"E se non dovesse funzionare...?"

Erano già passati diversi minuti da quando Momoka aveva iniziato a dubitare dell'esito positivo del piano che aveva escogitato per colpire il cuore del suo amato, a temere che, per colpa del funesto zampino del destino o per via di un qualsiasi genere di scomodo impiccio, non avrebbe potuto godere del lieto fine che con insistenza smodata vagheggiava nelle sue fantasie dai toni irrimediabilmente fiabeschi.
Erano già passati diversi minuti da quando Momoka aveva iniziato a commiserare le fallimentari tattiche a cui era ricorsa in passato per avvicinarsi al ragazzo dagli occhi blu oltremare - due zaffiri limpidi e lucenti, incastonati in un volto sottile -, a pensare che, come era già successo tante volte, non sarebbe riuscita nell'intento di confessargli i sentimenti che provava.
Erano già passati diversi minuti da quando Momoka aveva iniziato a guardare la prospettiva di interagire con Fuyuki sotto una pietosa scala di grigi che tradiva perfettamente la gravità opprimente delle paranoie di cui era vittima, a lasciarsi inghiottire dal timore di sbagliare, di non essere in grado di comunicargli il solletico interiore che le germogliava a ridosso del petto in sua presenza, di esprimere l'intensità dell'amore che le irrorava l'anima, la forza con cui le pulsava nelle vene.

La sospensione emotiva di cui era in balia si traduceva nel labile confine tra un'insicurezza invasiva e una marcata carenza di coraggio: la disillusione che a sprazzi si infilava tra le fibre del suo spirito la induceva a focalizzarsi quasi esclusivamente sul connubio di tristezza e delusione che aveva percepito ogni volta che varie contingenze esterne le avevano impedito di concretizzare il suo sogno fatato; di conseguenza, quasi senza rendersene conto, si ritrovava ad accantonare in un angolo remoto della mente il pensiero che, in verità, complici il passar delle stagioni e la condivisione di esperienze e avventure, il rapporto che intercorreva tra lei e il ragazzo per cui aveva una cotta abnorme avesse assunto contorni empatici, sfumature sature di euritmia, e perso l'iniziale staticità.

Il pessimismo che, in silenzio, negli istanti di eterna malinconia, si annidava in lei la spingeva ad ancorarsi ad una realtà non sempre bella, che spesso le aveva riservato amarezza e sconfitte senza troppi convenevoli, a concentrarsi continuativamente sul lato negativo delle circostanze e ad ignorare che, a dire il vero, anche lui avesse cominciato a considerarla come una preziosa figura nella sua vita.

Tirò un lungo sospiro sconsolato: aveva paura.
Aveva paura che potesse rivelarsi inutile anche quella strategia - che in fin dei conti consisteva in un semplice invito a trascorrere con lei una breve vacanza in un'isola tropicale di proprietà del padre - malgrado la capillare supervisione di Paul.
Aveva paura di suonare stancante con i suoi problemi sentimentali, di non saper racimolare quel briciolo di determinazione che le serviva.
Aveva paura di non essere all'altezza di qualcosa che non era nemmeno capace di decifrare con esattezza o, peggio ancora, di non trovare la felicità che costantemente cercava in gesti, parole, sguardi.

Aveva paura che per quanto si fosse sforzata prima o poi avrebbe smarrito la speranza che si avverassero quei desideri che custodiva gelosamente dentro di sé.