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Autore: Kagome    04/04/2021    8 recensioni
'Gutta Cavat Lapidem' dicevano gli antichi. La goccia scava la roccia. Questa è la storia della via verso la guarigione di un uomo testardo e della ragazza più testarda di lui che riuscì a rompere il suo guscio. (Adrienette/Lovesquare, ma scritta dal punto di vista di Gabriel)
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nathalie Sancoeur, Sabine Cheng
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Orario di Visita

Scritto da: JuliaFC, Kagome qui su EFP

Beta: Genxha e Sherry.  Grazie Matteo e Alice!

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. "Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir" (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d'autore.

La bellissima cover art è stata realizzata da Roselealer02 su Deviantart.

Scritto per il gruppo Facebook h/c "Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction", Easter Advent Calendar prompt 156: Orario di Visita. Se vi piace il genere, raggiungeteci quì: Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO | Groups | Facebook

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Orario di Visita - Cover

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L'infermiera dai capelli rossi guardò l'uomo più anziano seduto su una poltrona a leggere un grosso libro. "È di nuovo qui, monsieur Agreste."

"Chi?" chiese l'uomo, i suoi occhi grigi fissi sul viso della giovane donna, un sorriso freddo sulle labbra.

"La ragazza con i codini che continua a chiedere di lei, signore. Lo ha fatto anche oggi. Cosa devo dirle?" Il suo cipiglio era speranzoso, così come il leggero rossore che le impolverava le guance. 

"No."

Gli occhi dell'infermiera si spalancarono. "Ma signore. Viene da molto tempo e lei continua a rifiutarsi di vederla."

"Ho le mie ragioni. E' congedata ora, se ne vada."

La giovane infermiera sospirò e uscì dalla stanza. Gabriel fissò a lungo il vuoto davanti a sé. 

Si trovava in una piccola stanza con le pareti rivestite di legno di betulla lucido. C'erano solo un letto matrimoniale, un comodino, una scrivania con seggiola apposita, una piccola libreria con pochi libri appoggiati sopra, un tavolino da caffè e la poltrona su cui era seduto. Il pavimento era rivestito di piastrelle di marmo lucido e brillante, un tappeto marrone proteggeva il pavimento sotto il tavolino e la poltrona. Una grande finestra a tripla apertura ornava una delle pareti della stanza, riempiendola della luce intensa proveniente dall'esterno. Era confortevole e aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, ma di certo non era paragonabile a Villa Agreste.

Alla fine, Gabriel si alzò, mise il libro che stava leggendo sul tavolino davanti alla poltrona e attraversò la stanza, fermandosi dietro la porta che lo separava dalla sala d'attesa, adornata da grandi riquadri di vetro, che gli permettevano di vedere il corridoio di fuori. 

Era ancora lì, seduta su una seggiola fuori dalla sua stanza. Marinette Dupain-Cheng. Cosa voleva? Perché continuava a venire, ostinatamente? Non aveva fatto abbastanza per rovinargli la vita?

Il suono improvviso della campana che segnalava la fine dell'orario di visita squarciò il silenzio della stanza come una ferita. Guardò Marinette sospirare, alzarsi e avviarsi verso la Reception. Teneva in mano una busta e Gabriel si chiese cosa contenesse. Guardò la giovane donna parlare con l'addetta alla Reception e porgerle la busta. Poi si voltò verso la porta della stanza di Gabriel, sospirò e uscì dalla clinica. 

Non ci volle molto prima che l'infermiera tornasse. Ma a quel punto, Gabriel era di nuovo seduto alla sua poltrona, lo sguardo freddo perso nel contemplare pensieroso il muro di betulla che aveva di fronte, il mento appoggiato sul dorso delle mani, i gomiti puntati sulle cosce.

"Pensavo di averle detto che era congedata."

L'infermiera impallidì, ma andò verso di lui e appoggiò la busta sul tavolino. "Mi dispiace signore. La ragazza con i codini le ha lasciato questo alla Reception. Mi ha chiesto di farglielo avere."

"Non lo voglio. Lo bruci." Guardò quasi divertito l'orrore negli occhi dell'infermiera.

"Non potrei assolutamente farlo, signore. Lo lascio quì. Se non lo vuole, può disporne da solo." Detto questo, la donna chinò leggermente la testa e corse fuori dalla stanza. 

Un sorriso duro increspò le labbra dello stilista. Appoggiò la schiena alla poltrona e riaprì il suo libro, ignorando la busta sul tavolino. Fu solo quando ebbe finito di leggere che Gabriel si alzò dalla poltrona e raccolse la busta che Marinette gli aveva lasciato. Si diresse con decisione verso il cestino sotto la scrivania e fece per buttarla. Tuttavia, alla fine si trattenne dal farlo e le sue dita si spostarono sulla busta, sollevandone la piega superiore. Diede un'occhiata all'interno e aggrottò la fronte. Era una lettera.

Sospirò. Prima di buttarla, magari poteva vedere cosa volesse quella ragazza. Prese il foglio dentro la busta e iniziò a leggere.

"Monsieur Agreste,

So che probabilmente non leggerà questa lettera. La getterà nella spazzatura senza nemmeno pensarci due volte",

Gabriel sorrise. Mademoiselle Dupain-Cheng era una ragazza intelligente. Doveva ammetterlo. Se non l'avesse già rispettata per le sue qualità di stilista, l'avrebbe apprezzata almeno per il suo acume.

"... tuttavia, non potevo lasciare questa stanza senza contattarla. Non di nuovo. 

Monsieur Agreste, sono passati otto mesi ormai. So che sta soffrendo. Per quanto sbagliati fossero stati i suoi metodi, per quanto sbagliato fosse che volesse esprimere il Desiderio, lo faceva per amore, e il suo sentimento era reale, e forte. Non posso biasimarla per questo."

Gabriel trasalì. Come osava quella ragazzina chiamare sbagliati i suoi metodi? Lanciò un'occhiataccia alla lettera, ma continuò a leggere.

"Posso biasimarla, e la biasimo, monsieur Agreste, per il modo in cui ha cercato di raggiungere il suo scopo. Certo, questa ormai è acqua passata ora che i Miraculous sono tornati al loro posto, ma capisco che lei stia soffrendo. Anche Adrien sta soffrendo, ogni giorno che passa. Per quanto lei lo abbia trascurato e gli abbia negato ogni parvenza dell'amore che un padre dovrebbe dare a suo figlio, lui la ama ancora. Ma non riesce a perdonarla. Gli ha fatto male, troppo male. Ogni giorno cerca di impedirmi di venire alla clinica. Ma io vengo comunque perché so che è la cosa giusta da fare. Siete entrambi feriti ed entrambi avete bisogno di voltare pagina. Per favore, lasci che le parli. Possiamo provare a voltare pagina tutti insieme. 

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Lo sguardo di Gabriel si indurì mentre leggeva le poche righe. Rimise il foglio nella busta e fece per gettarlo nella spazzatura. La buttò davvero nella spazzatura, preso dal nervoso. Ma poco dopo la riprese, aprì uno dei cassetti della scrivania, e vi mise dentro la busta. 

Il giorno dopo l'infermiera tornò a parlargli, all'inizio dell'orario di visita.

"Monsieur Agreste, è di nuovo qui."

"Chi?" chiese ancora una volta.

"La ragazza con i codini, monsieur Agreste. Sta aspettando di sapere se oggi vuole parlarle."

"No." 

Passarono altri giorni. Marinette tornava sempre alla stessa ora e se ne andava sempre alla stessa ora, alla fine dell'orario di visita. Era davvero testarda. Una buona qualità per un leader e sicuramente una buona qualità per una stilista che avrebbe potuto prendere il suo posto a capo della casa di moda Agreste. Gabriel sorrise amaramente. Non sarebbe successo mai, almeno finché fosse stato vivo lui. 

A meno che... ma no, non voleva nemmeno considerare quella possibilità.

- Otto mesi prima - 

Lo ricordava ancora come se fosse ieri, anche se ormai erano passati diversi mesi. Papillombra aveva un piano. Lui e Nathalie erano andati in Tibet e avevano trovato una lama molto particolare, capace di trapassare le tute dei portatori di Miraculous. La voleva usare per sbarazzarsi di quei ragazzini una volta per tutte ed esprimere il desiderio di riportare in vita la sua amata Emilie.

Nathalie però non era convinta. Insolito da parte sua, ma aveva cercato di fargli cambiare idea. 

"Sono solo ragazzini, signore. Non vorrà davvero sporcarsi le mani con il sangue di due adolescenti."

Lui le aveva rivolto uno sguardo brusco. "Basta, Nathalie. Non contraddirmi e prenditi cura di Adrien. Percepisco una forte emozione ed è ora di mettere in atto il mio piano. Questa volta, la vittoria sarà mia!"

Detto questo, mise con cura le dita nei buchi del ritratto di Emilie e scomparve rapidamente dalla stanza.

La battaglia successiva era stata lunga ed estenuante per entrambe le parti. Usando di nuovo l'akuma di Monsieur le Rat, ma potenziandolo con l'aiuto di un Sentimostro, riuscì a mettere con le spalle al muro  i due eroi al primo livello della Torre Eiffel. Ladybug era finita ingabbiata nella gabbia gigantesca di un criceto e lui era stato in grado di concentrarsi su Chat Noir, mettendolo in difficoltà e finendo per inchiodarlo a terra sotto di lui, con l'affilata lama tibetana puntata alla gola. 

"Dammi solo una ragione", aveva sibilato in faccia al ragazzo irrispettoso. Il ragazzo, che evidentemente non sapeva quando fosse il momento di ammettere la sconfitta, aveva cercato di dimenarsi sotto il suo peso ma non era riuscito a muoversi. Quindi quel ragazzino impertinente gli aveva sputato in faccia. 

"STRONZO!" aveva gridato Chat Noir. "Non ti darò mai il mio Miraculous. Dovrai toglierlo dal mio cadavere!"

Il ghigno di Gabriel a quelle parole aveva fatto passare un lampo di paura negli occhi dell'eroe in nero. "Questa, ragazzo mio, è una proposta molto allettante." 

L'uomo afferrò Chat Noir per i polsi e lo tirò su con facilità, sbattendolo contro la fredda struttura metallica della torre e facendolo urlare di dolore. Con una mano teneva le braccia del ragazzo sopra la testa, mentre con l'altra aveva preso una corda dalla tasca e l'aveva avvolta saldamente intorno ai suoi polsi. 

"Chat Noir!" gridò Ladybug nella gabbia del criceto. "Non osare torcergli un capello, Papillon! Non lo toccare!"

"Stupida ragazza", fu la sua secca risposta, mentre il suo sguardo lasciava per un attimo gli occhi furiosi di Chat Noir per guardare verso di lei. "Presto sarà il tuo turno."

Sentì il ragazzo dimenarsi ancora più forte sotto la sua salda presa e diede un ultimo strattone alla corda, assicurandosi che fosse ben salda. "Non farai del male a Milady!" gridò, ma la mano di Gabriel si spostò ad afferrargli saldamente la gola, quasi soffocandolo. 

"Se non foste stati così testardi, non saremmo arrivati ​​a questo punto. Adesso preparatevi a morire!" 

Gabriel alzò la sua lama affilata e vide il panico di Chat Noir. Il ragazzo diede una spinta al metallo dietro di lui con il sedere e riuscì a menare un calcio ben piazzato all'uomo di fronte a lui, facendo sì che Gabriel barcollasse e mettesse una certa distanza tra di loro. Ma niente gli avrebbe tolto la vittoria, non questa volta. Stava per vincere. Gabriel fece un passo indietro, chiuse gli occhi e pugnalò Chat Noir dritto al petto.

O almeno così pensò di aver fatto. Perché mentre lo faceva, sentì un movimento nell'aria, come se qualcosa si stesse frapponendo tra il suo corpo e il corpo dell'eroe in nero. Sentì Chat Noir sussultare e quando aprì gli occhi, lo spettacolo che lo accolse fu uno che mai e poi mai avrebbe voluto vedere.

Nathalie era distesa tra lui e il ragazzo, la lama saldamente conficcata nel suo petto.

"Nathalie? Che cosa…? Cosa stai facendo qui?" chiese Chat Noir, mentre Gabriel osservava la scena, allibito.

"Nathalie? Cos'hai fatto?" Per una volta il cuore batteva forte nel petto di Gabriel. Perché quella stupida donna si era messa tra lui e il suo nemico? Perché si stava mettendo tra lui e il suo sogno di riavere Emilie? 

"Non  potevo permetterglielo, signore", sussurrò Nathalie. Sussultò cadendo a terra sulla schiena proprio sotto Chat Noir, mentre un piccolo rivolo di sangue le colava dall'angolo della bocca. Gabriel vide il viso di Nathalie bagnarsi e alzò lo sguardo per guardare Chat Noir, notando con sorpresa le lacrime negli occhi di quest'ultimo. Il ragazzo riuscì poi a districare le mani dalla corda con cui Gabriel l'aveva legato, e si accucciò sulle gambe, sostenendo Nathalie e appoggiando la testa della donna sulle sue cosce. Quindi, le afferrò la mano, portandosela alla bocca e baciandola. 

"Nathalie ... perché? Che ci fai qui?" disse Chat Noir tra i singhiozzi. Lei mosse la mano e gliela mise a coppa al lato del viso.

"Non potevo lasciare che vi uccidesse. Non sarebbe stato giusto. Non dopo che ho scoperto…" Tossì e sputò sangue. Chat Noir rimase senza fiato, ma non lasciò la sua presa sul corpo di Nathalie, né sulla sua mano. Non finché lei stessa liberò le sue dita dalla presa del ragazzo e usò le nocche per accarezzargli delicatamente le guance bagnate. "Vi ho amato come se foste mio figlio, Adrien. Per…" Nathalie tossì ancora e Chat Noir la strinse più forte, troppo occupato a piangere per notare il forte sussulto emesso dal nemico di fronte a lui. 

"ADRIEN?" gridò Gabriel, il viso di un pallore mortale sotto la maschera grigia, gli occhi spalancati. Dalla gabbia sentì che anche Ladybug sussultava. 

"Gabriel?" La voce di Nathalie era solo un lieve sussurro, ma Chat Noir la sentì. Il suo soffocato "Cosa?" echeggiò come un urlo nel silenzio della torre.

"Sì, Nathalie?" Gabriel afferrò la mano che Chat Noir non teneva e la guardò, la freddezza del suo sguardo completamente svanita mentre le lacrime gli riempivano gli occhi. 

"L'ho beccato mentre si trasformava nella sua stanza, un paio d'ore fa. Lei è meglio di così, Gabriel." Tossì di nuovo. "Non è un mostro che uccide suo figlio. O qualsiasi ragazzino, a dire il vero. Sa bene che Emilie non l'avrebbe voluto." Divincolò la mano da quella di Adrien e la mise a coppa sul viso di Gabriel. "Io l'am..." 

Non riuscì a finire. La sua mano cadde esanime sul fianco e i suoi occhi si fissarono nel vuoto. 

"NATHALIE!!!!!" gridò Gabriel. Afferrò il suo corpo inerte dal grembo di Adrien e lo strinse in un forte abbraccio, dondolandosi avanti e indietro e lasciando finalmente uscire i singhiozzi che aveva trattenuto troppo a lungo. "Nooroo, Duusu, Dividetevi. Detrasformazione", sibilò alla fine. 

Nooroo e Duusu apparvero in un vortice di luce e spalancarono gli occhi. La boccuccia di Nooroo si aprì ma non emise alcun suono. Duusu iniziò a piangere fiumi di lacrime nel vedere la scena. Quando la trasformazione di Papillon svanì, la gabbia che teneva prigioniera Ladybug scomparve e la ragazza si mosse con cautela verso di loro. 

Gabriel strappò le due spille da sotto la sua cravatta bianca e rossa e le porse a Ladybug. La ragazza lo guardò sbalordita, ma spostò la mano e raccolse le spille, riponendole al sicuro nel suo yoyo.

"Fai ciò che sei brava a fare. Ridammi Nathalie." Il suo tono era deciso, ma Ladybug sentì quanto la sua voce fosse spezzata e vide quanto gli tremasse il labbro inferiore. Mai prima di allora aveva visto Gabriel Agreste in un tale stato di vulnerabilità.

"Mi dispiace, monsieur Agreste. La mia Miraculous Cure può solo riparare i danni inflitti da un'Akuma. Nathalie non è stata uccisa da un'Akuma, ma da lei. Non posso riportarla indietro." La ragazza cadde in ginocchio e avvolse le braccia attorno al collo di Adrien. Come se avesse aspettato quel momento per tutta la vita, Adrien si avventò su di lei e la avvolse in un enorme abbraccio, mentre forti singhiozzi lo scuotevano nel profondo. "Non sono nemmeno sicura che la Miraculous Cure possa riportare in vita le persone anche se fosse stata un'Akuma a ucciderle."

Lo sguardo di Gabriel si indurì. "INCOMPETENTI!" urlò. "Siete solo un branco d'incompetenti!" Lanciò un'occhiataccia alla giovane donna con i codini; lei sostenne il suo sguardo con tristezza, ma serietà. Si guardarono a lungo, finché Gabriel non spostò gli occhi verso suo figlio. 

"E tu," quasi ruggì. "Non meriti di essere chiamato mio figlio. Non meriti che Nathalie sia morta per te. Andare contro la tua stessa famiglia. Sei solo uno schifoso tradi..."

"BASTA!" gridò Ladybug. Gabriel le lanciò un'occhiataccia, ma la ragazza non si scompose e sostenne il suo sguardo. "Monsieur Agreste. Capisco che ora sia fuori di sé, ma niente l'autorizza a parlare in questo modo ad Adrien."

"È mio FIGLIO. Posso parlargli come voglio e non ho bisogno di chiedere il permesso a una ragazza patetica come te!" Si alzò, tenendo stretto il corpo inerte di Nathalie tra le sue braccia. "Seguimi, Adrien," aggiunse, iniziando ad allontanarsi. Arrivato a metà strada verso l'ascensore che portava al piano terra, si voltò e fissò il ragazzo che ancora singhiozzava tra le braccia della sua compagna. La sua voce era dura e fredda quando concluse: "Hai fatto la tua scelta". 

A quelle parole, il ragazzo sussultò e si districò dalla stretta di Ladybug per guardare suo padre con sorpresa, ma Gabriel si era già voltato ed era entrato nell'ascensore e se n'era andato, senza nemmeno degnarlo di un altro sguardo.

- Fine del Flashback - 

Il giorno dopo l'infermiera entrò di nuovo nella sua stanza.

"La ragazza è qui anche oggi, signore."

Gabriel non spostò nemmeno lo sguardo dal libro che stava leggendo. "No", disse seccamente. L'infermiera sospirò e uscì dalla stanza. Dopo che suonò il campanello che segnalava la fine dell'orario di visita, l'infermiera tornò con un'altra busta. 

"Ha lasciato questa per lei", disse semplicemente, appoggiando la busta sul tavolino accanto a lui. Dopodiché, la donna se ne andò senza fiatare. 

Gabriel guardò la busta e inarcò un sopracciglio. Cosa voleva adesso? Si alzò e si preparò una tazza di tè. Mentre mescolava pensieroso il liquido caldo e lo zuccherava secondo il suo gusto, si sedette di nuovo alla poltrona e fece per riprendere il libro. Si fermò con la mano sul libro e guardò la busta. 

Gabriel sospirò e aprì la busta. Un'altra lettera. E una foto di Adrien, scattata nell'atrio della sua scuola. Il ragazzo era in piedi di fronte a quello che sembrava un muro con sopra scritti tanti nomi e numeri. Gabriel prese la foto dalla busta e lanciò una lunga occhiata a suo figlio. Sembrava felice, o almeno sorrideva. Uno di quei sorrisi che gli illuminavano tutto il viso, come quelli che avevano fatto innamorare Gabriel di sua madre. Non uno dei falsi sorrisi che Gabriel aveva visto troppe volte sul viso durante i servizi fotografici. Sì, era davvero felice. Esaminò il viso di Adrien. Non lo vedeva da un po' e poteva notare piccoli cambiamenti: l'angolo della mascella più affilato, la corporatura più definita. Adrien stava crescendo e poteva vederlo molto chiaramente anche solo attraverso una foto. 

"Monsieur Agreste,

So che continua a rifiutarsi di parlarmi, ma ho pensato di lasciarle questa foto. Ieri abbiamo ricevuto i voti per il nostro Baccalauréat. Adrien ha ottenuto 19/20 come moyenne generale e una "mention très bien". Sono molto orgogliosa di lui. E' stato il voto più alto di tutta la scuola. Scommetto che è il voto di Baccalauréat più alto ottenuto da chiunque quest'anno. Forse negli ultimi anni. Ho pensato che magari lo avrebbe voluto sapere.

Cordiali saluti,

Vostra,

Marinette."

Le labbra di Gabriel si incurvarono. Bene. Suo figlio aveva fatto come ci si aspettava da lui. Almeno tutto il tumulto degli ultimi mesi non aveva interferito con i suoi voti. Gabriel piegò di nuovo la lettera e la rimise con cura nella busta, insieme alla foto di Adrien. Si alzò e ripose la lettera insieme alla precedente, nel cassetto della scrivania. Quindi tornò a leggere il suo libro.

Marinette continuava a tornare. Gabriel la guardava giorno dopo giorno, seduta sulla solita sedia. Una volta, circa una settimana dopo la lettera precedente sul diploma di Adrien, la ragazza portò con sé una scatola e si fermò alla Reception prima di andare a sedersi. In base della reazione delle infermiere, Gabriel suppose che dovesse essere una scatola di pasticcini della Boulangerie di Tom e Sabine. Quel giorno, l'infermiera entrò nella sua stanza con un enorme sorriso. Gabriel la guardò seccato.

"Signore, la ragazza è tornata anche oggi."

Gabriel sospirò e continuò a leggere il suo libro. "Ho visto."

"Le ha portato un'altra busta, signore. L'ha lasciata alla Reception prima di andarsene." La donna mise la busta sul tavolino e fece per uscire. Poi si voltò e guardò di nuovo Gabriel.

"Ora che vuole?" chiese lui, senza nemmeno spostare lo sguardo dal suo libro. 

"È una brava ragazza, signore. Spero che un giorno le parlerà."

Gabriel distolse lo sguardo dal suo libro e lanciò alla donna uno sguardo gelido. "Nessuno ha chiesto la sua opinione."

L'infermiera gli lanciò un'occhiataccia e se ne andò.

Gabriel continuò a leggere il suo libro per un po', poi lo richiuse, lo mise sul tavolo e prese la busta. Ancora una volta, una lettera. E un'altra foto. Gabriel guardò la foto e si corrucciò.

"Monsieur Agreste,

Pensavo le avrebbe fatto piacere di sapere che ieri sera Adrien mi ha chiesto di sposarlo. Non sappiamo ancora quando, ma ci sposeremo molto presto. Probabilmente aspetteremo il mio diciottesimo compleanno, che sarà a fine luglio. Non ci dà molto tempo, ma non vogliamo niente di spettacolare. Probabilmente andremo dal Sindaco e ci sposeremo davanti ai nostri amici più cari e alla mia famiglia. Niente cerimonie pompose.

Adrien ha anche ricevuto la conferma di aver cambiato con successo il suo nome in Graham de Vanily. Ora che si è diplomato, gli avvocati che curano il marchio Agreste per suo conto gli hanno chiesto di prendere il suo posto, visto che lei si è chiuso in clinica e si rifiuta di avere contatti con il mondo esterno. Adrien ha detto che lo prenderà in considerazione, ma vorrebbe prendere la laurea in economia e marketing prima di assumersi una tale responsabilità. 

Oggi ho lasciato delle paste alla Reception per festeggiare il nostro fidanzamento. Probabilmente non vorrà nemmeno sentirne parlare, ma ho detto alle infermiere che il croissant al pistacchio è per lei. Adrien ha detto che le piace.

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Gabriel guardò la foto che ritraeva ciò che supponeva fosse l'anulare sinistro di Marinette. Esaminò attentamente l'anello. Un classico anello d'oro con un diamante solitario. Forse tre carati. Princess cut. Gabriel sospirò. Almeno suo figlio aveva scelto un anello degno della famiglia Agreste. Poi le sue sopracciglia si aggrottarono in un cipiglio infastidito. O Graham de Vanily, visto che Adrien aveva deciso di fargli l'insulto più grande e di assumere davvero il nome di sua madre. Come aveva osato.

Gabriel mise via la lettera con le altre, irritato. Quindi suo figlio aveva fatto il grande passo. Non aveva nemmeno aspettato una settimana dopo il diploma, e secondo Mlle. Dupain-Cheng, sembrava che non volesse aspettare tempo alcuno. Gabriel sbuffò. Suo figlio era sempre stato troppo impulsivo nelle sue decisioni. Questa volta non faceva differenza. Si alzò per afferrare il telecomando del televisore e selezionò il telegiornale. Come previsto, la notizia era già un grande successo e Nadja Chamack stava mostrando le foto della coppia, chiedendosi se Mlle. Dupain-Cheng avrebbe assunto il ruolo di stilista del marchio Agreste. 

Gabriel spense la TV e prese il telefono. 

Passarono alcuni giorni. La TV continuava a parlare di suo figlio e della ragazza Dupain-Cheng, analizzando la loro relazione fino alla morte. Fortunatamente non sapevano che i due fossero Ladybug e Chat Noir, o Gabriel era sicuro che avrebbero fatto ancora più chiasso. 

Se fosse possibile fare più chiasso di così, contando che la notizia era riportata in ogni singolo notiziario, ogni volta con nuove immagini e speculazioni. 

Gabriel spense la TV dopo l'ultimo notiziario e appoggiò la schiena più comodamente sulla poltrona. Si tolse gli occhiali e pulì le lenti prima di rimetterli sul naso e chiuse gli occhi.

Ricordava ancora molto chiaramente il giorno in cui scoprì che Mlle. Dupain-Cheng era Ladybug. Era il giorno dopo il funerale di Nathalie. Aveva visto Adrien al funerale; suo figlio non aveva messo piede a Villa Agreste da quando la sua governante era morta. Quel giorno, però, Adrien era venuto appositamente per vederlo.

"Perché sei qui, Adrien?" chiese Gabriel. Mlle. Dupain-Cheng era con lui. Fece segno a entrambi di sedersi, ma entrambi scossero la testa. 

"No, grazie", disse Marinette. Adrien non lo disse nemmeno, continuò a fissare Gabriel in silenzio.

Gabriel si sedette alla scrivania e appoggiò il mento sul dorso delle mani, i gomiti puntati saldamente alla superficie di legno della scrivania. "Odio ripetermi, Adrien. Perché sei qui?"

Adrien strinse le labbra e si avvicinò alla scrivania, sbattendoci le mani contro. "Voglio sapere perché l'hai fatto", disse, con voce ferma. 

Gabriel abbassò le mani e ricambiò lo sguardo. "Come vuoi." Si alzò e guardò Marinette. "Sei sicuro di volere che lo sappia anche  lei?"

"Certo che sì," sibilò Adrien. "E' la mia ragazza. Mi fido ciecamente di lei."

Gabriel inarcò un sopracciglio. "Non permetterò..." iniziò, ma Adrien batté di nuovo i pugni sulla scrivania e lo interruppe.

"Non si tratta di ciò che tu permetterai, padre. È la mia vita, la vivo come voglio!" Adrien divenne rosso in volto e sembrò faticare a respirare. Marinette gli mise una mano sulla spalla e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.

"Sono solo sorpreso," ribatté Gabriel, "di quanto velocemente sia svanita la tua devozione per la tua preziosa Milady. O hai fatto il doppio gioco per tutto questo tempo?" Spostò lo sguardo da quello furioso di Adrien e scrutò velocemente Marinette, i suoi codini, i suoi occhi azzurri e indignati, la sua struttura fisica. "A meno che..." aggiunse poi. 

Marinette sospirò. "Sì, Monsieur Agreste. Ladybug sono io," disse semplicemente, stringendo la mano che teneva sulla spalla di Adrien e costringendolo a starle accanto. 

"Avrei dovuto immaginarlo." Gabriel ghignò quando i suoi freddi occhi grigi incontrarono quelli di lei. Poi si avvicinò al ritratto di Emilie che torreggiava vicino all'ingresso del suo ufficio. Mise le dita nei piccoli fori che si trovavano in punti strategicamente posizionati del ritratto. Prima di spingere, disse: "Avvicinatevi, uno alla mia sinistra e uno alla mia destra". 

Entrambi fecero come gli era stato detto e non appena Gabriel spinse con decisione nei fori, sentirono il pavimento sprofondare e si ritrovarono a scendere con un ascensore, finché l'ambiente circostante non smise di muoversi e una porta si spalancò davanti a loro. Si ritrovarono in una grande caverna piena di farfalle bianche, le stesse che Papillon trasformava in akuma. 

"Do-dove siamo?" chiese Adrien, tutta la sua risolutezza persa all'istante mentre si guardava intorno con la bocca spalancata. 

Lo sguardo severo di Gabriel non perse di vista il volto del figlio. "Seguimi e lo saprai."

Uscirono solennemente dall'ascensore e si diressero verso il ponte, incamminandosi sulla passerella, Gabriel di fronte, le mani dietro la schiena. Sembrava quasi di andare al patibolo. Quando avevano già percorso tre quarti del ponte, come era prevedibile, Adrien sussultò e corse in avanscoperta, cadendo in ginocchio davanti alla bara di Emilie. 

"Che ci fa qui lei? Ma che succede?" chiese il ragazzo, mentre la sua voce echeggiava nel vuoto della caverna. Un paio di pipistrelli che dovevano star dormendo da qualche parte sul soffitto della grotta, iniziarono a emettere i tipici click, e poi a svolazzare in giro. Come in una folle frenesia, Adrien iniziò a toccare il bordo della bara, con le lacrime agli occhi. 

Gabriel sospirò e si posizionò davanti alla bara, premendo il pulsante che ne apriva il vetro, senza dubbio quello che stava cercando Adrien. Il ragazzo afferrò il corpo della madre, con reverenza, e iniziò a singhiozzarle sulla spalla. 

"E' così fredda!" mormorò tra i singhiozzi. "Perché è così fredda? Perché è in una bara? Ma che è successo?"

"Il Miraculous del Pavone era rotto. Lo ha usato troppo ed è caduta in questo coma magicamente indotto. Ecco perché volevo i vostri Miraculous ", disse Gabriel, semplicemente. 

Adrien smise di piangere e spostò il viso dalla spalla di sua madre, puntando occhi pieni di odio contro Gabriel. Ripose con cura il corpo di sua madre dentro la bara e le diede una lunga occhiata prima di fissare di nuovo Gabriel con astio. "Mi vuoi dire che la mamma è sempre stata qui e tu non me l'hai mai detto?"

Gabriel inarcò un sopracciglio. "Se devo basarmi sulla reazione che stai avendo adesso, ho fatto bene."

Adrien ruggì: "Maledetto figlio di ..." Gli si avventò contro e probabilmente lo avrebbe raggiunto se Mlle. Dupain-Cheng non lo avesse afferrato da dietro e non gli avesse avvolto le mani intorno alla vita per fermarlo.

"Adrien!" gridò lei, ma lui cercò di districarsi dalla sua presa con una tale veemenza che la ragazza disse sommessamente: "Tikki, trasformami!" e in un lampo rosa, divenne Ladybug e lo strinse ancora più forte, costringendolo a fermarsi. "Calmati!"

"Lasciami andare! Voglio..."

"No! Non farlo!"

Si sussurrarono qualcosa l'un l'altro e finalmente Adrien ritrovò un po' di compostezza.

"Sembra che la tua Lady abbia più buon senso di te", disse Gabriel. Ladybug afferrò di nuovo Adrien per le spalle nel tentativo di impedirgli di prenderlo a pugni. "Comportati bene, Adrien. Anche la tua preziosa Lady si vergogna di te. Per giunta sei di fronte a tua madre!" La presa di Ladybug sulle spalle di Adrien divenne visibilmente più forte. 

"Non c'era bisogno di dirtelo. Esprimere il mio desiderio avrebbe sistemato tutto", continuò Gabriel con calma. 

Adrien, tuttavia, lo guardò ancora più furioso. "Il tuo desiderio, il tuo desiderio. Continui a menzionare quel dannato desiderio come se fosse la soluzione di tutto!"

"Adrien!" lo rimproverò Gabriel, ma Adrien gli si avvicinò e lo fissò dritto negli occhi. 

"Non parlarmi così. Nooroo non ti ha detto che ci sono delle conseguenze da pagare quando si esprime quel desiderio? Che per poter ottenere ciò che vuoi e poi ristabilire l'equilibrio nell'Universo, dovrebbe accadere qualcosa di altrettanto grave per contrastare la tua scelta? Per riportare in vita la mamma, magari qualcuno sarebbe morto, o entrato in coma. Magari sarebbe successo a me!" Gabriel rimase senza fiato, ma Adrien si limitò a sorridere duramente e continuò: "Come pensi che si sarebbe sentita la mamma se si fosse svegliata e avesse scoperto che non solo suo marito fosse diventato un terrorista, terrorizzando la città che lei amava così tanto, ma avesse anche quasi ammazzato dei ragazzini e fosse persino arrivato a uccidere suo figlio?" 

"Adrien! Io volevo solo riportare indietro tua madre; volevo che fossimo di nuovo una famiglia felice. Quali che fossero le conseguenze, sarei stato pronto a pagarle, solo per riaverla con me. Guardala!" Puntò un dito contro la figura addormentata nella bara di vetro. "GUARDALA, HO DETTO!" Adrien spostò lo sguardo per lanciare una breve occhiata alla madre, ma i suoi occhi erano ancora severi quando tornarono a fissarlo. "Non avresti fatto lo stesso anche tu?" 

Il viso di Adrien si corrucciò in un modo che gli era totalmente estraneo. "Ovviamente no. Per quanto rivoglia indietro la mamma, non la rivoglio a costo della vita di qualcun altro! A costo della sofferenza di qualcun altro. La felicità della nostra famiglia sarebbe arrivata a scapito della distruzione di un'altra famiglia. A costo della felicità di qualcun altro. Ma non ci hai pensato, vero? Non ti importava. Non sei altro che un ASSASSINO!"

"Adr..." iniziò Gabriel, ma la veemenza nella rabbia di Adrien lo lasciò inorridito. 

"Infatti, l'altro giorno hai tentato di uccidermi. E hai ucciso Nathalie. SEI un assassino, padre! Sei solo un pezzo di merda senza cuore!"

"ADRIEN!" tuonò Gabriel con rabbia. "LINGUAGGIO! Non accetto che mio figlio mi manchi di rispetto in questo modo. Ti ho cresciuto meglio di così. Sei un AGRESTE, non un vagabondo".

Questa volta, Adrien riuscì a districare dalla presa di Ladybug e marciò dritto verso suo padre, fronteggiando l'uomo più anziano e afferrandone la giacca per il colletto. Non aveva più bisogno di sollevarsi in punta di piedi per guardarlo negli occhi. Quando era diventato così alto? Gabriel non si era accorto che fosse cresciuto così tanto. 

"Il rispetto deve essere guadagnato. Aver contribuito a crearmi non implica automaticamente che dovrei rispettarti. Non sei più mio padre. Inizierò la procedura legale per cambiare il mio nome in Graham de Vanily. Non voglio più essere associato a te." Detto questo, il ragazzo lasciò andare il colletto del padre e si mosse leggermente per mettere più spazio tra i loro corpi.

"Che massa di sciocchezze!" disse Gabriel. "Andrai nella tua stanza non appena usciremo di qui e vi rimarrai finché non avrò deciso quale sarà la tua punizione."

Gli occhi di Adrien non si abbassarono, ma si indurirono e continuarono a sostenere lo sguardo freddo di Gabriel.

"No," disse il ragazzo, con una calma che non sembrava provare. "Non lo farò. Andrò a vivere da solo, sono abbastanza grande e ho i soldi che ho guadagnato con i miei servizi fotografici."

Gabriel rise. "Non sei nemmeno in grado di allacciarti le scarpe, Adrien, e vuoi andare a vivere da solo?"

Lo sguardo di Adrien non vacillò. "E di chi è la colpa,GABRIEL?" Gabriel sussultò al tono evidente e intenzionale di mancanza di rispetto nella voce di suo figlio. "Non ti obbedirò più. Mi vergogno di quello che hai fatto. So che anche la mamma si vergognerebbe di quello che hai fatto. Soprattutto che tu abbia tentato di uccidere tuo figlio!"

Gabriel lanciò ad Adrien uno sguardo che, da solo, in passato lo avrebbe spaventato a morte. Ma non allora. Allora lo sostenne. "Piccolo moccioso ingrato," sibilò l'uomo. "Non avevo idea che fossi Chat Noir. Altrimenti non avrei cercato di ucciderti."

Adrien sorrise un sorriso pieno d'odio. "Nemmeno io sapevo che tu fossi Papillon, ma questo non ti ha impedito di chiamarmi 'traditore' l'altro giorno."

Gabriel impallidì. Non aveva mai pensato che suo figlio lo avrebbe guardato in quel modo. Quelli erano gli occhi di Emilie. Gli occhi di Emilie che lo guardavano con odio. E disgusto. Per una volta non aveva più parole. Per una volta, non riusciva a sopportare l'odio persistente in quegli occhi verdi e dovette abbassare lo sguardo. 

Ma Adrien affondò il coltello nella piaga. "Inoltre, quando hai akumizzato il Gorilla e gli hai detto di farmi cadere dalla torre di Montparnasse, sapevi benissimo che ero io."

"Io ..." La bocca di Gabriel era secca. Ricordava quel giorno. Lo ricordava bene. "Ho liberato Ladybug in modo che potesse salvarti."

Adrien sembrava ignaro del tumulto nel cuore di Gabriel. O forse se ne stava prendendo gioco, dato che adesso sorrideva quasi divertito. 

"Solo quando sei rimasto soddisfatto che non mi sarei trasformato, e che quindi non ero Chat Noir. Non ti è mai importato di me, mi hai sempre usato. Mettendomi in mostra come il bel viso della tua stupida compagnia. Solo QUELLO contava per te." 

No, non si stava prendendo gioco di lui, notò Gabriel. Assolutamente no. Adrien stava piangendo.

Gabriel mise entrambe mani sulle spalle di Adrien e lo vide sussultare, come se volesse scrollarsele di dosso, ma alla fine non lo fece e lo guardò seriamente. 

"Adrien, figliolo", disse Gabriel con una dolcezza che gli era stata estranea negli ultimi anni. Gli occhi di Adrien si spalancarono al suono. "Se ne sarebbe occupato il desiderio. Non volevo solo chiedere di riavere Emilie, volevo chiedere di riavere indietro la mia famiglia. Non volevo solo indietro mia moglie, ma anche mio figlio. Volevo che fossimo di nuovo felici. Ti voglio bene, Adrien."

Adrien scrollò le mani di Gabriel dalle sue spalle, i suoi occhi nuovamente duri mentre guardava Gabriel come se fosse la feccia più sporca della Terra. Quello sguardo in quel preciso momento fu come un coltello che pugnalò Gabriel direttamente al cuore. 

"No che non mi vuoi bene. Il Gorilla è stato per me un padre più di quanto tu lo sia mai stato", sibilò Adrien, facendo riaccendere la fiamma sdegnata che si era raffreddata ormai nel cuore di Gabriel. 

"Come puoi dire una cosa del genere?" disse Gabriel in un sussurro soffocato. Poi i suoi occhi si indurirono e alzò la mano per colpire Adrien in faccia, ma non lo fece. Strinse i pugni e abbassò le braccia, chiudendo un attimo gli occhi per calmare il folle battito del suo cuore mentre sceglieva con cura le parole successive. 

"Il Go ..." iniziò, ma poi si corresse, "Gerard si è preso cura di te solo perché era pagato per farlo. Come puoi paragonare tuo padre a un semplice subordinato?"

"Gerard ha fatto ben più che prendersi cura di me perché lo pagavi. Ieri mi ha perfino detto che potevo andare a stare da lui se ne avessi avuto bisogno, e tu ora non lo paghi più".

Gabriel si sentì esplodere di rabbia. Iniziò a tremare e strinse i pugni e lanciò un'occhiataccia ad Adrien contorcendo il viso in una smorfia dura. "Allora vai a vivere con lui", gli sibilò in faccia. "Anzi, sai che puoi fare? Visto che sei così impaziente di cambiare il tuo nome, perché non prendi il suo?"

Adrien gli si avvicinò così tanto che Gabriel poteva sentirne il respiro solleticargli la pelle vicino al naso. "Se non avessi amato e rispettato la mamma, sarebbe stato esattamente quello che avrei fatto."

Gli occhi di Gabriel si spalancarono. Spinse forte Adrien e urlò: "Vattene immediatamente da casa mia. Non osare mai più tornarmi davanti!"

Adrien barcollò, ma non cadde. "Con grande piacere!" disse, e gli lanciò uno sguardo gelido. Poi si voltò verso la bara di sua madre e il suo sguardo si addolcì mentre diceva: "Perdonami, mamma". Ma i suoi occhi erano di nuovo duri e gelidi quando si voltò verso Gabriel, gli si avvicinò, strinse il pugno destro e lo colpì dritto sulla mascella, probabilmente con tutte le sue forze, perché Gabriel barcollò e cadde. L'uomo alzò gli occhi spalancati su suo figlio, mentre la mano gli correva sulla guancia arrossata.

"Questo è per Nathalie", dichiarò Adrien. "Duusu ci ha raccontato cosa le hai fatto negli ultimi anni. Non la meritavi, e di certo non meriti che sia morta per te". La mano sinistra del ragazzo stringeva con forza la mano destra che aveva colpito Gabriel. Adrien tremava come una foglia. "Addio, signor Agreste", sibilò prima di allontanarsi, immediatamente seguito da Mlle. Dupain-Cheng. 

Dopo la discussione con Adrien, Villa Agreste era diventata un luogo opprimente, quasi una cella per Gabriel; quindi aveva deciso di andarsene. Pochi giorni dopo, aveva lasciato la villa e si era trasferito nella sua sede attuale, la Clinique du Papillon Blanc. Presumibilmente, era per intraprendere un trattamento psicologico (anche se ancora non aveva ancora accettato di iniziare la cura). 

Il nome della clinica poi era un vero gioiello d'ironia.

Gabriel aveva ormai scoperto che Marinette Dupain-Cheng era davvero una ragazza testarda. Non si lasciava scoraggiare dal rifiuto costante alle sue richieste di poterlo incontrare e continuava a tornare all'orario di visita. Tutti i giorni, un'ora prima della fine dell'orario di visita. Gabriel avrebbe potuto tranquillamente regolarci l'orologio. Alle cinque in punto entrava nell'atrio della clinica, salutava le infermiere, andava alla Reception e chiedeva di lui. Quindi si incamminava verso la sua stanza e si sedeva su una delle sedie proprio fuori della sua porta, tenendosi occupata grazie al telefono cellulare. 

Gabriel la guardava entrare tutti i giorni, sedersi e poi alzarsi e andarsene quando suonava la campana che segnalava la fine dell'orario di visita. Un giorno la ragazza si fermò di nuovo alla Reception prima di tornare a casa e diede un'altra busta alle infermiere. Quel giorno l'infermiera dai capelli rossi entrò di nuovo nella stanza di Gabriel, gli lasciò la busta sul tavolino e se ne andò senza fiatare. 

Gabriel sospirò, mise via il libro e prese in mano la busta con curiosità. 

"Monsieur Agreste,

Vorrei ringraziarla per il bellissimo abito da sposa che mi avete fatto arrivare, commissionato appositamente per me dal vostro Head Stylist. È bellissimo e sono davvero molto lusingata, ma l'ho dovuto restituire, perché non posso accettarlo. 

Prima di tutto, è troppo elegante e raffinato per la semplice cerimonia che abbiamo in mente. In secondo luogo, ho già progettato e realizzato il mio abito da sposa, gli sto dando gli ultimi ritocchi in questi giorni. Non fraintendetemi, adoro l'abito che mi avete inviato. È meraviglioso e perfetto in ogni singolo dettaglio. Ma è troppo perfetto e troppo elegante. Non lo sento mio. 

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Gabriel strinse le labbra e rimise la lettera nella busta con un gesto seccato. Che sfacciata quella mocciosa Dupain-Cheng. Aveva osato rifiutare il suo regalo. Ma chi si credeva di essere?

Tuttavia, dopo il risentimento iniziale, Gabriel riprese la lettera dalla busta e la riesaminò. Poi emise un grande sospiro e ripiegò la lettera, riponendola nella sua busta e nel solito cassetto. 

Marinette continuava a tornare, ma per un po' non gli scrisse più. Ogni giorno l'uomo si avvicinava alla porta della sua stanza alle cinque in punto, e osservava la giovane donna con i codini attraversare il corridoio e sedersi vicino alla sua stanza. Perché era così testarda? Perché voleva parlargli? Perché non lo lasciava in pace?

Poi, circa una settimana prima della fine di luglio, un'altra busta fu messa sul tavolino non appena Marinette se ne andò. Gabriel decise di smetterla di fingere; posò immediatamente il libro e afferrò la busta ancor prima che l'infermiera uscisse dalla stanza. Se ne pentì però, perché non gli piacque per niente il sorrisetto sul viso dell'infermiera quando si chiuse la porta dietro le spalle. 

"Monsieur Agreste,

Ho una notizia che potrebbe interessarle. Oserei dire una notizia così interessante da poterle cambiare la vita. 

Tikki e Plagg mi hanno parlato di un incantesimo molto antico che potrebbe aiutare Mme. Agreste a svegliarsi dal coma. Non gliene ho parlato prima perché non volevo darle false speranze, ma oggi ho finalizzato l'accordo con il Grande Guardiano, quindi mi pare giusto che lei sappia. 

Da quello che hanno detto Tikki e Plagg, già una volta nella storia un portatore aveva usato un Miraculous rotto ed era caduto in un coma molto simile a quello in cui ora si trova sua moglie. Quella volta era stato il Miraculous della Tigre, ma ciò non cambia l'entità del problema, né la soluzione. 

Il Grande Guardiano non voleva aiutarla. Ha detto che lei era andato a trovarlo un paio di volte dopo che il tempio era tornato in vita e non gli erano piaciuti i suoi modi. Ha detto che non voleva avere niente a che fare con lei. Ma gli ho spiegato la situazione e alla fine ha deciso di aiutarci. 

È un incantesimo molto pericoloso e l'avverto, monsieur Agreste, prima di alimentare le sue speranze. Il Grande Guardiano ci ha informato che ci vorranno anni perché Mme. Agreste possa recuperare le forze abbastanza da svegliarsi. Potrebbe anche non svegliarsi mai, se si è debilitata troppo. Ma il semplice fatto che il Grande Guardiano abbia accettato di aiutarci ha riportato un po' di luce nell'animo di Adrien. Ho pensato che potesse aiutare anche lei. 

Ieri sera ho usato il Miraculous del Cavallo e ho portato assieme a Chat Noir il corpo di Mme. Agreste al tempio Tibetano. Mme. Agreste rimarrà sotto l'incantesimo del Grande Guardiano fino a quando, magari, un giorno si sveglierà. Il Grande Guardiano ha promesso di tenerci informati. 

Spero che questo porti un po' di gioia nel suo dolore.

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Gabriel fissò la lettera che teneva in mano, scioccato. Quindi il Grande Guardiano aveva finalmente ceduto. Non poteva crederci. Aveva letto la storia del Miraculous della Tigre danneggiato nella traduzione del Grimoire, e si era recato in Tibet un paio di volte per chiedere l'aiuto del Grande Guardiano. L'uomo aveva sempre rifiutato. Gli occhi di Gabriel si fissarono su un paio di parole nella lettera di Marinette. "Non gli erano piaciuti i suoi modi". Come se quella fosse una ragione sufficiente per abbandonare una donna in un coma indotto dalla magia. Ma allora chi era il cattivo qui? 

Gabriel sentì un'ondata di rabbia attraversare il suo animo e strinse il pugno attorno alla lettera, appallotolandola tra le mani tremanti. Dopo un po' però, le sue mani si distesero di nuovo e si misero a fissare con gran cura le pieghe che avevano creato sulla pagina bianca. Poi l'uomo piegò di nuovo la lettera sgualcita e la ripose nella busta. Si alzò e mise la busta insieme alle altre, notando la crescente pila di corrispondenza nel cassetto della sua scrivania.

I suoi giorni continuavano a passare, con il ritmo confortante della loro routine. Ormai Gabriel teneva d'occhio l'orologio tutto il giorno in attesa delle cinque, per vedere la figura snella della giovane donna con i codini entrare in clinica. Non tentò più di contattarlo per un po', fino a una serata di fine di agosto. Quella sera, Marinette lasciò un altro biglietto per lui, prontamente portato in camera sua dall'infermiera, con un enorme sorriso sul volto. Gabriel sospettava che un'ulteriore scatola di pasticcini T&S avesse accompagnato la presente missiva.

"Monsieur Agreste,

Le scrivo per informarla che non verrò a trovarla per un paio di settimane."

L'improvvisa fitta al cuore di Gabriel nel leggere quelle parole lo colse impreparato. Non si aspettava che gli facesse così male.

"Domani Adrien ed io ci sposeremo davanti al sindaco. Come le ho detto in precedenza, non faremo nulla di pomposo, solo una semplice cerimonia civile e un pranzo con la famiglia e gli amici più intimi alla boulangerie. Partiremo per la luna di miele il mattino successivo. Andiamo a New York. Magari la sorprenderà, ma abbiamo le nostre ragioni.

Tornerò tra un paio di settimane. Ho chiesto a mia madre di farle visita nel frattempo, per consegnarle alcune foto del matrimonio, non appena verranno stampate. 

Cordiali Saluti.

Vostra,

Marinette.

PS: la cerimonia si svolgerà al municipio alle 15:00."

Gabriel piegò la lettera e la ripose nella sua busta, e la busta nel cassetto con le altre. Quindi era giunto il grande giorno. Gabriel si chiese perché Mlle. Dupain-Cheng lo avesse informato dell'ora e del luogo della cerimonia. Voleva forse che vi partecipasse anche lui? Perché mai? Gabriel si sedette di nuovo sulla sua poltrona e raccolse il suo libro, sprofondando nuovamente nelle sue pagine. 

Come Mlle... oh, no, non più Mlle. Come avrebbe dovuto chiamarla? Mme. Graham de Vanily? No, meglio Marinette. Sì, Marinette suonava molto meglio. Come Marinette aveva preannunciato, il giorno dopo e per le due settimane successive la giovane donna non si presentò alla clinica. Gabriel si ritrovò a guardare fuori dalla sua stanza alle cinque del pomeriggio, quasi aspettandosi di vedere la ragazza coi codini entrare in clinica. Quando non la vide, la malinconia che lo colse e il doloroso morso che gli strinse il cuore lo sorpresero.

Circa dieci giorni dopo l'ultima lettera di Marinette, una donna cinese più anziana e ancora più bassa di Marinette varcò la porta automatica della clinica, all'incirca alla solita ora. La donna dai corti capelli corvini e dai penetranti occhi grigi doveva essere la madre di Marinette, pensò Gabriel. Sì, ricordava di averla vista una volta, quando Marinette aveva vinto il suo concorso di moda sulle bombette. Sabine Cheng, se ricordava bene. Mme. Cheng andò alla reception e parlò con l'addetta, lasciandosi dietro una grossa busta prima di correre via. 

Quando l'infermiera entrò nella sua stanza, Gabriel stava guardando fuori dalla finestra le luci della città che si accendevano lentamente nel crepuscolo. 

"Lo metta sulla mia scrivania", disse, senza nemmeno guardare la donna dai capelli rossi, che sospirò, fece come le era stato detto e se ne andò. Gabriel guardò per un po' la luce del sole al tramonto svanire nell'oscurità del crepuscolo. Quando si avvicinò all'interruttore della luce e l'accese, i suoi occhi quasi si ferirono per il cambiamento improvviso. Guardò con diffidenza la grande busta. Sembrava piuttosto pesante e piena. Gabriel la raccolse e l'aprì, rivelando una vasta collezione di immagini all'interno. 

Si sedette sulla poltrona e iniziò a guardare ciò che gli era stato inviato. Adrien indossava uno smoking nero con risvolti di raso sottili, un gilet a 4 bottoni, papillon e fazzoletto da taschino verde scuro, adornato con due piccole spille, una rossa a pois neri come Ladybug e una nera con sopra l'impronta di una zampa di gatto verde. L'abito era molto ben realizzato e Gabriel era quasi certo che fosse stato creato appositamente per lui dalla sua sposa. Adrien sembrava felice; almeno in ogni immagine poteva vedere il suo sorriso illuminargli gli occhi, occhi puntati in permanente adorazione sul viso della ragazza accanto a lui. 

Gabriel guardò bene suo figlio. Il mento e le labbra erano adornati da una corta barbetta ispida che gli toglieva il caratteristico aspetto da ragazzino che Gabriel aveva lavorato così duramente per creargli. Si era tagliato i capelli più corti ai lati ma li aveva lasciati più lunghi sulla parte superiore del capo e l'intero ensemble gli dava un aspetto più maturo che contrastava con ciò che Gabriel pensava fosse appropriato per la sua immagine. Gabriel strinse le labbra. Sapeva che Adrien l'aveva fatto solo per infastidirlo. Mise via le foto di Adrien e si concentrò sulla ragazza accanto a lui. 

Non appena vide il suo vestito, Gabriel capì cosa intendesse Marinette quando aveva scritto che non sentiva "suo" il vestito che le aveva commissionato. Gabriel le aveva mandato un classico abito da sposa dal taglio a sirena con un lungo strascico e velo, tutto ricamato in pizzo e perle bianche. Era delicato, elegante e di buon gusto ed era stato l'articolo più venduto della sua linea matrimoniale da quando il principe di Achu l'aveva scelto per la sua sposa un paio di anni prima. 

Quello che invece indossava Marinette era un abito da cocktail in seta bianca e tulle con decorazioni in pizzo e accenti verdi e rossi. Il collo era in stile cinese con pizzo trasparente fino al seno, ornato con una spilla a zampa di gatto nera e verde proprio al centro. Un doppio nastro verde e rosso le chiudeva la parte posteriore del vestito sulla schiena, terminando con una spilla a forma di coccinella in vita. Gabriel annuì in segno di approvazione. Era una creazione squisita e si adattava molto bene alle sue forme e struttura fisica. Come l'abito di Adrien, aveva anche accennato alle loro identità segrete, ma in modo subdolo, assicurandosi che nessuno avrebbe prestato attenzione al dettaglio. 

Sfogliò le immagini e si ritrovò a guardarne una in particolare. Mostrava in dettaglio la decorazione in pizzo del vestito di Marinette; la lasciò da parte, incerto sul perché la trovasse interessante. L'avrebbe esaminata più tardi. Ma fu quando intravide l'acconciatura di Marinette che i suoi occhi si spalancarono e il suo cuore accelerò i battiti. Perché lì, tra le rose e le coccinelle rosse sulla forcina che le adornava i capelli, c'era una farfalla. E non era una farfalla qualunque. Gabriel avrebbe riconosciuto tra mille l'insetto marrone con bande arancioni e gialle e i due ocelli neri su ogni ala. 

Era una farfalla Agreste. Qualcosa dentro Gabriel si spezzò. 

Prese la fotografia che aveva messo da parte, quella della decorazione ricamata in pizzo sull'abito da sposa, e lo guardò attentamente, spalancando di nuovo gli occhi per la sorpresa. Eccola di nuovo. Le decorazioni che ornavano l'abito erano di nuovo altre farfalle. Con due ocelli su ogni ala. Non poteva essere una coincidenza. Il fatto che Marinette avesse selezionato un primo piano della sua pettinatura e della decorazione in pizzo del vestito rendeva chiaro come il sole a Gabriel che fosse stato deliberato. Marinette voleva che lui lo vedesse. Era un subdolo messaggio di pace.

Posò la foto e si tolse gli occhiali, stringendosi con la mano il ponte del naso, mentre una singola lacrima gli scendeva lungo la guancia. Lo aveva incluso. Anche dopo tutto quello che le aveva fatto, anche dopo che Adrien aveva preso il cognome Graham de Vanily, anche dopo tutti i mesi in cui si era rifiutato di vederla, senza neanche chiederle scusa, lei lo aveva incluso.

Il giorno successivo, Gabriel iniziò a frequentare la terapia con uno psicologo e uno psichiatra. E fece un paio di telefonate.

Pochi giorni dopo, la ragazza con i codini tornò in clinica, di nuovo alle cinque in punto. L'ombra di un sorriso incurvò le labbra di Gabriel quando la vide, ma ancora una volta non accettò di parlarle. Passò molto tempo a guardarla però, attraverso il vetro della porta della sua stanza. Si era messa seduta sulla sedia più vicina alla sua stanza, ed era presa completamente dal suo telefono cellulare. Ne scorreva le pagine con le dita, qualche volta ci scriveva sopra e a volte ridacchiava. 

Fu un paio di settimane dopo il suo ritorno in clinica che Gabriel la vide fermarsi di nuovo alla reception e lanciare una breve occhiata la sua porta prima di andarsene. Ancora una volta l'infermiera entrò e lasciò la busta sulla scrivania.

"Questo è di nuovo per lei, signore", disse la donna. Gabriel aspettò che uscisse per prendere la busta e leggerne il messaggio.

"Monsieur Agreste,

Dire che sono sorpresa è un eufemismo. Sono davvero scioccata. Non so perché si rifiuti ancora di parlarmi, ma vorrei ringraziarla di tutto cuore per la posizione che mi ha offerto. Adrien mi ha detto che non ha mai avuto un Vice Dirigente Stilista alla casa di moda Gabriel. Ovviamente ho accettato, inizierò lunedì.

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

"Bene," disse Gabriel. La sua voce echeggiò nel silenzio della stanza mentre l'uomo di alzava e metteva la lettera con le altre, nel solito cassetto. 

Da quel momento in poi le buste di Marinette cominciarono a farsi ancora più frequenti. La ragazza gli mostrava i bozzetti che aveva realizzato per la prossima collezione primaverile della casa di moda, o le correzioni che aveva apportato al lavoro di altri stilisti. Il suo entusiasmo filtrava attraverso le pagine, e questo riscaldò il cuore di Gabriel. Poteva quasi rivedere se stesso, giovane e appassionato, nell'entusiasmo della ragazza. E ancora una volta, restò seriamente impressionato dalla qualità del suo lavoro. Ricevette parecchie telefonate dal Manager che aveva incaricato della gestione finanziaria del marchio Gabriel, e venne informato ogni volta che, da quando Marinette era stata assunta, i profitti dell'azienda erano aumentati. 

Gabriel si sedette di nuovo sulla sua poltrona, le braccia incrociate sul petto, un sorriso sornione sulle labbra.

Un paio di mesi dopo, Gabriel aprì una delle buste che Marinette gli aveva lasciato ma, invece di trovare altri schizzi e progetti per il suo marchio, vi trovò una nuova lettera. E l'immagine di un'ecografia.

"Monsieur Agreste,

Sono felicissima di informarla che Adrien e io diventeremo genitori. Oggi siamo stati in ospedale per la traslucenza nucale. Il bimbo è sano e ci hanno fatto sentire il battito del suo cuoricino e lo abbiamo visto fare le capriole sullo schermo. Allego in questa lettera una foto dell'ecografia.

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Gabriel prese la foto in mano, e la guardò a lungo. La piccola creatura era di profilo e mostrava la linea di un nasino già riconoscibile e perfettamente definito. Si vedevano chiaramente le braccia e le gambe, già formate. Sicuramente le ecografie erano molto migliorate da quando Emilie era stata incinta di Adrien. L'immagine che era stata data a loro quando lei era in attesa non era certo chiara come questa.

Quasi a malincuore, Gabriel rimise la foto e la lettera nella busta e la busta nel solito cassetto. Tornò a tirar fuori quella foto dal cassetto diverse volte nelle settimane successive, e l'espressione del suo sguardo mentre fissava la foto era una che vi era stata estranea da molto, molto tempo.

Marinette continuava a condividere ogni tipo di notizia con lui, sul suo lavoro e anche sulla sua vita. Gabriel apprese che Marinette soffriva di nausea mattutina e che la ragazza trovava sempre più difficile svegliarsi presto (chiamò il suo capo progettista e si mise d'accordo perché le fossero offerti orari più ridotti, ma fu rimproverato da Marinette nella lettera successiva perché la ragazza pensava di non aver bisogno di rallentare).

Poche settimane dopo, giusto prima di Natale, aprì la solita busta e vi trovò un'altra foto di un'ecografia, assieme alla solita lettera.

"Monsieur Agreste,

Oggi abbiamo fatto la morfologica. Il feto è sano e tutte le misure sono perfette. Sono lieta di informarla che avremo una bambina e la chiameremo Emma. Nascerà a maggio. Colgo l'occasione per augurarle un buon Natale e un felice anno nuovo.

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Gabriel prese l'immagine dalla busta e lanciò uno sguardo affettuoso all'ecografia in bianco e nero. Il profilo della bambina stava iniziando a riempirsi e a mostrare delle guanciotte piene e un nasino a patatina. Il corpo non entrava più in una foto sola e i dettagli nella scansione erano eccellenti. 

Emma. Che bel nome. L'unica ombra nella calda sensazione che gli riempiva il cuore era che la bimba avrebbe portato il cognome Graham de Vanily. Non sarebbe stata una Agreste. 

Gabriel sospirò.

I giorni si trasformarono in mesi. Gabriel vide la figura snella della ragazza dai codini neri diventare sempre più tondeggiante. Mentre le lettere che gli inviava cominciavano a parlare sempre di più dell'imminente collezione estiva, e della successiva collezione autunnale, e contenevano immagini di abitini per neonati tra gli schizzi e prototipi di linee future, Gabriel vide Marinette iniziare a camminare ondeggiando. Le infermiere le chiedevano di sedersi sul divano anziché sulla sedia di plastica dura vicino alla sua porta, e lui concordava con il loro consiglio, ma Marinette era davvero testarda e continuava a sedersi nello stesso posto. 

Una bella serata di fine maggio, mentre l'azzurro del cielo senza nuvole si tingeva di sfumature rosso e oro e la prime luci della città iniziavano a brillare nell'imminente crepuscolo, Gabriel aprì un'altra busta di Marinette.

"Monsieur Agreste,

Sono a 41 settimane e due giorni. La mia piccola principessa è decisamente cotta e pronta per venire al mondo. L'ostetricia che mi segue ha detto che domani eseguirà uno scollamento delle membrane, se non succede nulla durante la notte. In realtà speriamo tutti che il parto inizi spontaneamente, perché la dottoressa ha detto che la mia cervice è morbida e già dilatata di 2 cm. 

Nel caso in cui Emma decidesse di vedere il mondo, potrei non essere in grado di venire a trovarla nei prossimi giorni. Questa è una foto dell'ultima scansione, una a 4d, che abbiamo eseguito la settimana scorsa. 

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette.

Marinette non venne il giorno successivo. Il giorno ancora successivo, per la seconda volta Sabine Cheng entrò nella clinica, alle cinque in punto come faceva sempre la figlia. Lasciò una busta e una scatola di pasticcini alla reception (o almeno Gabriel era sicuro che dovessero essere pasticcini, date i gridolini di gioia delle infermiere alla vista della scatola). Le congratulazioni delle infermiere e receptioniste risuonarono forti e chiare anche attraverso la porta chiusa e da così lontano. 

Quando Sabine se ne andò, l'infermiera gli portò la busta.

"Spero mi portiate il mio croissant al pistacchio, questa volta", mormorò Gabriel mentre la donna stava uscendo. Lei lo guardò sorpresa, e rientrò poco dopo con un cornetto su un piattino, che appoggiò sul tavolino, vicino alla busta.

"Congratulazioni, signore!" disse prima di uscire. 

Gabriel riempì d'acqua il suo bollitore e lo accese. Quindi, si sedette sulla poltrona e raccolse la busta, sbirciando curiosamente all'interno.

"Monsieur Agreste,

Emma Nathalie Graham de Vanily è nata il 22 maggio alle 10 del mattino. Pesava quasi quattro chili. Il parto non è stato troppo doloroso e completamente naturale. Le allego alcune foto scattate alla sua nascita e dopo poche ore. Se tutto va bene, oggi potrò tornare a casa e verrò a trovarla presto. 

Per favore, monsieur Agreste. Per favore accetti di vedermi. Voglio che Emma conosca entrambi i suoi nonni. Voglio che possiate costruire ricordi felici insieme. Sarà così piccola solo una volta.

Cordiali saluti.

Vostra,

Marinette."

Aveva un nasino a patatina, esattamente come mostravano le immagini dell'ecografia. E capelli molto scuri. Emma Nathalie. Gabriel sorrise: l'aveva fatto di nuovo. Marinette (o probabilmente entrambi. Gabriel non era sicuro che Adrien avesse avuto a che fare con i gesti della farfalla agreste e dell'invito alla cerimonia di nozze, ma era sicuro che questa fosse stata di certo un'idea di entrambi) aveva incluso anche Nathalie.

Gabriel guardò con grande interesse le foto che Marinette aveva messo nella busta. Ne fissò una in particolare per parecchio tempo. Nella foto, Adrien teneva in braccio la piccola Emma e la fissava con uno sguardo pieno di tenerezza. Uno sguardo così simile a quello di Emilie il giorno in cui era nato lui, che lasciò una dolorosa spina nel cuore di Gabriel. L'uomo esaminò avidamente il viso del figlio. Poteva vedere le borse sotto gli occhi (lo scotto da pagare per essere un genitore, figliolo!), e l'ombra di barba sulle sue guance era un po 'più lunga e meno ordinata del giorno del suo matrimonio. Ma sembrava così felice che fissare direttamente il sole in cielo avrebbe accecato di meno Gabriel. L'uomo più anziano rimise tutto tranne quella foto nella busta, che mise nel cassetto della sua scrivania, ormai ricolmo di buste di ogni grandezza e tipo. Gabriel pensò che presto avrebbe dovuto trovare una nuova dimora per quelle lettere.

Preparò il tè, lo versò in una tazza e si sedette sulla poltrona per mangiare il suo croissant e bere il suo tè. Dopo la merenda, riprese in mano la fotografia di Adrien ed Emma. La fissò a lungo.

Meno di una settimana dopo, alle cinque in punto, la donna con i codini entrò di nuovo in clinica. Non era tornata alla sua linea snella pre-gravidanza, ma almeno non stava più ondeggiando. Stava spingendo una carrozzina, e a basarsi sugli strilletti delle infermiere alla reception quando Marinette si avvicinò al banco, Gabriel suppose che la carrozzina non fosse vuota.

Marinette spinse la carrozzina verso porta della stanza di Gabriel e si sedette sulla sedia proprio accanto ad essa. Sembrava un po' più pallida del solito e anche lei mostrava segni scuri sotto gli occhi. Non poté divertirsi molto con il telefono, perché dopo pochi minuti che era seduta, un pianto sommesso risuonò nel corridoio, abbastanza forte perché Gabriel lo sentisse dall'altra parte della porta. La giovane donna prese in braccio la piccola e iniziò ad allattarla al seno, dondolandosi avanti e indietro sulla sedia. 

Gabriel aprì la porta e uscì dalla sua camera. 

Vedere la sorpresa negli occhi di Marinette valse da solo il gesto. Si avvicinò alla donna intenta ad allattare e si sedette alla sua sinistra, attendendo pazientemente che la ragazza terminasse di nutrire la bambina. Dopo alcuni minuti, Marinette si coprì e continuò a cullare la neonata, cercando di addormentarla. Mentre lo faceva, Gabriel osò spostare lo sguardo verso il fagottino nelle sue braccia.

"Non ho mai visto uno sguardo del genere sul suo viso, monsieur Agreste", disse lei dolcemente. 

Emma non sembrava molto contenta, era un po' rossa in volto e piangeva. Nonostante i migliori sforzi di Marinette per cercare di addormentarla, gli occhi della bimba erano spalancati e fissati sul volto della madre.

"Ha i capelli scuri", disse Gabriel. Marinette annuì mentre si dondolava. "Ma quelli sono gli occhi di Adrien", concluse infine l'uomo.

Marinette gli sorrise. "Dice?"

"Sì," confermò lui, sorridendo di rimando. "Non ho dubbi. Sono gli occhi di Adrien ed Emilie. Li riconoscerei tra mille". Ricordava ancora il giorno in cui aveva visto Adrien per la prima volta. Nonostante i capelli scuri, la bimba gli somigliava come una goccia d'acqua. 

"Vuole prenderla in braccio?" chiese Marinette. Gli occhi di Gabriel si spalancarono. 

"Posso davvero?"

Si alzò e con cautela gli mise il fagotto tra le braccia. Era così leggera. E calda. 

Gabriel sospirò. Non riusciva a ricordare che Adrien fosse mai stato così leggero. Ma forse non ricordava più bene quei primi giorni; era passato così tanto tempo in fondo. Per qualche ragione, non appena si sistemò tra le sue braccia, la piccola Emma si calmò e dopo pochi minuti si addormentò profondamente. 

Gabriel la guardò mentre si metteva il pugnetto in bocca e lo succhiava per trovare conforto. Aveva ancora quel dolce odore che si associa con i neonati. La guardò a lungo, cercando di scolpirne i lineamenti morbidi nella memoria, e assaporandone il dolce profumo. Marinette si sedette di nuovo accanto a lui e aspettò, dandogli un po' di tempo da solo con la neonata. 

"Emilie ...?" chiese infine Gabriel.

"Il Grande Guardiano mi ha detto che sta ancora dormendo, ma i suoi segni vitali sono sempre più forti. Spero che un giorno Emma possa conoscere entrambe le sue nonne."

Gabriel accarezzò delicatamente la guancia della bimba addormentata tra le sue braccia. "Sarebbe bello."

"La tomba di Nathalie?" chiese poi. Aveva mandato negli ultimi anni alcuni assistenti a prendersene cura, e l'aveva ricoperta di fiori in occasioni speciali, ma era da un po' di tempo che non l'aveva fatta controllare, anche se ci pensava sempre.

"La visito io regolarmente, e spesso anche Adrien. Ce ne siamo occupati noi."

Gabriel la guardò con sorpresa. "Grazie", disse infine. "Non solo per aver curato la tomba di Nathalie, Marinette. Grazie per essere stata così testarda. Non so perché hai scelto di combattere così tanto per raggiungermi. Non ho mai fatto nulla per giustificare la tua tenacia. Ma grazie per averlo fatto." Fissò a lungo la bimba addormentata prima di posare il suo sguardo su quello di Marinette e continuare, guardandola dritta negli occhi: "E scusami. So che è solo una parola e che non risolve la gravità dei miei errori. Ma mi dispiace, e tanto. Ti sono davvero grato."

Gli occhi di Marinette si spalancarono a quelle parole. "Venga a casa con noi, monsieur Agreste. E' stato in questa clinica fin troppo a lungo." 

Marinette lo stava guardando con tanta speranza che Gabriel non poté non abbassare lo sguardo.

"Ma Adrien..." iniziò; Marinette però lo interruppe, posandogli una mano sulla spalla: "Anche lui vuole vederla. Mi ha detto che lo vuole, ma è troppo testardo per venire." Gabriel si alzò e Marinette lo guardò, un po' sorpresa.

L'uomo si avvicinò alla grande finestra del corridoio e guardò fuori, fissando le macchine bloccate nel traffico dell'ora di punta, mentre con la mano libera accarezzava dolcemente la schiena della piccola Emma.

"Monsieur Agreste?" chiese Marinette avvicinandoglisi.

Lui tornò alla carrozzina e vi mise dentro con cura la bimba addormentata.

"Mi chiamo Gabriel, Marinette, puoi darmi del tu," disse con un tono di voce che Marinette non aveva mai sentito da parte sua. "E andiamo a casa, se davvero mi volete con voi."

Guardò Marinette speranzoso e da dietro le lenti degli occhiali gli si illuminarono gli occhi quando la vide annuire. Poi, sotto lo sguardo sbalordito delle infermiere e delle addette alla reception, si incamminò verso la porta, spingendo lentamente la carrozzina. Marinette lo seguì fuori, con un lieve sorriso sulle labbra. La vide guardare un'ultima volta la clinica e la sentì sussurrare a bassissima voce: "Ciao ciao, farfallina".

Anche le labbra di Gabriel si incurvarono in un sorriso mentre si lasciava la clinica alle spalle. Avrebbe mandato qualcuno a ritirare la sua roba ed a sistemare le ultime formalità più tardi.

La strada verso la guarigione era ancora ripida e accidentata, Gabriel lo sapeva benissimo. Non si illudeva che sarebbe stato facile. Soprattutto, avrebbe avuto bisogno di molto lavoro — e di tempo — per ricostruire, e poi migliorare il suo rapporto con Adrien. Ma era il momento di lasciarsi l'odio e il passato alle spalle. Era ora di aprire una nuova pagina nella sua vita.

E chissà, forse un giorno, grazie a Marinette, Emilie sarebbe stata di nuovo al suo fianco. La speranza era l'ultima a morire.


Nota dell’Autrice


Buona Pasqua! Questa storia penso sia molto tagliata per Pasqua, per via del cammino di redenzione e pentimento di Gabriel, quindi ecco che ve la posto proprio oggi, tanti auguri! No, vabbè, mi hanno pubblicato la storia per l’advent calendar ieri sera quindi ho potuto postarla solo ora. però è davvero azzeccata per Pasqua, non trovate?

Spero vi piaccia e che mi lasciate un commentuzzo. Per favore. E’ Pasqua, suvvia. Fate contenta ‘sta pora disgraziata neh? 

E se vi piace il genere hurt/comfort, fate un salto sul nostro gruppo Facebook, h/c Italia. E’ linkato nella nota a inizio storia! Vi aspettiamo!

   
 
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