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Autore: Rowena    03/04/2021    2 recensioni
«Un'occasione per ripensare a ciò che abbiamo combinato in passato e a ciò che vorremmo per il nostro futuro», conclude Orube con uno sguardo quasi implorante.
Coglila, se vuoi ancora stare con me, se mi ami davvero, sembra dire.

Hanno stretto un patto. Recarsi su Basiliade per riprendersi e ritrovare un equilibrio. Ma ne saranno in grado? Dopo dieci anni, il sequel di Save me.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Cedric, Orube
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note di Rowi prima di leggere: Thehehehe... Indovinate chi è tornata. Lo so, non ci credo bene nemmeno io, ma torno a vestire i panni di Rowena e torno sulla scena di un delitto che altro che cold case potremmo chiamare... ma quanto mi sono mancati questi due.
Allora, per chi è troppo giovane [e lo so che siete in tanti, mannaggia], sono Rowi e questo il sequel di Save me. Quindi, se non l'hai ancora letta, clicca sul link. Altrimenti ci ritroviamo alla fine del capitolo.




I Giardini dei Due Soli sono luoghi fondamentali nella cultura imperante su Basiliade, scuole per i guerrieri e per tutti i giovani, fulcro della formazione di ogni nuova generazione ai precetti che regolano la vita sul pianeta. Luoghi dove di norma regnano la calma e il silenzio… salvo in occasione di una sfida: allora tutti gli occupanti del Giardino si ritrovano a sostenere i due combattenti.
Nessun rumore però può distrarre la giovane che si staglia nell’Arena: la chiamano la straniera, eppure da anni non si trovava tanto vicino a casa sua. La guerriera saggia la sabbia dell’arena, calda e morbida sotto i suoi piedi. Il frastuono dell’arena sovrasta perfino i pensieri, a incitare o denigrare i lottatori al centro della sala. Soprattutto a denigrare lei.
Estranea alla confusione, scruta attentamente il suo avversario, in attesa di un suo passo falso: è più piccola e leggera, dovrà sfruttare questo vantaggio per prevalere senza far affidamento alla sola forza bruta. Il suo sfidante, infatti, è troppo grosso per sperare di mandarlo al tappeto con un attacco frontale… Per cui la giovane si muove con una calma esasperante, consapevole che ogni secondo in cui ritarderà la sua prima mossa farà impazzire il guerriero che le sta di fronte. Anche lui sta cercando un punto debole per sconfiggere la nuova arrivata, di cui non sopporta neanche la vista.
Ai suoi occhi, la straniera è irriverente e troppo piena di sé, e questo la rende indegna di rimanere nel Giardino. Tanto basta per odiarla. Ha già apertamente suggerito al Maestro Yarr di cacciarla via, e ripeterà la sua richiesta non appena riuscirà a sconfiggerla, finalmente, dimostrando che non merita di sedersi tra loro. Se non si è ancora lanciato su di lei, è solo perché non può permettersi una nuova umiliazione.
Il suo orgoglio brucia e chiede soddisfazione, perché l’eroina arrivata da Kandrakar l’ha già sconfitto due volte, in maniera del tutto incomprensibile a suo parere. Deve aver barato, ha gridato stamattina, sfidandola di nuovo per dimostrarlo una volta per tutte. E ne è ancora convinto, solo che non riesce a capire come. Le sue tecniche abituali non vanno a segno e, se anche la colpisce, sembra non arrecarle mai un danno vero e proprio.
Nell’altro angolo, la guerriera lo segue con i suoi occhi gialli, chiedendosi se abbia fatto bene ad accettare la terza sfida in pochi giorni. Non è ancora nel pieno delle sue forze, a causa del potente incantesimo che poco tempo fa ha messo a dura prova la sua anima… eppure è consapevole che, se avesse rifiutato, lo sciocco davanti a lei l’avrebbe accusata di codardia e avrebbe preteso il suo allontanamento quanto prima. Il primo scontro ha sconvolto il suo avversario, che l’ha affrontata con leggerezza, facendosi scaraventare fuori dall’arena con facilità; il secondo avrebbe dovuto dimostrare che la prima vittoria è stata un caso, ma la giovane l’ha battuto di nuovo. Anche in questo caso il suo avversario l’ha aggredita con rabbia, permettendole di sconfiggerlo senza impiccio.
Finalmente, però, sembra aver imparato la lezione… Oppure no, pensa la giovane, prima di parare un attacco aggressivo fin troppo semplice da leggere.
«Questa volta vincerò io!», grida lui prima di buttarsi ancora sulla rivale senza pensare.
La guerriera evita l'avversario ancora una volta con facilità, usando perfino il lungo nastro rosa che cinge la sua veste per farlo inciampare.
«Sai», esclama in risposta all'omaccione per canzonarlo, mentre questo si rimette in piedi con difficoltà, «nel mio Giardino viene insegnato che bisogna concentrarsi su come cogliere la vittoria e che, quando la si è ottenuta, è saggio non vantarsene per rispetto dell'avversario».
Bor si passa le mani sul viso coperto di sabbia, imprecando. È furioso, teme per il proprio onore e per il rispetto che i compagni nel Giardino gli riserbano: con che faccia potrà guardarli, dopo la terza sconfitta di fila? Lei lo sa bene, ricorda i suoi anni di addestramento in un luogo molto simile a quello in cui si trova ora, così come la testardaggine e la furia con cui attaccava prima di comprendere che le possibilità di vincere di una guerriera dipendono anche dalla pazienza e dalla capacità di attendere il momento giusto per scagliarsi contro l'avversario. Dagli spalti, nel frattempo, il frastuono si è fatto ancora più forte: la compostezza e l’equilibrio tanto ricercati nella piccola comunità sono solo un lontano ricordo durante queste sfide, quando tutti gli allievi urlano per incitare il proprio favorito.
La maggior parte dei presenti tifa per il compagno di allenamento con cui sono cresciuti e che conoscono meglio, eppure la straniera si è creata un certo seguito, dal primo incontro: la sua capacità di modificare la strategia in corsa e le abilità che ha dimostrato nella lotta sono evidenti e apprezzate, soprattutto tra i guerrieri più giovani. Il suo arrivo non è stato ben accetto dalla comunità, malgrado la decisione del Maestro di accoglierla tra loro e, ciò nonostante, lentamente la giovane si sta facendo apprezzare per il suo talento e il suo carattere indomito.
Soltanto uno tra gli spettatori rimane in silenzio osservando la lotta, senza però abbandonare mai la guerriera con lo sguardo. Nella folla che occupa gli spalti, il suo atteggiamento dimesso e la tranquillità con cui assiste alla sfida, estraneo alla confusione, lo distinguono dagli altri, ma basterebbe il suo aspetto per capire che non è originario del luogo… o del pianeta, se è per questo: i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri dall’espressione fredda vengono infatti osservati spesso con curiosità nel Giardino, in particolare dai ragazzini, che non si fanno problemi ad additarlo in barba a tutti i precetti di moderazione e rispetto.
In questo momento, lo straniero tiene una mano davanti alla bocca e riflette sulla sfida, ignorando tutti i giovani sciocchi che lo circondano: è una fortuna che quel ciccione non si sia accorto di come uno dei suoi colpi sia andato a segno, né della falla nella difesa della sua avversaria. Lui, invece, se n’è reso conto subito: sa bene che la ragazza predilige l’uso delle gambe in combattimento, perciò non appena ha cominciato ad affidarsi ad altre mosse meno usuali per lei, retrocedendo per schivare i nuovi attacchi, ha capito che qualcosa non andava. Con la grazia e i muscoli forti che si ritrova, infatti, la guerriera normalmente potrebbe scalciare con assoluta libertà e infliggere parecchi danni al suo avversario… Perché rinunciare all'improvviso a un’arma così potente, se non per un problema fisico?
Un combattente più sveglio avrebbe notato immediatamente una simile stranezza, eppure l’idiota nell’arena è così accecato dal bisogno di vincere da non accorgersi del vantaggio che potrebbe sfruttare. Lo straniero ignora un commento che dà per spacciata la giovane, gridato da un ragazzino seduto un paio di file più avanti, preferendo concentrarsi su di lei: deve muoversi e chiudere l’incontro, approfittando della disattenzione del suo avversario. È sicuro che sarà lei a vincere anche questa volta, è troppo superiore a livello mentale e tattico per fallire… Si tratta solo di attendere la prossima disattenzione dell'avversario.
Ah, quanto denaro potrebbe raccogliere in pochi minuti, si dice, concedendosi un momento di distrazione per concentrarsi sulla folla che lo circonda: sul suo pianeta natio avrebbe colto la palla al balzo e sfruttato l’entusiasmo del pubblico per mettere su in un attimo un giro di scommesse clandestine. Tutti a puntare sull’eroe locale per campanilismo, sicuro… Sarebbe una rapina anche troppo facile, ammette ridacchiando tra sé e sé. Non si trova su Meridian, però, ed è bene tenerlo a mente.
«Bor è troppo forte», grida all’improvviso qualcuno alla sua sinistra, «la spezzerà con una delle sue prese».
Lo straniero rotea gli occhi al cielo, annoiato: a ogni nuova sfida sente ripetere la stessa cosa, anche se finora nessuna delle mosse preferite del ciccione gli ha permesso di vincere. Per essere un popolo di temuti guerrieri, i giovani rampolli di Basiliade sembrano essere davvero ciechi. E tuttavia non risponde alla provocazione, sapendo che una battuta mal interpretata lo metterebbe in una situazione difficile. Prima che qualcuno possa aggiungere qualcos’altro, però, Orube si divincola dalla stretta dell’avversario e usa un attacco di energia per metterlo al tappeto.
Il tonfo dell’omaccione sulla sabbia è ben udibile anche per gli spettatori sulle gradinate più lontane. All’improvviso l’arena piomba in un silenzio attonito, in attesa del pronunciamento del maestro. Sul suo scranno sopraelevato, Yarr a sua volta aspetta di vedere se l’allievo del suo Giardino riuscirà a rimettersi in piedi. Al suo fianco, le due guerriere predilette sembrano volerlo consigliare: lo straniero coglie qualche battuta grazie al suo udito, Kilubi smania sostenendo che la straniera abbia imbrogliato, mentre la più tranquilla Ih-Shui fissa la guerriera nell’arena, che si staglia orgogliosa e fiera, nonostante il respiro ansante, e sostiene che debba andare a lei la vittoria.
Yarr le zittisce con un cenno della mano: «La vincitrice è Orube», decreta alla fine con tono solenne, «e con questa ti sei aggiudicata tre sfide».
«Speriamo che siano sufficienti», risponde la giovane con un sorriso quieto e modesto, prima di inchinarsi rispettosamente come prevede la sua cultura nei confronti degli anziani. A quel movimento, mentre la folla ricomincia a rumoreggiare per l’esito della sfida, si accompagna un sibilo: un laccio magico si tende tra lei e il misterioso alieno sugli spalti, appena visibile a occhio nudo ma percepibile da tutti i presenti. Lo straniero sbuffa accorgendosi che il legame è troppo teso e comincia a bruciargli la pelle.
«Lo scontro è finito», proclama ancora Yarr, «è il momento che ciascuno torni alle proprie occupazioni. E che tutti prendano ad esempio il coraggio e la determinazione di Orube, la nostra ospite dovrebbe essere un modello per tutti».
Il Maestro per primo lascia la sala, seguito dalle sue discepole, e nel giro di pochi minuti anche tutti gli altri si avviano verso le aule e i cortili dove li aspettano le lezioni e gli allenamenti. Non sono pochi quelli che rumoreggiano sommessamente sulla via: il giudizio del sommo capo del Giardino non può essere messo in discussione, eppure lo straniero distingue chiaramente più voci deluse intorno a sé, ancora incredulo che qualcuno abbia davvero scommesso che Bor potesse vincere l’incontro. Si morde la lingua una volta di più, però, sapendo che questo sarebbe il momento peggiore per provocare gli allievi. Se non altro, nel periodo passato in quel mondo ostile ha imparato a tacere davanti a un nemico che non è in grado di affrontare, per carattere avrebbe già provocato quei giovani a lui ostili senza pensarci troppo…
L’uomo rimane seduto al suo posto mentre la folla si disperde, continuando a fissare la guerriera che, dalla sabbia dell’arena, lo guarda di rimando. Anche agli occhi di uno spettatore ignaro del loro rapporto apparirebbe subito chiaro che nessuno dei due vuole avvicinarsi, malgrado il laccio magico teso tra loro. Entrambi aspettano che l’altro faccia almeno il primo passo. Quando alla fine Orube decide di risalire gli spalti e raggiungere lo straniero, cammina lentamente, forse per nascondere il suo malessere, e sorride in maniera ironica, soddisfatta di aver vinto di nuovo.
«Questa volta è riuscito a farti male», commenta lui impassibile, senza concederle il minimo complimento, quando sono abbastanza vicini per parlare senza farsi sentire dagli ultimi estranei che stanno abbandonando l’arena. «Ti è andata bene perché è troppo stupido perfino per accorgersi di quando i suoi colpi vanno a segno».
La guerriera alza le spalle prima di sedersi accanto a lui: «Non so di che parli, Cedric».
Cedric sorride con quella sua espressione malevola e le sfiora una coscia, quasi per caso, ma a quel contatto Orube si scosta subito: nessuno dei due saprebbe dire se quel movimento è dovuto al dolore che effettivamente lei sta provando o se non vuole essere toccata da lui. Ne avrebbe tutte le ragioni, con quello che lo straniero ha combinato.
«Comincia a intuire i miei movimenti, è vero», ammette alla fine, «anche se credo che sia riuscito a colpirmi per pura fortuna. Ho vinto lo stesso, però».
Pura fortuna anche questa, pensa Cedric scuotendo il capo. «Mi sarei stupito del contrario, quel tizio è tonto, grosso e stupido…»
«Non è vero, non ti assomiglia poi così tanto», lo interrompe Orube prima di alzarsi dalla panca di legno su cui si è lasciata andare per riposarsi. Deve andare subito a far vedere la gamba alla Guaritrice, prima che il suo impaccio nei movimenti diventi troppo evidente e Bor o un altro per lui ne approfitti per sfidarla un’altra volta. Inizia quasi a diventare divertente, per la guerriera. Una volta, un’amica le ha detto che ricorda i felini non solo per l’aspetto e le sue movenze, ma anche nel piacere che prova a giocare con le sue prede… Eppure, passata l’adrenalina della sfida, il suo oppositore torna a essere solo un enorme fastidio.
«Comincia a indispettirmi questo suo modo di mettermi in discussione», sbuffa sfregando le mani tra loro, ancora punteggiate di sabbia dall’ultima acrobazia che ha fatto prima di scagliare il colpo finale. «Dovrebbe essersi ormai rassegnato alla mia presenza».
Dovrebbe dire la loro presenza, pensa Cedric, consapevole che senza di lui Orube sarebbe ben accetta in quel luogo. Al loro arrivo si è profondamente scusata con i dieci guerrieri che ha messo al tappeto alla sua ultima visita, quando ha combattuto come una leonessa per interrompere chissà quale rito e riportare l’Oracolo a Kandrakar a fermare Phobos… Sarebbe a posto, in effetti. È lui quello che tutti disprezzano, l’alieno dagli strani capelli biondi e dalla lingua troppo lunga.
Se avesse i suoi poteri magici, li avrebbe già rimessi tutti al proprio posto, ma ne è stato privato un’altra volta prima di essere inviati a Basiliade. Maledetta Kandrakar…
«Potresti lasciare che ti batta una volta, almeno ti toglieresti una bella scocciatura», azzarda Cedric, per non indugiare troppo nel risentimento.
Qualunque abitante di Basiliade storcerebbe il naso a quella proposta, ma la giovane si permette soltanto di sospirare: hanno già litigato abbastanza negli ultimi tre giorni e lei non ha la minima intenzione di riaccendere la miccia per una questione che il suo compagno sembra non voler capire… Almeno non per il momento.
«Devo rispettarlo come guerriero: anche se probabilmente lui non si accorgerebbe dell’inganno, perdere di proposito sarebbe un grave insulto alla nostra cultura», risponde perciò con voce tranquilla, sapendo già che il compagno non gradirà quella risposta.
«Melodrammatica», commenta Cedric sbuffando. Con la sua scarsa pazienza, comincia a non poterne più di sentir chiamare in causa la cultura di Basiliade e il disperato bisogno dei suoi guerrieri di preservare l’onore a ogni costo. Con l’onore non si mangia, pensa lui, né si ottiene il potere, e il rispetto fine a se stesso è assolutamente inutile nel suo modo di concepire l’universo.
Cedric in ogni caso non riceve alcuna forma di rispetto, nel Giardino: è un paria, un prigioniero svergognato dalla propria condotta, e come tale viene trattato da tutti, perfino dai bambini. Ha la sensazione che alcuni insegnanti lo utilizzino come spauracchio, indicandolo come il destino misero e ingrato di chi non segue i precetti della loro cultura con rigore e onestà, il che lo manda davvero in bestia.
Sebbene non sia abituato al combattimento corpo a corpo, Cedric è stato più volte sfidato dagli allievi più anziani, ma la sua formazione nello stile di lotta locale non è sufficiente per sostenere un combattimento vero e proprio senza poteri magici. Istintivamente cerca a ogni scontro di trasformarsi in un enorme lucertolone, ma privo com’è della sua capacità di cambiare aspetto rimane un facile bersaglio nell’arena. E Orube ancora si chiede perché desideri fuggire…
«Avanti, ti aiuto ad arrivare dalla guaritrice, così ti sistemerà subito la gamba», propone con un tono più accomodante, tendendo una mano alla guerriera.
«Faccio da sola», risponde secca lei, evitando con attenzione il contatto fisico tra loro. Testarda com’è, zoppicherà per tutto il giardino, pur di non cedere, di non mostrarsi debole, di non chiedergli aiuto.
Cedric allarga le braccia e sfodera ancora il suo sorriso sarcastico: «Tanto, che io lo voglia o no, devo venirti appresso…»
Il laccio magico di energia brilla tra loro, a indicare una volta di più che non è libero di muoversi a proprio piacimento. Orube sospira e s’incammina in silenzio, tirandoselo dietro.




Note di Rowi in chiusura: Oddio, ma che strano tornare a mettere i /br... che impressione. Dirò di peggio: ho pubblicato Save me tra il 2007 e il 2011... Ho pubblicato gli ultimi due capitoli dieci anni fa. Fa impressione, vero?

Più o meno in questo periodo, dieci anni fa, ho avuto un blocco nel finire gli ultimi capitoli di Save me... e mi sono resa conto che ai miei due beniamini avevo scritto un lieto fine decisamente troppo lieto, per loro, per come sono fatti, per quello che hanno vissuto nella storia e anche per quello che gli avevo fatto io nella prima fanfiction... e quindi avevo già deciso di scrivere un sequel in cui avrei approfondito il loro rapporto, dopo aver trovato un modo abbastanza contorto di recuperare Cedric dal diario di Ludmoore, un finale che era e che rimane per me indegno. Poi un po' l'università e un po' il dopo-università mi hanno fatto calare l'ispirazione... finché l'anno scorso nel lockdown ho deciso di riprendere questa storia, che pur non essendo ancora pubblicata era quella che mi dispiaceva di più non aver terminato. Poi c'è Charlie, ma arriverà anche quella. E Olivander. AHEM.

Comunque, ho deciso di buttarmi oggi perché oggi non solo sono vent'anni (VENT'ANNI) che è uscito il primo numero di W.I.T.C.H. ma sono anche vent'anni che io l'ho comprato. E sono piombata in questo mondo che ho amato tantissimo, e che ho cercato di continuare ad amare malgrado la qualità delle storie... come dire... sia andata calando. Ma malgrado il lento degrado della trama principale (e le sottotrame che cioè... la danza? I bambini magici? La SUPER WITCH stile Power Rangers?), W.I.T.C.H. rimane nel mio cuore. Quindi era doveroso cominciare oggi. E poi... domani è il mio compleanno. ^_^
Cercherò di tenere una pubblicazione regolare ogni 7/10 giorni (chi mi conosce riderà, ma GIURO che stavolta è vero!). Spero vi piacerà, io mi sto divertendo molto a scriverla. È davvero un po' come risalire sulla bicicletta... Perciò, pedaliamo!

Ringraziamenti doverosi: a Medusanoir che mi sta betando con molta pazienta, e a Charme che è una motivatrice pazzesca e pur non avendo letto W.I.T.C.H. mi sta supportando da morire <3
   
 
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