Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady Five    03/04/2021    3 recensioni
Troppa curiosità sulle Mura non ha mai portato a nulla di buono... chi ha fatto domande, spesso ha pagato a caro prezzo. Ma qualcuno non si rassegna a subire tutta questa omertà e chiede aiuto alla Legione Esplorativa, deciso a scoprire la verità... sulle Mura, ma anche su un grave fatto del suo passato. E la sua presenza getterà un po' di scompiglio anche tra i cadetti...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

 

Kim e Armin non avevano fatto i conti con il sonno leggero del capitano Levi.
Quando la ragazza uscì dalla sua stanza, la vecchia porta cigolò appena, ma abbastanza forte perché l'ufficiale, che aveva l'alloggio proprio di fronte ed era abituato da una vita a stare sempre con i sensi all'erta, si svegliasse.
Balzò dal letto e socchiuse appena l'uscio per controllare il corridoio senza essere visto. Scorse una figura minuta scendere le scale, muovendosi guardinga. Capì immediatamente di chi si trattasse.
Che cosa aveva in mente ancora, quell'incosciente? Non le era bastato il casino che aveva combinato la notte prima?
A questo pensava Levi mentre si vestiva il più rapidamente possibile e mentre sentiva l'ira montargli dentro ogni istante di più. Infilando la giacca guardò distrattamente fuori dalla finestra e restò di stucco. C'era qualcun altro in cortile! Qualcuno che camminava lungo i muri, procedendo a scatti e guardandosi intorno. Non riuscì a riconoscerlo, ma, da come si muoveva, capì che si trattava chiaramente di un soldato.
Ma bene! Alla mocciosa penserà Erwin, ma quell'altro, chiunque sia, dovrà vedersela con me! Lo terrò in cella di rigore a pane e acqua per un mese! Dopo avergli spaccato prima tutte le ossa a calci, naturalmente.
Scese a sua volta in cortile, agile e silenzioso come una lince. Si acquattò nel buio sotto un portico e da lì osservò la seconda figura uscire dal deposito con l'attrezzatura del movimento tridimensionale e dirigersi verso le scuderie. La luce tremolante delle poche torce appese al muro di cinta illuminava malamente il cortile, ma, da alcuni dettagli, gli parve di intuire chi fosse. Del resto, tutto tornava: Armin e la rompiscatole erano diventati amici per la pelle, in quei pochi giorni! Poco dopo arrivò anche Kim.
Levi fu tentato di fermarli, ma poi ci ripensò: voleva scoprire che cosa stavano macchinando e calcolò che, usando il sistema di movimento tridimensionale come solo lui sapeva fare, sfruttando gli alberi e i resti di vecchi edifici rurali sparsi lì intorno, sarebbe riuscito a seguirli senza essere scoperto.

I due ragazzi arrivarono senza problemi nei pressi del Wall Rose, non lontano da dove Kim aveva fatto le sue rilevazioni qualche giorno prima. Nuvole provvidenziali coprivano in gran parte il cielo, nascondendo la luna.
L'ingresso della vecchia miniera, a quanto ricordava Armin, era a pochi chilometri da lì, fuori dalle Mura. Non era più possibile proseguire con i cavalli, così li legarono a un grosso albero. Armin si augurò di ritrovarli al loro ritorno, o avrebbero passato dei brutti guai. In realtà, constatò, nei guai c'erano già fino al collo!
Il ragazzo spense una delle torce, lasciandola sul suo cavallo, e si assicurò addosso l'attrezzatura per il movimento tridimensionale.
“Con questa possiamo oltrepassare le Mura senza essere visti.”
Kim lo osservava con una certa ansia.
“Ma... io come faccio?”
“Ti aggrapperai a me. Sei leggera e non dobbiamo fare molta strada, non avremo alcun problema.”
Un terribile pensiero colpì all'improvviso la ragazza, facendola rabbrividire. Certo, come aveva fatto a non venirle in mente prima?
“E... i Giganti?”
“Di notte non si muovono. Non abbiamo ancora scoperto perché, ma è così” rispose Armin, ostentando una sicurezza che in realtà non provava. È vero, era sempre andata così, fino a quel momento. Ma con quei mostri non si poteva mai sapere...
Passò la sua torcia a Kim, la invitò a cingergli il collo con le braccia e lui a sua volta la afferrò saldamente per la vita, cercando di ignorare la sensazione strana, sconosciuta ma gradevole, che gli provocava il contatto con il corpo delicato e tremante di lei. Kim, da parte sua, notò che Armin era molto meno gracile di come appariva a prima vista. Il suo braccio che la sorreggeva gli trasmetteva un senso di forza e protezione che la rassicurò immediatamente.
Il ragazzo azionò il meccanismo e in pochi istanti raggiunsero la sommità delle Mura. Altrettanto velocemente scesero dall'altra parte, senza che nessuno li vedesse.
Almeno, così loro credevano.
Levi li aveva visti benissimo ed era sempre più allibito, oltre che furioso.
Ma che ca... Dove diavolo stavano andando quei due pazzi scatenati? Addirittura uscire dalle Mura! Io li ammazzo!
Oltretutto, aveva avuto la conferma di chi fosse il complice di Kim, perché, mentre si sistemava l'attrezzatura, il cappuccio gli era scivolato dalla testa, rivelando l'inconfondibile caschetto di capelli biondi.
Il capitano attese qualche minuto e poi salì a sua volta sulle Mura, buttandosi subito a terra per non essere scoperto. Sbirciò di sotto e vide i due ragazzi che si dirigevano verso il Distretto di Klorva, seguendo il perimetro esterno delle Mura e arpionandosi con l'ausilio del sistema di movimento tridimensionale.
Furbo, il marmocchio! Procede a balzi, mantenendosi nella parte bassa delle Mura... così è più difficile farsi scoprire e si procede più speditamente.
Levi ora era anche preoccupato. Là fuori erano totalmente scoperti, indifesi. A quanto si sapeva, i Giganti al buio erano inattivi... ma questa non era una buona ragione per andarsene in giro di notte, da soli, al di fuori della cerchia protettiva delle Mura.
Dando fondo mentalmente al suo repertorio di parolacce e insulti più coloriti, scese anche lui e si rimise a seguirli, mantenendosi a una certa distanza sopra di loro. Non doveva farsi scoprire ma nemmeno perderli di vista, perché lui non poteva contare su alcuna fonte di illuminazione, se non la pallida luce della loro torcia in lontananza. Fortunatamente, poteva affidarsi al suo istinto e ai suoi sensi, acutizzati dalla sua vita giovanile nei bassifondi e dal duro allenamento nella Legione Esplorativa, dove spesso facevano la differenza tra la vita e la morte.
Intanto cercava di indovinare dove fossero diretti e non riusciva a darsi una risposta.
A un certo punto, Armin e Kim atterrarono e si diressero a piedi verso un gruppo di rocce a poche decine di metri di distanza.
“Ecco - disse il ragazzo - a quanto so io, la vecchia miniera dovrebbe essere qui. Ora si tratta di trovare l'ingresso.”
Come se fosse facile, si disse. Soprattutto, il tempo scorreva velocemente: cominciava a temere che non ce l'avrebbero mai fatta a tornare in caserma prima dell'alba. Ma decise di non pensarci, per il momento, e di concentrarsi esclusivamente sulla ricerca della via di accesso alla miniera. E poi, una volta entrati? Come pensavano di trovare, in quel dedalo di gallerie, l'ipotetico tunnel scavato dal padre di Kim? E se si fossero persi là dentro?
Mentre cercava di tenere a bada questi pensieri angosciosi, Armin, seguito da Kim, scrutava ogni anfratto, illuminandolo con la torcia. Stavano per perdere le speranze, quando scoprirono, seminascosta dalla vegetazione, una specie di porta di metallo brunito.
“Ecco, deve essere questa!” esultò la ragazza avvicinandosi rapidamente.
Armin si servì della spada per liberare la porta dai rovi e dai rampicanti che vi si erano avvinghiati in anni di abbandono. Era in gran parte corrosa dalla ruggine ed era chiusa da un grosso chiavistello serrato da un lucchetto, che Armin scardinò con facilità colpendolo con la lama d'acciaio. Con una certa difficoltà, fecero scorrere il chiavistello e infine, con qualche spallata ben assestata, riuscirono a farla cedere. Un forte odore di aria stagnante, di muffa e di putrefazione li investì. Oltre, si apriva un'oscurità fitta e minacciosa, pronta a inghiottirli.
Ma Kim non sembrava avere nessuna paura. Pareva perfino dimentica di Armin. Brandendo la torcia, quasi in trance, mosse un passo verso quella sorta di voragine, e il ragazzo si stava apprestando a seguirla, quando una voce perentoria lacerò il silenzio della notte.
“Fermi dove siete!”
I due si bloccarono, paralizzati dal terrore. Qualcuno li aveva scoperti! E avevano anche capito benissimo di chi si trattasse: quella voce era inconfondibile. Si voltarono lentamente.
Levi sbucò dal buio come un fantasma. Armin non ricordava di averlo mai visto così furioso. I suoi occhi, perfino nell'oscurità, mandavano lampi di pura ira.
I due ragazzi erano impietriti. Armin cominciò a valutare mentalmente le conseguenze della sua bravata. Sapeva che, qualunque cosa avesse detto in quel momento, avrebbe soltanto attizzato la rabbia del capitano, e quindi tacque prudentemente.
Kim invece tentò di dire qualcosa. Si sentiva in colpa per aver coinvolto il ragazzo e voleva assumersi tutta la responsabilità.
“Capitano, lui non c'entra, sono stata io che...”
“Taci! - sibilò Levi - Ora ce ne torniamo subito in caserma e lì faremo i conti. Dopo di voi”.
Ai due non restò che obbedire. Rifecero il tragitto a ritroso, tallonati dal capitano, fortunatamente senza imprevisti. I cavalli erano ancora dove li avevano lasciati. Levi ne prese uno per sé, lasciando l'altro ad Armin e Kim.
Rientrati in caserma attraverso la porticina, Levi ordinò loro di restare nascosti finché non fossero passati i soldati di ronda, dopodiché li condusse nelle cucine. L'unico posto dove a quell'ora nessuno li avrebbe sentiti.
Armin e Kim tacevano mortificati, senza osare nemmeno sedersi, mentre Levi, ignorandoli deliberatamente, si preparava un tè. Il ragazzo sapeva che in quelle circostanze il capitano non faceva mai scenate. La sua rabbia era fredda e lucida. E dunque molto più temibile.
Finalmente Levi si accomodò su una sedia con la sua tazza fumante in mano e apostrofò con durezza il giovane soldato.
“Armin Arlert, hai infranto ogni regola con la tua brillante impresa! Hai lasciato la caserma senza autorizzazione, ti sei impossessato di cavalli e attrezzature militari per scopi personali, sei addirittura uscito all'esterno delle Mura, mettendo in pericolo te stesso e una civile! Devo continuare? Dovrei metterti agli arresti e deferirti alla corte marziale!”
Armin si era messo sull'attenti, lo sguardo fisso davanti a sé.
“Sono pronto ad assumermi le mie responsabilità e a subire la giusta punizione, capitano!”
Ancora una volta Kim tentò di prendere le sue difese, ma fu un grave errore.
“Capitano, come le stavo dicendo prima, sono stata io a coinvolgere Armin nel mio piano... sono davvero mortificata...”
Levi distolse gli occhi dal ragazzo e li puntò su di lei, come se soltanto ora si fosse ricordato della sua presenza. E stavolta la sua rabbia esplose. Non gliene importava nulla di lei. Ma non sopportava l'idea che un militare fosse stato distolto dal suo dovere e che uno dei cadetti più brillanti e promettenti di quel corso rischiasse l'espulsione, per colpa di una sciroccata. Ma come ci era riuscita? Come l'aveva convinto?
“Tu! - sibilò con disprezzo, sforzandosi di non urlare - Da quando sei arrivata qua hai combinato soltanto casini! Hai tradito di nuovo la nostra fiducia, coinvolgendo nei tuoi assurdi deliri un soldato e spingendolo a violare il regolamento! Se Armin sarà cacciato dall'esercito sarà solo colpa tua! Sarai soddisfatta adesso! Avanti, adesso ditemi: che cosa cazzo credevate di fare là fuori? E non provate a raccontarmi altre balle!”
Kim era atterrita, non essendo abituata alle sfuriate del capitano, ma cercò comunque di perorare la sua causa.
“Cercavamo... IO volevo cercare il tunnel...”
“Quale tunnel?”
“Quello che stava scavando mio padre prima di scomparire... ma non ce l'avrei mai fatta da sola, e ho chiesto aiuto ad Armin.... Mi dispiace, ma non sapevo come altro fare... so che presto dovrò tornare a Mitras e questa era la mia unica possibilità!”
A quel punto la ragazza non riuscì più a trattenere le lacrime.
Levi la fissava, furente e incredulo.
“Non ci avevi detto che la miniera era qua vicino... E comunque, davvero ti illudevi di riuscire a trovare in poche ore, in un luogo enorme e buio, e senza nemmeno un indizio, un tunnel scavato oltre dieci anni fa? Ammesso che sia mai esistito... Tu non sei suonata... sei completamente pazza!”
“Ma capitano...”
“Basta! Sparisci dalla mia vista! Ah, vedi di andartene in camera tua e non in giro a combinare altri guai!”
Kim lanciò uno sguardo accorato ad Armin, che però stava ancora impettito, con le braccia lungo i fianchi e il mento sollevato, infilò la porta e si dileguò.
Levi controllò che salisse effettivamente le scale, e tornò a fissare Armin.
Si sedette con un sospiro.
“Quella è matta per davvero! Ma mi meraviglio di te! Tu non sei un tipo impulsivo, anzi, sei abituato a ragionare su qualsiasi cosa... non capisco,non capisco proprio come ti sia lasciato coinvolgere in un'azione così assurda e avventata! Non hai pensato alle conseguenze? Hai rischiato di compromettere tutto! Sono tre anni che ti alleni e studi duramente, e sei uno dei migliori... e poi mandi tutto a puttane per una... una sciacquetta qualsiasi? Non è da te!”
Armin sapeva perfettamente che il capitano aveva ragione. Era stato a dir poco imprudente. Era anche stupito e lusingato per quelle attestazioni di stima, che non si aspettava per nulla. Lui non si sentiva affatto il migliore, anzi, per molti aspetti si riteneva inferiore agli altri per prestanza fisica e coraggio... Ma non concordava sul giudizio del capitano su Kim.
“Posso parlare, signore?”
“Sì, certo, ma sii breve e conciso.”
“Ho voluto aiutare la signorina Kim... a scoprire la verità sulla sorte di suo padre, fatto che la angustia molto... ma anche per curiosità personale... volevo capire se è vera la questione delle Mura senza fine... La mia condotta è inaccettabile, mi rendo conto, e sono pronto a subirne le conseguenze, qualunque siano... ”
La sua voce,  nel pronunciare l'ultima frase, si incrinò quasi impercettibilmentee, ma Levi se ne accorse.
Che cosa ne sarebbe stato di lui, se fosse stato cacciato dall'esercito? Un orfano senza casa, senza famiglia, senza lavoro. Senza futuro. Esattamente come lui, quando viveva nella città sotterranea come un volgare ladruncolo. Abilissimo, certo, il boss... ma senza prospettive, se non quella, molto probabile, di finire prima o poi accoltellato in un vicolo fetido.
E poi, quella cosa delle Mura senza fine... non riusciva a togliersela dalla mente nemmeno lui.
“Capisco... immagino che il fatto che la signorina sia molto graziosa non conti nulla, vero?”
Armin arrossì fino alla radice dei capelli.
Levi posò la tazza e prese la sua decisione.
“Non voglio indagare su cosa ti abbia promesso per convincerti” lo canzonò, mentre Armin era sempre più imbarazzato.
Poi ridivenne serio
“Ascoltami bene: per questa volta la chiudiamo qui. Non farò rapporto al comandante Smith. Questo increscioso episodio resterà tra noi tre, quindi non farne parola con nessuno, nemmeno con i tuoi amici. E facciamo in modo che neppure la signorina si sogni di raccontarlo in giro... Dimenticatevi di quella dannata miniera: è impossibile, oltre che pericoloso, esplorarla e le probabilità di trovare delle risposte è minima, te ne rendi conto, vero?”
“Signorsì! Grazie, capitano! Non tradirò la sua fiducia!”
“Lo spero bene! Ora vattene a dormire un po', se ci riesci... tra poco albeggerà. Prendi quel lume e dileguati, prima che cambi idea!”
“Signorsì!”
Armin fece il saluto militare e uscì dalla stanza.
Era ancora incredulo di averla scampata... era pronto a subire anche la più dura delle punizioni, ma non a essere cacciato dall'esercito, sarebbe stata una vera tragedia per lui.
Era anche dispiaciuto, però, di non potere aiutare Kim: il mistero del tunnel sarebbe rimasto per sempre sepolto in quella miniera.

Appena anche Armin fu uscito, Levi si abbandonò sullo scomodo schienale della sedia.
Era soddisfatto di se stesso. Probabilmente Erwin non avrebbe preso in ogni caso dei provvedimenti drastici né verso il ragazzo né verso la pazzoide... Ma non avrebbe avuto senso gravarlo di ulteriori preoccupazioni. In fondo, si era trattato, appunto, di una ragazzata, per fortuna senza conseguenze. La cotta di Armin per la fanciulla doveva essere più grave del previsto, constatò il capitano. Ma forse, in effetti, non si era trattato soltanto di quello. Armin era curioso di natura. Anche se non era invasato come Hanji, il suo cervello era sempre in attività, pronto a captare qualsiasi stimolo esterno. In circostanze diverse, sarebbe stato un professore o qualcosa del genere... non una possibile vittima sacrificale in quella guerra senza fine contro Giganti antropofagi.

 

 

  
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