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Autore: LorasWeasley    09/04/2021    3 recensioni
[kuroken] [angst con lieto fine]
"Alzò lo testa e si perse a fissarlo, le guance del corvino si imporporarono per l’intensità di quello sguardo e chiese piano –Perché mi fissi?
-Voglio solo imprimerti per bene nella mia memoria.
Kuro rise –Non vado da nessuna parte.
Ma io sì."
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My Life
 


Fin da quando Kenma era piccolo era sempre stato più cagionevole di salute dei suoi coetanei.
Al minimo accenno di sforzo gli veniva la febbre alta o, quando si emozionava o si innervosiva, il suo cuore iniziava a battere talmente forte da farlo sentire oppresso, quasi come se non potesse respirare.
I suoi genitori l’avevano fatto visitare più e più volte, ma ogni volta i dottori non si erano mai preoccupati di cercare a fondo: chiedevano se già avevano fatte altre visite e, dopo aver letto il verdetto del medico precedente, concordavano sul condividerlo: semplicemente Kenma aveva un corpo più debole delle altre persone.
Durante i suoi diciassette anni però le cose iniziarono a peggiorare.
C’erano giorni in cui il ragazzino diventava talmente pallido da potergli vedere le vene verdi e azzurre che si ramificavano sotto la pelle.
Giorni in cui dormiva per più di quindici ore e non si svegliava fino a quando non era qualcuno a farlo, ma soprattutto al suo risveglio si sentiva più stanco e dolorante di quando era andato a letto.
E giorni in cui, semplicemente, sveniva.
Sua madre, che era già depressa e costantemente in ansia per aver perso il marito pochi mesi prima in un incidente d’auto, dopo che il ragazzo svenne per la terza volta in un mese disse che non avrebbe continuato così e lo portò dall’altra parte del paese per farlo visitare nella migliore clinica del Giappone.
E fu qui che scoprirono finalmente la verità: Kenma aveva una malattia al cuore.
-È curabile?- chiese subito la donna, aveva già gli occhi lucidi.
-C’è una cura sperimentale- rispose pratico il dottore –un intervento. Ma ha una percentuale di riuscita del 35%.
-Quanto costa?
Ricevuta la risposta Kenma fu il primo a rendersene conto: non l’avrebbero potuto curare. Non avrebbero mai trovato tutti quei soldi, non quando sua madre faceva fatica a trovare un lavoro anche solo per arrivare a fine mese. Inoltre, con una percentuale così bassa, non era neanche sicuro di volere che gli aprissero il petto e lavorassero al suo cuore senza comunque riuscire a salvarlo.
-Farà male?- domandò infine, riferendosi al processo che l’avrebbe portato alla sua morte.
-Dipende, potrebbe peggiorare e portarti diversi dolori. Come potresti semplicemente addormentarti e non svegliarti più. Questa seconda opzione è una delle più frequenti.
Infine, Kenma venne scritto nella lista di chi aspettava una donazione, anche se tutti loro, e lui più di tutti, sapevano che questa non sarebbe mai arrivata in tempo.
 
-
 
Kenma aveva chiesto a sua madre di non dirlo a nessuno e lei aveva accettato la sua richiesta. Per quanto fosse preoccupata e triste costantemente capiva che suo figlio voleva passare l’ultimo periodo normalmente.
Kenma aveva pensato molto se dirlo o meno a Kuro: suo migliore amico da sempre e fidanzato da due anni.
Era arrivato alla conclusione di doverlo fare, di non poterglielo tenere nascosto. Ma quando Kuro si era presentato a casa sua come sempre, un sorriso in volto mentre straparlava di quello che era successo con Bokuto quel finesettimana che erano stati insieme, Kenma non ce l’aveva fatta.
Sua madre non rideva più e ogni volta che si soffermava troppo a guardarlo i suoi occhi si facevano lucidi, Kenma non voleva che succedesse lo stesso con il suo ragazzo.
Erano stesi sul letto, Kenma era poggiato contro il suo petto e Kuro gli stava intrecciando i capelli. Era un momento così bello e rilassante che per un attimo Kenma aveva dimenticato tutto il resto. Avrebbe voluto fermare il tempo e restare in quel modo per sempre.
Era così ingiusto. Kuro aveva già sofferto così tanto, perché gli stavano per togliere anche lui?
Alzò lo testa e si perse a fissarlo, le guance del corvino si imporporarono per l’intensità di quello sguardo e chiese piano –Perché mi fissi?
-Voglio solo imprimerti per bene nella mia memoria.
Kuro rise –Non vado da nessuna parte.
Ma io sì.
Si spinse in avanti a baciarlo, cercando di dimenticare con quel gesto il peso del bracciale medico che avrebbe dovuto indossare in ogni momento, ma che era solo nascosto all’interno del suo comodino.
 
-
 
Quella notte Kenma si sentì sopraffatto dalla verità che stava continuando a nascondere.
Erano usciti con tutti i ragazzi del Nekoma che si erano qualificati proprio quel giorno per i nazionali. Kenma aveva abbandonato la squadra diverso tempo prima, affermando che i dottori gli avevano consigliato di non fare sport con il suo corpo debole, ma non aveva comunque smesso di frequentare la palestra, dando consigli tattici ai suoi compagni o semplicemente per guardare Kuro giocare.
Doveva essere una tranquilla serata di festeggiamenti, fino a quando l’argomento non si era spostato su cosa avrebbero fatto dopo il liceo, su cosa si aspettassero dal loro futuro.
Il problema non fu tanto dover parlare di un futuro che non aveva, ma sentir parlare Kuro. Sentirgli dire tutti i piani che aveva già progettato: piani che coinvolgevano Kenma.
Si sentì soffocare mentre il suo sangue iniziava a correre veloce, dei puntini neri invasero la sua vista e si alzò di scatto borbottando che sarebbe andato in bagno.
Invece di raggiungere la stanza in questione si avviò fuori, pensando che l’aria fresca l’avrebbe aiutato a schiarire la mente.
Questo però non avvenne ed entrò ancora più nel panico, la sua mano corse al braccialetto medico che teneva in tasca e lo strinse con forza.
Era un bracciale che, in caso di svenimento per strada, avrebbe aiutato i soccorritori a capire che malattia avesse e quindi come comportarsi di conseguenza.
Yaku lo raggiunse. Il ragazzo, quando erano al tavolo, era seduto di fronte a lui, quindi aveva visto la sua fuga fuori e non si era fatto problemi a seguirlo per capire cosa non andasse.
C’era un motivo infondo se tutti dicevano che era la mamma del Nekoma.
-Kenma, cosa…
Non riuscì a concludere la frase perché il biondo iniziò a urlare –Non ce la faccio! Non posso continuare! Io non… non posso ancora illuderlo così!
Sentì le sue guance che venivano ricoperte dalle lacrime che sgorgavano dai suoi occhi, il suo sguardo che si faceva sfocato.
-Di che stai parlando?
-Io sto morendo, Yaku! E lui… lui continua a pensare che passeremo la vita insieme! Ma noi… noi non… io non sarò con lui!
Gli mancava l’aria, il suo cuore sembrava voler esplodere e stava tremando così tanto. Avrebbe voluto continuare a parlare, urlargli che gli dispiaceva, che si sentiva uno schifo per non averglielo detto e per aver continuato a illuderlo, per aver mentito a tutti loro. Ma non riusciva, non riusciva più a parlare e tutto quello che vedeva erano solo forme sfocate.
Il mondo si fece nero, le voci divennero lontane e difficili da comprendere. Sentì di cadere a terra, ma non provò alcun dolore quando toccò il suolo perché non era più proprietario del proprio corpo.
È finita.
 
-
 
Erano le quattro del mattino e Kuro era seduto su una scomoda sedia d’ospedale con il viso tra le braccia. Era ormai lì da diverse ore, se Kenma fosse morto sarebbero usciti molto prima a dirglielo, giusto? Quindi doveva stare bene se ce la stava facendo così a lungo.
Nonostante però provasse a convincersi della cosa continuava ad essere disperato e la sua mente non poteva fare a meno di rimandare in loop il ricordo di quello che era successo poche ore prima.
Yaku che rientrava nel bar urlando disperato di chiamare un’ambulanza.
Kuro che si precipitava fuori e l’unica cosa che riusciva a vedere era Kenma a terra, pallido, che non respirava.
Si era precipitato da lui e, in ricordo del corso di primo soccorso che avevano fatto, aveva iniziato  delle compressioni con le mani sul petto intervallandole al soffiargli aria nella sua bocca.
Continuò per ben due minuti, ma Kenma rimaneva morto tra le sue braccia.
Kuro si era chiesto per quanto tempo avrebbe dovuto continuare, ricordava che c’era un limite massimo, che poi il corpo non sarebbe più ripartito. Non sapeva che fare, non sapeva neanche se lo stesse facendo nel modo giusto, stava per perdere ogni briciolo di lucidità e iniziare a urlare quando sentì la mano di Yaku sulla sua spalla che gli diceva “Sta respirando”.
Ed era vero, Kenma aveva ripreso a respirare molto piano.
Kuro aveva subito cercato il suo polso e aveva sentito quanto fosse debole, urlò a nessuno in particolare quanto diavolo ci volesse all’ambulanza per raggiungerli per poi tornare a fissare il suo ragazzo. Questo aveva fatto un grugnito strano e poi aveva riaperto piano gli occhi.
Kuro si era sentito invadere dal sollievo e con disperazione l’aveva preso piano tra le braccia, cullandolo contro il suo corpo “stai bene, va tutto bene” iniziò a ripetergli.
Kenma sembrò mettere a fuoco Kuro solo in quel momento, le sue labbra si mossero come se avesse voluto dire qualcosa, ma nessuna parola riuscì a lasciare le sue labbra.
“Non parlare” aveva iniziato a sussurrare il corvino poggiando la fronte contro quella del più piccolo “va tutto bene amore, resta sveglio, i soccorsi arriveranno presto, tu solo… resta con me.”
Kenma aveva avuto uno spasmo alla mano poggiata contro il suo braccio e solo dopo qualche secondo Kuro si era reso conto che non era stato uno spasmo, ma un tentativo di stringerlo.
Era talmente debole da non riuscire neanche in quel piccolo gesto.
Kenma aveva infine chiuso gli occhi e il suo battito si era fatto sempre più debole.
“Kenma. Kenma, tesoso, svegliati. Guardami! Kenma, ti prego!” la voce di Kuro era stata piena di disperazione, ma nonostante i suoi richiami il biondo non aveva più aperto gli occhi.
Quando arrivarono i paramedici gli fecero diverse domande “Ha bevuto? Ha preso droghe? Quanto pesa? Prende medicine? Soffre di qualcosa?” era stato facile rispondere a quelle prime tre, ma per le ultime due si rese conto che non lo sapeva. Soprattutto quando vide Yaku passare loro un bracciale medico affermando che il biondo lo teneva in mano.
E lì si era reso conto: quel bracciale appartiene a Kenma e io non l’ho mai visto.
Mentre continuava ad aspettare in ospedale, non poteva far altro che chiedersi come diavolo fossero arrivati a quel punto senza che lui avesse sospettato nulla. Come aveva potuto Kenma nascondergli una cosa del genere. Una cosa evidentemente grave se doveva portare con sé un braccialetto medico. Ma la rabbia non era mai riuscita a invadere davvero il suo corpo perché alla fine non gli importava di nulla, l’unica cosa che voleva era che Kenma tornasse da lui.
Non poteva fare a meno di sbloccare il cellulare ogni cinque minuti per soffermarsi a guardare l’immagine di sfondo: lui e Kenma al mare. Il biondo aveva un cappello di paglia e due strisce bianche sulla faccia che Kuro gli aveva disegnato con la crema solare e che dovevano ricordare i baffi di un gatto. Entrambi stavano ridendo.
Ti prego, ti prego non lasciarmi.
La madre di Kenma uscì dalla stanza del figlio e Kuro si mise in piedi all’istante. Il volto della donna era distrutto quanto il suo. Gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla.
-Come sta?- chiese con urgenza il corvino.
Lei ci mise qualche secondo di troppo a rispondere –Per adesso bene- mormorò infine –sono riusciti a rianimarlo. Dicono che l’hai salvato agendo in modo tempestivo fuori dal locale.
Kuro non ebbe tempo per rallegrarsi della cosa, troppo in ansia per quella prima frase.
-Cosa significa “per adesso”?
La donna sospirò, i suoi occhi che diventavano ancora più lucidi –Sediamoci tesoro, devi sapere delle cose.
 
-
 
Quando Kenma si era svegliato aveva avuto bisogno che qualcuno gli spiegasse e raccontasse quello che era successo per ricordare gli ultimi avvenimenti.
Il dottore che l’aveva preso in cura gli disse che per il momento stava bene, ma che dopo quel forte attacco la malattia aveva portato allo stremo il suo corpo e che sarebbe potuto solo andare peggio.
Sua madre era al suo fianco, Kuro non c’era.
La donna gli spiegò che aveva dovuto dire ogni cosa al ragazzo, perché aveva bisogno di sapere dopo che era stato lui a rianimarlo ed era rimasto tutta la notte in sala d’attesa. Gli disse anche però che dopo il racconto questo era scappato via e da quel momento non l’aveva più contattato.
Kenma aveva pianto in silenzio. Non si aspettava di certo che Kuro lo perdonasse per avergli tenuto nascosto una cosa tanto grande, ma gli faceva comunque male non averlo al suo fianco.
Fu solo tre giorni dopo che la porta della stanza venne aperta con forza e Kuro comparve sulla soglia. Aveva i capelli più scompigliati del solito, il fiatone di chi aveva corso e le occhiaie di chi non dormiva da giorni.
Annunciò –Fra due settimane farai la tua operazione.
Lo shock percorse i Kozume, poi sua madre mormorò piano –Ma i soldi…
-Ci ho pensato io, adesso dovrebbe raggiungere il medico per mettervi d’accordo sugli ultimi dettagli e firmare diverse cose.
La donna l’aveva raggiunto e in un attimo l’aveva stretto in un abbraccio disperato, Kenma la sentì anche sussurrare qualcosa ma non riuscì a decifrare le parole.
Il suo sguardo non si era ancora spostato da quello di Kuro e, dopo che sua madre andò via dalla stanza, il corvino lo raggiunse sul letto sedendosi al suo fianco.
Kenma chiuse gli occhi quando sentì la sua mano posarsi sulla propria guancia in una carezza dolce e piena d’amore.
-Sei bellissimo- gli sfuggì.
Kenma non poté fare a meno di sorridere e arrossire –Dubito che qualcuno riesca ad essere bello in un letto d’ospedale.
Kuro rispose al sorriso –Non saprei… sembra che tu lo faccia funzionare in qualche modo.
Il più piccolo mantenne il suo leggero sorriso e si lasciò coccolare per qualche altro secondo, infine sussurrò -Sono un sacco di soldi.
-Con i ragazzi abbiamo aperto un conto, abbiamo sparso la voce e siamo riusciti a raccogliere la cifra con le donazioni della gente. Non solo abbiamo coinvolto le persone che conoscevamo, ma abbiamo fatto in modo che tutte le squadre di pallavolo che parteciperanno ai nazionali lo sapessero. Evidentemente ad alcuni di loro hai lasciato il segno, perché ci siamo riusciti in soli tre giorni. Hinata inoltre ha fatto in modo che tutte le persone di Miyagi partecipassero.
Gli occhi di Kenma si riempirono di lacrime –Tu non… non dovevi… non sappiamo neanche se funzionerà, sono più alte le probabilità di non riuscita e tutte quelle persone…
Kuro lo interruppe parlandogli sopra, il suo sguardo era risoluto e mostrava che non si era per niente arreso alla situazione.
-L’avrei fatto anche se fosse costato il doppio e ci sarebbe stata la metà della percentuale di riuscita di quella di adesso.
Kenma rilasciò una lacrima e Kuro fu subito pronto ad asciugargliela. Infine si chinò su di lui lasciandogli un bacio sulle labbra talmente delicato da poter essere scambiato per il soffio di un respiro. Poggiò la fronte contro la sua, entrambi avevano chiuso gli occhi mentre infine mormorava -Ascoltami bene, gattino. Non so che piani tu ti sia già fatto, ma io non ho nessuna intenzione di perderti.
 
-
 
Dopo che il dottore aveva firmato per le dimissioni di Kenma, questo era stato portato a casa e Kuro non si era staccato da lui neanche per un momento.
Sarebbe dovuto tornare in ospedale la settimana successiva per iniziare nuovamente tutte le analisi prima dell’intervento, ma per quei giorni aveva il lusso di poter restare a casa propria. A patto che ci fosse sempre qualcuno a tenere d’occhio le sue condizioni e che avessero salvato il numero d’emergenza che avrebbe immediatamente mandato l’ambulanza da loro, senza prima dover spiegare al centralino quello che stava succedendo.
I genitori di entrambi erano d’accordo con quella nuova situazione e sua madre era ovviamente più sollevata nel sapere suo figlio a casa insieme a Kuro.
Proprio quel pomeriggio i due ragazzi erano seduti sul letto del più piccolo. Il corvino aveva la schiena poggiata ai cuscini e le gambe aperte per lasciare lo spazio all’altro, questo era quindi seduto con la schiena poggiata al petto del più grande, quel giorno si sentiva meglio dei precedenti e poteva tranquillamente tenere la console in mano mentre giocava.
In realtà Kenma avrebbe solo voluto passare il tempo con il proprio ragazzo, era stato questo a convincerlo a giocare, dicendo che amava troppo averlo tra le braccia e coccolarlo mentre lo guardava fare concentrato quello che lo divertiva.
E fu così che Kuro gli spazzolò i capelli, gli diede brevi baci sul collo e gli stuzzicò le gambe con le dita, fermandosi sempre a metà coscia.
Era una cosa che avevano fatto spesso negli ultimi due anni: Kenma che giocava su di lui e Kuro che iniziava a stuzzicarlo sempre più vicino alle zone intime fino ad arrivare a loro che facevano sesso. Quella volta però era diversa, perché Kuro non aveva nessuna intenzione di toccarlo più a fondo.
Kenma sospirò e lasciò andare il gioco spegnendo la partita –Non vuoi toccarmi?- domandò piano.
-Ti sto toccando- rispose l’altro quasi confuso, stringendogli il braccio intorno alla vita come a voler dimostrare la sua frase.
-Sai cosa intendo.
Kuro sospirò a sua volta e rispose dopo diversi secondi di silenzio, la sua voce si era fatta più bassa –sai bene che lo voglio.
-Ma non lo farai.
-Perché ti voglio al sicuro, non perché non voglia toccarti!
Kenma si girò tra le sue braccia, erano petto contro petto e i suoi occhi si erano fatti lucidi –Era per questo che non volevo dirtelo- iniziò poi a sussurrare –mi fai sentire come se fossi fragile e invalido e io…
Kuro non lo fece finire –Non ho mai detto che tu lo sia, voglio solo aspettare dopo l’intervento, così che…
Kenma esplose –E se non c’è? E se non ci sarà un dopo?
-Ci sarà.
Kenma sentì il suo petto riscaldarsi solo per la risolutezza con la quale il suo ragazzo aveva pronunciato quelle due parole, Kuro aveva una fiducia cieca nell’intervento che doveva fare.
Kenma capiva il suo estremo bisogno di aggrapparsi a quella flebile speranza e crederci con tutto se stesso. E se fosse stato un qualcosa che sarebbe dovuto dipendere da Kuro, Kenma non avrebbe perso tempo a mettergli la sua vita in mano e dare per scontato che ci sarebbe stato un dopo. Ma era una cosa che non dipendeva da nessuno dei due, era una cosa che non potevano controllare e Kenma doveva essere realista.
-Non lo sai.
-Kenma…
-No, Tetsuro- gli si era fatto più vicino, le parole che pronunciava gli venivano sussurrate direttamente sulle sue labbra –non lo sai. E non lo so neanche io. Non dipende da noi e non possiamo fare nulla per aumentare quella percentuale di successo. Quindi per favore…- iniziò a piangere –per favore, ti voglio…- si strofinò contro di lui –ti voglio così tanto che fa male, ti prego Tetsuro…
Sapeva di star giocando sporco, sapeva che Kuro non sarebbe riuscito a dirgli di no. Ma ne aveva bisogno come non aveva mai avuto bisogno di nulla nella sua vita.
Quando infine lo baciò sentì tutte le sue opposizioni crollare. Le sue forti braccia si strinsero sul suo piccolo corpo e gemette nel bacio. Kenma non ricordava quando era stata l’ultima volta che si erano baciati in quel modo.
-Se senti un qualsiasi tipo di dolore, ti prego di fermarmi- gli chiese staccandosi e lanciandogli un lungo sguardo serio.
Il biondo annuì velocemente –Te lo prometto. Andrà bene.
Erano giorni che Kenma si sentiva male, che passava quasi tutta la sua giornata a sentirsi sbagliato nel suo stesso corpo. Ma lì, mentre facevano l’amore, tornò a sentirsi vivo come da troppo tempo ormai non succedeva.
Kuro lo trattò tutto il tempo con riguardo, con una delicatezza e una premura tali da farlo sentire soffocato, in senso buono, da tutto quell’amore.
Il tempo mi sfugge dalle mani troppo velocemente, perché… perché le cose belle devono sempre finire?
 
-
 
La notte prima dell’intervento nessuno dei due riusciva a dormire.
Quella era stata decisamente una giornata “no” e Kenma era stato talmente male che Kuro era convinto si sarebbe addormentato all’istante, ma così evidentemente non era stato visto che il ragazzo era ancora vigile tra le sue braccia.
Il suo corpo era talmente debole che, quando non era riuscito ad alzare le braccia solo per pettinarsi i capelli, aveva iniziato a urlare e piangere per lo sconforto e la rabbia della sua situazione. Kuro non aveva potuto fare null’altro se non consolarlo e aiutarlo mentre il suo cuore cadeva lentamente a pezzi.
Non parlavano già da diverso tempo e Kuro era convinto che l’altro si sarebbe comunque addormentato presto, quando Kenma si spostò trovando una nuova posizione: spostò la testa dal suo petto al cuscino e si sistemò su un fianco in modo che potessero essere uno di fronte all’altro.
Kuro stava per chiedergli se fosse scomodo o se avesse bisogno di una qualsiasi altra cosa quando il più piccolo iniziò a parlare –sono due settimane che non vai a scuola.
Lo disse come se si fosse reso conto della cosa solo in quel momento. Sapevano entrambi che Kuro non avrebbe sprecato il tempo che avrebbero potuto passare insieme per stare metà della giornata in classe. Nessuno avrebbe mai potuto convincerlo e non capiva perché Kenma avesse deciso di trattare l’argomento solo in quel momento.
Non rispose, il biondo però non si aspettava che lo facesse e continuò –E non stai partecipando ai nazionali del tuo ultimo anno.
Kuro strinse le labbra, la risposta era la stessa della frase precedente, quindi non disse nulla neanche questa volta.
-Non voglio che tu smetta di fare le cose a causa mia- la voce del biondo era meno di un sussurro adesso.
Kuro si irrigidì –Non inizieremo una discussione perché ho saltato due settimane di scuola o perché non sto partecipando ai nazionali. Pensi che comunque sarei stato di grande aiuto alla squadra con tutti i pensieri costantemente fissi su di te? Non avrei voluto passare queste due settimane in nessun altro modo e se tu pensi che…
-Lo so- lo interruppe con un sorriso triste –Sono felice che tu abbia passato questo tempo con me, non sono arrabbiato o altro. Solo, voglio… voglio che tu mi faccia una promessa, Tetsuro.
Kuro non riusciva più a sopportare di vedere il suo ragazzo in quella situazione, con gli occhi costantemente lucidi e la vita che gli sfuggiva dalle mani.
Non era più sicuro della sua voce quindi l’unica cosa che riuscì a fare fu annuire.
Kenma continuò –Penso sempre a tutte quelle cose che vorrei fare ma che non posso- la sua voce tremava -non voglio che anche tu resti bloccato a causa mia.
-Kenma…
-Ho bisogno che tu mi prometta che farai tutto anche per me.
La voce di Kuro era spezzata, le lacrime avevano inondato i suoi occhi –Voglio farle con te queste cose.
Kenma sorrise ancora, nel suo sguardo c’era tutto l’amore che gli aveva sempre dimostrato –Lo so. Ma se non dovessi farcela… solo… promettilo. Non voglio che tu non viva la tua vita solo perché io non ci sarò.
Fu esattamente in quel momento che Kuro si rese conto di due cose importantissime che lo stravolsero completamente.
La prima era che Kenma, un ragazzino di diciassette anni che stava andando incontro alla morte, aveva più paura della vita di Kuro che della sua. Kenma non era preoccupato di addormentarsi sotto i ferri e l’anestesia e non svegliarsi più, Kenma era preoccupato di come questo avrebbe potuto stravolgere e distruggere la vita di Kuro. E questo tipo di amore andava ben oltre le parole e i gesti, era un sentimento che nessun autore avrebbe mai potuto descrivere appieno.
La seconda cosa che comprese fu come un’epifania. Kuro aveva sempre pensato che Kenma faceva parte della sua vita e questo non era stato mai messo in dubbio. Ma solo in quel momento si rese conto di quanto quel ragazzino che a otto anni si nascondeva dietro le gambe della madre gli era entrato dentro a tal punto che quella verità era ormai indissolubile: Kenma non faceva parte della sua vita, Kenma era la sua vita.
-Tu ci sarai- rispose prima ancora di rendersi conto di aver aperto la bocca per parlare, aveva un nuovo tipo di sicurezza nella sua voce.
-Abbiamo già parlato di questo… non sappiamo se…
Kuro non lo lasciò concludere –Non importa. Qualsiasi cosa accada, anche se non sarai lì fisicamente, tu ci sarai sempre e comunque.
 
-
 
Quando infine Kenma si svegliò dopo l’intervento non fu come nei film: con una colonna sonora dolce in sottofondo e le persone che amava al suo fianco.
Fu doloroso e confusionario. Le prime persone che vide furono ovviamente i medici e dovettero passare diverso tempo a controllarlo prima che lo dichiarassero “fuori pericolo”.
L’uomo che aveva condotto l’intervento si tolse la mascherina, gli sorrise stanco e annunciò –Vivrai.
Dopodiché vide sua madre e infine Kuro.
Il ragazzo lo raggiunse sul letto mentre la donna finiva di sistemare le ultime cose fuori dalla stanza. Probabilmente il dottore le avrebbe spiegato come sarebbe stata la vita di Kenma da quel momento in poi, cosa sarebbe cambiato e cosa poteva o non poteva fare. Erano tutte cose che il ragazzino avrebbe dovuto sapere a sua volta, ma in quel momento le sue priorità erano altre: lui e Kuro erano soli ed erano di nuovo insieme.
-Sono tornato da te- sussurrò Kenma con un leggero sorriso sul volto che rispecchiava quello del suo ragazzo.
-Sei tornato da me- rispose questo mentre si chinava su di lui e gli baciava la fronte.
Kenma sentì le lacrime di Kuro infrangersi sulla sua pelle, ma andava bene. Avevano pianto tanto in quel giorni, ma farlo anche in quel momento fu liberatorio. Adesso andava tutto bene.
-Non ti lascerò andare mai- Kuro continuò a sussurrare lasciando continui baci su tutto il suo viso, frase dopo frase –ti sposerò, Kenma. Adotteremo dei bambini, daremo da mangiare a tutti i gatti del quartiere. Non passerà un singolo giorno in cui non sarò lì a baciarti e a ripeterti quanto ti amo.
Le sue labbra erano arrivate alla bocca e anche se non l’aveva ancora baciato, Kenma sentiva la sua pelle formicolare in attesa del momento –Sono così fortunato ad averti, amore mio, così fortunato…
Kenma mosse piano una mano e l’alzò con estrema fatica per arrivare al suo volto, stavano ormai piangendo entrambi ma non importava a nessuno –Sono vivo grazie a te… mi hai già dato così tanto…
-Voglio ancora darti molto di più gattino, tu solo… permettimi di farlo, permettimi di stare al tuo fianco.
-Per sempre.
Per la prima volta Kenma poté dire quelle parole capendo davvero il significato che c’era nascosto dietro. Per la prima volta si rese davvero conto di avere la fortuna di poter pensare a un futuro.
Kuro ampliò il suo sorriso, poi suggellò quella promessa con il bacio non ancora dato che alleggiava tra di loro –Per sempre.

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