciotola dei pop-corn, e lei era la prima volta arrossita, timida vergine inesperta, ma le volte successive, sempre arrossita, gli aveva però lanciato un timido sorriso; Kaori continuava ad avvicinarsi a lui, lentamente ma inesorabilmente, ora il fragile e delicato corpo era praticamente attaccato al suo; la coperta era lentamente scivolata, lasciando intravedere ciò che fino ad un attimo prima aveva celato, ovvero non la casacca di un pigiama ma una camicia da uomo, una sua camicia, che la ragazza chiaramente indossava senza reggiseno, un dato di fatto certificato da quei bottoni lasciati aperti che gli permettevano di intravedere la valle tra i due seni. 

E poi era successo il patatrac. 

Sullo schermo, Roger Moore amoreggiava con la sua bella, un focoso bacio in cui si lasciava intendere che lui stesse rimuovendo gli abiti della donna, una scena che suggeriva l’amplesso che sarebbe seguito. Ryo, ormai digiuno di sesso da tanto, troppo tempo, che nemmeno aveva potuto indulgere nel piacere solitario da quando lei era tornata adolescente, terrorizzato a dismisura di essere scoperto, avvertì il suo membro guizzare nei boxer, solleticato dalla visione di quella maglietta aderente che veniva alzata mentre gli amanti a malapena riuscivano a staccarsi l’uno dall’altra. Avvertì su di sé lo sguardo di Kaori, e si fece piccolo, piccolo, chiuse gli occhi, aspettando che lei lo punisse per il suo comportamento lascivo, ma non accadde nulla. 

Riaprì le iridi scure, stupefatto da cosa vide davanti a sé, ed il suo cuore perse un battito, o forse tutti quanti. 

Lei lo stava fissando, il labbro tremulo, le gote arrossate, il respiro che flebile le lasciva la bocca. Sembrava febbricitante, e forse lo era. La coperta era scivolata del tutto a terra, e ora lei gli stava davanti con indosso solo una camicia che le arrivava fino a metà coscia, e forse nient’altro.

Stava lì, fissandogli la bocca. 

Stava lì, una mano alla gola, quasi temesse che il respiro le sarebbe venuto a mancare. 

Stava lì, con il cuore che le batteva a mille, il fiatone quasi avesse corso una maratona, il seno, acerbo ma già degno di nota, che si abbassava e si alzava con un ritmo convulso. 

Ryo non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Lui era l’adulto, lui era l’uomo maturo: sarebbe toccato a lui mettere a posto quella situazione, ma non era certo di riuscirci. 

Kaori si morse il labbro, mentre, con lo sguardo, lo accarezzava, studiando ogni suo muscolo, il tessuto teso dei capi, la pelle che immaginava calda sotto ai suoi polpastrelli. 

Gli occhi color nocciola arrivarono al basso ventre, dove la sua erezione stava minacciando di sfuggire al controllo dello sweeper, e lei ebbe un sussulto. Ryo voltò lo sguardo altrove, arrossendo un po’, sperando che quella visione, il comprendere che tipo d’uomo fosse, uno guidato dai più bassi e infimi istinti carnali, l’avrebbe fermata, ma invece che una secchiata d’acqua fredda, quella visione fu come una scarica elettrica per la libido della giovane fanciulla. 

Kaori si mise a carponi sul divano, protendendosi verso di lui, e Ryo tentò la fuga, ma lei era già sopra di lui, che gli allacciava le braccia al collo,  e gli stava a cavalcioni; l’intimità della fanciulla, a malapena celata da un leggiero slip di pizzo blu notte, sfregava contro il cavallo dei jeans di lui. 

Mentre Ryo apriva e chiudeva i pugni ai fianchi, cercando di controllare il proprio bioritmo, lei si abbassò su di lui, e l’uomo avvertì il fiato caldo all’orecchio, mentre lei faceva scorrere le dita affusolate nella sua criniera scura. Abbassò una mano, che andò sulla maglietta attillata rossa, posandosi sul cuore dello sweeper. 

“Lo so cosa dicono, Ryo… che ci vogliamo ma che siamo tutti e due troppo timidi o spaventati per fare la prima mossa, ma…” prese una pausa, e gli morse il lobo. A Ryo mancò il fiato, mentre tutto il suo sangue si riversava nel suo membro d’acciaio. “Io voglio te, e tu vuoi me… lasciamoci andare, solo per stanotte…”

La camicia si abbassò, e Ryo ebbe la conferma al 100% che no,  Kaori non indossava il reggiseno. Prese un profondo respiro, singhiozzando, possedendo ora la certezza matematica assoluta che sarebbe andato all’inferno, e che, ben fosse stato in Paradiso, Maki lo avrebbe raggiunto per torturarlo per bene. 

Non avrebbe dovuto. Non era in sé. Era solo una ragazzina. 

Ma ogni volta che se lo ripeteva, la mente gli ribadiva che quella era Kaori. Lo era sempre stata. 

La voleva. Ma una volta ottenuto ciò che da anni anelava, avrebbe ancora potuto guardarla negli occhi?

No. 

Kaori lo amava. Lo aveva amato da ragazzina, di un amore adolescenziale. E quell’amore con gli anni era cresciuto e maturato: quando le loro labbra si erano cercate attraverso quel freddo vetro, Kaori era ormai divenuta la sua donna da tempo- nel nome se non nel corpo. Lo aveva atteso. Si era dedicata a lui. Si era…. Promessa a lui. Conservata per lui. Ryo non l’avrebbe derubata della sua – loro- prima notte in quel modo, con una scopata sul divano mentre lei era prigioniera di un corpo adolescenziale e prona ad agire in base ai picchi ormonali. 

Con rinnovata decisione, le pose le mani sulle spalle, e la spinse giù da sé. Kaori si sedette sul lato opposto del divano, mentre lui si alzò, e nella penombra andò a versarsi un bicchiere di whisky, poi tornò da lei. Le si sedette davanti, sul tavolino, cercando di afferrarle le dita, ma lei mise le mani in grembo, volgendo lo sguardo altrove, umiliata, ferita, vergognosa. 

“Kaori…” lui iniziò, passandosi una mano tra i capelli. Cercava le parole adatte. Non voleva ferirla. Non voleva mentirle. “Kaori, ascolta. Io… io ti amo ma…”

“Ma cosa?” gli domandò, quasi stizzita, la voce stridula ed acuta, che rimbombava nell’appartamento in cui vivevano soli. “Se mi ami perché non mi vuoi dare quello che entrambi vogliamo? Ho sentito cosa dicono, Ryo! L’altro giorno al Cat’s Eye Kasumi spettegolava con Reika, credevano che non le sentissi… hanno detto che io… che io sono ancora vergine perché ti aspetto, ma che tu preferisci andare dietro a tutte le altre!”

“No, non è così!” col cuore a mille, le mise le mani sulle spalle, obbligandola a guardargli di nuovo negli occhi: Kaori doveva sapere. Doveva capire che non stava mentendo. 

“Okay, forse lo era prima, ma, credimi, io so cosa voglio, ed è te… cioè, lei… insomma, io ti voglio Kaori,” Ammise lui, abbassando lo sguardo, come se fosse timido, e passandosi una mano nei capelli. “E anche tanto, da impazzire, ma non così. Non ora. Non quando non sei la mia Kaori.” 

Le mise una mano sulla nuca, e lei sospirò, e finalmente cercò gli occhi di lui: grandi, caldi, pieni di emozione, sembravano scuro miele. 

Lei gli si gettò addosso, nascondendo il viso nell’incavo del collo di lui, che prese ad accarezzarle i capelli, soffici e morbidi proprio come ricordava, come aveva a lungo fantasticato. La strinse forte a sé, cullandola fino a che non credette che si fosse addormentata. Fece per prenderla in braccio per portarla a letto, ma Kaori lo strinse con maggiore forza, lasciandogli nella pelle il segno delle unghie. 

“Ryo… lo supplicò, con le lacrime nella sua dolce ed innocente voce. “Ryo, promettimi che non te ne dimenticherai. Che mi ami e che mi vuoi. Promettimi che non scapperai più..” 

Fece cenno di sì, senza dire una parola, e la strinse forte. La cullò ancora, e ancora e ancora e ancora, fino a che lei non cadde addormentata. La portò nel suo letto, e rimase a vegliarla, consumando una sigaretta dopo l’altra, fino alle prime luci dell’alba.

Nel cielo, c’era l’ultimo quarto di luna. 

Se Rui avesse avuto ragione, la notte successiva lei sarebbe tornata da lui. 

E forse, sarebbe tornato tutto com’era prima – o forse, finalmente, avrebbe avuto ciò che da anni entrambi desideravano: non più Ryo, non più Kaori… ma Ryo e Kaori.

 
   
 
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