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Autore: kagome123    24/03/2021    3 recensioni
Scritta di getto dopo aver rivisto più volte il 20° episodio della serie di Hanyou no Yashahime. C’è un momento in cui Shiori, sola su una rupe, riceve notizie dai suoi pipistrelli servitori della presenza, nella foresta ad ovest, di un bambino mezzo demone che soffre. Il mio pensiero è andato subito a Moroha e su come stesse trascorrendo quegli anni nella tribù dei demoni lupo.
Ecco cosa la mia mente malata ha partorito.
Buona lettura ^^
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ayame/Koga, Inuyasha, Kagome, Moroha
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Eredità




 
Koga avanzò in direzione dell’uscita della grande tana dove lui e la sua compagna Ayame usavano riposare.
L’odore dei ciliegi in fiore arrivò forte e chiaro alle sue sensibilissime narici di demone lupo.
Sospirò, alzando gli occhi al cielo per poi spostarlo verso la vallata sottostante.
Tre cuccioli, che lui conosceva benissimo, correvano e urlavano, incuranti del fatto che fosse da poco spuntata l’alba. 
La voce di uno di loro in particolare risuonò forte e chiara alle sue orecchie, facendolo ridacchiare. 
“Kai! Dannato, lupastro! Questa me la paghi!”
‘Sebbene non abbia mai conosciuto suo padre, ogni giorno che passa quella ragazzina me lo ricorda sempre più. ’ Disse tra sé e sé, avanzando lentamente e fiero verso il gruppetto.
Erano trascorsi ben 9 anni da quando Hachi-san, il demone procione compagno del venerabile monaco Miroku, l’aveva portata da loro, ancora in fasce, per affidarla alle cure e alla protezione di tutta la tribù dei demoni lupo.
E, sebbene tutti sapessero, cuccioli compresi, che lei fosse per un quarto demone cane e, per giunta, figlia di uno dei più grandi rivali del loro capo tribù, era stata subito accettata e trattata come se fosse sempre stata una di loro. 
“Buon giorno, cuccioli!” Urlò, richiamando l’attenzione dei ragazzini, i quali interruppero subito i loro giochi e chinarono il capo.
Tutti tranne una. 
La bambina ne approfittò subito per recuperare ciò che sembrava essere il motivo di tutto quel trambusto.
Una particolarissima conchiglia di madreperla che lui conosceva molto bene.
“Buongiorno anche a te, Moroha.” Continuò il demone lupo, guardando la ragazzina con un dolce sorriso.
Moroha rispose educatamente al saluto per poi chinare, leggermente imbarazzata, il capo.
“Giorno anche a voi, Koga-sama” 
“Kai, dovresti smetterla di darle fastidio. Non sei un po’ troppo cresciuto per dei giochi così infantili?” Continuò il demone, rivolgendosi al giovane demone lupo ormai adolescente dal pelo rossiccio e gli occhi azzurri.
“Ma… padre! Questa volta non è colpa mia! Ha cominciato lei!” Azzardò, prendendo subito la parola.
“Lei? E cosa ti avrebbe rubato, di grazia?”
“Una buona parte della mia collezione di pietre appuntite!” Disse, diretto e puntando il dito verso Moroha con fare accusatorio. “E la cosa va avanti da parecchi mesi!”
“E’ la verità, Moroha?” 
La bambina fece una smorfia di disappunto. Poi, portata una mano nella tasca destra, tirò fuori 5 pietre appuntite e di forma triangolare.
“Mi dispiace, Koga-sama. Ma… c’è un motivo per cui ho dovuto agire in questo modo. Un motivo molto valido!”
“E quale sarebbe?” 
 “Ne avevo bisogno per costruire delle frecce!” Disse, diretta.
“Delle frecce?” Domandò, curioso e sorpreso.
“Si, Koga-sama! Sono ormai mesi che Moroha si esercita in segreto nella foresta dell’ovest!” Urlò il terzo ragazzino.
“Si! E fa cose parecchio… strane!” Completò Kai.
“Strane?” Ripeté il demone lupo adulto, confuso. 
“Già! Perché non lo fai vedere anche a lui, Moroha?” La incitò Kai, con tono di sfida.
Moroha gli ringhiò contro, stizzita e arrabbiata.
“E va bene! Ho capito! Venite tutti con me!” Urlò per poi cominciare ad avviarsi.
Koga, ora curioso e confuso più che mai, non poté fare altro che seguirli.  

 
 
Dopo circa 10 minuti di cammino, il gruppo giunse nelle vicinanze di un grande albero sulla cui corteccia vi era disegnata una grande figura stilizzata e con delle x per ogni punto debole del corpo.
Moroha fece qualche passo verso un cespuglio lì vicino. Dopo aver frugato al suo interno, recuperò un arco e delle frecce.
Koga sgranò gli occhi.
La piccola Moroha doveva averci lavorato su per parecchio tempo e, sebbene l’aspetto non fosse decisamente dei migliori, era riuscita, con le proprie forze, a costruirsi un’arma funzionante e versatile. 
E tutto questo completamente da sola.
“Verso l’inizio dello scorso inverno, durante la sessione si caccia serale, sono stata attaccata da un demone lucertola. Mi sono difesa dai suoi attacchi finché ho potuto, poi, esausta e ferita, mi sono portata le mani al volto e ho chiuso gli occhi. Ero sicura che fosse giunta la mia fine ma, quando li ho riaperti, ho capito che lo avevo disintegrato.” Spiegò, prendendo improvvisamente la parola.
“Aspetta un attimo. Tu sei stata…. Attaccata?! Quando è successo?! E, soprattutto, per quale motivo io non sono stato messo al corrente di questa cosa?!” Urlò il capobranco, osservando, arrabbiato, il figlio a pochi metri da lui.
“In realtà nessuno di noi lo sapeva, padre. L’abbiamo capito il mattino seguente quando è tornata alla tana comune ricoperta di graffi, sangue e terra!” Si giustificò il ragazzo, muovendo velocemente le mani. “E poi, in quel periodo, voi e la mamma eravate impegnati, quindi, io non ho potuto…”
"Kai. Tu sei mio figlio. Tu devi essere i miei occhi e le mie orecchie quando io non ci sono, hai capito?!” 
“Ma, Koga-sama. Alla fine Moroha è tornata sana e salva e…”
“Tu stai zitto, Haru! So benissimo che è anche colpa tua se Kai non mi ha riferito nulla!” Disse rimproverando il ragazzino dal ciuffo scuro di fronte a lui e che sapeva benissimo essere il miglior amico del figlio.
Passarono alcuni minuti di silenzio poi Koga riprese la parola.
“Fammi capire meglio, Moroha. Quando quel demone ti ha attaccato, sei riuscita a disintegrarlo con il solo tocco delle tue mani?”
Moroha fece di sì con la testa.
“È stato un attimo. Una sensazione stranissima. Una forza che non avevo mai provato.” Spiegò.
“Hai ereditato il suo potere spirituale, quindi…” 
“Potere spirituale. Il vecchio Myoga aveva ragione, dopotutto.” Commentò la bambina, in un sussurro. 
“Il vecchio demone pulce ti ha spiegato come convogliare questo tuo potere usando arco e frecce?”
“Spiegato. Certo. Magari lo avesse fatto! Alla fine ho dovuto fare tutto da sola!” Disse, seccata, con un grosso gocciolone sulla fronte.
 “E allora fammi vedere ciò che hai imparato, Moroha!” Ribatté, serio e senza staccare lo sguardo da lei.
Moroha lo guardò, sorpresa.
Davvero qualcuno era interessato a quello che faceva?
Si, lei non era un demone lupo e questo lo sapeva benissimo.
Però…
Sebbene un po’ tutti l’avessero accettata e trattata sempre come una di loro, mai nessuno aveva mostrato interesse per le sue passioni. 
I suoi interessi.
I suoi pensieri.
O le sue… paure. 
Si, all’interno della tribù aveva molti amici tra i giovani demoni lupo con cui parlare, giocare, scherzare. 
Kai e Haru erano tra questi.  
Però, non sempre veniva capita e così, non poteva fare altro che isolarsi, sgattaiolando lontano dalle tane e dalle terre dei demoni lupo. 
Per esplorare. 
Per imparare. 
Per curiosare.
C’era qualcosa dentro di lei che la faceva sentire diversa.
E poi c’era il vecchio Myoga che, di tanto in tanto, le raccontava storie sui suoi veri genitori e le loro rispettive famiglie.
E questo la incuriosiva parecchio. 
“L’arco non è ancora perfetto. Quindi non so se riuscirò a scoccare più di una freccia.” Disse, imbarazzata, mentre brandiva l’arco e allontanava velocemente quei pensieri dalla sua mente.
“Non importa. Voglio solo che tu colpisca una volta l’albero di fronte a te.” Ribatté il demone lupo, indicando la figura abbozzata sul grande tronco. 
“Devo colpire qualche punto in particolare?”
“A te la scelta. Fammi vedere di cosa sei capace, Moroha.”
A quella frase una sensazione di orgoglio e di sfida la invase. 
Era finalmente venuto il momento di mostrare a tutti il frutto dei suoi duri allenamenti. 
E non poteva chiedere spettatori migliori. 
Chiuse gli occhi fino ad entrare in uno stato di profonda concentrazione. 
Una leggera ma potente aura bianca avvolse il suo piccolo corpo. 
Fu un attimo e la freccia, intrisa del suo potere spirituale, andò a colpire il centro perfetto della sagoma a dieci metri da lei. 
La bambina ghignò, soddisfatta. 
Kai e Haru avevano entrambi gli occhi sgranati e la bocca spalancata. 
L’espressione sul volto del demone lupo adulto, invece, era completamente diversa. 
Non c’era un modo esatto per descriverla. 
Era orgoglioso ma anche triste, come pervaso da un qualche ricordo del passato. 
“Torniamo alle tane, ragazzi. Kai, voglio che tu vada a chiamare tua madre dai territori di caccia. Tu, Moroha, presentati in quella principale tra un’ora.”
I ragazzi annuirono per poi sparire velocemente da quei luoghi.
 



“Posso entrare, Koga-sama?” Domandò, bussando educatamente contro la porta di bambù che le impediva di avanzare. 
“Vieni avanti, Moroha.” Rispose il demone lupo, facendole segno di avvicinarsi e di prendere posto di fronte a lui. 
La bambina fece come le era stato detto. 
Ci furono alcuni minuti di silenzio poi la voce squillante di Ayame risuonò per tutta la caverna. 
“Eccomi, Koga. Kai aveva un’espressione così strana. Si può sapere cosa è successo per farmi abbandonare la battuta di caccia così all’improv- ohhhh, Moroha-chan! Benvenuta, tesoro!”
E le buttò le braccia al collo, abbracciandola, baciandola e accarezzandole teneramente la testa color ebano. 
Erano trascorsi ormai 3 anni da quando la bambina aveva lasciato la tana principale, come era consuetudine, per trasferirsi in quella comune in cui tutti i cuccioli venivano iniziati alla caccia, al combattimento e alla vita in comunità.
E così, ogni volta che la incontrava, non poteva fare a meno di reagire in quel modo. 
Dopotutto, era lei che l’aveva cresciuta. 
E, sebbene non fosse veramente sua madre, le voleva bene come se fosse sua figlia. 
“Per tutti i Kami, Moroha-chan! Quanto sei cresciuta! È dall’inizio dell’inverno che non ti vedo! Diventi sempre più carina!” Disse, continuando ad accarezzarla.
Un enorme gocciolone si disegnò sulla fronte della bambina.
“Sono felice anch’io di rivederla, Ayame-sama.” 
“Ancora con questi formalismi? Lo sai che con me non ce n’è bisogno! Chiamami Aya-Mama-chan come facevi da piccola!”
Le gote di Moroha si colorarono di un rosso acceso.
“Ayame. Ti ho fatto chiamare per metterti al corrente di una questione molto importante.” Disse interrompendo, un po’ a malincuore, quella dolce scenetta. 
“Una questione molto importante?” Ripeté, confusa, la demone lupo dal pelo rossiccio e bianco.
“Oggi ho scoperto che Moroha è in grado di controllare il suo potere spirituale.”
A quelle parole l’espressione sul volto della giovane donna cambiò radicalmente.
“Beh… avremmo dovuto aspettarcelo. Dopotutto… è figlia di quella sacerdotessa. E non di un essere umano qualunque.”
Il tono con cui aveva pronunciato quelle ultime parole era stato così… triste.
Moroha si sentì improvvisamente in colpa.
“È… una cosa così… brutta?” Disse ingenuamente e senza quasi pensarci su.
A quella domanda i due demoni lupo la guardarono, seri.
“No. Affatto. E solo che…”
“Se solo quei due fossero stati qui… tutto sarebbe stato diverso.” Completò Koga, sospirando leggermente.
 “Vi riferite, forse, a mio padre e mia madre?” Chiese la bambina, titubante. 
I due annuirono.
“Tu sei nata dall’unione di un mezzo demone e di un’umana. Una sacerdotessa per la precisione. Ma questo tu già lo sai.”
Moroha fece di sì con la testa.
“Ciò che non conosci è l’eredità che questo comporta.” Concluse il demone adulto.
“Eredità?”
“Koga si riferisce al tuo sangue, piccola mia.” Disse Ayame, guardandola intensamente.
“Il mio… sangue?”
“Essendo figlia di due esseri così diversi, all’interno del tuo corpo convivono due realtà: quella umana e quella demoniaca. La prima è la più semplice da controllare, la seconda no.”
“Per questo motivo, alla fine della primavera lascerai la tribù dei demoni lupo e verrai affidata a Yawaragi-sama, la grande guerriera solitaria. Lei ti insegnerà come gestire e controllare tutti i tuoi poteri più nascosti, fino a quando non sarai adulta ed indipendente.” 
“Io? Con la grande e venerabile Yawaragi?” 
“Si, solo lei è in grado di insegnarti a controllare la tua parte demoniaca.”
“La mia parte… demoniaca?” Ripeté, insicura.
“Hai presente la tua conchiglia di madreperla? Quella che porti sempre con te?”
Koga vide la bambina annuire.
“Tua madre, la divina Kagome, vi ha sigillato dentro il tuo potere demoniaco.”
“E… per quale motivo lo avrebbe fatto?” Chiese.
“Per proteggerti da te stessa.” Completò il demone, guardandola serio.
“Da me stessa?”
I due demoni lupo annuirono.
La bambina li guardò, sempre più confusa.
“Io… io non capisco.”
“Capirai a tempo debito, Moroha. Ora seguimi.” Concluse per poi invitarla a seguirla nella stanza attigua.
Moroha fece come le era stato detto.
 



Una volta giunti nella stanza ed aver preso posto vicino ad una grande colonna di pietra, la bambina vide il demone lupo avanzare in direzione di una grande rimessa in cui erano accatastate, un po’ alla rinfusa, diversi tipi di armi.
“Credo che sia giunto il momento che tu abbia una certa cosa.” Le spiegò, mentre frugava tra le varie mensole.
“Credo di averlo messo su quella più in alto, Koga.” Intervenne Ayame, per poi prendere posto anche lei.
Tra le mani aveva un pacchetto di pelle chiuso con una corda nerastra.
Moroha lo annusò, curiosa.
Doveva esserci sicuramente un qualche pezzo di stoffa rinchiuso al suo interno.
Un pezzo di stoffa con un odore molto particolare.
“Eccolo qui. Per un attimo ho seriamente temuto che se lo fosse preso qualcuno dei ragazzi.” Disse Koga, facendosi passare una mano artigliata sulla fronte sudata.
“Non avrebbero osato, credimi.” Ribatté Ayame, con un ghigno cattivo disegnato sul volto.
Un enorme gocciolone si disegnò sulla fronte del demone lupo adulto.
“Comunque sia, vista la situazione che si è venuta a creare, direi che è più opportuno cominciare con questo.”
Ayame annuì in risposta.
Preso posto accanto alla compagna, il demone lupo cominciò a sciogliere i nodi fino ad aprire il grande pacco che avvolgeva il misterioso oggetto.
Moroha sgranò gli occhi, scioccata.
“Un… arco e una faretra?” Sussurrò, insicura.
“Precisamente l’arco e la faretra che appartenevano a tua madre, Moroha-chan!” Precisò la demone lupo, con un dolce sorriso disegnato in volto.
La bambina osservò gli oggetti per parecchi minuti, incantata, poi un pezzo di stoffa di color rosso acceso attirò la sua attenzione. 
“Cos’è quello?” Chiese, indicandolo.
I due demoni lupo si voltarono, notandolo anche loro per la prima volta.
“Credo che si tratti di un altro regalo, Moroha.” Spiegò il primo.
“E io ho già capito che cosa avesse in mente Kagome-sama quando lo ha nascosto all’interno della faretra!” Disse Ayame per poi recuperarlo e portarsi velocemente dietro alla bambina.
 “Ayame-sama! Ma cosa?!”
Fu un attimo e sentì le lunghe dita artigliate della demone armeggiare tra i suoi lunghi capelli scuri.
“Ecco fatto! Stai proprio bene con i capelli tirati su in questo modo! E poi, sembra quasi che tu abbia due orecchie da cagnolino così!” Disse, con gli occhi che le brillavano, mentre osservava il fiocco rosso tra i capelli della bambina.
Koga ridacchiò.
“Questa volta non posso che essere d’accordo con te, Ayame.” Commentò per poi avvicinarsi e accarezzare la bambina dolcemente sulla testa. 
Moroha arrossì, imbarazzata.
Ayame fu di nuovo su di lei, abbracciandola e accarezzandola.
“Mentre, questo qui, credo sia da parte di tuo padre.” Disse il demone lupo, sciogliendo l’ultimo nodo rimasto.
“Che cos’è?” Domandò, curiosa.
“È un particolare tessuto chiamato Hinezumi, ossia “Veste del Topo di Fuoco”. Un’armatura indistruttibile e in grado di proteggerti da qualsiasi attacco.”
“Prodigioso!”
“È molto rara da trovare, quindi, trattala bene.” La ammonì.
Moroha annuì, recuperò la grande stoffa e se la sistemò sulle spalle a mo’ di mantello.
Poi, recuperati arco e faretra, si alzò in piedi, fiera ed orgogliosa.
“Come sto?” Chiese, con gli occhi le brillavano.
“Stai benissimo, Moroha-chan! Ora sei perfetta!” Dissero, quasi all’unisono, osservandola dolcemente.
La bambina mostrò ad entrambi uno dei suoi bellissimi sorrisi a trentadue denti.
‘Già, perfetta…’ Continuò tra sé e sé il demone lupo per poi mettersi in piedi anche lui e cominciare ad allontanarsi.
Stava per dire qualcosa quando la bambina lo anticipò, spiazzandolo.
“Koga-sama. Ayame-sama. Voi… credete veramente che, un giorno, riuscirò ad incontrare i miei genitori?”
Il tono con cui aveva pronunciato quella frase… 
Quella ragazzina aveva forse… paura?
“Ma che domande fai? Certo che li incontrerai, tesoro!” Disse Ayame, prendendo la parola per prima. 
“E avverrà prima di quanto immagini!” Completò Koga, girandosi verso di lei.
“E se… non mi riconoscessero? In fondo, mi hanno lasciato che ero ancora in fasce e ora… io…” Si bloccò, abbassando lo sguardo e incapace di completare quella frase.
I due demoni si guardarono, titubanti e sorpresi.
Ci furono alcuni minuti di silenzio poi Ayame prese la parola, mettendosi in ginocchio di fronte alla bambina.
“Ascoltami, Moroha. Quando si diventa genitori, si crea un legame indissolubile tra il padre, la madre e i figli. Perciò, anche se, nella peggiore delle ipotesi, dovessero trascorrere altri 10 anni fino al momento in cui vi rivedrete, basterà un solo sguardo per riconoscervi e amarvi. E credimi, sarà bellissimo.”    
Il demone lupo imitò la compagna, inginocchiandosi anche lui e posandole dolcemente una mano sul capo.
“Il tuo compito sarà, dunque, quello di crescere e migliorarti sempre più, così che i tuoi genitori possano essere fieri di te.”
Incapace di trattenersi, la bambina si buttò tra le braccia dei due, piangendo a dirotto.
“Grazie. Grazie per tutto quello che avete fatto per me!” Urlò tra le lacrime.
Koga ed Ayame l’abbracciarono più forte.
In cuor loro pregarono tutti i Kami che conoscevano affinché il desiderio di quella bambina si avverasse il prima possibile.
 ‘Solo allora il suo sorriso sarà completo.’ Continuarono nella loro mente, per poi alzare gli occhi al cielo, persi in una silenziosa preghiera.  
 
   
 
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